Archivi del mese: dicembre 2011

Etica della Narrazione

Sono stati gli smartphones, i “cameraphones”, il mezzo di narrazione istantanea della realtà da trasmettere in tutto il mondo che ha rivoluzionato il fotogiornalismo e rappresentato elemento di supporto straordinario per il giornalismo partecipativo, per il citizen journalism.

Se, da un lato, questo ha permesso di rendere pubbliche storie che un tempo sarebbero rimaste solo negli occhi di chi le aveva vissute, dall’altro lato ha incrementato in maniera esponenziale la naturale predisposizione dell’essere umano a mostrarsi, a raccontarsi, sino ad arrivare agli eccessi documentati dalla foto delle foto dell’uccisione di Gheddafi che mostra come le persone siano concentrate sulla raccolta di immagini del fatto, forse più che sul fatto di per sè stesso.

Nell’era dell’eccesso informativo, dell’infobesità, un riflessione sul tema dovrebbe essere una delle priorità per il 2012.

Credo sia necessario anche sotto questo profilo stabilire un principio etico, un criterio di determinazione di cosa sia “buon giornalismo”, buona informazione, sia per chi svolge per lavoro, per professione questa attività, che da parte di coloro che sempre più, per occasione o per passione, sono coinvolti.

Speriamo che non resti nell’elenco dei buoni propositi di fine anno. AUGURI!

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Le Buone Regole delle Mamme

Mi sarei dato, sperando possa essere condiviso, l’obiettivo di stilare una prima bozza del codice di autodisciplina per chi fa informazione  attraverso blog e social network entro la seconda settimana di Gennaio 2012. Una base di confronto e di raffinamento grazie alla quale arrivare ad una definizione definitiva dei criteri di autoregolamentazione da mettere a disposizione di chi crede che fiducia e responsabilità siano principi cardine dai quali non possono esimersi i blog e, più in generale, l’informazione in Rete.

Come ho già detto, in base a questa timetable, sto procedendo alla raccolta di materiali, dei pro ed anche dei contro, relativi all’ipotesi di lavoro. Un opera nella quale, oltre a tutti coloro che hanno già fornito la loro adesione e disponibilità [grazie!], gradirei, a loro piacendo, coinvolgere anche Ernesto Bellisario & Guido Scorza che con il loro expertise sono certo potrebbere essere di grande aiuto.

Un riferimento prezioso è stata stilato da tempo dalla WOMMA [Word of Mouth Marketing Association] che fornisce un codice di condotta etica i cui punti chiave, no a caso, si fondano su fiducia, integrità, rispetto, onestà e responsabilità.  Riferimenti per i professionisti della comunicazione che, a mio avviso, ben si integrano con i quattro principi per l’informazione di qualità proposti da Timu.

Se il concetto del diritto romano di diligenza del buon padre di famiglia è noto ed applicato come criterio di correttezza e buona fede, di responsabilità, grazie ad una segnalazione, apprendo che un folto gruppo di blogger-donne-mamme si sono date un codice delle buone pratiche dei blogger che è a disposizione di tutti, e che propone un’autoregolamentazione in merito alla gestione della pubblicità sui propri blog.

Il Codice è valido per tutti, mi pare davvero, e cerca di raccogliere vari aspetti legati alle caratteristiche, ed alla eventuale monetizzazione, dei blog, definendo, anche, tre livelli di blogging [ADV free, light, pro]. Si tratta di criteri, che, comunque sia, personalmente integrerò nella mia blog policy. Parametri ben stilati, condivisibili, e che rappresentano ulteriore elemento di arricchimento verso il raggiungimento della stesura dell’autoregolamentazione, dell’autodisciplina.

Le buone regole delle mamme sono un contributo importante, un altro passo partecipattivo [non è un refuso] verso l’obiettivo.

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Fare Luce sui Blog

Da un paio di giorni è in corso un dibattito trasversale [l’ennesimo?] su morte e resurrezione dei blog, che forse sono colpevole di aver stimolato. Confronto che ha per principali protagonisti persone che seguo sempre con attenzione per la stima che ho nei loro confronti. Tra tutti la posizione che maggiormente condivido è quella espressa da Giuseppe Granieri.

