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Riproduzione e Simulazione nei Giochi d’Apprendimento

La nostra condizione digitale [per riprendere il titolo dell’ultimo libro di J.F.Fogel e B. Patino, 2013] ci consente di aumentare le opportunità di accesso al mondo virtuale, quello dell’esistenza comunicativa obbligata.

In questo ambiente costruito altri hanno scelto per noi, come in ogni mercato, di offrirci l’assortimento dei modi e dei media che ci tocca di usare per realizzare l’interazione a distanza, allargando la divisione dell’io tra comportamento online e offline.

Il linguaggio della tecnologia, appena riproposto in sintesi campionaria dall’opera dei due autori citati, già esprime da che parte debba stare il meglio, quando non il giusto, stando ai decisori. Perciò godiamo di un’abbondanza di gadget elettronici, di utilizzo sempre più semplice, portatori di contenuti di ogni tipo, provenienti da qualunque fonte, con testi, immagini, suoni, eccetera, che non servono solo a sapere, lavorare, divertirci, stare occupati, ma forse soprattutto ad omologarci, facendo amici che approvano come ci presentiamo e concordano più o meno con soddisfazione su quello che diciamo.

La viralità sociale costituisce, come è noto, la dinamica di Internet, la cui essenza, spiegano sempre gli autori già citati, “non è tanto produrre contenuti quanto condurre gli amici o l’audience verso gli stessi contenuti in risposta a un messaggio”.

Lo sviluppo dei media ICT intanto favorisce la fusione fra reale e virtuale e differenzia gli internauti per utilizzo delle potenzialità mediali a nostra disposizione, in base alla competenza tecnica e alla perizia espressiva. Il “Vir bonus dicendi peritus”, secondo l’allocuzione attribuita a Catone, mal si adatta alla posizione di “Homo numericus”, sedentario e commentatore occasionale delle narrazioni e rappresentazioni altrui. Con delusione del contesto di riferimento, che si aspetta almeno un po’ d’iniziativa dal possessore del focal point da noi occupato.

Favorite dagli schemi matematici di strutturazione del reale in rete, abbondano la riproduzione, la ripetizione, la contraffazione e toccano perfino i media sociali, che inclinano a diventare sistemi gerarchici di connessioni secondarie con “fratelli”, “amici” e “seguaci”, portatori di gradimento e diffusori dei contenuti apprezzati.

La poliarchia di Internet si riconfigura così a struttura piramidale, dipendente da una fonte d’informazione primaria, con raccolta e rinvio secondari agli altri livelli di “comunicazione”.

Il modello dei vecchi gruppi di ascolto televisivo ora rispunta nei fatti e si avvale di pc, tablet, smartphone, singolarmente e insieme, per riproporre il modello analogico, nell’illusione di conservare intatta la stessa natura dell’informazione inviata. Ma è un obiettivo fallace, che ignora l’olismo della comunicazione e la necessità di considerarla nella completezza di contenuti verbali, espressioni comportamentali, contesti in atto, relazioni interpersonali e sociali, tutti fattori questi della significazione, che può essere falsata dalla semplice somma delle parti interrelate d’informazione, diffusa attraverso altri media, come costituenti del messaggio.

Avviene così che anche nei videogame più immersivi e multiplayer i fattori della significazione, algoritmicamente disposti, non lo siano in funzione di più scelte possibili, ma dei risultati di successo stabiliti da chi ha concepito mostri, battaglie, terremoti e rivolgimenti d’ogni sorta.

In numerosi casi la tentazione analogica è giustificata con il realismo dell’azione e il legame al reale o addirittura l’approfondimento con altri mezzi, al seguito di serie televisive “full on demand”.

Nei progetti “transmedia”, tipo quello più vecchio della catena svedese SVT, risalente al 2007, un sequel di cinque episodi è stato integrato da un videogame multiplayer su Internet e da un gioco su pista, nel mondo reale. Il tema della narrazione, delle interazioni e delle altre attività ha fatto perno intorno alla ricerca di una ragazza misteriosamente scomparsa, sollevata da un blogger. “Sanningen om Marika”, dice infatti il titolo. I telespettatori sono stati invitati a prendere foto nelle strade delle città in cui abitavano e a inviare con i messaggini degli indizi per scoprire la verità.

