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Edicola Italiana: Il Flop è Servito?

Le indiscrezioni circolate a fine settembre parrebbero confermate. Nella primavera del 2014 dovrebbe vedere la luce, siamo ormai al sesto forse settimo annuncio di lancio, “Edicola Italiana“, consorzio costituito da Caltagirone Editore, Gruppo 24 ORE, Gruppo Editoriale L’Espresso, La Stampa, Mondadori e RCS MediaGroup al fine di consentire agli utenti di acquistare e leggere quotidiani e magazine, o abbonarsi a giornali e riviste preferiti in formato digitale.

Secondo quanto ha dichiarato Fabrizio Carotti, Direttore Generale della Federazione Italiana Editori Giornali, nominato Presidente del consorzio, “Gli editori italiani sono consapevoli che il futuro dell’industria dell’informazione passa attraverso l’innovazione digitale e, con l’iniziativa di EDICOLA ITALIANA, fanno un significativo passo avanti in questa direzione. È importante sottolineare come, a fronte di azioni a livello globale di operatori che mettono a disposizione a caro prezzo servizi di distribuzione dei contenuti giornalistici digitali, gli editori italiani, operando in stretta collaborazione, stiano ora offrendo alternative di pari qualità tecnologica e facilità d’uso”.

Sul significato di consapevolezza dell’innovazione digitale basti vedere, da un lato, i tempi biblici di realizzazione della piattaforma per immaginare quante e quali controversie e guerre di quartiere abbia dovuto  affrontare il progetto  annunciato in pompa magna nel marzo 2012 e poi alla fine dell’anno scorso quando si tornò a parlarne e, dall’altro lato, verificare come sulla tracciabilità delle vendite, a cui sono legati per decreto legislativo [*] i finanziamenti ai giornali per il 2013,  di fatto non abbia visto la luce neppure nel corso di quest’anno. Aspetto quest’ultimo sul quale mi chiedo dunque su quali basi verranno liquidati i finanziamenti.

A questo si aggiunga che se si osservano i dati di Francia e Spagna per iniziative simili a quella di Edicola Italiana non si può certo parlare di successo.

Oltralpe esistono tre piattaforme che distribuiscono, che vendono le copie digitali di quotidiani e periodici. Relay, che vende 158 titoli e appartiene a una società dell’editore Lagardère, Lekiosk, che peraltro è presente anche sul mercato italiano, ed ePresse. Secondo quanto dichiarato da OJD, l’equivalente della nostrana ADS, nel totale le copie digitali del primo semestre del 2013 hanno rappresentato il 9% degli esemplari venduti a pagamento.

In Spagna, Orbyt, che è molto più simile al consorzio della nascente Edicola Italiana, realizza numeri davvero ridotti ed, anche in questo caso, è tutt’altro che un successo di vendite come certifica la OJD della penisola iberica.

Da non trascurare infine che spesso le vendite sono effettuate a prezzi davvero ridotti se non addirittura seguendo la formula “all you can eat”.

Edicola Italiana: Il flop è servito?

Game Over Loser

[*] Come stabilito dal decreto legge di metà maggio dell’anno scorso, successivamente convertito con al cune modifiche dalla legge 16 luglio 2012, n. 103, recante disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonche’ di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicita’ istituzionale

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Edicolapp – Dinamiche di Fruizione e Business Sostenibile per il Mondo dell’Editoria e dell’Informazione?

 

Dopo un lungo silenzio pare che nella primavera del 2014 dovrebbe finalmente vedere la luce “Edicola Italiana”, il chiosco digitale dove comprare quotidiani e riviste dei principali editori.

In attesa di quel giorno, se la promessa verrà mantenuta visto il dilatarsi dei tempi dal primo annuncio dell’iniziativa ad oggi, le vendite di copie digitali secondo i dati ADS non brillano. Come mostra il grafico sottostante, se si esclude «Il Sole24Ore»,  le vendite tendono ad un  appiattimento o addirittura, come è il caso di «Il Corriere della Sera», ad un calo. Non ci spererei più di tanto in ulteriori sviluppi a breve.

- clicca per accedere al dettaglio dei dati -

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E’ in questo quadro generale che nasce la proposta di Emma Ciceri, appassionata di tecnologie dell’informazione, studi filosofici e nomadismo nel cuore, come lei stessa si definisce, che ritiene che la soluzione sia puntare ad un servizio di print on demand di quotidiani e periodici con quella che lei chiama “Edicolapp” i cui dettagli sono sintetizzati nella presentazione sottostante.