Personalmente ritengo che il termine blog sia ormai una “parola scatolone”, troppo ampia di significati per poter dare un senso unico ed univoco al dibattito che pure continuo a seguire con attenzione ed i cui sviluppi mi piacerebbe affrontassero la questione del blog come format editoriale adottato anche da quotidiani e, appunto, superblog. Confido in Giovanni Boccia Artieri [e in tutti gli altri che verranno] per approfondire quest’aspetto. Nel frattempo continuo a privilegiare il termine TAZ per la definizione di questo spazio.

Far luce sui blog, anche se da una prospettiva diversa, è anche l’obiettivo di una proposta che ho lanciato un paio di settimane rispetto alla quale sto procedendo alla silenziosa raccolta di contributi e disponibilità per poi procedere all’elaborazione condivisa di un codice di autodisciplina per chi fa informazione  attraverso blog e social network.

Una necessità che risulta ancora più pressante dopo alcune verifiche che ho fatto su campagne promozionali, di “buzz”, svolte sui blog.

Avevo già segnalato come esistano proposte che circolano per la Rete che stanno al content marketing come le tecniche di black hat stanno al SEO, scorciatoie utilizzate da persone senza scrupoli che rapidamente si ritorcono contro chi ne fa uso e abuso.

Scopro ora di un’operazione lanciata da Enel, un concorso che premierebbe i migliori blogger, a sostegno della quale un’agenzia [non vi sarà difficile scoprire quale] ha lanciato una campagna di “sponsored conversation”, di blog che parlano del concorso.

Pare che stia funzionando visto che Google restituisce quasi un milione di risultati per “enel+concorso blogger” e addirittura oltre due milioni di risultati per “concorso blogger awards”.  Un successo che, da informazioni raccolte dal sottoscritto, sarebbe dovuto al compenso di alcune decine di euro [pare si tratti di 60€]  che vengono dati dall’agenzia che opera in nome e per conto della nota impresa di energia; un elargizione davvero generosa che supera i compensi che spesso i giornalisti di professione ricevono per un pezzo originale che, by the way, lascia immaginare quanto costi al committente.

Approfondendo si viene a scoprire che non tutti segnalano la dicitura “articolo sponsorizzato”, come dovrebbe essere, al termine del post e da una verifica a campione ne ho trovati almeno tre che non si curano di avvertire il lettore che in buona sostanza si tratta di comunicazione pubblicitaria [123].

C’è una questione di correttezza e di trasparenza, che è poi alla base dell’idea di codice di autodisciplina precitato, verso le persone che leggono i nostri blog, le nostre segnalazioni sui diversi social network, [quasi sempre] in buona fede condividono ulteriormente quanto proposto poichè hanno fiducia in noi. E’ ora di assumersi la giusta responsabilità personale che la concessione di fiducia da sempre implica.

C’è in questo caso, anche, una questione di efficacia. Sia perchè, come spiega oggi «The Economist», l’eccesso di rumore annulla il valore dell’informazione, che di merito rispetto ad apparire in spazi che, letteralmente, fanno due palle quadre ai lettori, se ve ne sono, e all’azienda sponsor.

Come dice l’amico Vittorio Pasteris: un problema di fiducia & responsabilità, le marchette lasciamole ad altri. E’ davvero giunto il momento di fare luce sui blog.

Update: Via Twitter Enel risponde così ad una domanda di Vincenzo Cosenza: “L’accordo prevede la dicitura “sponsorizzato”, gli altri potrebbero non rispettare l’accordo o essere spontanei, ma controlleremo”

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Giornalista & Cameriere

Il cortometraggio, “El Periodista & El Camarero” [il giornalista e il cameriere], sapientemente realizzato dal giornalista spagnolo Charlie Nelson Moreno,  in poco più di cinque minuti tratteggia egregiamente le difficoltà di una professione sempre più precaria e frammentata.

Perdita di posti di lavoro e, per chi resta, condizioni sempre più difficili di precarietà basata su ritmi lavorativi crescenti e compensi calanti sono la norma anche per quella che nell’immaginario collettivo continua ad essere una professione privilegiata.

Effetti collaterali del dilemma del prigioniero.

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Occupy Facebook: Una Lezione per la Socialità dell’Informazione

La ricerca di socialità della notizia e di nuovi spazi di espressione giornalistica, in cui sia possibile affermare ciò che si deve dire, non può essere messo a rischio da regole e desideri arbitrari.  E’questa la motivazione di fondo che mi lascia ancora oggi estremamente scettico relativamente all’utilizzo massivo di Facebook da parte dei giornali.