Nella più recente realizzazione del gruppo americano NBC Universal ciò che viene mostrato su SyFy, nei dodici episodi di una serie televisiva, influenza ed è influenzato dall’andamento di un videogame “Defiance”, un guerre stellari, girato tra Saint Louis e San Francisco e diffuso contemporaneamente dallo studio Trion World su Internet. Il gioco è accessibile con pc, smartphone, console, tablet e semplice telefonino. I giocatori possono apparire sugli schermi televisivi a seconda del peso avuto nello svolgimento degli episodi.

Nonostante una spettacolarità da 140 milioni di dollari, cinque anni di lavorazione e un’équipe di sviluppatori arrivata a 150 persone, il “progetto rivoluzionario”, così definito dallo sceneggiatore del gioco, Trick Dempsey, che in una dichiarazione a «Le Figaro» del 4 aprile, ha parlato di “un gioco al tirassegno, di massa, di scontro individuale o d’alleanza su Internet ma che può proseguire con o senza le connessioni individuali”: più che ripetizione un adeguamento ai ruoli e alle regole di comportamento stabilite.

Meglio allora per un apprendimento attivo, basato sullo sviluppo della conoscenza e competenza, oltre all’intervento di un moderatore in vivo, una pratica di simulazione, che sostenga autonomia di giudizio, individuazione delle scelte opportune, flessibilità di comportamento, riconoscimento di risultati e sinergia in comune.

In Italia giochi di simulazione “mass communication game” per l’integrazione attiva di operatori e clienti aziendali sono stati concepiti e attuati dal sottoscritto fin dal 1996 per imprese di dimensione nazionale ed internazionale, sviluppando nei partecipanti capacità di confrontarsi, di formulare ipotesi e inferenze, di stabilire relazioni logiche, di effettuare previsioni e verifiche, di realizzare organizzazione e inserimento in reti di comportamento, di saper fare, basate sulla comprensione e l’acquisizione di conoscenza comune.

Tra gli effetti derivati c’è stata anche la costruzione sociale della realtà tecnologica, di raccolta, trattamento e analisi dell’informazione necessaria alla comunità di riferimento per la fluidità dei processi organizzativi.

Ai giochi hanno partecipato contemporaneamente fino a 300 persone, con funzioni e responsabilità diverse, riunite in piccoli gruppi di lavoro, interessate a diagnosticare e a tracciare piani di azione per affrontare temi e problemi comuni.

Il percorso di apprendimento dei giochi si sviluppa mediamente in una mezza giornata, costituendo un’organizzazione per gruppi, interattiva e aperta, che valorizza le competenze dei giocatori e nelle diverse prove in sequenza raggiunge efficienza, reattività e soddisfazione interna ed esterna, tenendo conto della realtà e delle prospettive aziendali.

I mass communication game possono essere computerizzati per supportare le prese di decisioni e le operazioni di calcolo e confronto tra individui, gruppi e partecipanti in generale o avvalersi di un purposive videogame su misura.

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Giochini Stupidi che Funzionano

Nel mio minimo contributo pubblicato sul sito dell’International Journalism Festival 2012, propedeutico al confronto sul tema di come la gamification delle notizie possa essere elemento di coinvolgimento del lettore, che si terrà sabato 28 aprile nel corso del festival, del quale sono stato, incautamente, designato come moderatore, poco più di una settimana fa scrivevo, testualmente: “Il gioco soddisfa motivazioni sociali, coinvolge, crea un senso di comunità spingendo alla condivisione dei contenuti e aumenta la permanenza, il tempo sul sito del quotidiano on line”.

Una tesi che chi mi conosce sa che sostengo da diverso tempo e che anche all’interno di questa TAZ è stata sostenuta a più riprese nel tempo a partire dalla vicenda, che forse ricorderete, del salvataggio dei 33 minatori cileni nell’ottobre 2010.

Ieri il «The New York Times» in testa ad un articolo che trattava su come alcuni videogiochi pur banali e semplici, stupidi, fossero estremamente coinvolgenti, ha messo proprio un gioco di quel tipo, una sorta di rivisitazione di Asteroid, arcade game che chi appartiene alla mia generazione o è molto coinvolto su tema del gaming sicuramente conosce, che consentiva di distruggere a colpi di navicella spaziale buona parte della testata giornalistica.