Nella proposta c’è del buono. Infatti, se non capisco male, questo servizio sarebbe complementare e non alternativo alle edicole tradizionali integrandosi al loro interno e, dopo una necessaria fase di test, prevede anche una quota destinata ai giornalai, ma consentirebbe di abbattere, di eliminare, i costi di resa e distribuzione che, in particolare per le testate con vendite basse, hanno una grossa incidenza sui conti degli editori.

Che una parte dello sviluppo, delle edicole del futuro e del futuro delle edicole possa passare per il print on demand è una delle tesi che sostengo con mio libro, pubblicato ad aprile di quest’anno, sul tema, come mostra la mappa da me realizzata sotto riportata.

I limiti sono, altrettanto, spiegati nel libro dove viene citata un’iniziativa simile, “MegaNews Magazines”, che gli amici di LSDI hanno pubblicato come estratto del libro di recente.

Come dico, vale dunque anche per “Edicolapp”, il print on demand può essere concepito come servizio integrativo. Un’area di potenziale interesse e sviluppo dell’ iniziativa che consentirebbe alle edicole di integrare la loro attuale offerta e di annullare la difficile gestione attuale che di fatto complica la diffusione di giornali e riviste straniere, si pensi, in particolare ma non solo, al beneficio durante la stagione turistica, o comunque di testate con vendite che siano eccessivamente ridotte per sopportare gli oneri della distribuzione. A questo si potrebbe associare un servizio di print on demand per articoli o sezioni specifiche da rendere disponibili entro due ore dalla richiesta soddisfacendo desiderio di personalizzazione dell’ informazione e generando revenues supplementari.

Dinamiche di Fruizione e Business Sostenibile per il Mondo dell’Editoria e dell’Informazione? Personalmente credo di si, voi?

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Di Cosa Stiamo Parlando?

La FIEG pubblica sul proprio sito web un appello a Governo e Parlamento contro la possibile introduzione dell’IVA al 21%, contro il 4% attuale, per gli abbinamenti editoriali a quotidiani e periodici.

L’appello riesce incredibilmente a riunire i principali sindacati degli edicolanti, associazioni dei distributori ed i principali distributori nazionali oltre che naturalmente le testate quotidiane e periodiche rappresentate dalla Federazione Italiana Editori Giornali.

Tra le varie cose nell’appello si legge che: “Qualora il testo fosse convertito in Legge, si assisterebbe ad una drastica riduzione o, addirittura, alla scomparsa dalle edicole di DVD, CD e beni funzionalmente connessi, togliendo al canale il 35% delle vendite complessive: un fenomeno che avrebbe un impatto drammatico in termini di occupazione in un mercato già in grande sofferenza”.

A prescindere dal fatto, non trascurabile, che negli abbinamenti vengono contrabbandati in edicola prodotti che nulla hanno a che fare quali occhiali  e perfino sigarette elettroniche, i dati pubblicati all’interno della relazione AGCOM, presentata la scorsa settimana di cui si è ampiamente parlato su tutti i media, mostrano come i “collaterali”, gli abbinamenti editoriali a quotidiani e periodici appunto, pesino attualmente meno del 6% del fatturato complessivo[*] ed abbiano la peggior tendenza anche rispetto al calo delle vendite ed al crollo della raccolta pubblicitaria.

Ma di che cosa stiamo parlando? Non sarà certo la riduzione del ciarpame dalle edicole a minarne la loro sopravvivenza, sono ben altri gli elementi sui quali focalizzare l’attenzione.

Collaterali

[*] Update ore 09:30 – Quel 6% [5.7%] che indica la tabella soprariportata è riferito solo ai quotidiani, se ci mettiamo i ricavi dei periodici scende ancora, ovviamente.

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Il Futuro della Distribuzione Editoriale

Si è tenuto la scorsa settimana “Esperienze di successo per sconfiggere la crisi”,  XVIa Conferenza internazionale per l’editoria e la stampa quotidiana italiana, promossa da WAN-IFRA in associazione con FIEG ed ASIG.

Tra le tre sessioni di lavoro intorno alle quali hanno ruotato le due giornate di lavoro la fase conclusiva è stata dedicata alla distribuzione editoriale. E’ questo certamente un fatto positivo che testimonia, finalmente, la consapevolezza della necessità di intervenire su quest’area.

