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ConversAzioni & SpiegAzioni

L’articolo di sintesi e commento ai risultati presentati da Human Highway, relativi a quelle che sono state le notizie e le fonti d’informazione più condivise su social media e social network nel nostro Paese, ha provocato alcune perplessità sia nei commenti all’articolo stesso che in alcuni messaggi diretti che mi sono stati inviati con richiesta di spiegazioni.

Mi sono interfacciato con Giacomo Fusina, titolare della società di ricerche, al riguardo, che dimostrando grande correttezza ha integrato la presentazione originaria dei risultati con la nota metodologica sulla misurazione e l’interpretazione dei risultati.

UAC Meter Discrepanze

Per i dettagli si riporta alla precitata presentazione che viene sotto riportata per facilità di lettura. Fondamentalmente se un articolo, anche molto popolare, scompare dall’homepage, UAC, il tool di rilevazione, non lo seguirà più e non aggiornerà più da quel momento in poi i dati di condivisione ad esso riferiti. Ecco da dove nascono le discrepanze tra i dati riportati e i risultati visibili dai counter dei bottoni social.

ConversAzione e SpiegAzioni.

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Le Notizie più Social del 2013

Human Highway ha pubblicato i risultati relativi a quelle che sono state le notizie e le fonti d’informazione più condivise su social media e social network nel nostro Paese. Le rilevazioni sono state fatte attraverso UAC meter, tool proprietario per monitorare Facebook, Twitter e G+. La sintesi dei principali risultati emergenti è dal novembre 2011, inizio del periodo di rilevazione, a dicembre 2013.

Nel complesso il numero di condivisione cresce nel tempo. A dominare il panorama per numero di condivisioni complessive sono i quotidiani online, la versione web delle testate con una versione cartacea, mentre continuano a restare relativamente marginali le testate all digital.

Oltre 300mila individui ogni giorno condividono su social media e social network gli articoli delle notizie di attualità che trovano sulle principali testate d’informazione online, in crescita del 24% rispetto ai 250mila medi giornalieri del 2012.

È Facebook a dominare assolutamente la scena con oltre il 93% del totale delle condivisioni [e non potrebbe essere altrimenti vista l’enorme differenza di iscritti], segue Twitter con il 5.8% e G+ con poco più dell’1%.  Rispetto al 2012 la quota di Facebook sale di due punti percentuali e quella di Google+ di tre punti per mille, a scapito di Twitter.

Sharing Actions Notizie

Sono sempre le testate cartacee ad ottenere il maggior numero di condivisioni nel giorno medio con «la Repubblica» saldamente in testa con un numero di condivisioni superiore dell’80% rispetto a «Il Fatto Quotidiano» e doppio di «Il Corriere della Sera» . Ogni giorno, mediamente, su Repubblica.it si producono oltre 54.000 condivisioni degli articoli della testata sui tre social network esaminati [+44% rispetto alla media del 2012]. Si invertono invece i rapporti per quanto riguarda il numero medio di condivisioni per articolo con «Il Fatto Quotidiano» che ottiene il 50% rispetto a  «la Repubblica». Quindi gli utenti, le persone che seguono «Il Fatto Quotidiano» sono numericamente inferiori ma hanno una maggior propensione a condividere rispetto a quelli di «la Repubblica».

Dai dati pubblicati sul sito web della società di ricerche la notizia più condivisa [84.676 condivisioni] in assoluto è della testata free press «Leggo» e riguarda uno studio secondo il quale il sesso orale aiuta le donne a combattere la depressione, desolante a dir poco. Seguono il video dell’intervento di Crozza su LA7, al quale, come d’abitudine, Repubblica.it appone il proprio logo e pubblica nel suo sito web, e sempre un altro contenuto video su Repubblica.it relativo ai “forconi” che a Genova baciano le forze dell’ordine.