A questa prima fondamentale considerazione si sommano anche altri aspetti che mi fanno ritenere non idonee le diverse iniziative che l’industria dell’informazione, il marketing editoriale, propone all’interno del celebre social network, tentando , in realtà, di costruire l’ennesimo walled garden rinchiudendosi al suo interno.  E’ un errore sia tattico che strategico.

Preoccupazioni e considerazioni che ho avuto modo di esternare a più riprese, che le strategie ed i mezzi di comunicazione utilizzati dal movimento occupy e dagli omologhi europei indignados mi danno modo di qualificare meglio.

Si apprende infatti che il movimento che si richiama allo slogan “we are 99%” sta lavorando alla costruzione di una piattaforma di condivisione sociale alternativa a Facebook con l’obiettivo, da un lato, di superare il controllo e la censura del popoloso social network e, dall’altro lato, di costruire un ambiente collaborativo tra le diverse anime e le diverse nazioni che lo animano. Una piazza globale che serva da collante a livello internazionale per un modello di leadership decentralizzato.

Dopo aver lanciato la proposta, ed averne definito le caratteristiche salienti, di quella che, appunto, dovrebbe chiamarsi “The Global Square”, il lavoro è in corso per rendere effettivo il progetto.

L’idea lanciata al riguardo da Planetary, organizzazione dedicata allo sviluppo della comunicazione digitale e della cooperazione, contiene a mio avviso un modello che risulta di assoluto interesse per la distribuzione dei contenuti e l’industria dell’informazione che va ben al di là delle specificità, per le quali pure è stata concepito, del movimento globale di protesta.

L’architettura informativa concepita, consigliata, da Planetary, permette un’effettiva socialità della notizia, delle informazioni, senza però rinunciare ad una corretta supervisione dei contenuti.

Sia l’ipotesi di uscire da “Casa Zuck” che le modalità di raccordo e condivisione rappresentano, credo davvero, un esempio concreto di come un editore, una impresa dedicata alla raccolta, selezione e distribuzione di contenuti e informazioni, possa effettivamente ed efficacemente interagire con le persone in Rete. C’è da studiarla con attenzione.

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L’Impatto di Internet sul Giornalismo & l’Industria dell’Informazione

Durante l’estate «The Economist» ha realizzato uno speciale dell’evoluzione degli ultimi anni sia sotto il profilo concettuale di sviluppo di nuovi giornalismi, in termini di mezzi e format, che di analisi delle dinamiche economiche offrendo al lettore un panorama davvero esauriente dello stato dell’arte.

Il video sottostante realizzato dal settimanale britannico, oltre ad essere un ottimo esempio di storytelling, riprende le argomentazioni di Jay Rosen, favorevole alle evoluzioni in corso, e di Nicolas Carr che invece evidenzia i lati negativi sia in termini di impatto economico che, a suo dire, di qualità dell’informazione.

Sul tema da leggere con attenzione l’articolo pubblicato da Slate sulle evoluzioni del giornalismo digitale, ancora una volta sia in riferimento alla produzione di contenuti che economico.

Personalmente, in sintesi, ritengo che i vantaggi apportati nel complesso all’ecosistema dell’informazione dalla Rete siano superiori agli svantaggi, che pure esistono. Certamente il binomio vendite + pubblicità che ha sostenuto sin ora l’industria dell’informazione non appare più essere un modello perseguibile e dovrà, in tempi e modalità distinte a seconda delle diverse nazioni e delle caratteristiche di ciascuna testata [o di quelle che sopravviveranno, almeno], essere sostituito da un approccio che fondi il modello di business su criteri transmediatici e multipiattaforma.

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Letture & Rappresentazioni dell’ Informazione

Inevitabilmente ad ogni fine anno si assiste ad un’interminabile sequenza di proposte relative al bilancio dell’anno che volge al termine e a previsioni sul quello che verrà. Dinamica alla quale non si è sottratto neppure il sottoscritto.

Per quanto riguarda il comparto dell’informazione emergono aspetti interessanti che ritengo opportuno riprendere.

Sembra emergere una differenza tra quelli che sono i temi più menzionati, più discussi, su Twitter e quanto proposto dai mainstream media online.  Tendenza che pare confermata anche per quanto riguarda le notizie maggiormente condivise su Facebook che  nella loro totalità [40] si rifanno esclusivamente a solo 6 fonti d’informazione.  Divergenze e concentrazioni che evidenziano le differenze di interessi tra i distinti utenti delle due piattaforme di condivisione sociale ulteriormente confermate anche per quanto riguarda Linkedin che ha fonti e notizie a sua volta distinte.

