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Visibilità Vò Cercando

Dopo la decisione da parte di WikiLeaks di diffondere tutti i 251mila cablogrammi in suo possesso è stata definitivamente guerra tra l’organizzazione guidata da Julian Assange ed i principali [ex] media partner. Una scelta apparentemente in nome dei principi deontologici del giornalismo dietro la quale, leggendo i 9 principi pubblicati da PEJ [Project for Excellence in Journalism, si comprende come si celino in realtà motivazioni diverse e più articolate.

Assange all’epoca aveva affermato che i media partners di “secondo livello”, e il milione di followers su Twitter avrebbero consentito a WikiLeaks la stessa ampiezza di diffusione che veniva generata dai principali quotidiani del mondo.

Ipotesi che, nonostante ora i followers su Twitter abbiano raggiunto quasi il milione e mezzo non pare essersi concretizzata, come dimostrato anche con i dati forniti da Google Trends che evidenziano la correlazione tra volume delle notizie e traffico generato in Rete e, comunque, interesse generale decisamente calante anche in occasione del tanto annunciato ritorno.

Ecco che allora il fondatore di WikiLeaks approda con un programma tutto suo sul medium di massa per definizione: la televisione.

Dalla prossima settimana infatti, Julian Assange partirà con un talk show tutto suo: “The World Tomorrow with Julian Assange” affidando al broadcaster russo «Russia Today», canale televisivo creato dal Governo Russo per propagandare la propria immagine a livello internazionale il ruolo di mezzo di diffusione del proprio messaggio.

Scelta che certamente dovrebbe garantirgli la visibilità perduta ma che stride decisamente viste le posizioni su libertà d’informazione e corruzione della Russia certamente non in linea con i principi minimi dell’etica su entrambi i fronti.

Come avviene in tutte le guerre, la battaglia tra l’organizzazione di Assange ed i mainstream media sta avendo un impatto negativo su entrambe le parti. Il torpore delle coscienze, alimentato dagli interessi di parte, rischia di avere la meglio sulla trasparenza e sulla verità.

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Controllo dei Dati nel Web 2.0

La cronaca di questi giorni narra del trojan, del sofware spia, utilizzato dalle autorità governative tedesche per tenere “sotto osservazione” i propri cittadini e di come Google collabori con i governi di mezzo mondo cedendo le informazioni a propria disposizione, e-mail incluse,  a fronte di richieste più o meno giustificabili.

In occasione del prossimo «Web 2.0 Summit», programmato dal 17 al 19 Ottobre a San Francisco, gli organizzatori hanno realizzato una mappa interattiva che mostra i punti di controllo dell’internet economy.

La mappa, aggiornata rispetto alla versione dell’anno scorso, si focalizza maggiormente su chi e come vengono controllati e gestiti i dati degli internauti. In una sorta di risiko mondiale vengono identificate le aziende principali ed il loro potere nel controllo di otto segmenti di informazioni che vanno dagli acquisti fatti in Rete agli interessi personali espressi, anche attraverso i social network, passando per localizzazione geografica e tipologia di informazioni ricercate.

L’altro volto del Web 2.0 che mostra la condizione di libertà vigilata degli internauti.

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L’Impatto della Guerra tra WikiLeaks ed i Quotidiani

Le prime avvisaglie dell’incrinarsi delle relazioni tra WikiLeaks ed i suoi media partners ufficiali si erano già manifestate con chiarezza a fine aprile in occasione della publicazione dei cablograbbi segreti, o comunque riservati, sulle vicende di Guantanamo.

Dopo la decisione di questi giorni da parte di WikiLeaks di diffondere tutti i 251mila cablogrammi in suo possesso è definitivamente guerra tra l’organizzazione guidata da Julian Assange e i principali [ex] partner.