Dopo l’intervento di Alessandro Bompieri, Responsabile problemi della vendita e distribuzione FIEG e capo della nuova area Direzione Media di RCS MediaGroup, nella quale rientrano i quotidiani e i periodici del gruppo e Rcd, la Redazione contenuti digitali, sono seguiti gli interventi di Tony Jashanmal, Presidente di Distripress, che ha fornito un breve panorama su quanto avviene all’estero, quello di Massimo Viganò, Partner TradeLab Editoria, incentrato sul progetto resa certificata e, come direbbero gli inglesi, last but not least, quello di Alfonso Fuggetta, Amministratore Delegato CEFRIEL, su come innovare la distribuzione attraverso l’informatizzazione delle edicole, tema a me molto caro al quale viene dedicata una parte del mio libro pubblicato ad aprile di quest’anno.

Pare dunque che la società incaricata di realizzare l’applicativo che, sotto il patrocinio di FIEG, permetterà l’informatizzazione delle edicole nel nostro Paese sia dunque CEFRIEL, società consortile a responsabilità limitata senza scopo di lucro i cui soci sono il Politecnico di Milano, l’Università degli Studi di Milano, l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, l’Università degli Studi dell’Insubria, la Regione Lombardia e 15 aziende multinazionali operanti nel settore ICT e dell’editoria multimediale, grazie alla presenza di RCS MediaGroup.  Società che vedendo i progetti sin qui sviluppati non pare avere una spiccata conoscenza della distribuzione.

Nel suo intervento Fugetta infatti come case study di successo cita esempi che sono ben distanti da quella che è la realtà della distribuzione editoriale nazionale. L’applicativo, oltre a contemplare tutta la filiera editoriale, dagli editori ai punti vendita, alle edicole, supporterà anche, in modalità “plug&play” servizi di parti terze che i giornalai potranno erogare quali ad esempio money transfer o pagamento delle multe. Servizi che si evolveranno ulteriormente con fidelity card e nuovi sistemi promozionali. Tutti elementi ampiamente contemplati nella “mappa del marketing dell’edicola” di mia realizzazione.

Copyright Informant

Copyright Informant

Vedendo la roadmap pare che l’applicativo sia ancora nello stadio di progettazione e che il rilascio avverrà nella prima metà del 2014.  Considerando che dal primo di gennaio di quest’anno è obbligatoria per legge la tracciabilità delle vendite e delle rese dei giornali quotidiani e periodici, come stabilito dal decreto legge di metà maggio dell’anno scorso, successivamente convertito con al cune modifiche dalla legge 16 luglio 2012, n. 103, recante disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonche’ di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicita’ istituzionale.

Obbligo, che ricade sull’intera filiera distributiva, ha come obiettivo quello di favorire la modernizzazione del sistema di distribuzione e vendita della stampa quotidiana e periodica e di assicurare una adeguata certificazione delle copie distribuite alle quali, tra l’altro, dal 2013 sono legati i finanziamenti statali.

In quest’ambito l’informatizzazione delle edicole gioca un ruolo cruciale poichè senza la stessa diviene estremamente difficile se non impossibile garantire un’effettiva tracciabilità.

RoadMap Informatizz Edicole

Aspetto che è vero e valido anche per quanto riguarda l’altra parte di modernizzazione della distribuzione, quello relativo al progetto “resa certificata”. Anche in questo caso, dalle slide dell’intervento di Massimo Viganò emerge come attualmente solamente 13 siano già certificati e si ipotizza che siano 70 solamente a fine 2014.

Al di là di qualunque altra possibile considerazione ci si chiede, mi chiedo, come, su quali basi saranno erogati i finanziamenti del 2013 alle testate che ne avranno diritto.

Che nel 2013 un intero settore e la sua capillare rete distributiva siano rimasti ancora al tempo degli amanuensi è vergognoso.  Sintomo, evidenza di miopia grave, di un’arretratezza culturale che non lascia sperare niente di buono per il futuro dei giornali, e di riflesso della distribuzione editoriale, qualsiasi esso sia.