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2014: L’Anno delle Metriche

A fine dell’anno scorso avevo indicato nelle “tre C”: Convergenza, Coinvolgimento e Citizen Journalism  le priorità di intervento, i key pillars per il settore editoriale nel 2013.  Dovendo fare un bilancio il risultato, ahimè, è complessivamente negativo. Su tutti e tre gli aspetti, gli assett strategici di intervento si è visto complessivamente, soprattutto per quanto riguarda il panorama nazionale, davvero poco; al massimo qualche, goffo, tentativo, sperimentazioni una tantum abbandonate tanto frettolosamente quanto intraprese senza un a chiara visione d’assieme.

Credo che le priorità non siano cambiate e rilancio inserendo un quarto aspetto al quale nel corso dell’anno ho dedicato, o almeno o provato a dedicare, spazio tutte le volte che è stato possibile per alimentare il dibattito, il confronto professionale sul tema: le metriche.

Vi sono due aspetti di fondo. In primis le metriche sono fondamentalmente incentrate sul valore, o presunto tale, generato per l’inserzionista come [di]mostra la prevalente focalizzazione su utenti unici e pagine viste. Metriche prevalentemente quantitative che, da un lato, trascurano elementi essenziali comunque di valore per gli investitori pubblicitari e, dall’altro lato, non misurano  l’impatto giornalistico, il valore delle proposte informative della testata per la società nel suo complesso. Aspetto tutt’altro che trascurabile se si conferma che il giornalismo e l’informazione sono un pilastro fondamentale per le democrazie.

Inoltre, le metriche prevalentemente in uso non hanno possibilità di essere rese omogenee rispetto alla versione tradizionale, cartacea, dei quotidiani. In tal senso, il tempo, come vado dicendo da tempo, è, a mio avviso ma anche di molti altri, un indicatore importante del livello di coinvolgimento effettivo del lettore anche online.  In questo caso, se questo elemento di misurazione fosse applicato sia all’online/digitale che alla carta stampata, si avrebbe una metrica comune ad entrambe le versioni.

Collavorare [no, non è un refuso] sul tema è un must poichè è evidente la deriva qualitativa che gli attuali criteri generano. Il 2014 sarà, dovrà essere, l’anno in cui provi rimedio hic et nunc. 2014: l’anno delle metriche.

Whore

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Edicola Italiana: Il Flop è Servito?

Le indiscrezioni circolate a fine settembre parrebbero confermate. Nella primavera del 2014 dovrebbe vedere la luce, siamo ormai al sesto forse settimo annuncio di lancio, “Edicola Italiana“, consorzio costituito da Caltagirone Editore, Gruppo 24 ORE, Gruppo Editoriale L’Espresso, La Stampa, Mondadori e RCS MediaGroup al fine di consentire agli utenti di acquistare e leggere quotidiani e magazine, o abbonarsi a giornali e riviste preferiti in formato digitale.

Secondo quanto ha dichiarato Fabrizio Carotti, Direttore Generale della Federazione Italiana Editori Giornali, nominato Presidente del consorzio, “Gli editori italiani sono consapevoli che il futuro dell’industria dell’informazione passa attraverso l’innovazione digitale e, con l’iniziativa di EDICOLA ITALIANA, fanno un significativo passo avanti in questa direzione. È importante sottolineare come, a fronte di azioni a livello globale di operatori che mettono a disposizione a caro prezzo servizi di distribuzione dei contenuti giornalistici digitali, gli editori italiani, operando in stretta collaborazione, stiano ora offrendo alternative di pari qualità tecnologica e facilità d’uso”.

Sul significato di consapevolezza dell’innovazione digitale basti vedere, da un lato, i tempi biblici di realizzazione della piattaforma per immaginare quante e quali controversie e guerre di quartiere abbia dovuto  affrontare il progetto  annunciato in pompa magna nel marzo 2012 e poi alla fine dell’anno scorso quando si tornò a parlarne e, dall’altro lato, verificare come sulla tracciabilità delle vendite, a cui sono legati per decreto legislativo [*] i finanziamenti ai giornali per il 2013,  di fatto non abbia visto la luce neppure nel corso di quest’anno. Aspetto quest’ultimo sul quale mi chiedo dunque su quali basi verranno liquidati i finanziamenti.

