Archivi del mese: agosto 2009

Buon Natale

L’impatto generato dal “caso Repubblica – Berlusconi” è argomento internazionale che ancora una volta pone la nostra nazione al centro di un dibattito la cui conclusione pressoché generale è lo stupore per la tolleranza degli italiani nei confronti di un Presidente del Consiglio che alle loro latitudini sarebbe stato destituito già da tempo o, più dignitosamente, avrebbe comunque rassegnato le proprie dimissioni.

Domanda [Why have Italians put up with all this?] alla quale era giunta anche Chiara Volpato, docente universitaria e ricercatrice su pregiudizi e stereotipi, dalle pagine del New York Times che, partendo dalla sua prospettiva, analizza l’atteggiamento verso la parte femminile dell’universo del Cavaliere e la sua orchestra.

L’attacco di questi giorni da parte di Feltrusconi è solo un tassello nel disegno strategico che, partendo da un uso politico spinto dei media e della comunicazione pubblicitaria, ha caratterizzato sin dall’inizio il percorso, dalla “discesa in campo”, l’operato di Silvio Bonaventura. a salvaguardia dei propri interessi; mentre Craxi scappava ad Hammamet ed agli italiani veniva prelevata d’ufficio una percentuale della propria liquidità sui conti correnti bancari per fronteggiare l’esplosione del debito pubblico che egli aveva ampiamente contribuito a generare e che è stato sin qui abilmente mantenuto nelle tre legislature più buie dal dopoguerra ad oggi.

L’editoriale del Presidente Fnsi Roberto Natale, pubblicato in prima pagina dal Manifesto di sabato 29, rappresenta la più precisa ricostruzione di questo percorso: “Il cerchio che si sta chiudendo era stato aperto quindici anni fa, al momento della famosa “discesa in campo”: nella videocassetta che arrivò in tutte le redazioni dei telegiornali c’era già una programmatica eliminazione di ogni possibile mediazione giornalistica dal rapporto diretto con gli elettori”. Proseguendo: “Il modello caro al premier era ed è rimasto quello di una “informazione senza domande”: incompatibile con ogni paese decentemente democratico, con ogni sistema fornito di strumenti adeguati a regolare i conflitti di interesse. E tuttavia praticato con successo in Italia [con successo anche personale di coloro che, soprattutto nel servizio pubblico, sulle interviste senza domande hanno costruito brillanti carriere].”

Tasselli che fanno parte di uno stesso disegno di censura, disinformazione e semplificazione pour cause teso ad una gestione ad personam della nazione, che avevo già evidenziato tempo fa riprendendo le parole di Michele Serra che nella sua rubrica quotidiana [“L’Amaca”] scriveva:“…….questo schifo non trova una definizione tecnica convincente nella parola “regime”. Si chiama conformismo, o servilismo, o pigrizia intellettuale, o docilità professionale, o zelo aziendalista, ed è molto peggio, perché affonda le sue radici non in regole liberticide o in censure conclamate, ma nella progressiva assuefazione di un paese intero……all’ incivile assetto dell’ informazione in Italia“.

Ora, come ricorda, ad integrazione, El Pais: “Berlusconi saca la artillería pesada. Tras traspasar a Kaká, Berlusconi no reforzó el Milan, pero invirtió 15 millones de euros en un nuevo director para Il Giornale: Vittorio Feltri, veterano periodista con fama de killer de la información” [traduz.],facente funzione di ventilatore e citato recentemente anche in questi spazi

I lettori hanno già deciso quale sia il loro livello di fiducia nell’informazione e del restyling delle influenze scientemente effettuato in questi anni. Non si può, dunque, che condividere le conclusioni del presidente Fnsi: “Questo cerchio va spezzato, prima che sia troppo tardi. E di tempo non ce n’è più molto”.

Mi piacerebbe poter festeggiare il [e, perchè no, con] Natale brindando al ripristino dell’ Art.21 della Costituzione, solo allora, svegliati dal torpore, potremo riprendere a parlare con coscienza del futuro del giornalismo e dei giornali nel nostro paese.