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Vendite dei Giornali: Diffusioni & Confusioni

Ad aprile del 2012 ha preso il via il nuovo sistema di rilevazione della Ads che non si basa più sulla media dei 12 mesi precedenti ma rileva la diffusione dei singoli mesi. Se l’adozione di questa nuova metodologia ha lo svantaggio, sino ad aprile 2013, di rendere impossibile il confronto tra i dati del pari periodo dell’anno precedente in teoria oltre ad una maggiore attualità del dato, che viene fornito a distanza di 30 giorni e non più di 60 come in precedenza, doveva anche fornire maggior chiarezza e trasparenza su diffusioni e vendite soprattutto a beneficio degli investitori pubblicitari.

Che diffusioni e vendite dichiarate da alcuni editori non siano aderenti alla realtà è cosa che si sussurra in un orecchio  in confidenza da tempo e che anche il sottoscritto ha evidenziato come possibile recentemente.

Franco Abruzzo, giornalista di lungo corso ed ex Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia [e molto altro ancora], in un articolo pubblicato ieri sul suo sito a firma di Francesco M. De Bonis, scrive che “Sulle vendite e sui bilanci delle società editrici di quotidiani quotate in Borsa si impone, però, una grande “operazione verità”. I dati delle vendite sono circondati dal mistero più fitto. La diffusione è una realtà, le vendite in edicola sono un’altra realtà”.

L’articolo prosegue approfondendo la situazione del «Il Sole24Ore» ma basta un’occhiata ai dati di dettaglio che è possibile visionare nell’area riservata, previa registrazione, del sito di Ads per capire che la situazione non è circoscritta al solo quotidiano di Confindustria.

E’ in particolare soffermandosi sui dati per provincia che si notano immediatamente le distorsioni. Ad esempio per quanto riguarda «Italia Oggi» questi sono i dati medi giornalieri 2011: Bologna 809, Milano 3.606, Genova 8.538 . Sin troppo facile capire che le copie che regalate sono comprese tra le copie diffuse nei canali previsti dalle disposizioni di legge. O ancora il caso di «Milano Finanza», per restare nell’area dell’informazione economico-finanziaria, con vendite medie del 2011: 5.789 copie mediamente a settimana a Milano, 2.747 a Roma e…..15.672 a Genova. I casi sono due o la finanza si è trasferita in blocco a  Genova oppure è evidente che i dati sono falsati artificiosamente ad hoc.

L’autore del precitato articolo suggerisce di “pensare a una autorità [l’Agcom?] alla quale conferire il potere di condurre accertamenti penetranti”, proseguendo “Gli stessi contributi pubblici vanno rapportati ad elementi sicuri e certificati. la libera stampa è il perno del sistema democratico e non può tollerare zone opache e tenebrose. Gli inserzionisti  si possono recuperare con  una politica improntata alla trasparenza”. 

Sono aspetti sui quali, ora posso anticiparlo, sto scrivendo un libro [che uscirà verso la fine di marzo], rispetto ai quali ho avuto modo di entrare in buona profondità al contrario, sorry, di Francesco M. De Bonis che evidentemente non è aggiornato sulla situazione legislativa al riguardo.

Esiste già un obbligo di tracciabilità delle vendite, disposizione di legge alla quale appare evidente perchè ci si voglia sottrarre. Non c’è bisogno di nessuna autorità garante rispetto a quelle già esistenti che garantisca trasparenza sia nei confronti degli investitori pubblicitari  che relativamente ai contributi statali, c’è bisogno di rimuovere lacci e laccioli, blocchi e veti incrociati tra FIEG da un lato e rappresentanze sindacali delle rivendite, dei giornalai, dall’altro lato e procedere con alla massima sollecitudine  alla fine del processo da amanuensi ed informatizzare le edicole costruendo una volta per tutte un applicativo che dialoghi direttamente tra punti vendita ed editori al quale il Dipartimento per l’informazione e l’editoria, che tra le altre cose eroga i finanziamenti statali, abbia accesso.

Se l’informazione è un bene prezioso per il Paese bisogna stabilirlo definitivamente ed agire di conseguenza, se invece è un prodotto come tutti gli altri lasciamolo pure a coloro che continuano a confondere il marketing con le marchette.

flussi-nella-distribuzione

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[Ar]Resi

L’industria dell’informazione, come noto, sta attraversando quella che probabilmente è la sua più grave crisi da Gutenberg ai giorni nostri. L’Italia non fa eccezione.

In questo desolante quadro complessivo i giornali di carta stampata soffrono con vendite in calo costante da anni ed i costi di stampa e distribuzione hanno un’incidenza pesante sui traballanti conti degli editori del nostro Paese.