A questo si aggiunga che se si osservano i dati di Francia e Spagna per iniziative simili a quella di Edicola Italiana non si può certo parlare di successo.

Oltralpe esistono tre piattaforme che distribuiscono, che vendono le copie digitali di quotidiani e periodici. Relay, che vende 158 titoli e appartiene a una società dell’editore Lagardère, Lekiosk, che peraltro è presente anche sul mercato italiano, ed ePresse. Secondo quanto dichiarato da OJD, l’equivalente della nostrana ADS, nel totale le copie digitali del primo semestre del 2013 hanno rappresentato il 9% degli esemplari venduti a pagamento.

In Spagna, Orbyt, che è molto più simile al consorzio della nascente Edicola Italiana, realizza numeri davvero ridotti ed, anche in questo caso, è tutt’altro che un successo di vendite come certifica la OJD della penisola iberica.

Da non trascurare infine che spesso le vendite sono effettuate a prezzi davvero ridotti se non addirittura seguendo la formula “all you can eat”.

Edicola Italiana: Il flop è servito?

Game Over Loser

[*] Come stabilito dal decreto legge di metà maggio dell’anno scorso, successivamente convertito con al cune modifiche dalla legge 16 luglio 2012, n. 103, recante disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonche’ di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicita’ istituzionale

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Modelli di Business 2.0

Il tema della sostenibilità dell’industria dell’informazione resta il nodo centrale, il perno di se e come riuscire a gestire il passaggio, l’evoluzione in corso, con la consapevolezza che  il binomio vendite – advertising non è, e mai più sarà, sufficiente a garantire ricavi sufficienti.

L’identificazione di quali possano dunque essere nuove fonti di ricavo supplementari, integrative rispetto alle attuali, in calo o comunque non sufficienti  a generare nella maggior parte dei casi le revenues necessarie neppure per la copertura dei costi, è la sfida da vincere.

Che la possibilità esista lo testimonia uno studio del The Pew Research Center’s Project for Excellence in Journalism pubblicato a febbraio 2013: “Newspapers Turning Ideas Into Dollars: Four Revenue Success Stories”, del quale avevo pubblicato una sintesi all’epoca, e che Mark Jurkowitz, Associate Director del Pew Research Center, commenta nel video sottostante.

Sul tema terrò domani una lezione per gli studenti del master in scienze della comunicazione.

Ho pensato di rendere pubblica la presentazione che utilizzerò per lavorare con i partecipanti al corso. Resta sempre valida l’avvertenza che le slide sono un punto di appoggio e dunque inevitabilmente non sono esaustive di per se stesse. Spero possano ugualmente risultare interessanti.

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La Fiducia è Una Cosa Seria?

La fiducia è una cosa seria recitava in conclusione lo spot di una nota marca di formaggi la cui mollezza richiama, anche nel nome, il deprimente stato della nostra nazione.

Se già dai risultati del 47° rapporto del Censis emergeva con chiarezza come per il 70% della popolazione [71% nei giovani] “gli apparati dell’informazione tradizionale tendono a manipolare le notizie”, la conferma arriva ora dai risultati dell’indagine Demos & Pi sui mezzi di informazione.

Dalla sintesi dei risultati pubblicati ieri emerge con chiarezza  come sia la Rete, per coloro che la utilizzano evidentemente, sia il mezzo dove l’informazione è più libera e indipendente. La televisione è un medium non  fazioso per poco più di un quinto degli italiani mentre i quotidiani lo sono per poco più del 10% degli intervistati. I settimanali sono il mezzo con la peggior reputazione.

