Archivi del mese: gennaio 2010

Suggerimenti

Giuseppe Danielli, direttore di un giornale on line , che si rivolge alle aziende ed ai professionisti, ma anche a coloro che sono attenti alla loro salute ed al loro benessere in ambito alimentare, a commento di un articolo all’interno della casa per la libertà di stampa e d’informazione, non senza tradire senso di sconforto, ripropone il problema della redditività delle iniziative on line chiedendo:

“Il ns giornale on line è certificato Audiweb [350.000 visite/mese], Page Rank di Google 6/10, tante medaglie tutti i giorni ma stentiamo a tradurle in denaro sonante”. Continuando: “Stiamo sbagliando? dove? Cosa possiamo fare per interessare i Centri media che dovrebbero pianificare le campagne sul web? Se neppure la certificazione Audiweb serve a qualcosa, quali sono gli elementi che possono fare aumentare la qualità percepita dei nostri servizi?”

Certamente mancano numerose informazioni per poter dare un parere qualificato e circostanziato sulla vicenda, ma ho voluto prendere spunto dalla vicenda che mi sembra di grande attualità.

Personalmente mi pare che il portale informativo sia confuso non solo in termini di grafica ma anche, se non soprattutto, rispetto a chi si rivolge in termini di utenza, alternando notizie che sembrano destinate al B2B, alle aziende, ad altre che paiono più centrate sull’utenza singola, sulla persona.

A questo si aggiunge, almeno nei termini in cui viene riportata, una argomentazione di vendita davvero esile e mal strutturata alla quale le dichiarazioni del direttore marketing della testata e i listini di vendita [15€ per 1000 “impression”] spesi in maniera approssimativa poco aggiungono.

Insomma, la mia impressione, seppur non valida e circostanziata come quella di un esperto, è che il tutto sia un po’ troppo raffazzonato, arrangiato, e che un intervento su gli aspetti che ho citato sinteticamente sarebbe auspicabile, andando a costituire la base minima sulla quale ripartire. Spero Danielli non se ne abbia a male della mia schiettezza.

Se qualcun’altro volesse migliorare ed integrare analisi e consigli essendo stati esplicitamente richiesti immagino siano ben accetti; ricordandosi possibilmente che sul web tutto permane.

Lascia un commento

Archiviato in Comunicazione, Nuovi Prodotti Editoriali, Vendite Editoria

Strumenti digitali per il giornalismo

La rivista del MIT, Technology Review, segnala dieci progetti pronti o in buona fase di avanzamento che possono essere di particolare rilevanza per giornalisti e giornalismo.

Printcasting: Questa applicazione consente a qualunque persona di creare una rivista senza nessuna particolare conoscenza informatica nè costi. Gli utenti possono creare una pubblicazione digitale o stampata con inclusa la pubblicità locale.

Ushahidi Engine: Progetto di piattaforma aperta [open source] per creare siti web, mappe o infografica. Utilizza dati che posso essere inviati oltre che via web per sms o attraverso servizi pubblici di notizie. Attualmente viene utilizzata per seguire i lavori dei soccorritori ad Haiti.

La rivista segnala, inoltre, un progetto teso a preservare l’integrità [in termini di storage] delle informazioni on line, come creare un audio magazine on line ed , ancora, un sistema di realtà aumentata che interagisce con le informazioni.

Il mio modesto contributo alla raccolta bibliografica sull’informazione promossa da Luca De Biase.

Lascia un commento

Archiviato in Comunicazione, Scenari Editoriali

Play Paywall!, The new web game sweeping the newspaper industry

Nieman Journalism Lab ha creato uno strumento, un simulatore, che consente di calcolare l’impatto economico generato dalle barriere all’accesso eventualmente erette dal New York Times, e dai quotidiani più in generale, per far pagare l’accesso ai contenuti on line delle loro versioni digitali.

Il simulatore è settato sui dati raccolti da Neiman Lab con specifico riferimento al quotidiano newyorkino ma è possibile variare i dati ed effettuare una elaborazione a proprio piacimento, variando i cpm per view [settati per default sui livelli alti del mercato], la percentuale di adesioni scomponendola in 5 sottogruppi di utenti e numerosi altri elementi che impatteranno sul risultato finale.

Lo strumento è funzionale e funzionante per lo scopo per il quale è stato creato, ma in realtà rappresenta una modalità geniale di illustrare l’enigma che molti editori, perlopiù senza arrivare ad una decisione, stanno affrontando attualmente.

