Archivi del mese: giugno 2012

Abbassare la Cresta [e Citare la Fonte]

Le prime pagine di ieri di «Libero», con un “VaffanMerkel“, e del «Il Giornale», che addirittura arrivava a titolare “Ciao Ciao Culona“, sono inqualificabili, da incidente diplomatico, espressione del giornalismo più becero.

Sempre da ieri, un fotomontaggio dell’attuale Presidente del Consiglio, realizzato dal pubblicitario veneziano Emanuele Dal Carlo, ha ottenuto ampissima diffusione nei diversi social network per essere ripreso da diversi giornali online. L’autore ne ha raccontato la genesi e riassunto gli aspetti virali dell’iniziativa a Ninja Marketing.

Stamattina il «Corriere dello Sport» utilizza il fotomontaggio che prende buona parte della sua prima pagina. Sotto si legge: “Nella foto un fotomontaggio che si trova nel web”. Un non ricoscimento del giusto credito all’autore alla quale, seppure in tono minore, con minor enfasi, non si sottrae neppure «La Gazzetta dello Sport», che anche in questo caso scrive: “ecco il fotomontaggio che gira in rete”

Invito tutti coloro che leggerano queste righe a fare copia-incolla degli articoli dei quotidiani in questione apponendo la medesima dicitura.

E’ ora di abbassare la cresta e citare la fonte.

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Il Mondo Cambia

La tavola di sintesi sottoriportata evidenzia l’andamento, disastroso, del mercato pubblicitario in Italia nel primo quadrimestre 2012 rispetto al pari periodo 2011 secondo le rilevazioni Nielsen.

Se Internet è l’unico mezzo che cresce [qui il dettaglio], arrivando a pesare il 7,8% del totale, anche per effetto del calo degli altri mezzi, sempre secondo Nielsen, la situazione in Europa non è molto migliore essendo l’unico continente nel mondo che registra una flessione degli investimenti pubblicitari con però al suo interno Germania, Francia e Svizzera che registrano una crescita della spesa in advertising e gli altri in decisa flessione come nel nostro caso.

Sul tema vale la pena di leggere la raccolta di dichiarazioni di esperti internazionali del settore durante il recente International Festival of Creativity di Cannes. Ne riporto solamente una, quella che mi ha colpito di più fra tutte:

Brand marketers are increasingly looking for solutions to better connect with their consumers, better control their costs and the ROI of their activities, and to accelerate the speed at which they bring the right ideas to market to cope with the pressure of an increasingly complex and kinetic competitive environment.

Francois Petavy, eYeka

Se le flessioni degli investimenti pubblicitari che si registrano nelle nazioni europee maggiormente colpite dalla crisi, inclusa l’Italia, sono un elemento ciclico che sempre si registra durante questi momenti, la crescita di Internet, accompagnata dal calo anche della televisione, dimostra che vi sono elementi strutturali di cambiamento nel processo di relazione e comunicazione tra persone e brand, imprese, come giustamente rileva Francois Petavy.

Il mondo cambia.

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Nasce una Piattaforma Informativa All Digital tutta Italiana

Dall’inizio di questa settimana, conclusa la fase di test a porte chiuse, alla quale ho partecipato,  Squer.it è aperto a tutti, è possibile consultare le notizie, iscriversi, interagire, condividerne le informazioni.

Squer.it,  start-up italiana nata intorno all’idea di innovare il modo in cui ci si informa e si conversa oggi e nel prossimo futuro, rappresenta, finalmente, qualcosa di molto diverso e di molto interessante, a mio avviso, rispetto alle proposte viste sin ora. E’ una piattaforma informativa che coniuga il modello tradizionale di diffusione delle notizie con le nuove modalità digitali rappresentate dai social media.

Partendo dalla pagina generale, a seconda dei propri interessi, è possibile accedere a diversi settori come quello dedicato alle news, quello dedicato a Euro 2012 o alle Olimpiadi di Londra, canali d’informazione orizzontali ai quali si aggiungono altre proposte d’informazione verticali quale, ad esempio, quello sulla vela. Veri e propri siti web specializzati che vengono aggiornati più volte al giorno e che aumenteranno numericamente nel tempo.