Idea che, come segnala «Nieman Journalism Lab», ha ottenuto un successo straordinario sia presso il lettori che, di riflesso, gli inserzionisti, gli investitori pubblicitari che già originariamente si erano comunque mostrati entusiasti della proposta che hanno visto nell’idea, anche, un nuovo possibile format per display ads interattivi; sottoprodotto, per così dire, da non sottovalutare assolutamente.

Il coinvolgimento del lettore, delle persone non è un gioco ma può passare assolutamente per un gioco. Ne abbiamo oggi l’ennesima conferma.

Al momento della redazione di questo articolo ne parlano: Co.Create, Gothamist, FishbowlNY, The Huffington Post, The 6th Floor, The Verge, Engadget, Mediaite, Betabeat, AllThingsD e Poynter.

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Il Gioco Come Catalizzatore del Cambiamento

E’ iniziata ieri la maratona digitale di 48 ore per sconfiggere la povertà nel mondo. Come si fa a parteciparvi? Semplice, si gioca.

Grazie al contributo dell’ Institute for the Future e della Rockefeller Foundation è on line, da ieri 3 aprile sino al 5  Catalysts for Change, gioco il cui obiettivo è quello di raccogliere, in una sorta di brainstorming mondiale, idee e suggerimenti per aiutare oltre il miliardo di persone che vive in condizioni di disagio e povertà estrema.

Come dichiara Jane McGonigal, autrice di “La realtà in gioco. Perché i giochi ci rendono migliori e come possono cambiare il mondo”, libro tradotto in italiano a metà del 2011 del quale, se posso, consiglio assolutamente lettura, “I giochi sono uno strumento straordinario per oltrepassare i limiti della nostra razionalità. Usano la competizione per creare cooperazione […] costituendo così una piattaforma eccellente per collegare idee ed intenti comuni”.

Catalysts for Change viene giocato no stop per 48 ore. Dopo essersi registrati ed aver scelto il proprio carattere, la propria identità,  il partecipante effettua delle giocate da 140 caratteri, sulla falsariga di Twitter. Il giocatore gioca le proprie carte [come mostra la figura soprariportata] divise fondamentalmente in due aree: immaginazione positiva ed immaginazione critica, ciascuna delle quali permette di esprimere un’idea, un suggerimento, interfacciandosi con gli altri partecipanti e costruendo in questo modo una mappa ed un percorso sostenibile per raggiungere l’obiettivo.

Alcune missioni, alcuni obiettivi sono pre caricati sulla fan page di Facebook, così da alimentare concretezza e  diffusione social del gioco.

Catalysts for Change non è solamente un gioco che illustra la potenza del mezzo interattivo nel diffondere un messaggio. In un senso più ampio, ed in un modo che forse nessun altro media riesce a raggiungere, dimostra che quello che i giochi riescono a realizzare sono coinvolgimento ed empatia.

Come sostenevo recentemente, l’interazione sociale attraverso il gioco è un mezzo non un fine. I giochi sono sempre più un catalizzatore di nuovi legami sociali e di interessi comuni, dunque di riflesso media per costruire ed aggregare comunità di interesse come il gioco in questione segnalato quest’oggi, se necessario, conferma.

Che si tratti di newsgames o di giochi con altre finalità narrative e di comunicazione, tralasciare questa opzione è sempre meno sensato.

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Un Modello di Gioco

I giochi sono un media, uno dei diversi strumenti, mezzi possibili per raccontare in maniera coinvolgente delle storie, per trasmettere delle informazioni, per raggiungere un obiettivo di comunicazione, se ben utilizzati. Sono ormai più di dieci anni che, avendo modo di sperimentarne l’efficacia,  ne parlo cercando di diffondere cultura su questo media che mi pare decisamente sottovalutato e sottoutilizzato ancora oggi.

Forse l’ostacolo principale è proprio di cultura, di mentalità. Con una diffusa attitudine a separare l’idea di gioco da quella di istanze adulte, serie, anche se, nel bene e nel male, l’attuale buzz sulla gamification sta indubbiamente fornendo una spinta almeno in termini di curiosità, di voglia di approfondire e comprendere meglio il tema.