Aspetti che nel loro complesso sono un richiamo ad uscire dalle generalizzazioni in cui spesso si ricade per osservare e definire le dinamiche in atto nell’ecosistema dell’informazione con maggior attenzione ed una più puntuale focalizzazione.

Altrettanto interessanti alcune iniziative di ricerca e rappresentazione delle notizie.

Si segnala in particolare il lavoro svolto da PEJ che permette di crearsi un archivio personalizzato e interattivo delle notizie di proprio interesse per tipologia di mezzo ed argomento d’interesse. Sicuramente il miglior connubio tra rappresentazione e servizio al lettore.

Strada seguita anche dal «Guardian» che, rivolgendosi ad un  pubblico più ampio, si affida maggiormente all’impatto grafico – emozionale consentendo di selezionare “solo” 10 notizie tra tutte quelle visualizzate.  Iniziativa che come sottoprodotto offre in prospettiva la possibilità di indagare le preferenze dei propri lettori. Sempre dal quotidiano anglosassone arriva un riepilogo delle 10 notizie principali dell’anno realizzato con i famosi mattoncini del Lego.

«The Economist» si affida invece ad una più tradizionale rappresentazione ad albero che più che per la grafica sorprende ed interessa per i contenuti. Si viene infatti così ad apprendere che la notizia che maggiormente ha coinvolto ed interessato i lettori del prestigioso settimanale britannico è relativa a lui: “The man who screwed an entire country” che surclassa la crisi dell’eurozona e la morte di Bin Laden.

Variegato elenco di segnalazioni i cui spunti di riflessione saranno oggetto di approfondimento a breve. Contateci.

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Racconto di Natale

Una saletta affittata in un luxury boutique hotel, un 4 stelle stelle davvero unico nel suo genere, un po’ fuori mano ma con caratteristiche da lasciare di stucco anche chi, per piacere e per dovere, di alberghi ne ha visti davvero tanti nella sua vita.

Sandro [nome di fantasia], più di 20 anni passati tra scrivania e marciapiede nelle file del marketing e delle vendite, vi era arrivato dopo essere stato contattato via Linkedin. Una sua amica, una persona con la quale era in contatto da diverso tempo, lavorava già da un annetto in una web agency ed ora cercavano un direttore commerciale.

L’ambiente era quasi surreale, molto hi tech, glaciale. Più che in un hotel sembrava di essere nel  caveau di una banca o forse in una di quelle stanze a temperatura contrallata dove vengono custoditi i server. Un posto davvero strano, Sandro si guardava intorno smarrito, incerto, osservava l’ambiente con un sentimento misto tra meraviglia e repulsione.

Nella saletta che dava nell’ampio e luminoso ingresso dell’albergo c’era una coppia, un uomo ed una donna, giovani.

“Buongiorno e ben arrivato. Grazie di essere venuto. Si accomodi, prego” disse lei. Sandro prese posto, l’uomo, “un ragazzotto” di quelli che sotto gli abiti firmati all’ultima moda cercano di nascondere le proprie origini, alla sua destra, di fronte lei, la donna, tipo fine, forse con troppi gioielli addosso, dai tratti del viso tradiva una certa rigidità avrebbero detto gli esperti di fisiognomica.

“Siamo una start up, fondata un anno fa,vogliamo fare le cose per bene.  Il primo anno è andato bene e siamo già a pareggio di bilancio, sà siamo una SPA”, ci tenne a sottolineare subito l’uomo. “Abbiamo 11 agenti e sin ora me ne sono occupato io”, continuò, “ma ora vogliamo espanderci, arrivare a coprire tutta Italia e per questo cerchiamo un direttore commerciale, una persona di esperienza che abbia il presidio di quest’area dell’azienda, così potrò, finalmente fare l’Amministratore Delegato a tempo pieno” concluse, non senza far trasparire il proprio orgoglio mentre ne parlava.

A quell’incontro, come succede sempre in questi casi, ne seguirono altri e, alla fine, Sandro, nonostante un penoso mercanteggiamento sulle condizioni economiche, decise di accettare.  Si a lui, anche se non era più giovanissimo, le sfide piacevano ancora, gli piaceva l’idea di mettersi in gioco e dare il suo contributo alla riuscita di un progetto imprenditoriale, al raggiungimento di un successo.