Informazione e Libertà Demos Dic 2013

In calo costante la fiducia nei confronti dei principali telegiornali e canali all news, ad eccezione di Rai News24. Lo stesso dicasi per i programmi di approfondimento, ad esclusione di Report.

Tra i programmi televisivi di informazione che godono di maggior fiducia spicca Striscia la Notizia che, seppur anch’esso in calo, gode del credito del 53.9% degli italiani. Un valore superiore a tutti i TG tranne quello del terzo canale RAI.

La fiducia è una cosa seria?

Evoluzione Canali di Informazione

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L’Insostenibile Leggerezza dei Settimanali Digitali

Se per i quotidiani sia gli accessi ai siti web che la vendita delle copie digitali hanno, con le dovute differenze, un valore, per i periodici la situazione è molto diversa e pare che l’impatto del digitale causi una “sofferenza” di gran lunga  maggiore.

Non solo il totale delle prime dieci testate, sia nel caso dei settimanali che dei mensili, non raggiunge nel complesso nemmeno gli accessi del solo Corriere.it [o Repubblica.it, fate vobis], ma anche le copie digitali sono decisamente al palo.

Secondo i dati ADS del mese di ottobre, se si escludono i magazine allegati ai quotidiani le vendite di copie digitali sono assolutamente inconsistenti e, ovviamente, con compensano neppure lontanamente il calo della versione cartacea.

«Chi» si assesta al di sotto delle 2mila copie digitali contro le 22omila del cartaceo, ed anche «Panorama» e «L’Epresso» hanno vendite risibili. Le uniche eccezioni sono rappresentate da «Donna Moderna», »Vanity Fair» e »Sorrisi e Canzoni TV» che superano le 15mila copie ciascuno ma che lo fanno prevalentemente [quasi esclusivamente] con le vendite abbinate, in bundle con la versione cartacea.

Grazie al grafico di sintesi dei dati realizzato, anche in questo caso da Human Highway, si rileva una buona dinamicità di «Milano Finanza» nell’ultimo mese che gli permette di raggiungere un’incidenza del 10% circa per il digitale sul totale delle copie vendute. Un’impennata che però è costituita praticamente in toto dalle vendite di copie multiple.

E’ chiaro che i periodici italiani non reggono il passo con i tempi e le modalità dell’online e del digitale. La necessità di un approccio completamente diverso al mercato, ai lettori, rispetto all’attuale è lampante.

L’insostenibile leggerezza dei periodici digitali.

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La Specializzazione Paga

Sono stati diffusi all’inizio di questa settimana i dati ADS con le vendite, secondo quanto dichiarato dagli editori, di ciascun quotidiano.

Human Highway, da quando ADS ha iniziato, al principio di quest’anno, a pubblicare anche le copie digitali sta facendo un utile servizio di raccolta e visualizzazione dei dati.

Nella lettura dei dati pubblicati alcune avvertenze d’uso possono essere di ausilio per la corretta interpretazione degli stessi. Come mostra la tabella sottostante, i due quotidiani che vendono il maggior numero di copie digitali, «Il Sole24Ore» e «Il Corriere della Sera», hanno una incidenza non trascurabile delle vendite in bundle, in abbinamento carta+digitale, che per il quotidiano di Confindustria pesano il 37.5%% del totale delle copie digitali, e per la testata di [ex?] Via Solferino rappresentano il 18.3%.

- Fonte: ADS Ottobre 2013 / Clicca per Ingrandire /

– Fonte: ADS Ottobre 2013 / Clicca per Ingrandire –

Non sono trascurabili nemmeno le vendite di copie multiple digitali che per i due quotidiani economico- finanziari e per i due “big players”[Corsera & Repubblica] hanno un-incidenza significativa rispetto al totale.