L’autore, non a caso ironizza, a partire dal titolo dell’articolo, sul dilemma che divide l’industria editoriale per la difficoltà delle prese decisionali che, se favorevoli alla creazione di paywalls, fino a questo momento hanno decisamente portato più insuccessi che altro.

Praticamente tutte le ricerche, in qualsiasi nazione del mondo, hanno confermato che l’utenza non è attualmente disponibile a pagare i contenuti dei quotidiani on line. Talvolta, è proprio il caso di dirlo, si vuole sbattere la testa contro il muro a tutti i costi.

How do you play? First, hit “Turn Paywall On!” From there, “Views before paywall” is the most fun slider, and the number that many paywall discussions focus on. This sets the number of free pageviews (not the same as stories) that are allowed for each reader before requiring them to subscribe. As the number of free views decreases, the net revenue jumps as each audience segment hits the paywall, then falls from lost ad impressions. Somewhere, there’s a sweet spot.  The key to paywall revenue projections is to understand how different portions of the audience are affected differently. The model used in this calculator breaks the audience into five distinct segments. These can be given names such as “Fly-By” and “Daily,” but for accounting purposes each segment is completely described the number of unique visitors (readers), the number of pageviews per month, and the fraction of readers who will subscribe when they hit the paywall. (Of course, in the real world, people aren’t so neatly divisible into segments.)  The main graph shows these five segments as five bars. The height of each bar is the number of pageviews per month for that segment, and the width is the number of readers. Each pixel on this graph corresponds to a fixed number of pageviews times users, and therefore the same amount of advertising revenue. Ads shown to unsubscribed readers are in blue, ads shown to paid subscribers are in red, and ad sales lost due to non-subscribers stopping at the paywall are in gray.  The scroll bar at bottom of the graph zooms the display for better viewing. The calculator starts zoomed in for clarity, but by zooming all the way out you can see that only a very small fraction of readers will be affected by most paywalls. The crux of the paywall issue is that these are also the most valuable readers, the ones that a publisher can least afford to turn away. In terms of ad revenue, one Loyal may be worth a hundred Fly-Bys.  Ad revenue is captured in the “CPM per view” slider, measured in dollars per 1000 pageviews; it can be thought of as the per-ad CPM times the number of ads on each page. Some pages have higher CPM than others, so this value is an average across all pages actually served.  When a reader hits the paywall, several different things can happen. They may subscribe; they may come back next month when they have free views again; or they may never come back. The “Subscribed” and “Never came back” sliders model this.  “Subscribed” is the fraction of the most loyal readers who subscribe when they hit the paywall — that’s the width of those red “paid” bars on the graph. This figure is necessarily a guess, and the real world subscription rate will also vary by segment, with loyal readers far more likely to subscribe. That’s why there are segment-specific subscription rates in the boxes at bottom. The slider up top sets the maximum possible subscription rate, the rate for a segment with a relative subscription rate of 100 percent. Paywall revenue is very sensitive to subscription rate, because every non-subscriber also represents lost advertising impressions.  “Never came back” represents the fraction of the audience that simply disappears when the paywall goes up. Some regular readers will hit the paywall and switch to a source of free news — but even readers who wouldn’t hit the paywall may be lost, because the existence of a paywall can discourage linking. In the Times’ case, they’ve said that articles arrived at via links from other sites won’t count towards paywall metering — but that might just encourage people to browse Times content through an aggregator instead of the front page, which still amounts to a loss of casual readers. In any case, this slider subtracts readers from all segments in the same proportion.  Below the graph are the audience segment definitions. Each of five segments is described by the number of unique readers in that segment, the number of monthly pageviews of each of those readers, and the subscription conversion rate relative to the most loyal readers. The subscription rate slider and the relative subscription rate are multiplied to get the final subscription rate for each segment. A bit tricky, I know, but I wanted to make it possible to visualize global changes in subscription rate with one slider.  The number of pageviews for each segment is also calculated; note that the Loyal and Fly-By readers both represent a large fraction of pageviews. Again, this is the difficulty with a paywall.

Lascia un commento

Archiviato in Scenari Editoriali, Vendite Editoria

The Unofficial Apple Tablet Game

Anticipazioni, considerazioni e speculazioni si inseguono mentre sale la febbre da Apple Tablet in attesa della presentazione di domani.