 Berlusconi

PS: Come ho avuto modo di dire: I just changed my profile picture on FriendFeed, Twitter and Facebook to remind to all my contacts that Italy is under attack and press freedom is seriously treatened by our PM Mr B. If you agree with me please chance your picture as well. All sizes here: http://www.vincos.it/2009/08/30/berlusconi-joker-icone-per-la-liberta-di-stampa/

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L’uovo o la gallina

La crisi dell’editoria è fortemente condizionata dalla crisi dei modelli tradizionali di comunicazione pubblicitaria. La consapevolezza della crescente obsolescenza dei modelli e dei mezzi di comunicazione tradizionale si scontra attualmente con l’incertezza e la scarsa dimestichezza dei nuovi da parte di agenzie ed investitori che, complice l’attuale fase congiunturale, nell’incertezza assumono posizioni attendiste; non investono o investono meno.

Se la definizione di misurazione del successo di un prodotto editoriale è determinata dalla capacità di attrarre investimenti promo – pubblicitari, risulta evidente come questo parametro sia sempre più conflittuale rispetto al rapporto con i pubblici di riferimento, con i lettori.

E’ necessario, dunque, oggi più che mai, che gli editori scelgano il loro modello prevalente di business: advertising o lettori.

L’uovo o la gallina?

masssocialmedia

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Members Only

I giornali continuano a perseguire l’ipotesi di far pagare i contenuti on line. Seppure in realtà questo sia un discorso che riguarda la stampa estera e prevalentemente quella anglosassone, evidentemente si è capito che per i quotidiani italiani “il gioco non vale la candela”, come si suol dire, credo sia interessante comunque seguirne gli sviluppi.

Si stanno delineando sostanzialmente due possibili modelli per il pagamento delle notizie on line.

Il primo, già utilizzato attualmente per contenuti specialistici, consisterebbe nel classico “pay per view” a consumo, legato alla visione di un certo numero di pagine e contenuti. Una variante sul tema, il cui concetto di fondo resta inalterato, potrebbe essere quella addirittura del “pay per article”che però si scontrerebbe, a mio avviso, con la necessità di mettere a punto al tempo stesso il relativo sistema di micropagamenti che attualmente presenta diverse incognite e difficoltà.

Il secondo modello che si pensa possa essere introdotto prevede la creazione di un club di lettori.

Come accennato precedentemente, il quotidiano inglese “The Guardian ” starebbe pensando, appunto, alla creazione di un club, di uno spazio esclusivo a pagamento, per i proprio lettori dove offrire contenuti premium attualmente non meglio specificati. La notizia filtrata attraverso le indiscrezioni riportate è stata indirettamente confermata non più tardi di lunedì dal quotidiano stesso che ha pubblicato la notizia della ricerca di un manager per la gestione del precitato readers’ club.

Altre indiscrezioni filtrano ora relativamente al “New York Times” che starebbe testando ed investigando, altrettanto, la possibilità di costruire differenti pacchetti di offerta, legati comunque al concetto di club dei lettori .

L’ipotesi di lavoro del NYT, diffusa originariamente da uno dei partecipanti al sondaggio condotto dal quotidiano sul tema, sembra ad un livello di raffinamento superiore rispetto a quella del Guardian e prevederebbe la creazione di due livelli di membership: Gold & Silver.

Con il pagamento di importi che, in funzione del pacchetto scelto, vanno da 50 a 150 US dollars, oltre alla possibilità di avere accesso a contenuti esclusivi i lettori otterrebbero una serie di vantaggi aggiuntivi [vedasi immagine sottostante per i dettagli].

E’ sicuramente ancora troppo presto per avere una idea precisa e, dunque, per valutare l’impatto ed il risultato di queste iniziative.

La mia prima impressione è che l’idea di creazione di club di lettori sia positiva a prescindere dalla possibilità effettiva di ricavi integrativi da parte degli editori attraverso questa modalità. Credo possa esser una soluzione più funzionale rispetto a quella del pay per article e contribuire a creare un rapporto tra pubblico e giornali.