L’infografica realizzata da DDO illustra un modello di gioco costruito sull’idea che sia un tipo di conversazione che coinvolge due persone o un gruppo che interagisce, ed ancora diversi punti di vista di una sola persona o elemento di relazione tra personaggi virtuali e reali. Secondo gli autori, grazie alla conversazione che si innesca giocando, viene creato un mondo condiviso nella fantasia, nell’immaginazione delle persone, che conduce a divertimento ma anche sviluppo, creazione attraverso il coinvolgimento.

Il dettaglio dei singoli passaggi illustrati dall’infografica consente a chiunque, direi, di apprezzare con facilità logiche e dinamiche. Ottimo strumento per chi voglia davvero avvicinarsi alla comprensione del ruolo e del significato di gaming e gamification.

- Clicca per Ingrandire -

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La SimCity della Democrazia Europea

SimCity, dichiarato uno dei dieci videogiochi  più importanti di tutti i tempi da Henry Lowood della Stanford University, rivive, adattato, per far vivere e sperimentare l’essenza del Parlamento Europeo.

«Citztalia», videogioco gratuito online finanziato per il 75% del costo di realizzazione dal Parlamento Europeo,  serve a far capire come funziona il Parlamento eletto dell’UE. Partecipando ai dibattiti, scrivendo articoli o addirittura redigendo norme virtuali su questioni attinenti al Parlamento Europeo e alla politica comunitaria, è possibile  sperimentare direttamente e comprendere nei particolari come funziona la democrazia nell’UE e maturare, seppure virtualmente, esperienza in materia.

Nelle parole dei creatori del gioco: “Se immaginiamo l’edificio del Parlamento virtuale come un sito Web, ogni stanza di questo edificio è una pagina e ogni porta è un collegamento tra queste stanze o pagine. Ogni stanza contiene le informazioni o le applicazioni rappresentate come oggetti o mobili.”

In sostanza quindi, dopo aver creato il proprio avatar, il proprio personaggio, il giocatore può esplorare le molte aree del Parlamento Europeo, dalla sala stampa all’ EU lex lab, dove esiste addirittura l’opzione di simulare il processo legislativo e proporre delle norme seguendone l’iter, passando per tutta una serie di ambienti e di situazioni da sperimentare in prima persona.

Il gioco, disponibile in tutte le lingue dell’UE, si propone anche, in prospettiva, come piattaforma di social networking dove mettere in collegamento tra loro i cittadini dei diversi stati membri e generare un dibattito libero e aperto. Un opzione tanto ambiziosa quanto affascinante che per essere implementata necessiterà di un supporto comunicazionale superiore a quello di cui ha goduto il gioco sin ora quando, il prossimo mese, dovrebbe essere lanciato ufficialmente dopo l’attuale fase beta di sperimentazione.

Ennesima esemplificazione concreta delle potenzialità del gaming e della gamification come elementi che trascendono dall’aspetto esclusivamente ludico applicandone le dinamiche a contesti sociali, aziendali e anche politici per trasformarsi in elemento di narrazione, comunicazione e relazione.

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Aumentare la Competitività, Evitare il Default

Alla pratica di questi principi è volto il gioco di società «Crise-Crash», ideato e realizzato dall’omonima società francese, una simulazione strategica pluriruolo, di economia dello scambio, collocata in un mercato ideale di concorrenza perfetta, marshalliana, lontana mille miglia dai vincoli delle società di rating e dello spread.

L’ambiente della simulazione è la Parigi del terzo millennio, ambiente ricco di attività commerciali e di servizi, che rendono possibile, come dice la pubblicità della casa costruttrice “il gioco più delirante di tutti i tempi”, ma utilissimo per la formazione al lavoro.

«Crise-Crash» si svolge nelle strade della capitale francese e i giocatori possono impersonare uno o più dei sei personaggi che vi agiscono, comprando, vendendo, giocando in Borsa, investendo, ma soprattutto incappando in ogni tipo di veicolo a caccia di opportunità. E’ possibile guadagnare moltissimo denaro e perderne altrettanto in pochissimo tempo. Vince naturalmente chi più guadagna e chi perde i suoi soldi diventa insolvente e fallisce.