Partendo dai dati ADS dei quotidiani per il mese di novembre 2012, ultimo dato disponibile diffuso pochi giorni fa, sono andato a verificare l’incidenza delle rese sulla “pagata”, sulle copie vendute in edicola e gli abbonamenti a pagamento.

Per i 15 quotidiani presi in considerazione l’incidenza media si assesta al 50,4% con picchi sino al 230% [ovvero per ogni copia venduta ne vengono rese più di due]. L’incidenza delle rese sembra essere influenzata da tre fattori: dimensione delle vendite, come mostrano i dati di «L’Unità» e «Il Manifesto», distribuzione nazionale o locale, vedasi «Il Messaggero» e «Il Resto del Carlino»  e ovviamente la forte incidenza degli abbonamenti sul totale delle vendite come nel caso di «L’Avvenire» ed «Il Sole24Ore» [per i dettagli vd. tabella a fondo articolo].

Incidenze Rese su Pagata

LA soluzione, di cui ho sottolineato l’importanza così tante volte da averne a noia, è tanto semplice quanto sinora inapplicata, si chiama informatizzazione delle edicole.

L’informatizzazione delle edicole consentirebbe all’editore di conoscere in tempo reale il venduto per ciascun punto vendita garantendo ottimizzazione del costo delle rese, l’attenuazione [o scomparsa] delle micro rotture di stock che paradossalmente caratterizzano le pubblicazioni alto vendenti, efficientando nel complesso il sistema e consentendo un saving che stimo possa avere percentualmente un’incidenza a doppia cifra. Saving che, come insegna il manualetto della casalinga di Voghera, andrebbe immediatamente ad impattare sull’ultima riga del conto economico: quella dei ricavi.

Sono due gli attori che, è ormai lapalissiano, “remano contro” l’informatizzazione delle edicole. Alcuni tra gli editori stessi che evidentemente non hanno interesse ad una effettiva tracciabilità delle vendite che porterebbe qallo scoperto come i dati dichiarati siano gonfiati e, ancor più, i distributori locali vero anello debole della filiera.

I distributori locali guadagnano, anche, su quanto trasportano e sulla lavorazione delle rese, non sono dunque legati esclusivamente alle vendite come invece è il caso di editori, che però, come sappiamo, hanno ricavi significativi –  seppur calanti – anche dalla vendita di spazi pubblicitari, e edicolanti, che invece vivono solo di quello.

Un distributore locale è responsabile della ” buona distribuzione “, per poter operare correttamente deve avere le statistiche di vendita, solo basandosi sullo storico delle vendite potrà affinare le forniture limitando l’inutile esposizione finanziaria imposta al rivenditore, al giornalaio. Ma il distributore locale non ha interesse alcuno in tal senso, anzi. Oltre a quanto soprariportato, i DL hanno interesse a caricare i punti vendita così da avere un vantaggio finanziario con l’edicolante che genera cassa per loro, non è un caso che anche le circa 5mila edicole attualmente informatizzate [con due applicativi distinti di cui – Inforiv – “creato” da FIEG] abbiano in dotazione un software che dialoga solo con il distributore locale che poi provvede a trasmettere i dati [“aggiustati” ad hoc?] a distributori nazionali e editori.

Inoltre questa procedura è possibile solo con le pubblicazioni che hanno già un discreto numero di uscite, non ci possono essere statistiche di vendita se non dopo almeno quattro o cinque numeri distribuiti. Aspetto che evidentemente penalizza le nuove testate e rende impossibili nuove iniziative.

Credo sia indubbio che editori, i molti che sono certo vogliono lavorare “onestamente”, e rivendite hanno un interesse comune nel procedere con la massima sollecitudine all’informatizzazione delle edicole. Credo che questo processo debba essere implementato anche in un’ottica di possibile rinascita di una collaborazione tra editori e rivendite che apporterebbe indubbi vantaggi ad entrambi.

Oltre ai fattori evidenziati infatti, come, ancora una volta, ho sottolineato a più riprese, l’informatizzazione delle edicole agevola la possibilità di sondaggi, di ricerche su argomenti ad hoc e favorisce l’implementazione di servizi a partire, per citarne almeno uno, dalla raccolta di dati sul lettore, attraverso delle card, sia mono editore che pluri editore, sulla falsariga di quelle da tempo utilizzate dalla grande distribuzione organizzata, che consentano di profilare l’offerta editoriale e pubblicitaria, che permettano di raccogliere informazioni sul lettore ed avviare programmi di fidelizzazione nel canale edicole.