Da un lato si giustifica la decisione presa con la rottura degli accordi da parte del Guardian ed il favore dei sostenitori a larga maggioranza di diffondere le informazioni in proprio possesso, dall’altro ci si dissocia e si critica apertamente la scelta in nome dei principi deontoligici del giornalismo.

La testimonianza di Gennaro Carotenuto aiuta a far luce sulle motivazioni e sulle responsabilità delle parti in causa.

Di altrettanto interesse, a mio avviso, verificare l’impatto in termini di diffusione delle informazioni.

Se infatti WikiLeaks è diventata non solo simbolo della libertà di espressione ma anche fonte indispensabile per i giornalisti e per attirare visitatori alle pagine delle edizioni online dei quotidiani, quanto dipende la diffusione di queste informazioni dai giornali? E’ possibile che fonti ufficiali di minor rilevanza, i media partners di “secondo livello”, e il milione di followers su Twitter  consentano a WikiLeaks la stessa ampiezza di diffusione che veniva generata dai principali quotidiani del mondo come afferma Assange?

Sulla base di alcune evidenze raccolte dal sottoscritto, la risposta pare essere negativa.

Mentre circa un anno fa il livello di tweet si attestava intorno all’1,5% del totale con picchi sino al 2% in questi giorni siamo intorno allo 0,1%.

Si tratta di una tendenza che l’analisi condotta utilizzando Google Trends conferma nella sua globalità che definisce la piattezza del traffico sul Web in assenza di evidenza fornita dai mainstream media. Il grafico di sintesi dei risultati sottoriportato evidenzia con chiarezza la correlazione tra volume delle notizie e traffico generato in Rete.

Trend che l’ultilizzo di WE twendz pro, applicazione dedicata a monitorare ed analizzare dinamiche ed impatto delle conversazioni su Twitter, consente di approfondire.

Ne emerge un quadro d’assieme che descrive puntualmente come la maggior influenza sia in chiave positiva che di sentiment negativo venga generata prevalentemente da account ufficiali di fonti d’informazione tradizionali [quali ad esempio BBC e NPRNews] e di come, comunque, il traffico non abbia mai superato i 1400 tweet.

Se sia maggiormente discutibile l’etica di WikiLeaks o quella delle trame oscure dei Governi può certamente essere tema da approfondire, quello che appare certo è che, come avviene in tutte le guerre, la battaglia tra l’organizzazione di Assange ed i quotidiani stia avendo un impatto negativo su entrambi i fronti.

 

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La Timeline del Processo ad Assange

La timeline è uno strumento di rappresentazione delle informazioni molto interessante, utile in particolare per guidare il lettore nel caso di storie, di notizie articolate e complesse. Rispetto all’attuale imperversare di infografiche offre il vantaggio dell’interattività e dell’accesso diretto alla fonte dell’informazione.

Gli amici di Effecinque, non nuovi a sperimentazioni di linguaggi alternativi, hanno realizzato la timeline del processo al fondatore di WikiLeaks adattando alle loro esigenze lo strumento open source reso disponibile da  ProPublica.

Interattiva, ottimamente realizzata, la timeline identifica ciascuna fase del processo fornendo per ogni momento il contenuto chiave in diversi formati [testo, foto, video] ed il link corrispondente per approfondire l’informazione.

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Captain America Vs Bradley Manning, Julian Assange & WikiLeaks

I fumetti principali della Marvel Comics, le diverse serie di supereroi note anche in Italia [l’Uomo Ragno, gli X-Men, Capitan America, i Fantastici Quattro, Iron Man e Hulk] sono sempre stati di sostegno allo status quo statunitense evocando avvenimenti della società contemporanea e suggerendo attitudini al riguardo. Modalità di influenza dell’opinione pubblica, attraverso un genere popolare quale i comics, che hanno ricoperto un ruolo non trascurabile nei momenti di maggior tensione sociale e politica moderna.