Bastarono pochi giorni di lavoro per capire che i numeri citati in fase di colloquio erano distanti dalla realtà e meno di un paio di mesi per stabilire che il percorso e gli obiettivi erano da rivedere, da ridefinire sia in  termini di curva di sviluppo che a livello di approccio strategico.

Sandro, com’era abituato a fare da sempre nel suo lavoro, al termine del terzo mese scrisse un documento di analisi. Una fotografia della situazione del primo trimestre, problemi, difficoltà e, ovviamente, proposte di soluzione. Lo rilesse un paio di volte, smussò qualche eccesso cercando di ammorbidire se non la sostanza almeno la forma e lo mandò per mail all’Amministratore Delegato e, per conoscenza, alla Responsabile Amministrativa, la donna, partner con una quota di minoranza della società. “Vi prego di considerare il documento allegato una base di discussione, elemento di confronto fattivo che spero di avere al più presto”  c’era scritto in calce alla mail come accompagnamento.

Il confronto, per così dire, avvenne solo a distanza di oltre 40 giorni nella sala colazioni di un albergo romano dove si erano recati per fare delle selezioni di agenti per la zona. Sandro parlava e lui, il ragazzotto-ceo-salumiere, annuiva mentre tutta la sua attenzione era dedicata all’inizializzazione del nuovo iPhone.

Dopo quell’incontro le relazioni inevitabilmente si affievolirono, Sandro, pur con riserve sempre maggiori, continuava nel suo lavoro per quanto possibile ma le telefonate da giornaliere si fecero prima settimanali e poi cessarono per addirittura due settimane consecutive.

Dopo un periodo così lungo di silenzio Sandro decise di mettere da parte l’orgoglio e di chiamare lui, la situazione andava sbloccata. Si c’era un incontro fissato già a fine mese ma era passato così tanto tempo che… e poi voleva sapere che ne era stato del suo compenso, in ritardo, anche, questa volta. Il telefono squillava a vuoto, lui, il CEO, era sempre così occupato, anche se non aveva mai capito a fare  cosa  Sandro ci si era abituato. Mandò l’ennesima e-mail.

Gli fu risposto, in buona sostanza, che i rapporti erano interrotti, che non lavorava più per quella società e che non sarebbe stato pagato.

Sono passati circa 6 mesi da allora e l’avvocato l’ha informato ieri che il suo omologo della controparte, della società in questione, dice che non hanno i soldi per pagare, che bisogna avere pazienza ancora un po’, che pagheranno [il 30% del dovuto] appena possono.  Sandro ha detto al suo avvocato di non aspettare più e di procedere legalmente per il recupero nelle opportuni sedi del totale della somma sperando che i tempi della giustizia non siano eccessivamente dilatati, in queste cose non si sà mai quando e come  va a finire.

Una storia che ho voluto raccontare, uscendo da i temi normalmente trattati in questi spazi, per narrare come spesso funzionano le cose in questo Paese, nazione dei doveri e dei diritti sulla carta in cui il furbo sfrutta le pieghe dell’inefficienza statale per prevaricare il prossimo. Sono cose che, ahimè, succedono molto più spesso di quanto si pensi.

Una buona coscienza è un Natale perpetuo – Benjamin Franklin. Buon Natale a voi tutti tranne a chi è senza coscienza.

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Top 2011

Nel 2011, ad oggi, in questi spazi sono stati pubblicati 382 articoli.

Una selezione tanto severa quanto personale di quelli che sono stati gli articoli migliori di quest’anno.

Gennaio 2011Dal Quadrato al Triangolo – Il problema dei media non risiede nel web e nella perdita di redditività che ne consegue ma nella mancanza di relazione e fiducia con i pubblici di riferimento.

Febbraio 2011Mappa Mondiale dei Giornali – Ricchissimo database, rappresenta una risorsa ed uno strumento di analisi di portata straordinaria. Social Media Strategy Map – Strumento d’ausilio per un corretto approccio delle imprese a questo canale di comunicazione.

Marzo 2011Mappatura di un Mondo Transmediatico e Multipiattaforma – Una interessantissima analisi sull’evoluzione dello scenario mediatico.

Aprile 2011L’Era della Rilevanza – La rilevanza è l’unica soluzione alla fase attuale.

Maggio 2011 Utilizzare il Papillon nella Comunicazione – Il modello a papillon del nuovo funnel enfatizza la trasformazione del marketing da ospite non invitato in uno benvenuto e di grande valore.  Analisi dei Modelli di Business dell’Informazione Digitale – CJR, Columbia University Review, ha rilasciato un rapporto di analisi dei modelli di business dell’informazione digitale.