L’informatizzazione delle edicole consente, termine in voga, di disintermediare l’intermediazione, fare rete per dare voce, corpo e sostanza ai concetti sopra riportati e a tutti quelli che è possibile aggiungere.

Ora o mai più.

Incidenza Rese Valori Asssoluti

Se voleste approfondire ulteriormente, consiglio l’intervista rilasciata dal Segretario Nazionale del Si.Na.G.I. [Sindacato Nazionale Giornalai d’Italia] a Ciao Radio TV pochi giorni fa in  occasione delle proteste che hanno avuto luogo a Bologna proprio su questi aspetti.

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Amanuensi

Dal primo di gennaio di quest’anno è obbligatoria per legge la tracciabilità delle vendite e delle rese dei giornali quotidiani e periodici. Lo ha stabilito il decreto legge di metà maggio dell’anno scorso, successivamente convertito con al cune modifiche dalla legge 16 luglio 2012, n. 103, recante disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonche’ di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicita’ istituzionale.

L’obbligo, che ricade sull’intera filiera distributiva, ha come obiettivo quello di favorire la modernizzazione del sistema di distribuzione e vendita della stampa quotidiana e periodica e di assicurare una adeguata certificazione delle copie distribuite alle quali, tra l’altro, dal 2013 sono legati i finanziamenti statali.

In quest’ambito l’informatizzazione delle edicole gioca un ruolo cruciale poichè senza la stessa diviene estremamente difficile se non impossibile garantire un’effettiva tracciabilità.

Informatizzazione Edicole

L’informatizzazione delle edicole, consente, dialogo, comunicazione, e dunque conoscenza specifica, di ogni singola realtà.

L’informatizzazione delle edicole [ad oggi sono circa 5mila – su 3omila – quelle informatizzate con due applicativi distinti che dialogano solo con il distributore locale] consentirebbe all’editore di conoscere in tempo reale il venduto per ciascun punto vendita garantendo ottimizzazione del costo delle rese, l’attenuazione [o scomparsa] delle micro rotture di stock che paradossalmente caratterizzano le pubblicazioni alto vendenti, efficientando nel complesso il sistema.

L’informatizzazione delle edicole agevola la possibilità di sondaggi, di ricerche su argomenti ad hoc e favorisce l’implementazione di servizi a partire, per citarne almeno uno, dalla raccolta di dati sul lettore, attraverso delle card, sia mono editore che pluri editore, sulla falsariga di quelle da tempo utilizzate dalla grande distribuzione organizzata, che consentano di profilare l’offerta editoriale e pubblicitaria, che permettano di raccogliere informazioni sul lettore ed avviare programmi di fidelizzazione nel canale edicole.

L’informatizzazione delle edicole consente, termine in voga, di disintermediare l’intermediazione, fare rete per dare voce, corpo e sostanza ai concetti sopra riportati e a tutti quelli che è possibile aggiungere.

Se a parole la FIEG già prima dell’approvazione della legge dichiarava di star già lavorando all’informatizzazione delle edicole, ad oggi, con un obbligo legislativo preciso, non vi è traccia alcuna della piattaforma software promessa nè pare realistico che la soluzione arrivi in tempi brevi come testimonia la lettera del 18 dicembre scorso inviata dalle rappresentanze sindacali degli edicolanti al Presidente ed al Direttore Generale della Federazione Italiana Editori Giornali che contiene riferimenti specifici al riguardo.

Se la versione cartacea di quotidiani e riviste resterà centrale in termini di ricavi ancora a lungo, come confermano anche i piani strategici di RCS e Gruppo Sole24Ore, il recupero di efficienza contributiva e le prospettive offerte dall’informatizzazione delle edicole sono IL passaggio necessario per la ripresa di tutta la filiera editoriale dagli editori ai giornalai.

Non averci lavorato genera il sospetto che forse si preferisca tentare di scavalcare la legge in essere, magari provando a farne rinviare l’implementazione effettiva di un anno per “impossibilità di adempiervi”, per convenienza rispetto ai contributi statali e forse anche alle cifre diffuse agli investitori pubblicitari su copie vendute e readership.