E’ possibile personalizzare l’ordine delle notizie a seconda della data, della popolarità o della loro “Squerability” e verificare quali siano i temi più caldi del momento in Italia tramite l’hashtag cloud che ogni due minuti si rinnova.

L’approccio generale, con immagine che richiama la notizia da approfondire, a colpo d’occhio consente di scegliere la notizia che si desidera leggere. Pulito graficamente, chiaro, con una buona user experience. Interessanti, anche, i cruscotti su velocità e potenza di diffusione delle hashtag.

Di grande interesse, altrettanto, l’idea dietro al modello di business della nuova piattaforma informativa, della nuova testata.

Leone Crescenzi, CEO della start up, alla quale partecipa anche l’amico Luca Alagna, da me contattato per avere delucidazioni al riguardo, mi spiega che, finalmente, si va oltre la tradizione, il consueto, anche da questo punto di vista. Non è prevista pubblicità display all’interno del sito e la comunicazione pubblicitaria sarà un contenuto come gli altri [con ovviamente la specifica che è un messaggio promozionale], commentabile e condivisibile. Agli investitori oltre allo spazio viene offerto un servizio completo con analisi dei risultati dentro e fuori la piattaforma informativa.

A breve, infine, saranno inseriti elementi di gamification, da me tante volte richiamati, suggeriti, che rappresentano ulteriore elemento d’interesse e di inovazione nel panorama informativo del nostro Paese.

Insomma, dopo tante parole sul tema, finalmente anche in Italia qualcosa di innovativo ed interessante. Non posso che augurare ai partecipanti a quest’avventura buona fortuna e buon lavoro, i presupposti di successo ci sono tutti.

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Ottimizzazione della Filiera Editoriale

Come promesso ieri, oggi si parla di ottimizzazione e razionalizzazione dei processi con particolare riferimento alla filiera editoriale, alla sua distribuzione.

Il Rapporto 2012 sull’industria dei quotidiani in Italia, segnalato e commentato ieri, si apre con la tavola, sottoriportata, relativa alle vendite dei quotidiani ed alle rese. Emerge come le rese nel 2011 abbiano pesato per oltre un quarto [28,3%] del totale.

Nella presentazione, effettuata da Salvatore Curiale, direttore di ASIG [Associazione Stampatori Italiana Giornali], effettuata sempre nel corso della XV Edizione di WAN-IFRA Italia, emerge come per ogni 100 copie stampate, meno di 70 generano reddito per le aziende editoriali. In totale, ogni anno si stampano oltre settecento milioni di copie di giornale che non producono ricavi o che, nel caso delle rese, determinano costi aggiuntivi.

Costi che sono riconducibili alla voce dei servizi [in prevalenza trasporti e composizione e stampa presso terzi] e materie prime [essenzialmente la carta] che pesano per il 60% del totale dei costi che gravano sull’indistria dei quotidiani nel nostro Paese.

Se non sbaglio i conti, questo significa che annullare le rese, o comunque minimizzarle al massimo, porterebbe un beneficio economico di recupero contributivo per le imprese del settore che potrebbe arrivare sino al 18%. In tempi come questi recuperare il 18% di ricavi sarebbe una boccata di ossigeno straordinaria che consentirebbe di guardare al futuro, ai suoi sviluppi, senza la spada di damocle sulla testa.

Già, ma come? La soluzione, come punto di partenza, è tanto semplice quanto, sin ora, inapplicata. Si chiama informatizzazione delle edicole.

Aspetto sul quale mi sono soffermato più volte all’interno di questi spazi, anche di recente, evidenziando come l’informatizzazione delle edicole, consenta dialogo, comunicazione, e dunque conoscenza specifica, di ogni singola realtà.