Complessivamente non sposta l’asse del problema, e la relativa necessità di trovare una soluzione evidentemente, né sotto il profilo economico né per quanto riguarda le readership.

Mi resta infine, il dubbio sul perchè si  insista sul pagamento dei quotidiani on line ed al tempo stesso si continuino a regalare le pubblicazioni su carta. Torneremo a parlarne inevitabilmente.

NYT Gold and Silver Offers

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Nuovi prodotti e immagine di canale

Hachette, editore specializzato in collezionabili del quale abbiamo avuto già modo di parlare, ha lanciato un nuovo “prodotto editoriale” che oltrepassa i limiti della decenza e della ragionevolezza.

Dècoupage Country”è una raccolta dedicata agli appassionati di decorazione, della prima uscita [PVP1,99 €] me ne sono stati consegnati sei pezzi.

Il primo numero contiene: un fascicolo, due tegole, una carta country, due carte << firmate Sarah Kay >> ed una decalcomania ad acqua. L’ingombro è di 50 cm di altezza per 40 di larghezza ed un peso che sfiora i tre kg.

Questo canale di vendita, l’edicola, deve cessare al più presto di essere il ricettacolo di ogni sorta di marocchinerie possibile. E’ necessario porre al più presto un freno all’introduzione smodata di nuovi prodotti destinati prevalentemente al fallimento, utilizzati solo per fare cassa che sviliscono l’immagine del canale.

Il moribondo [l’editore] non può trascinare nella fossa un canale di vendita che possiede caratteristiche fondamentali di qualità quali capillarità, copertura e servizio.

Il Giornalaio Magazine

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Passione & Giornalismi

La passione e la capacità di automotivarsi [nei limiti della ragionevolezza, ovviamente] sono due elementi fondamentali nell’individuo. Spesso si sintetizza questi fattori usando il termine proattività.

Personalmente credo di aver fatto il 99% delle mie scelte per passione. Non da ultimo è per passione che alla mia età ho scelto di fare una figlia e [scusate se mescolo “sacro e profano”] di dare vita a questo modesto spazio virtuale che aggiunge impegno ad un lavoro già estremamente gravoso per l’impegno temporale e la dedizione che richiede.

Per questo ho letto e riletto il commento di Federica [che, immagino, si riferisse alla << nuova >> vita sociale delle notizie] , giornalista sin dal ’92 da quanto si legge nel suo blog, ed ancora pronta a scaldarsi con passione, come lei stessa conclude, sui temi che riguardano la sua professione. Per questo, con passione, ho deciso di riprendere le sue obiezioni, i suoi argomenti quest’oggi, sperando possano essere d’interesse generale.

I punti sollevati dal suo – gradito – intervento sono sostanzialmente tre:

  • Le notizie sono ciò in cui si sostanzia il lavoro di un giornalista. Le notizie sono un lavoro. E in quanto lavoro vanno pagate.

  • Qualcosa che Tizio produce perché ha visto Caio che faceva la tal cosa e allora lo scrive su Facebook. Questo non è notizia: questa è comunicazione interpersonale; e la sua credibilità è sostanzialmente zero, dal punto di vista professionale. La bidirezionalità non è di per sé un valore.

  • Che le notizie siano svalutate dipende da un processo storico che a che vedere con relazioni di potere, e non con asettiche congiunture tecnologiche. Che le notizie siano poco credibili dipende anch’esso da un processo storico che a a che vedere con relazioni di potere. È da lì che si deve partire, se si vuole comprendere cosa sta accadendo in Italia.

Giornalismo e Internet

Ritengo che il primo punto vada meglio specificato. Credo che produrre delle notizie che interessino e coinvolgano i diversi pubblici di riferimento è un lavoro che è giusto che venga remunerato. Il lavoro, qualunque lavoro, deve creare valore aggiunto – direttamente o indirettamente – per essere remunerato; pretendere la remunerazione tout court, come apparentemente avviene nel commento, chiude ogni prospettiva ed appare irrealistico oltre che inattuale.