Osservando il trend di vendite delle copie digitali dal gennaio 2013 ad oggi si nota come siano «Il Sole24Ore», primo in assoluto con 103mila copie [pari al 40% del totale delle vendite] e «Italia Oggi», i cui valori di abbonamenti digitali sono ormai quasi pari a quelli per la versione cartacea, i due quotidiani che mostrano la maggior dinamicità ed  ed il maggior tasso di crescita mentre per tutte le altre testate dopo lo sprint iniziale è “calma piatta”

Resta un caso da osservare con attenzione «L’Unione Sarda» che pur avendo la sola edizione online⁄digitale a metà prezzo vende la stragrande parte delle copie in bundle, in abbinata, con il ritiro della copia cartacea in edicola.

La carta rinforza il digitale [e viceversa] e la specializzazione paga?  Parrebbe proprio di si.

- clicca per accedere alla versione interattiva -

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A margine si segnala che i dati ADS con la spaccatura per provincia, che consentono di verificare le numerose distorsioni del sistema, sono fermi a dicembre 2012 e dopo tale data è  disponibile solo il dato del totale Italia. Gatta ci cova?  Approfondiremo a breve.

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Impenetrabile

eMarketer ha pubblicato la penetrazione di Internet nelle principali nazioni del vecchio continente, Italia compresa, prendendo come parametro coloro che utilizzano la Rete almeno una volta al mese; quindi anche che ne fa un uso sporadico.

Dai dati forniti, che sono coerenti con molte altre indagini e dunque affidabili, emerge come il nostro Paese sia il fanalino di coda, l’ultimo in Europa per utilizzo del Web da parte della popolazione. Situazione che, vedendo le proiezioni da qui al 2017, non pare cambierà nel medio periodo.

Penetrazione Internet Europa per Nazione

Osservando i dati nell’area dedicata all’agenda digitale europea si vede come su tutti gli indicatori relativi all’utilizzo di Internet l’Italia sia abbondantemente al di sotto della media UE27 e, ovviamente, di riflesso, ben sopra per quanto riguarda coloro che invece non utilizzano la Rete.

Internet Usage Chart Italy

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Siamo ben al di sotto degli altri Paesi praticamente in tutti i parametri: dall’utilizzo dei servizi in rete [inclusa la lettura di quotidiani online] a e-Government ed e-Commerce.

I motivi di fondo sono legati al livello di alfabetizzazione informatica della popolazione italiana rispetto alla media dei 27 stati membri ed indicano con chiarezza l’analfabetismo dilagante nel nostro Paese, anche, sotto il profilo della capacità di utilizzo dell’ICT. Non si può non rilevare come la scuola sia completamente assente nel processo di formazione in tal senso.

Si tratta di aspetti macro che all’ora di valutare le oggettive prospettive di sviluppo di business nel medio periodo – anche in ambito editoriale – legate alla Rete ed al digitale devono essere tenute ben presenti prima di costruire ipotesi senza fondamento.

Impenetrabili, Ignoranti e Immobili, devono essere queste le tre i di cui parlava il Ministro dell’Istruzione di qualche Governo fa, se non ricordo male.

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Bonus track: “Internet Monitor 2013: Reflections on the Digital World” raccolta di eventi chiave e tendenze a livello internazionale. Da leggere.

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I Consumi Mediatici degli Italiani

È stato presentato venerdì 7 dicembre il 47° rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese, dell’Italia. I risultati sono liberamente scaricabili, previa registrazione, sul sito web dell’istituto di ricerca socio-economica. All’interno del rapporto, come ogni anno, è contenuto un capitolo che analizza i consumi mediatici degli italiani e la loro evoluzione. Per ciascun medium viene riportato l’utilizzo considerando una frequenza di almeno una volta alla settimana.

Si conferma il ruolo intramontabile della televisione, che continua ad avere un pubblico di telespettatori che coincide sostanzialmente con la totalità della popolazione, con un rafforzamento però del pubblico delle nuove televisioni: +23.6% di utenza complessiva per le tv satellitari rispetto al 2012, +16.3% la web tv e quasi triplica [+272%] la mobile tv.