Il New York Times, con l’ironia sottile che fa grande un quotidiano, ci gioca sopra, letteralmente, con The Unofficial Apple Tablet Game.

Scaricate e stampate, in un numero sufficiente anche per i vostri amici, il tabellone di gioco. Le regole sono semplici, si tratta di cerchiare dieci dei quadranti ed attendere la presentazione di domani del tablet; vince chi avrà indovinato il maggior numero di caratteristiche.

Speriamo che una volta esaudita la curiosità si possa tornare a centrare la sfida sui contenuti, sul messaggio invece che sul mezzo.

Lascia un commento

Archiviato in Comunicazione, Nuovi Prodotti Editoriali

Minima Moralia

“La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta” – Th.W.Adorno – Minima Moralia.

A margine dei contributi dei giorni scorsi relativamente alle prospettive sul futuro dell’informazione, le sollecitazioni del sottoscritto relativamente alla necessità di includere le logiche del sistema distributivo sono state raccolte, ad oggi, esclusivamente da Vittorio Pasteris.

Sia per l’interesse diretto che nutro nei confronti di quest’area che per la convinzione dell’importanza che riveste per un effettivo rilancio dell’editoria non libraria, come avevo anticipato la settimana scorsa, provo a sistematizzare le idee sulla distribuzione.

Pasteris traccia un interessante parallelo tra la distribuzione delle testate e quella di autoveicoli affermando che: “Il sistema distributivo fisico italiano, molto “viscoso” è ancora un’ancora di salvezza per il futuro degli editori cartacei. D’altra parte nessuno ha cercato ad oggi di mutarlo, evidentemente sta bene così come è a editori, distributori e punti vendita. E’ come il rapporto fra concessionarie e case di produzione automobilistiche, spesso criticato, ma mai modificato seriamente”.

E’ un paragone assolutamente calzante per quella che è anche la mia esperienza pregressa. In entrambi i casi le reti distributive si accollano l’onere imprenditoriale, il rischio d’impresa, ma sono governate, o perlomeno fortemente condizionate, dal produttore che determina assortimento, prezzo e politica commerciale nel suo insieme. Entrambe sono, da tempo, in fortissima sofferenza e come non si contano le chiusure di concessionarie di auto così avviene altrettanto per le edicole. Entrambe, ancora, le reti di distribuzione vendono, in mancanza di scelta di alternative reali, prodotti obsoleti nati più di un centinaio di anni fa e mai sostanzialmente mutati ma al massimo “rinnovati”.

Provo a sistematizzare e sintetizzare situazione attuale, evoluzioni e proposte di prospettiva.

A] La fotografia della situazione attuale:

In termini di sistema, le specificità della distribuzione delle testate nel nostro paese vengono descritte con tutti i dettagli del caso nel documento recentemente realizzato dall’ Antitrust su questo tema al quale vi rimando per gli approfondimenti.

Vale la pena di specificare che il canale distributivo tradizionale della stampa vede coinvolti quattro soggetti:

  • l’editore,
  • il distributore nazionale,
  • il distributore locale
  • le rivendite – le edicole.

Il processo distributivo può essere distinto in quattro fasi:

  • la definizione del piano diffusionale primario,
  • il trasporto al distributore locale,
  • la fornitura delle rivendite
  • la gestione delle rese.

Nella catena distributiva di quotidiani e periodici sono gli editori a svolgere il ruolo principale [channel leader, come dicevo nel confronto con il mercato automobilistico]. L’editore si fa carico del rischio che deriva dalla difficoltà di adeguare l’offerta alla domanda consentendo al sistema distributivo il diritto di resa delle copie invendute. A fronte dell’assunzione del rischio commerciale [ma non economico e finanziario], l’editore detiene il controllo della politica distributiva, definendo i prezzi di vendita e la dimensione delle forniture, nonché conferendo esclusive territoriali per la distribuzione all’ingrosso relativa ad una determinata area geografica.

La struttura della distribuzione di quotidiani e periodici a livello nazionale risulta piuttosto concentrata. Due principali operatori, Press-Di e M-Dis, rappresentano oltre metà del mercato di prodotto editoriale distribuito da distributori nazionali, mentre il restante 45% è riconducibile a cinque altre imprese. In particolare, i distributori nazionali operanti in Italia sono M-Dis (33% circa del volume d’affari complessivo), Press-Di (24%), Sodip (17%), A&G Marco (11%), Parrini & C. (9%), Messaggerie Periodici Me.pe. (6%) e Pieroni (1%) partecipata a sua volta da M-Dis.