Che nel 2013 un intero settore e la sua capillare rete distributiva siano rimasti ancora al tempo degli amanuensi è vergognoso.  Sintomo, evidenza di miopia grave, di un’arretratezza culturale che non lascia sperare niente di buono per il futuro dei giornali qualsiasi esso sia.

Bambina Giornali

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Rapporto 2012 sull’ Industria dei Quotidiani in Italia

La settimana scorsa, nell’ambito della conferenza internazionale per l’industria dell’editoria e della stampa quotidiana, promossa da WAN-IFRA, l’associazione mondiale degli editori e della stampa quotidiana, da FIEG e da ASIG [Associazione Stampatori Italiana Giornali], è stato presentato il Rapporto 2012 sull’industria dei quotidiani in Italia.

La ricerca annuale sull’industria della stampa italiana analizza lo status quo dell’informazione quotidiana nel nostro Paese relativamente ai lettori, al mercato pubblicitario, agli indicatori economici e alla situazione occupazionale e retributiva del settore. Il rapporto si articola nelle diverse sezioni per 130 pagine complessive, come sempre, tutte da leggere.

Anche per fornire un contributo ulteriore al dibattito stimolato domenica in questi spazi relativamente all’audience dei quotidiani online, ho focalizzato la mia attenzione quest’oggi sulla parte relativa a lettori, readership e interesse verso, appunto, le edizioni online dei giornali nostrani.

Se l’andamento delle vendite di quotidiani continua a scivolare sempre più verso il basso, con il 2011 in flessione del 2,7% e i primi tre mesi di quest’anno intorno al -5% medio [Nota], secondo i dati Audipress ed Audiweb raccolti nel rapporto, non altrettanto avviene per i lettori di quotidiani che sono in crescita sia per l’edizione cartacea che per quella online.

Secondo i dati soprariportati vi sarebbero quasi 25 milioni di lettori di quotidiani su carta nel giorno medio, con una crescita di circa 4 milioni di lettori negli ultimi dieci anni [anche la curva tende alla stabilizzazione dalla 2^ rilevazione del 2010 in poi], e 3,3 milioni di lettori per le edizioni online, con un incremento di 1 milione di lettori dall’inizio delle rilevazioni [2010] ad oggi.

Si evidenzia dunque come la carta sia il mezzo di fruizione privilegiato con un rapporto di poco inferiore di 10 ad 1 rispetto all’online. Soprattutto, come viene citato nel rapporto, la differenza tra andamento delle vendite e lettura evidenzia come “l’informazione appare ormai a molti come una commodity alla quale non si riconosce un valore significativo”. Problema che qualcuno assimila, fa coincidere con quello dell’industria pornografica.

Aspetto che, come ricordavo pochi giorni fa, deve ulteriormente far riflettere sulla cura necessaria nella relazione con i lettori, con le persone, da parte dei giornali in un momento in cui “la pubblicazione è un bottone”, e la differenza, il valore aggiunto viene creato dai servizi aggiuntivi forniti e dall’apertura, nei contenuti e nella relazione, con il pubblico di riferimento.

Per quanto riguarda specificatamente le edizioni online dei giornali, nel rapporto si evidenzia come il 53,5% degli internauti non visiti mai il sito web di un quotidiano. Elemento che se, da un lato, rappresenta un bacino potenziale d’interesse, dall’altro lato, fa riflettere su come il problema dei numeri dell’audience dell’informazione nostrana non siano certamente solo riconducibili all’idioma, nonostante gli utenti internet nel giorno medio siano aumentati del 22%, mentre gli utenti dei siti dei quotidiani sono cresciuti del 47% tra il 2009 ed il 2011.

Si tratta evidentemente di dati generali che nelle pieghe delle medie statistiche celano andamenti spesso ben diversi tra loro com’è il caso, per citare un esempio, del buon andamento dell’edizione online del «Il Sole24Ore» e quello negativo di «L’Unità», che rischiano di alimentare la “reach” ma lasciano insoluto l’aspetto dei ricavi.

Per quelli, appare sempre più chiaro, non basta soddisfare il narcisismo dei numeri grossi, occorre diversificare, specializzarsi ed ottimizzare i processi. Ne parleremo domani, promesso.

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Il Trade Marketing Questo Sconosciuto

Se per l’industria editoriale del segmento quotidiani e periodici già il marketing è una disciplina esercitata prevalentemente per dedicarsi all’acquisto di monili e collanine made in china et similia da termoretrarre, incellophanare al prodotto editoriale, il trade marketing è un’area assolutamente sconosciuta, non esercitata.