L’informatizzazione delle edicole [ad oggi sono circa 5mila – su 3omila – quelle informatizzate con due applicativi distinti che dialogano solo con il distributore locale] consentirebbe all’editore di conoscere in tempo reale il venduto per ciascun punto vendita garantendo ottimizzazione del costo delle rese, l’attenuazione [o scomparsa] delle micro rotture di stock che paradossalmente caratterizzano le pubblicazioni alto vendenti.

L’informatizzazione delle edicole agevola la possibilità di sondaggi, di ricerche su argomenti ad hoc e favorisce l’implementazione di servizi a partire, per citarne almeno uno, dalla possibilità di effettuare in edicola il servizio di print on demand, che consentirebbe la quadra tra desiderio di personalizzazione da parte del lettore e mancanza di redditività che questo ottiene online nella sua declinazione all digital.

L’informatizzazione delle edicole consente, termine in voga, di disintermediare l’intermediazione, fare rete per dare voce, corpo e sostanza a questi concetti e a tutti quelli che è possibile aggiungere.

Concetti che vengono ribaditi ed ampliati nella presentazione, ancora una volta effettuata durante la XV Edizione di WAN-IFRA Italia, da Bain & Company, nota società di consulenza, che effettua un’analisi sul panorama della distribuzione editoriale estremamente puntuale e interessante.

La presentazione [da leggere assolutamente] analizza gli elementi strutturali e ciclici della crisi del settore suggerendo gli interventi necessari sul prodotto editoriale, sull’evoluzione della sua concezione, sulla necessità di ridisegno dei processi di redazione, sulla proposta pubblicitaria che i giornali, nei diversi formati, debbono effettuare, e la sua veicolazione attraverso le concessionarie, per arrivare, appunto, alla distribuzione ed all’informatizzazione delle edicole.

Dallo slideshow emerge come dal 2008 ad oggi siano state chiuse 6mila edicole, passate dalle 40mila del 2008, alle 34mila del 2011, e 40 distributori locali, scesi da 170 a 130 nello stesso periodo. La slide 23, sottoriportata, evidenzia, i benefici immediati e le prospettive offerte dal processo di informatizzazione delle edicole.

Tutti i dettagli anche relativi al refill e dunque all’abbattimento delle micro rotture di stock che si verificano puntualmente, paradossalmente, per le testate alto vendenti, sono ben spiegati nella presentazione, che continua con una proposta evolutiva che parte dalla base dell’informatizzazione dei punti vendita.

Proposta di specializzazione che condivido ed ho richiamato a più riprese, sostenendo che alla strada del generalismo, del vendere di tutto o del fornire servizi che già vengono forniti in altri canali [pagamento bollette, ad esempio] con margini inesistenti, privilegio quella della specializzazione sia per aver verificato direttamente che i servizi integrativi sin ora ipotizzati non apporterebbero alcuna marginalità integrativa al canale che per visione strategica e coerenza.

Bain & Company ipotizza, suggerisce, l’introduzione di card, sia mono editore che pluri editore, che permettano di raccogliere informazioni sul lettore e avviare programmi di fidelizzazione nel canale edicole. Card che consentirebbe anche di raccogliere dati sul lettore utili per profilare l’offerta editoriale e pubblicitaria, sottoprodotto assolutamente non trascurabile.

Il recupero di efficienza contributiva e le prospettive offerte dall’informatizzazione delle edicole sono IL passaggio necessario per la ripresa di tutta la filiera editoriale dagli editori alle edicole. Se n’é parlato troppo alungo e troppo a vuoto sin ora, è giunto, davvero, il momento per la FIEG, il Governo e le rappresentanze sindacali dei giornalai di darvi la giusta priorità a partire dall’incontro che si terrà oggi tra le parti. Mi auguro che queste riflessioni possano essere spunto e base di un confronto fattivo; le ho esposte, anche, con questo obiettivo.

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Rapporto 2012 sull’ Industria dei Quotidiani in Italia

La settimana scorsa, nell’ambito della conferenza internazionale per l’industria dell’editoria e della stampa quotidiana, promossa da WAN-IFRA, l’associazione mondiale degli editori e della stampa quotidiana, da FIEG e da ASIG [Associazione Stampatori Italiana Giornali], è stato presentato il Rapporto 2012 sull’industria dei quotidiani in Italia.