Elemento cardine del sistema è il concetto di parità di trattamento nato, da un lato, per consentire la possibilità a tutti gli editori di diffondere le proprie idee e, dall’altro lato, ai lettori di avere accesso alle informazioni.

B] Evoluzione & prospettive:

Gli aspetti che coinvolgono le prospettive di rilancio e riqualificazione in ambito editoriale sono sintetizzati nello schema sottostante che include i tre aspetti focali sui quali verte la distribuzione di testate e periodici.

Con riferimento alle trasformazioni dei comportamenti di acquisto, per quelli che sono gli spazi offerti da questo straordinario mezzo chiamato blog, credo [e spero] di essermi espresso con chiarezza la scorsa settimana.

Riguardo all’evoluzione del quadro normativo, altrettanto, mi pare, è avvenuto di recente a commento della proposta di liberalizzazione delle licenze la cui inconsistenza è riassunta tutta nell’ Articolo 8 – Monitoraggio del mercato editoriale – del decreto di attuazione della direttiva 2006/123/CE che recita: “La Presidenza del Consiglio dei Ministri, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, assicura il monitoraggio della rete di vendita dei giornali quotidiani e periodici per l’espansione del mercato editoriale. A tale fine, con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, è individuata la struttura preposta a detto monitoraggio, con la partecipazione dei soggetti del comparto distributivo editoriale e delle regioni di volta in volta interessate”. In una nazione in cui da più parti si invocano a gran voce gli stati generali dell’editoria senza risultato alcuno, non è difficile comprendere l’inconsistenza e l’insensatezza del provvedimento.

Rispetto allo sviluppo di nuove forme e nuove formule di vendita vale la pena di soffermarsi poiché rappresentano la macro area che coinvolge potenzialmente tutto il sistema distributivo nel suo complesso e, per quanto mi riguarda più direttamente, le edicole.

Dal punto di vista degli editori la maggiore delle disefficienze è rappresentato dall’elevata incidenza delle rese che restano, al di là di formule tanto futuribili quanto improbabili, il costo maggiore e dunque l’area di recupero potenziale di marginalità per i channel leader.

Ritengo che vi possano essere diversi spazi di intervento in tal senso.

In primis mi sento di suggerire uno studio approfondito del settore del fresco alimentare per verificarne logiche e operatività che se adattate ed implementate nell’ambito della distribuzione delle testate sono certo apporterebbero benefici significativi.

In seconda battuta, valuterei la reintroduzione, attualizzata, della figura dell’ispettore commerciale. Ogni impresa che si rispetti, anche la più importante e tecnologicamente avanzata, è dotata di sensori sul campo, di uomini in grado di dialogare con la singola realtà di ciascun punto vendita e di riportare [se ben addestrati] in azienda punti di forza ed aree di miglioramento su cui lavorare; mi sfugge perchè questo non avvenga nell’ambito di riferimento specifico. E’ noto come per ogni strategia di approccio al mercato debba esserci una adeguata organizzazione; si segnala che dall’esterno non se ne percepisce l’esistenza.

Pur operando in una logica multicanale come gli utenti si attendono, lavorerei in termini di differenziazione di prodotto così da mantenere partnership e sviluppare politiche di canale, nonché azioni di trade marketing, degne di questo nome invece delle nefandezze che si osservano quotidianamente.

Incentiverei, anche con contributi economici, l’informatizzazione delle edicole che se realizzata con programmi degni di questo nome [dimentichiamoci di inforiv e igeriv e sviluppiamo qualcosa che abbia davvero un senso, per favore] favorirebbe tutta la filiera nella gestione. Questo consentirebbe, tra l’altro di avviare un dialogo diretto bypassando mille lacci e lacciuoli.

Come giornalaio, invece, ho già avuto modo di formulare le mie proposte che mi sento tutt’oggi di confermare. Tornerò a parlarne con specifico riferimento a quello che, come tema generale, mi piace chiamare “l’edicola del futuro ed il futuro delle edicole”.

Sono, ancora una volta, temi di una tale ampiezza da non potersi sicuramente ritenere esauriti. Prendeteli come una minima moralia, spunti di approfondimento, appunti mal distribuiti…..per restare in tema.