Come dicevo/ricordavo recentemente: “….il valore attribuito da un consumatore è pari al rapporto tra il livello di soddisfazione che associa all’insieme dei benefici percepiti ed il costo [o sacrificio] associato alle modalità di acquisizione ed il godimento dei suddetti benefici considerando sia le componenti monetarie che non monetarie”.

Ho una cosa che ti interessa e te la fornisco con comodità e sollecitudine, per questo sarai – più facilmente – disponibile a pagarmela, credo sia la migliore sintesi del concetto.

Il giornalismo è comunicazione ed i giornali sono un mezzo, appunto, di comunicazione. L’idea che l’atto comunicativo è un vettore unidirezionale che va dall’emittente a un emittente passivo: è modello “postale” e teoria “ipodermica”. L’efficacia della comunicazione non è solo questione di confezionamento e invio del messaggio. I partecipanti creano e condividono informazioni per raggiungere la mutua comprensione. Concordano sui significati della realtà che costruiscono e interpretano in modo dinamico e collaborativo. Il focus è l’integrazione [Per sintesi ho caricato su slideshare una presentazione liberamente scaricabile – “Clip di Comunicazione” – al riguardo].

Affermare, come è stato fatto, che la bidirezionalità non è di per stesso un valore è negare i principi più elementari e basici della comunicazione e/o immaginare che il giornalismo sia fatto per rivolgersi ai “soli 1500 eletti”.

Questo aspetto si ricollega direttamente, infine, all’ultimo punto, a quello che viene definito da Federica processo storico fatto da relazioni di potere ed alieno da asettiche congiunture tecnologiche.

Che le notizie ed i giornali siano un prodotto svalutatosi nel tempo è una amara constatazione. Concordo come il problema, in termini di contenuti erogati, non è nel mezzo ma nel messaggio e nelle modalità [unidirezionali, ribadisco!] con le quali sono stati portati sin ora i messaggi. Adesso bisogna concentrarsi su come cambiare questa situazione rendendo giornalismo e giornali – di carta – appetibili per i pubblici/lettori ed al tempo stesso remunerativo per gli attori della filiera.

Abbiamo una mezza idea di lavorarci sopra seriamente, dal basso con passione, se anche Federica volesse partecipare è benvenuta come chiunque altro lo desideri.

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Giornale InFeltrito

Il tourbillon di direttori, sedie e poltrone nel mondo dei giornali e dei media più in generale ha rappresentato in un certo senso il gossip estivo dell’editoria . Fino al consiglio telefonico preferragostiano RAI il walzer delle nomine ha tenuto banco sui giornali specializzati e non.

E’ in questo panorama, complice la crisi dell’editoria, che si inquadra il ritorno di Vittorio Feltri a “Il Giornale”.

Sono già numerosi i commenti all’editoriale del 22 agosto di insediamento di Feltri e credo che poco si possa aggiungere oltre a quanto scritto ieri da Alessandro Robecchi e da Giuseppe D’ Avanzo, sono tecniche di disinformazione delle quali Feltri è maestro.

Quel che mi appare interessante sottolineare attiene l’ambito più strettamente editoriale, in termini di business, della nomina a direttore del quotidiano fondato da Montanelli, ed in particolare alle prime dichiarazioni rese in questi giorni che la dicono lunga sulla vision e sul futuro di una parte del giornalismo nel nostro paese.