Cala del 4.4% la lettura di quotidiani [cartacei] a pagamento, mentre crescono del 2.4% i quotidiani online, che però hanno una penetrazione per meno della metà di quelli tradizionali come emergeva anche dalla mia analisi. La penetrazione dei siti d’informazione è superiore a quella dei quotidiani online e si assesta al 34.3% della popolazione del nostro Paese [contro il 43.5% dei quotidiani tradizionali] con una crescita del 3.9% rispetto al 2012.

In una nazione dove [sigh!] quasi la metà della popolazione non legge nemmeno un libro all’anno, il consumo di e-book triplica rispetto all’anno precedente e raggiunge una penetrazione del 5.2% della popolazione.

La tavola di sintesi sotto riportata riassume i dati per mezzo e la loro evoluzione. Per facilitare la lettura ho evidenziato alcune voci.

Consumi Mediatici Censis 2013

Nel web domina la consultazione dei motori di ricerca che operano anche da aggregatori di notizie, come Google [al 46,4% di utenza per informarsi nel 2013], così come salgono gli impieghi di Facebook [37,6%] e YouTube [25,9%] come fonte di notizie. Praticamente raddoppiano l’utenza le app informative per smartphone e tablet attestandosi al 14,4%, e di Twitter, passato dal 2,5% al 6,3%. Calo non trascurabile dei siti web di informazione, scesi dal 29,5% del 2012 al 22,6% nel 2013, dei quotidiani online [21,8% Vs 20%] e dei siti web dei telegiornali [17,4% Vs 12,9%].

Ancora più evidente la dinamica se si analizza il dettaglio per fasce di età. Gli strumenti di informazione preferiti dai giovani d’età compresa tra i 14 e i 29 anni, oltre ancora una volta a i telegiornali, sono: Facebook [71%], i motori di ricerca [65,2%] e YouTube [52,7%]. Tutti gli altri mezzi, eccetto i giornali radio al 40,2% , sono molto lontani dalla soglia del 50%.

È la conferma della bocciatura sonora dei nativi digitali del nostro Paese, anche, nei confronti dei quotidiani online. Un campanello di allarme non trascurabile. Forse prima di portare i quotidiani in classe qualcuno tra gli editori parrebbe aver bisogno di ripetizioni sul coinvolgimento dei giovani. Qualche idea al riguardo, se posso dirlo, credo di averla.

Consumi Mediatici per età Censis 2013

Una parte delle motivazioni della relativa attuale inconsistenza dei quotidiani online viene fornita dalla parte qualitativa della ricerca del Censis che indaga le opinioni degli italiani sull’informazione nel nostro Paese.

Emerge come per il 70% della popolazione [71% nei giovani] “gli apparati dell’informazione tradizionale tendono a manipolare le notizie”. È forte la consapevolezza sul valore del giornalismo partecipativo, con il 57% che dichiara che “chiunque è testimone di un evento può fare informazione” e del superamento del sistema tradizionale d’informazione per oltre un terzo della popolazione. Opinione, vissuto, che arriva oltre il 44% per i giovani, per i nativi digitali.

L’inadeguatezza del trattamento informativo prescinde dalla piattaforma attraverso la quale viene erogata. Il problema non è che i giovani non leggono i quotidiani cartacei. Il problema è che non riconoscono, o riconoscono solo in minima parte, la suddivisione tradizionale di ciò che è informazione e di chi sia titolato a farla e, evidentemente, non apprezzano il trattamento che le testate tradizionali fanno della stessa.

Il problema è il contenuto ed il contenitore, anche online. Proverò ad approfondire a brevissimo utilizzando un’interessantissima metafora sulle conchiglie suggeritami da Annamaria Testa pochi giorni fa. Stay tuned.

Opinioni Informazione Censis 2013

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