In questi giorni l’episodio di prossima pubblicazione nel quale Clark Kent, reporter che veste i panni di Superman,  entra in rotta di collisione con il governo americano, che gli rimprovera di essere apparso a Teheran e di aver sostenuto i rivoltosi, con una chiara allusione alle proteste degli ultimi mesi in Medio Oriente, decidendo di rinunciare alla cittadinanza americana, ha avuto eco internazionale e suscitato la reazione negativa dei mezzi di informazione statunitensi proprio perchè emblema di questi valori.

La rottura con la tradizione viene immediatamente bilanciata dall’ episodio nel quale Capitan America, personaggio nato come elemento di propaganda durante la seconda guerra mondiale per rappresentare gli ideali  del popolo americano, si scaglia con vigore contro Bradley Manning, Julian Assange & WikiLeaks. Nell’ultimo capitolo disponibile in questi giorni non viene lasciato spazio alle allusioni, ai fraintendimenti, e il supereroe americano per eccellenza ne ha per tutti, inclusi Guardian e NYT colpevoli della pubblicazione dei files messi a disposizione dai traditori – così vengono rappresentati – dell’America.

Speriamo che la prossima settimana Batman non riveli che il suo domicilio milanese è l’ultimo avamposto del popolo della libertà, sarebbe davvero troppo.

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WikiLeaks è più Influente del Wall Street Journal

Wikileaks nell’ultimo anno ha avuto un impatto estremamente rilevate sul giornalismo e sui media a livello internazionale.

La dimostrazione dell’influenza dell’organizzazione guidata da Julian Assange sull’informazione è lampante se si considera da un lato la guerra mediatica che si è recentemente scatenata relativamente alla corsa alla pubblicazione dei file su Guantanamo e, dall’altro lato,  dal numero di articoli che il quotidiano più influente al mondo, il New York Times, ha pubblicato nei primi quattro mesi del 2011 utilizzando come fonte WikiLeaks.

Ho voluto approfondire il tema dell’influenza sulle notizie e sui media utilizzando uno dei tool più diffusi: Klout.

Sulla base dei parametri presi in considerazione da Klout, WikiLeaks risulta essere maggiormente influente del Wall Street Journal e dunque di moltissimi altri mezzi d’informazione.

Come segnalato recentemente dal “Time”,  WikiLeaks è candidato a diventare uno strumento per il giornalismo della stessa rilevanza del Freedom of Information Act .

Il coraggio è contagioso!

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Il Provincialismo dei Quotidiani Italiani

Che i files relativi a quanto avveniva a Guantanamo diffusi dai maggiori quotidiani internazionali avessero scatenato una sorta di guerra mediatica è apparso subito evidente.

WikiLeaks è diventata non solo simbolo della libertà di espressione ma anche fonte indispensabile per i giornalisti e per attirare visitatori alle pagine delle edizioni online dei quotidiani. Fabio Chiusi sostiene che sia una guerra che fa bene ai lettori che grazie alla  gara al rialzo hanno beneficiato di una copertura informativa più ampia sul tema.

I quotidiani di tutto il mondo dedicano ampio spazio alla vicenda ed in particolare, ovviamente, i giornali che sono “media partner” di Wikileaks danno grande risalto alla documentazione diffusa anche nell’edizione cartacea. E’ Così per El Pais, Le MondeDaily Telegraph ma non per Repubblica, che pure insieme al settimanale L’Espresso figura tra i mezzi d’informazione accreditati dall’organizzazione guidata da Julian Assange, nè per nessun altro dei giornali italiani.

Il dizionario della lingua italiana definisce il termine provincialismo come: arretratezza culturale, chiusura mentale, conformismo, caratteri che si ritengono propri della provincia. Non trovo personalmente miglior descrizione per definire l’orientamento dei quotidiani della nostra nazione, anche, in questa occasione.

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La Guantanamo dell’Informazione Italiana

L’informazione in tutto il mondo diffonde e commenta i files diffusi relativamente a Guantanamo.