Grazie dell’attenzione.

4 commenti

Archiviato in Distribuzione Editoria, Scenari Editoriali, Vendite Editoria

Annus Horribilis

Sono stati resi disponibili i dati relativi agli investimenti pubblicitari a Novembre 2009. Con il progressivo di 11 mesi su 12 è possibile dunque tracciare un primo bilancio dell’anno scorso.

Parlare di annus horribilis non è una esagerazione.

Sono stati “bruciati” circa1.303 milioni di euro rispetto al pari periodo dell’anno precedente.

L’unico media per il quale si registra una crescita è internet che però sconta una flessione per quanto riguarda display ed affiliate; cresce solo l’area relativa alla tipologia search che pesa il 55,3% degli investimenti in comunicazione effettuati sul web.

Crollo di tutti i media ed in particolare della stampa con la free press ridotta al lumicino ed i periodici che in termini percentuali registrano la peggior performance in assoluto.

La televisione, nonostante perda percentualmente meno degli altri mezzi e del totale mercato, vendendo di conseguenza aumentare la propria quota, pesa per quasi il 40% delle perdite totali [- 500 milioni di euro].

Se il modello di business dell’editoria non può prescindere dalla pubblicità, questi dati evidenziano con la crudezza dei numeri una crisi che oltre ad essere strutturale è di valori e di modalità di relazione con quelli che un tempo venivano chiamati consumatori e che oggi hanno rinnovate definizioni ma non altrettanto nuove organizzazioni d’impresa.

Senza intervenire con decisione su entrambi i fattori non sarà possibile realizzare percorsi di ripresa né per l’editoria né per la comunicazione pubblicitaria.

Investimenti Pubblicitari in Italia

[Stime elaborate da Nielsen Media Research – valori in migliaia di euro]

Genn. – Nov.

2008

Share % Genn. – Nov.

2009

Share % + / –

%

Totale ADV 9068402 100 7765822 100 -14,4
TV 4509909 49,7 4002972 51,5 -11,1
Tot Stampa 2798836 30,8 2168521 27,9 -22,5
Quotidiani 1538400 17 1272758 16,4 -17,3
Freepress 127021 1,4 92073 1,1 -27,5
Periodici 1133415 12,5 803690 10,3 -29,1
Radio 441235 4,9 396848 4,7 -10,1
Internet 503352 5,5 526712 6,7 4,6
Affissioni 209823 2,3 156779 2 -25,3
Direct Mail 551668 6,1 458099 5,9 -17

Fonte: Elaborazioni “Il Giornalaio” su dati Nielsen Media.

1 Commento

Archiviato in Comunicazione, Scenari Editoriali

The opposite of open is theirs

Il New York Times risponde ai dubbi, alle domande, dei suoi lettori relativamente alla decisione [che dalla primavera 2010 viene spostata al 2011] di far pagare i contenuti dell’edizione on line del quotidiano.

Visti i risultati di chi ha effettivamente intrapreso la strada del pagamento, non limitandosi alle dichiarazioni d’intenti, non ci sarebbe da stupirsi se nella realtà dei fatti l’idea di far pagare i contenuti non venisse realizzata.

Personalmente ritengo che, al di là di ogni altra possibile considerazione sul tema, le barriere siano concepite nell’ipotesi di non avere una crescita di audience.  Le barriere per definizione costituiscono un limite, un freno.

Sotto questo profilo è di una lucidità straordinaria la sintesi effettuata da David Weinberger che afferma:  << the opposite of “open” is “theirs.” >>. Non credo sia possibile miglior risposta all’idea dei quotidiani di far pagare i contenuti on line.

clicca per ingrandire

Lascia un commento

Archiviato in Comunicazione, Scenari Editoriali, Vendite Editoria

Rinchiusi con Facebook e Twitter

Dall’ 1 al 5 febbraio prossimi cinque giornalisti francesi, di altrettante emittenti radiofoniche [France Info, France Inter, Radio Télévision Suisse, Radio-Canada, RTBF], passeranno cinque giorni isolati dal resto del mondo in una casa di campagna nel sud ovest della Francia ricevendo informazioni solamente attraverso Facebook e Twitter.