E’ perciò importante approfittare del commercio di tutto il commerciabile, che si svolge nelle strade, per cogliere le opportunità al volo, comprare e vendere bene e presto, diffidare della stampa e non soccombere alla tentazione d’investire il proprio denaro in Borsa, ma in attività produttive ed espansive, senza correre rischi inutili, nè commetere frodi, che possono portare in galera o, almeno, in tribunale per giustificarsi.

Un  gioco da tavolo alla vecchia maniera di un’attualità strabiliante che oltre ad un utilizzo esclusivamente ludico, con il giusto briefing e coordinamento dei giocatori, può essere utilizzato come strumento formativo sulla competitività dell’ambiente e le vendite.

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I Re Magi tra Narrazione & Management

In molte nazioni, ad esempio la Spagna, è oggi, nella ricorrenza dell’arrivo di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre che, narra la tradizione, regalarono oro, incenso e mirra al neonato Gesù, che  vengono dati i doni ai bambini. Regali che nove volte su dieci sono dei giochi.

Sfrutto l’occasione per segnalare cinque titoli, cinque giochi recensiti in questi spazi che, tra i tanti di cui ho parlato nel corso del tempo, mi sembrano i migliori strumenti di simulazione per l’apprendimento, lo sviluppo delle capacità manageriali e la narrazione.

Problem solving: logica, tecniche, risorse.

«L.A. Noire» è un videogioco investigativo, utile per imparare a raccogliere indizi e prove, chiarire obiettivi e logica d’azione, scoprire la verità nascosta, cercare soluzioni e realizzarle.

Conservare le esperienze e sviluppare la conoscenza.

«Child of Eden» è un rhythm action game, creato da Tetsuya Mizuguchi, utile per ricostruire, ripulire e arricchire le conoscenze circolate in Rete.

Narrazione & Esperenzialità.

«Warco» rappresenta un ottimo strumento per insegnare alle persone i pericoli del giornalismo di guerra e le difficoltà di ordine morale ed etico che vivono i reporters durante il loro lavoro quando ben fatto.

Riorganizzazione e licenziamenti.

«Plan social», il gioco preferito dei grandi imprenditori, si fa con le carte, alla maniera tradizionale, ma è cinico e graffiante come nella realtà di oggi.

Giocare al presidente della BCE.

«€CONOMIA: il gioco della politica monetaria», gioco di simulazione a turni, partendo dalla gestione del tasso di interesse ufficiale, mette il giocatore nella condizione di influenzare il tasso d’inflazione, crescita del PIL, incremento della liquidità e tasso di disoccupazione. Aree d’intervento tutte di grande attualità.

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Le Proteste Popolari Insegnate da un Videogioco

Se si dovesse scegliere tra tutti gli avvenimenti del 2011 quello che nel suo insieme è il più rappresentativo dell’anno che volge al termine, molto probabilmente la scelta cadrebbe sulle rivolte popolari in tutto il mondo.

A sancirlo non è soltanto l’ultimo numero del «Time» che quattro giorni fa ha eletto simbolicamente “The Protester” come personaggio dell’anno, ma la diffusione del fenomeno con una contaminazione reciproca tra quella che è stata definita la rivolta araba e il movimento occupy/indignati nel mondo occidentale. Proteste che non accennano a placarsi come testimoniato dai drammatici avvenimenti in corso in questi giorni in Siria ed Egitto e da quanto riportato da Occupy Togheter, l’associazione che riunisce tutti i movimenti di protesta del cosìdetto primo mondo.

“People Power” è un videogioco, del genere strategico, che consente a chiunque lo desideri di calarsi nei panni del leader di una protesta civile.

Il gioco, realizzato a novembre di quest’anno, insegna a scegliere le tattiche ed i mezzi della protesta simulando diverse situazioni, diversi scenari con i quali cimentarsi per riuscire a raggiungere l’obiettivo. Una volta scaricato il videogame [con una donazione di 10$] si entra a far parte di una community sia per lo sviluppo di nove mappe di gioco, nuovi scenari, che di persone con quest’interesse in comune, costruendo così di fatto un network tra coloro che vogliono apprendere la resistenza civile e strategie non violente.