Molti quotidiani, anche Europei, sono riusciti ad uscire con la prima pagina che riporta in grande evidenza la notizia ed il Guardian ha immediatamente realizzato una sezione di aggiornamento continuo sulla vicenda.

In Italia, eccezion fatta per Il Post, regna il silenzio più assoluto dopo più di 10 ore [sono le 10.18 in qs momento].

E’ il segnale lampante dell’arretratezza dell’informazione nel nostro paese. La Guantanamo dell’informazione in Italia.

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Guantanamo Leaks

Ironia della sorte, o beffardo segno del destino, proprio nel giorno della ricorrenza della liberazione nel nostro paese WikiLeaks pubblica 779 files, redatti tra il 2002 ed il 2009, classificati come segreti relativamente a quella che è una delle pagine più buie delle democrazie occidentali: la prigione di Guantanamo.

Al momento, tra i media partners dell’organizzazione guidata da Julian Assange solamente The Washington Post, The McClatchy Company, El Pais. Le MondeThe Telegraph hanno pubblicato estratti e sintesi della documentazione che era stata ricevuta da circa un mese e sulla quale Wikileaks ha tolto l’embargo, il veto di pubblicazione, stanotte dopo aver saputo che altri mezzi di comunicazione erano in possesso della documentazione e stavano per pubblicarla.

Si è così, infatti, venuta a creare una sorta di “leak dei leaks” che ha consentito al New York Times di pubblicare i files, ottenuti da altra fonte, cedendoli a sua volta alla NPR ed al Guardian.

Al di là della copertura mediatica e delle vicende connesse, che sarà certamente interessante approfondire appena possibile, i files, ordinati per numero dei prigionieri [Internment Serial Number], nome o nazionalità, confermano, documentandolo, le malversazioni, l’arbitrarietà, spesso esercitata erroneamente, e gli orrori e gli errori del centro di reclusione nel quale permangono ancora 181 detenuti, costato, sin ora, oltre 500 milioni di dollari al Governo degli USA.

Il NYT, al riguardo, ha pubblicato una timeline interattiva che sintetizza tutti gli avvenimenti all’interno del centro di detenzione ed evidenzia i casi dettagliati degli errori più evidenti dei detenuti che venivano classificati secondo il supposto livello di riscio che presupponevano per la sicurezza degli USA e con le indicazioni di che fare con lui.

Il Governo degli Stati Uniti condanna aspramente la diffusione della documentazione ed al tempo stesso continua a bloccare l’accesso, il contatto, con Bradley Manning, il soldato al centro della vicenda. Ulteriori tentativi di mutilazione della democrazia e della giustizia speriamo destinati a naufragare miseramente.

Come recita il pay off di WikiLeaks, il coraggio è contagioso.

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GlobaLeaks

L’effetto domino scatenato da WikiLeaks non pare avere sosta.

Dalla specializzazione per nazione, come nel caso della Repubblica Ceca e dell’Indonesia, ai mainstream media, con in testa Al Jazeera ed il NYT, passando  per LocalLeaks e RadioLeaks, il panorama si arricchisce continuamente di “cloni” della creatura di Julian Assange.

Poche di queste imitazioni o “spinoff” possono vantare le ambizioni di GlobaLeaks, bittorrent della distribuzione di dati, di informazioni, in forma anonima creato da un gruppo di una dozzina di olandesi ed italiani tra i quali, pare, Fabio Pietrosanti.

Il funzionamento della piattaforma viene spiegato con chiarezza e ricchezza di dettagli nell’anteprima, nella versione beta online, con una grafica di confronto che specifica anche le differenze del progetto rispetto a WikiLeaks e l’architettura informativa di GlobaLeaks.

Da segnalare sul tema, infine, quanto recentemente pubblicato dal Guardian su come il quotidiano britannico ha gestito l’enorme massa di informazioni ricevute dal Wikileaks.

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