La ricerca annuale sull’industria della stampa italiana analizza lo status quo dell’informazione quotidiana nel nostro Paese relativamente ai lettori, al mercato pubblicitario, agli indicatori economici e alla situazione occupazionale e retributiva del settore. Il rapporto si articola nelle diverse sezioni per 130 pagine complessive, come sempre, tutte da leggere.

Anche per fornire un contributo ulteriore al dibattito stimolato domenica in questi spazi relativamente all’audience dei quotidiani online, ho focalizzato la mia attenzione quest’oggi sulla parte relativa a lettori, readership e interesse verso, appunto, le edizioni online dei giornali nostrani.

Se l’andamento delle vendite di quotidiani continua a scivolare sempre più verso il basso, con il 2011 in flessione del 2,7% e i primi tre mesi di quest’anno intorno al -5% medio [Nota], secondo i dati Audipress ed Audiweb raccolti nel rapporto, non altrettanto avviene per i lettori di quotidiani che sono in crescita sia per l’edizione cartacea che per quella online.

Secondo i dati soprariportati vi sarebbero quasi 25 milioni di lettori di quotidiani su carta nel giorno medio, con una crescita di circa 4 milioni di lettori negli ultimi dieci anni [anche la curva tende alla stabilizzazione dalla 2^ rilevazione del 2010 in poi], e 3,3 milioni di lettori per le edizioni online, con un incremento di 1 milione di lettori dall’inizio delle rilevazioni [2010] ad oggi.

Si evidenzia dunque come la carta sia il mezzo di fruizione privilegiato con un rapporto di poco inferiore di 10 ad 1 rispetto all’online. Soprattutto, come viene citato nel rapporto, la differenza tra andamento delle vendite e lettura evidenzia come “l’informazione appare ormai a molti come una commodity alla quale non si riconosce un valore significativo”. Problema che qualcuno assimila, fa coincidere con quello dell’industria pornografica.

Aspetto che, come ricordavo pochi giorni fa, deve ulteriormente far riflettere sulla cura necessaria nella relazione con i lettori, con le persone, da parte dei giornali in un momento in cui “la pubblicazione è un bottone”, e la differenza, il valore aggiunto viene creato dai servizi aggiuntivi forniti e dall’apertura, nei contenuti e nella relazione, con il pubblico di riferimento.

Per quanto riguarda specificatamente le edizioni online dei giornali, nel rapporto si evidenzia come il 53,5% degli internauti non visiti mai il sito web di un quotidiano. Elemento che se, da un lato, rappresenta un bacino potenziale d’interesse, dall’altro lato, fa riflettere su come il problema dei numeri dell’audience dell’informazione nostrana non siano certamente solo riconducibili all’idioma, nonostante gli utenti internet nel giorno medio siano aumentati del 22%, mentre gli utenti dei siti dei quotidiani sono cresciuti del 47% tra il 2009 ed il 2011.

Si tratta evidentemente di dati generali che nelle pieghe delle medie statistiche celano andamenti spesso ben diversi tra loro com’è il caso, per citare un esempio, del buon andamento dell’edizione online del «Il Sole24Ore» e quello negativo di «L’Unità», che rischiano di alimentare la “reach” ma lasciano insoluto l’aspetto dei ricavi.

Per quelli, appare sempre più chiaro, non basta soddisfare il narcisismo dei numeri grossi, occorre diversificare, specializzarsi ed ottimizzare i processi. Ne parleremo domani, promesso.

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La Massa Intelligente Funziona

La scorsa settimana «The Economist» ha diffuso i risultati operativi del gruppo per il 2011-12 [anno finanziario chiuso a marzo 2012]. Per il gruppo editoriale si tratta, in assoluta controtendenza rispetto al panorama generale, del miglior risultato della sua storia.