L’idea è quella di verificare quale lettura del mondo, quale percezione dell’attualità, si ottiene isolandosi dal contesto sociale e vivendo informandosi esclusivamente attraverso questi due canali, se l’informazione ottenuta è pertinente e se si ottengono le stesse informazioni che si sarebbero ricevute attraverso i media tradizionali.

L’iniziativa, seppur di breve durata, potrebbe essere interessante se non fosse che attualmente la stragrande maggioranza dei mezzi di informazione “classica” ha aperto un account, un canale di promozione dei propri contenuti, via twitter e che dunque, in assenza di dettagli, si potrebbe pensare che si riceva la medesima informazione.

Per saperne di più, sarà possibile seguire i giornalisti che, come ormai consuetudine, riporteranno la loro esperienza in un blog all’interno del portale di France info e l’ultimo giorno realizzeranno una diretta radiofonica dalla casa.

1 Commento

Archiviato in Comunicazione, Scenari Editoriali

Senza giornali [di carta] per un anno

Adam Vincenzini, londinese consulente nell’area delle public relations, ha deciso di provare a sperimentare se sia possibile vivere per un anno senza acquistare o leggere alcun quotidiano nel formato tradizionale.

Le regole sono state descritte nel suo blog ad inizio 2010 e da allora, con frequenza settimanale, vengono pubblicati degli aggiornamenti sull’andamento dell’esperimento in corso.

Per la natura del suo lavoro, Vincenzini è [era] legato alla lettura dei giornali oltre che per avere aggiornamenti sulle notizie per verificare il buon andamento, o meno, delle campagne promosse dalla sua società di PR.

Nel corso di tutto il 2010, perciò, tenterà di leggere le notizie solamente su supporti elettronici via internet dovendo evitare a tutti i costi qualsiasi contatto con la versione cartacea dei quotidiani. L’esperimento tende dunque a dimostrare se questo sia possibile o meno. Dal video pubblicato sabato 16 gennaio scorso si iniziano a vedere le prime difficoltà e si apprezza come i giornali nella loro versione tradizionale [di carta] siano parte integrante e fondamentale della nostra quotidianità.

Sarà interessante continuare a seguire il test durante il corso dell’anno per verificarne l’avanzamento e l’impatto. Stay tuned.

4 commenti

Archiviato in Comunicazione, Scenari Editoriali, Vendite Editoria

Paywalls

Ieri ampio spazio è stato dedicato alle indiscrezioni secondo le quali il New York Times sarebbe in procinto di far pagare i contenuti della propria edizione on line. Ne hanno parlato, tra gli altri, Massimo Mantellini, Vittorio Pasteris, Stefano Bonilli e Massimo Russo che ha effettuato l’analisi di maggior profondità sull’argomento entrando nei dettagli di probabili prezzi e contenuti erogati.

Come rileva The NYTPicker [la versione statunitense di Pazzo per Repubblica dedicata al NYT], la notizia è tutto fuorché uno scoop poiché è da questa primavera che circolano indiscrezioni sul tema rispetto al quale spazio è stato dato anche all’interno del Giornalaio tempo fa.

Già The Economist, in una recente analisi relativa alle prospettive del mercato editoriale, ha definito il 2010 come “The year of the paywall” analizzando le motivazioni degli editori a far pagare i contenuti on line.

Allo stesso tempo vengono divulgati i risultati della ricerca svolta da Harris Interactive per conto di AdWeek che, ancora una volta, come sintetizza la tavola sottostante, mostra come la stragrande maggioranza dei lettori non abbia intenzione di pagare per i contenuti on line.

clicca per ingrandire

Seppure Mediashift abbia pubblicato un interessante resoconto su come il Wall Street Journal utilizzi i social media al di là dei paywall per l’accesso al proprio sito, personalmente ritengo che, al di là di ogni altra possibile considerazione sul tema, le barriere siano concepite nell’ipotesi di non avere una crescita di audience; è anche questa una indicazione non trascurabile sul futuro dell’informazione.

L’ unico vantaggio dell’approccio protezionistico eventualmente adottato da alcuni editori, come enunciato nel precitato articolo di The Economist, è che costringe finalmente a pensare a cosa i lettori davvero vogliano. Un sottoprodotto davvero interessante per il quale è stata creata una check list.

Quale che sia, o meno, l’effettiva opportunità di far pagare i contenuti on line, certamente non riguarda il nostro paese anche per la dimensione del mercato di riferimento.

3 commenti

Archiviato in Scenari Editoriali, Vendite Editoria