Nel discorso di insediamento, secondo quanto riportato, Feltri avrebbe dichiarato: “Vendere, vendere, vendere ….Non sarà importante, soprattutto all’inizio, fare per forza un bel giornale; meglio riuscire a venderlo [….] Pazienza se il giornale viene brutto. A fare giornali belli son bravi tutti”. Dimostrando, tra l’altro, professionalità e coerenza rispetto a quanto affermato solo tre giorni prima a Cortina dove aveva, appunto, dichiarato: “Non possiamo sottovalutare il mercato. E’ il pubblico che decide della vita e della morte dei giornali e di qualsiasi altra espressione commerciale”

Viste le prospettive relative alla politica editoriale del neo direttore, mi sento di suggerire di passare direttamente all’utilizzo del testo segnaposto, qui di seguito riportato, per la realizzazione del quotidiano; i vantaggi in termini di cost saving e di qualità del prodotto sarebbero certamente notevoli.

Come è stato detto, Facci resta un congiuntivo strampalato di fantozziana memoria e nulla più, aggiungerei che un quotidiano infeltrito non è buono neanche per il pesce.

Giornale InFeltrito-lorem ipsum

Mañana sol y buen tiempo!

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Video in print advertising

Secondo quanto riportato sia dalla BBC che dal Los Angeles Times, a partire dalla metà di settembre di quest’anno assisteremo alla pubblicazione di video annunci all’interno del magazine statunitense Entertainment Weekly, la versione americana di Sorrisi e Canzoni TV.

Utilizzando un videochip capace di riprodurre sino a 40 minuti di filmato, nell’edizione del 18 settembre distribuita nelle aree di Los Angeles e New York del precitato magazine verrà incollato un mini schermo da 2 pollici che all’apertura della rivista riprodurrà i videoclip pubblicitari di CBS e Pepsi.

Potrete comprenderne meglio il funzionamento osservando il video pubblicato su YouTube al riguardo.

Agli amanti della tecnologia interesserà sapere che il chip è realizzato dalla Americhip [che ha brevettato qs. soluzione con il marchio registrato “Video-in-Print”] ed è spesso 2,7 mm integrando, appunto, un piccolo display TFT LCD da 320 x 240 pixel. La batteria ha un’autonomia di circa 70 minuti, e puoi essere ricaricata grazie alla presenza di una connessione mini-USB.

Newspapers Mini Display

Non è la prima volta che si testano innovazioni tecnologiche per la carta stampata ma questa mi sembra particolarmente interessante in prospettiva per il nostro paese dove la carta stampata soffre pesantemente la concorrenza della televisione nella raccolta pubblicitaria.

La soluzione, per come l’ho compresa, mi sembra che, oltre ad un utilizzo in ambito promo-pubblicitario, potrebbe offrire anche nuove prospettive al giornalismo del futuro ed al processo di convergenza editoriale.

Ovviamente sono tutte [entusiasmanti] ipotesi da testare e verificare. Cercherò di seguire con la massima attenzione gli sviluppi ed i raffinamenti. Se qualcuno degli “amici di penna” recandosi negli USA riuscisse a portarmi una copia della rivista gli sarei davvero grato.

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Work in progress

Confermando, se necessario, ottime doti di sintesi Gaspar Torriero ieri, in riferimento al pagamento delle notizie [on line] argomenta che il punto di partenza degli editori dovrebbe essere : Ho una cosa che ti interessa, se mi paghi te la dico“. Personalmente ho pensato di integrare il punto di partenza con un minimo di specificazione: “Ho una cosa che ti interessa e te la fornisco con comodità e sollecitudine, per questo sarai disponibile a pagarmela”.

I giornali esisterebbero solo on line secondo quanto pare emergere dalla discussione facilitata recentemente da Luca De Biase. “Sono temi che sembrano da riordinare e approfondire”. Non posso che confermare le parole dello stimatissimo giornalista.

Quasi contemporaneamente Philip Meyer [professore emerito in giormalismo presso la University of North Carolina-Chapel Hill, ed autore di The Vanishing Newspaper ] ricorda che: “Without clear standards, journalism can’t be trusted. If it can’t be trusted, it won’t be influential. If there is no influence, there is nothing to monetize”.

Negli Stati Uniti un giornalista è stato “allontanato” dal lavoro per aver infastidito gli inserzionisti con un suo articolo. Al tempo stesso, il Washinghton Post” [immaginiamo malvolentieri] non va più a cena con lobbisti ed investitori pubblicitari nonostante sembrasse un modo per risollevare le sorti – ed i bilanci – del quotidiano.