In tale ambito, si segnala inoltre, seppure di fattura decisamente inferiore anche “Occupy The Game” che ruota intorno allo stesso tema focalizzandosi sulle proteste del movimento Occupy Wall Street come suggerisce il nome.

Se le proteste non sono un gioco, ancora una volta i giochi sono media per comunicare e apprendere.

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Far Finta di Essere Poveri

In un contesto quale quello attuale la probabilità di perdere l’impiego o di abbandonare ogni speranza di trovarne uno sono sempre più elevate.

E’ questa la situazione nella quale vi cala «Spent», videogioco realizzato da McKinney per conto di Urban Ministries of Durham ong statunitense del North Carolina.

Il videogiocatore impersonifica una persona che ha perso, appunto, il proprio lavoro da un mese, senza casa e con prole a carico. Con una dotazione di 1000 $ ha un mese di tempo per trovare un occupazione prima di finire completamente senza nulla.

Il gioco sottopone ad una serie di prove e test che sono funzionali a veicolare i messaggi della ong e a far sperimentare in prima persona le difficoltà che vive chi è in una condizione di indigenza. Alcune delle prove prevedono che sia possibile chiedere aiuto ad un amico, abilitando, scegliendo questa opzione si pubblica la propria richiesta di aiuto nella bacheca personale di Facebook; un ulteriore tocco di realismo che si coniuga con la viralità del messaggio del gioco sui social network.

Il videogame mi ha richiesto meno di mezz’ora per completarlo la prima volta, è gratuito e può essere rigiocato tutte le volte che lo si desidera. Al termine del gioco viene offerta la possibilità di diventare volontari di Urban Ministries of Durham o di effettuare una donazione tramite Pay Pal.  Secondo quanto riportato è già stato giocato oltre un milione e mezzo di volte in 196 nazioni nel mondo.

«Spent» non è solamente un gioco che illustra la potenza del mezzo interattivo nel diffondere un messaggio. In un senso più ampio, ed in un modo che forse nessun altro media riesce a raggiungere, dimostra che quello che i giochi riescono a realizzare sono coinvolgimento ed empatia.

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Aducation: Imparare i Principi dell’Advertising Giocando

Admongo è un gioco realizzato dalla FTC statunitense per insegnare regole e principi della comunicazione pubblicitaria.

Il gioco, in stile platform, si articola su 4 livelli principali che hanno al loro interno degli ulteriori sottolivelli per un totale complessivo di 12 aree di gioco.

Dopo aver effettuato una rapida e semplice registrazione è possibile scegliere le caratteristiche ed il sesso del giocatore da impersonificare.

La parte introduttiva è composta da un tutorial che insegna i movimenti basici del gioco. Al termine di ogni livello viene automaticamente salvata la partita così da non perdere i progressi ottenuti.

La prima parte aiuta ad identificare i diversi mezzi e le loro caratteristiche. Si passa dall’outdoor, cartellonistica e pubblicità in movimento, all’abitazione, con cataloghi e riviste ma anche packaging e poster, sino alla comunicazione sul punto vendita fatta di materiali POP, cupon e messaggi promozionali sul proprio telefonino.

La seconda area di gioco si focalizza su logiche e caratteristiche della comunicazione pubblicitaria. Il ruolo della grafica, i messaggi audio e il copy, il testo dei messaggi.

Nel terzo livello sono spiegate le logiche di “targettizzazione” dell’audience, la segmentazione psicografica e per stili di vita. Nel quarto ed ultimo livello viene invece richiesto di divenire autori e creare un proprio annuncio pubblicitario.

E’ possibile rigiocare Admongo tutte le volte che lo si desidera. Personalmente ho completato i 12 livelli in circa un’ora di gioco.

Il gioco, di buona fattura e con una grafica e meccanismi coinvolgenti, non è certamente indicato per chi si occupa di comunicazione professionalmente ma rappresenta assolutamente uno strumento estremamente interessante per chi si avvicina a questo mondo.

La ricca sezione dedicata a formatori e professori fornisce indicazioni utili su come utilizzare in aula lo strumento e numerose informazioni integrative.

Ottima realizzazione che conferma per l’ennesima volta le potenzialità del gioco come mezzo di narrazione, di impersonificazione, e dunque di apprendimento,  di relazione e comunicazione.

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