Risultati che derivano da un mix di crescente internazionalizzazione delle vendite della testata, dalla capacità di diversificazione di fonti di ricavo e dalla concentrazione su quella che nella presentazione pubblicata a metà dicembre dello scorso anno veniva definita come la “massa intelligente”.

Il settimanale britannico stratifica l’audience segmentandola in tre grandi comparti: elite media, mass intelligence e mass media evidenziando l’esistenza di un gruppo di persone, la massa intelligente appunto, sufficientemente ampio ed altrettanto evoluto che può rappresentare il nucleo centrale di riferimento per contenuti di valore non massificati.

Il gruppo editoriale chiude l’anno 2011-12 con un risultato operativo di 67,3 milioni di sterline [83,6 milioni di euro], corrispondenti ad una crescita rispetto all’anno precedente del 6%, e un fatturato di 361,8 milioni di £ [449,6 m. €], pari ad un incremento del 4% rispetto al 2010-11.

Risultati che, a partire dalla precitata puntuale identificazione del pubblico di riferimento, sono ottenuti dalle crescenti vendite della testata a livello internazionale, sia su carta che nei formati digitali [123mila copie digitali e 1,5 milioni su carta a marzo 2012], minor dipendenza dalla raccolta pubblicitaria della rivista cartacea, che oggi pesa il 29% dei ricavi contro il 46% di dieci anni fa, e relativa diversificazione, come già accennato, delle fonti di ricavo, con la vendita di contenuti quali quelli prodotti dalla Economist Intelligence Unit ad assumere sempre maggior rilevanza.

Diversificazione ottenuta, anche, grazie a Ideas People, network di 50 testate non di proprietà del The Economist Group, che consente di proporsi come consulenti di comunicazione non come venditori di spazi pubblicitari. Una distinzione non solo semantica.

Elementi che, evidentemente, si basano su specializzazione e distintintività nella produzione di contenuti di interesse per un pubblico qualificato, ed interessante per gli investitori pubblicitari, ma non ristretto.

Insomma, la massa intelligente esiste e funziona, meglio prendere nota.

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Audience dei Quotidiani Online nel Mondo

comScore ha pubblicato i dati dell’audience dei primi 50 quotidiani on line nel mondo nel mese di maggio di quest’anno. Pare non siano rilevati i quotidiani all digital, come dimostra, uno per tutti, l’assenza dell’«Huffinghton Post».

Nella classifica non figura nessun quotidiano italiano. Non credo sia solamente un problema di diffusione dell’idioma, come è possibile rilevare dalla presenza di «Gazeta.pl» con oltre 16 milioni di utenti unici in un paese di 38 milioni di abitanti la cui lingua non mi risulta essere diffusa internazionalmente. Ipotesi ulteriormente confermata, seppure al contrario, dagli utenti dei quotidiani brasiliani, quale «Jornal O Globo», che possono contare su una popolazione di circa 200 milioni di abitanti ed una lingua, il portoghese, diffusa in diversi continenti del mondo.

Con 60 milioni di abitanti ed altrettanti italiani, di prima o seconda generazione, all’estero, come mai i giornali italiani hanno numeri così modesti?

Si preparino, anche, a questa domanda, i miei ospiti del panel: “Il mago dei numeri: lo stato dell’arte numerico ed economico dell’editoria digitale” in cui farò il moderatore durante la due giorni tutta dedicata al giornalismo on line tra un paio di settimane a Firenze.

Io ovviamente ho una mia ipotesi, se voleste fornire la vostra idea lo spazio dei commenti è, come sempre, a disposizione.

– Milioni di utenti unici – Fonte: comScore News/Information – Newspapers

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Europei alla Carta

Nel corso del 2012 dovrebbe vedere la luce un quotidiano cartaceo paneuropeo.

«European Daily», questo il nome della testata, ha già pubblicato un numero zero stampato in 40mila copie e, in una fase in cui l’Unione Europea vive una delle crisi di identità più gravi dalla sua nacita, si appresta a lanciare il giornale sia nella versione tradizionale cartacea che mobile [tablet e smartphones], mentre quella online è già disponibile quotidianamente.