Non si spiega altrimenti la lentezza con la quale la FIEG [e i sindacati di rappresentanza] stanno approcciando la vitale questione dell’informatizzazione delle edicole che di questo passo non sarà attiva neppure per fine 2013.

Una situazione ancora più paradossale se si tiene conto che dall’analisi sulla stampa nel nostro Paese tra il 20o9 ed il 2011, realizzato sempre dalla FIEG stessa, si evidenzia come oltre l’80% delle vendite di quotidiani passino per il canale edicole e che i ricavi del digitale pesavano a fine 2011 solo l’1,4% dei ricavi dell’intero settore.

Sono proprio gli abbonamenti, insieme alle operazioni di cut price, una delle principali evidenze della disattenzione, del disinteresse degli editori nei confronti del trade, delle edicole, con il riproporsi quotidiano di proposte che arrivano sino all’80% di taglio del prezzo di copertina e che, paradossalmente, vengono veicolate proprio attraverso il canale edicole. Operazioni di concorrenza tra canali che, davvero, non mi pare esistano in nessun altro settore o segmento di mercato.

Il video sottoriportato, realizzato da un gruppo di giornalai, che sta imparando ad usare la Rete ed i suoi diversi mezzi, uscendo dal recinto di Facebook dove vi sono molti gruppi di edicolanti che spesso divengono solo degli sterili “sfogatoi”, testimonia il conflitto esistente su quest’area.

Il trade marketing questo sconosciuto.

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Libertà Complementare

La pioggia di emendamenti rischia di annacquare e intorbidire i provvedimenti del Governo relativi alle liberalizzazioni.

Tra tutti gli emendamenti proposti, per quanto riguarda gli interessi dello scrivente e degli argomenti trattati all’interno di questi spazi, è quello relativo alle edicole che pare essere a rischio di snaturare in maniera significativa lo spirito ed il significato della prima stesura. Emendamento “bipartisan” presentato da Simona Vicari [PDL] e Filippo Bubbico [PD] del quale, forse non casualmente, i giornali non parlano nonostante l’ampia copertura generale del tema, che rappresenta una pericolosa marcia indietro rispetto alla concezione originaria.

L’emendamento proposto infatti eliminerebbe la possibilità precedentemente prevista da parte dei giornalai di rifiutare i prodotti collaterali ricevuti, quell’accozzaglia di perline ed amuleti che inonda quotidianamente le edicole in viurtù di una pretestuosa ed anacronistica interpretazione della parità di trattamento, così come la possibilità di defalcare il valore del materiale restituito ai distributori locali in compensazione dei pagamenti delle nuove consegne.

Sono elementi che alleggerirebbero di non poco la pressione finanziaria alla quale 30mila le edicole sin qui sopravvisute sono sottoposte e, soprattutto, restituirebbe dignità imprenditoriale ad una categoria troppo spesso vituperata dagli altri attori del sistema favorendo il necessario processo di modernizzazione che dovrebbe essere alla base delle proposte di liberalizzazione e del quale la filiera editoriale ha tanto bisogno.

Se le modifiche venissero approvate i giornalai italiani,  che inizialmente erano stati promossi a lavoratori autonomi, che avevano facoltà di  decidere del loro destino, che, pur nei i limiti della legge, potevano scegliere cosa far entrare nelle loro rivendite e cosa no, ritornerebbero al loro status di peones per garantire a loro spese flussi di cassa ad editori disonesti inquinando, forse in maniera definitiva, la possibilità di un’evoluzione positiva di tutto il sistema.

Mi segnala un rappresentante della categoria che Pietro Barcellona, un giurista, docente di diritto, scrive che “la certezza di esistere non è data dal denaro,ma dall’universo simbolico”, da quell’insieme di segni, usi, consuetudini, simboli insomma che sono capaci di mantenere un individuo nel suo mondo. La parete è ora liscia, buona per precipitare a terra con un grande tonfo. I ganci sulla parete messi da chi aveva scritto la prima parte del decreto, erano l’ universo simbolico dei giornalai. Se fosse confermato che ora non c’è più, sarà impossibile ripristinarlo.

Un concetto di libertà complementare agli interessi deviati, ancora una volta, di pochi. Un’opzione senza ritorno che chiunque abbia a cuore uno sviluppo sano e sostenibile del nostro Paese non può accettare.

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