Giugno 2011 Gamification Buzz Word o Realtà? – Per coloro che ancora resistono alla comprensione del fenomeno il futuro sarà caratterizzato da sole due parole: game over!

Luglio 2011 Perchè le Persone Condividono i Contenuti in Rete – “The Psychology of Sharing”è un utile supporto per marketers e comunicatori che fornisce elementi di circonstatazione e qualificazione del processo di coinvolgimento delle persone online. Le 11 Cose che Credo di Avere Imparato Curando questa TAZ – Le 11 cose che credo di aver imparato curando questa TAZ e che forse possono essere utili a chi si occupa di giornalismo 2.0.

Agosto 2011Didascalico & Propedeutico – Un’analisi della filiera editoriale. Prospettive & Modelli di Business dell’Informazione Digitale – Il tema di quali prospettive e quali modelli di business siano realisticamente perseguibili per l’informazione digitale è centrale rispetto all’evoluzione dell’ecosistema dell’informazione. [Complemento e integrazione di Didascalico e Propedeutico]

Settembre 2011Network Analysis dei Poteri Forti – Un gruppo di economisti svizzeri ha pubblicato “The Network of Global Corporate Control” identificando la struttura ed il “network” di influenza di grandi imprese ed istituzioni finanziarie.

Ottobre 2011 Revenues Vò Cercando – Se il futuro è qui ma non qua ora, esistono gli elementi per lavorarci sopra con prospettiva. Non resta che farlo.

Novembre 2011Correlazioni: Il Dato è Tratto – Obiettivo dell’analisi verificare il mercato contendibile, quello di chi va a comprare in edicola ed ha la possibilita’ di scegliere una qualunque testata, e ogni volta che compra un giornale fa una scelta, come avviene altrettanto ogni volta che punta un browser ad un indirizzo di un sito web di un quotidiano online. Passione – Come promemoria, più di tanti manuali  può bastare questo scatto appeso nel vostro ufficio, nel vostro luogo di lavoro, a ricordare che  la passione e l’azione condivisa di gruppo sono i fattori determinanti nel raggiungimento del successo.

Dicembre 2011 La Manovra di Monti, la Rete & il Paese [Ir]Reale – Analisi comparativa tra dati Auditel & argomenti su Twitter.

Ovviamente se la pensate in modo diverso lo spazio dei commenti resta aperto a disposizione allo scopo.

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Pointification & Badgification del Giornalismo Partecipativo

L’ecosistema dell’informazione vede la partecipazione volontaria di migliaia di persone che in tutto il mondo con i loro blog e attraverso i diversi social network sono sempre più soggetti attivi nella cura e diffusione di notizie. Un nuovo giornalismo i cui contorni e le relative implicazioni dopo essere state egregiamente descritte da Luca De Biase, sono testimoniate dall’ottimo lavoro svolto da Luca Alagna e Claudia Vago che con il supporto di diverse persone hanno dato vita a «Year in  Hashtag».

Modelli e dinamiche che se certamente costituiscono elemento di arricchimento evidenziano la necessità di determinarne le caratteristiche e di disciplinarne l’utilizzo affinchè non divenga “la creazione di un valore che trae linfa dalla cooperazione sociale, ma che viene distribuito tramite processi di espropriazione sociale”, come avverte Andrea Fumagalli.

Ad una condivisione delle revenues, dei ricavi, che la produzione di informazione in tutte le sue diverse forme e modalità genera, si vanno affiancando pointification e badgification come elementi di sostegno alla  partecipazione attiva dei citizen journalist.

E’ il caso di Citizenside che utilizza i meccanismi tipici del gioco come elemento di riscontro, di feedback sulla qualità del lavoro svolto dalle persone, di Digital Journal che ne ha introdotto meno di un mese fa le logiche puntando maggiormente sull’aspetto “social” e di diffusione promozionale, ed anche di TapIn Bay Area che ha realizzato un’applicazione ad hoc.

Modello che si va sempre più diffondendo ed allargando ad altre piattfarmo che si basano sul giornalismo collaborativo quali NowPublic e, a breve, Examiner.

Esempi che potrebbero essere applicati anche a supporto della definizione delle caratteristiche in via di definizione di un codice di autodisciplina tutto italiano in quest’ambito.

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