Johan Malmsten, uno dei tre fondatori dell’iniziativa, dichiara che la testata si rivolge ad un pubblico non giovane che continua a preferire la carta ed a coloro che viaggiano e vogliono leggere le notizie in volo o in hotel. Consapevoli delle difficoltà da affrontare per l’edizione stampata si affidano, nel lungo termine, ad un mix di ricavi da carta ed online/digitale.

«European Daily» dovrebbe partire con una tiratura di 50mila copie distribuite a rotazione nelle edicole delle principali citta d’Europa ad un prezzo di vendita al pubblico di 2,50€.

Se il concept, l’idea di un quotidiano dedicato a tutta Europa mi pare interessante, resto perplesso sulla scelta di una proposta generalista alla quale, personalmente, a parità di condizione, avrei privilegiato una più tematica, specializzata.

Vedremo con il tempo se si tratti di genio o follia.

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Il Narcisismo Antisocial dei Media

I media tradizionali, giornali, televisioni e radio, utilizzano nella grande maggioranza dei casi i social media alla stessa stregua degli altri mainstream media come veicolo mondirezionale per promuovere se stessi, portare traffico al proprio sito web e, davvvero, poco altro. Una situazione che già in precedenza non ho esistato a classificare come attitudine da spammer.

Già l’altro giorno richiamavo l’attenzione sulla cura necessaria nella relazione con i lettori, con le persone, da parte dei giornali in un momento in cui “la pubblicazione è un bottone“, e la differenza, il valore aggiunto viene creato dai servizi aggiuntivi forniti e dall’apertura, nei contenuti e nella relazione, con il pubblico di riferimento.

Un richiamo tra la differenza di valore tra il gusto dei numeri grossi, che sarà, anche, argomento di uno dei panel ai quali parteciperò come relatore durante le due giornate dedicate a Giornalismo digitale: nuovi modelli economici, nuove professionalità, nuova cittadinanza, a Firenze il 4 e 5 luglio, e l’informazione partecipata che crea valore aggiunto per tutto l’ecosistema dell’informazione.

Una social media [in]ability che crea una conversazione insostenibile tra persone ed imprese trasversale a tutti i settori aziendali ma che pare colpire in particolare proprio il comparto dei media.

La conferma viene dai risultati pubblicati da Socialbakers che ha pubblicato il tasso di risposta, di interazione tra persone ed aziende su Facebook. L’analisi effettuata evidenzia come mediamente il 70% dei “fans” vengano ignorati.

Media che crolla proprio per quanto riguarda i media che presentano un tasso di risposta medio del 4,9%, corrispondente ad oltre il 95% dei commenti, delle interazioni delle persone che non ottengono alcun riscontro, nessuna risposta da parte di chi gestisce le pagine aziendali dei media tradizionali.

Il narcisismo antisocial dei media, convinti che il successo sia nel numero di followers e fans e non nell’ascolto e nella conversazione con loro, se non verrà invertita rapidamente la rotta, sarà una concausa rilevante nell’estinzione dei dinosauri dell’informazione contemporanea.

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Il Cappio di Velluto

Con qualche giorno di ritardo rispetto alla cadenza abituale, a causa di problemi di connessione che mi hanno impedito, anche, di pubblicare in questi spazi lunedì, ritorna la mia colonna settimanale per l’European Journalism Observatory.

Continua la serie di case studies e, dopo l’ultima analisi relativa al «The New York Times», restiamo sempre dall’altra parte dell’oceano per occuparci di uno dei quotidiani non generalisti di maggior fama e diffusione internazionale: lo statunitense «The Wall Street Journal».

Vi anticipo che la strategia del giornale, secondo gli ultimi dati disponibili, ha portato allo straordinario incremento del 24% dei ricavi, della raccolta pubblicitaria per la versione su carta. Un risultato che rispetto allo status quo generale pare di un altro pianeta.

Buona lettura.

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