Osservando i bilanci dei quotidiani e dei periodici del nostro paese balza immediatamente all’occhio anche del più profano come almeno il 55% dei ricavi mediamente venga fatto dalle vendite in edicola. Che le notizie debbano venire a noi l’ho compreso persino io; che ci arrivino in edicola attraverso una rete di distribuzione efficiente è un tema sul quale [ad esclusione del sottoscritto] pare non parli nessuno. Straordinario!

Notizie

Si segnala infine, che oggi farà caldo e c’è da lavorare molto ancora, questa è forse l’unica certezza.

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Le regole del gioco

Nel tentativo di approfondire quali possano complessivamente essere le aree di miglioramento dell’editoria italiana e di quello che dovrebbe essere il suo naturale sbocco commerciale, [l’edicola] seguo proposte e suggerimenti di addetti del settore, anche, attraverso FriendFeed.

E’ proprio grazie ad alcune di queste indicazioni raccolte in quel contesto, che ho scoperto come gli abbonati ricevano la rivista con anticipo rispetto alle edicole. Ogni tanto, inoltre, lancio delle, bonarie, frecciatine per ottenere delle risposte [grazie comunque] che complessivamente sin ora non mi hanno convinto.

Mi risultano davvero poco credibili le motivazioni addotte per il taglio prezzo della rivista nel periodo estivo che notoriamente è quello in cui più si legge, come, altrettanto, mi sorprende che il direttore di una rivista sappia quante copie sono andate vendute senza che siano state ritirate le rese del numero attualmente in vendita.

Sono dettagli, che indicano a mio avviso come vadano cambiate le regole del gioco nel rapporto tra canale di vendita ed editori. Credo davvero di non essere il solo ad essere stanco di “pacchi”.

Non conosco personalmente il direttore di Wired e mi piacerebbe creare un’occasione d’incontro e di confronto con lui come con altri responsabili di riviste e pubblicazioni per comprendere meglio le logiche di chi, rispetto a noi modesti giornalai, sta – ipso facto – dall’altra parte della barricata. Forse potrebbe essere, finalmente, l’inizio di una proficua collaborazione. Ho in mente una proposta ben precisa al riguardo.

Le regole del gioco

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La [nuova] vita sociale delle notizie

The Huffington Post ha lanciato, non più tardi di ieri, HuffPost Social News, servizio che ,via Facebook , permette di condividere e commentare le notizie pubblicate da quello che attualmente è considerato il più importante sito indipendente statunitense di notizie.

Oltre ad aumentare il livello di coinvolgimento e quindi di adesione, l’operazione del sito web in questione è rivoluzionaria e definisce un nuovo livello di standard qualitativo nella relazione mezzi di comunicazione – pubblici di riferimento poiché per la prima volta effettivamente si riesce ad applicare l’idea, il concetto espresso più volte, di portare le notizie al lettore invece che portare il lettore alle notizie come è stato fatto perlopiù sin ora.

Se le notizie vengono definite una commodity, probabilmente la soluzione non sta nel trovare una modalità per far pagare profumatamente un prodotto svalutatosi nel tempo ma nel motivare adeguatamente i pubblici di riferimento a relazionarsi con i mezzi di comunicazione. Dall’avvento della telefonia mobile ad oggi credo sia chiaro come questo possa avvenire elaborando e soddisfacendo il bisogno di comunicazione, di coinvolgimento e dunque, fondamentalmente, di socialità dell’essere umano e non con altre trovate più o meno fantasiose.

Il problema, in termini di contenuti erogati, non è nel mezzo ma nel messaggio e nelle modalità [unidirezionali] con le quali sono stati portati sin ora i messaggi.

Se, come mi pare, l’uomo viene definito un animale sociale dovrebbe essere chiaro che la soluzione è in questo ambito. Elementare Watson!

Vita Sociale Notizie

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