Archivi del mese: luglio 2011

Grazie & Addio

Al “thank you and goodbye” dell’ultimo numero del «News of the World» di Murdoch, travolto dallo scandalo delle intercettazioni, ne segue ora uno meno celebre ma non per questo, a mio avviso, meno significativo.

Il «Seattle Post Globe», giornale solo digitale nato dalle ceneri, dalla chiusura, della versione cartacea del «Seattle Post Intelligencer» cessa le pubblicazioni.

Ne dà annuncio Sally Deneen, co-fondatore del quotidiano online, che, dopo aver riassunto il lavoro svolto in questi due anni, in una riga ne riassume le ragioni:

Donations have fallen off. Ads have generated no meaningful revenue — ever.

Se non è opportuno gioire di aver azzeccato la previsione,  è certamente consigliato comprenderne l’insegnamento.

Il futuro dei giornali si fonda sulla convergenza, sulla complementarietà e sulla capacità di dare senso e ruolo a ciascuna versione; la carta rinforza l’online e viceversa, non c’è contrapposizione bensì integrazione.

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Metafora

Infografiche e giornalismo grafico sono due filoni emersi relativamente recentemente che hanno ottenuto un grandissimo successo in breve tempo.

Offrono il vantaggio di sintetizzare una mole importante di informazioni ma rischiano spesso di diventare una distorsione dell’informazione accrescendo il fenomeno della “snack information”, informazione superficiale fruita frettolosamente.

Alberto Cairo spiega egregiamente, fornendo tutti gli elementi per approfondire, questo fenomeno argomentando la differenza tra bellezza, funzionalità e contenuto nell’articolo «Giornalismo Grafico: Forme & Funzioni» pubblicato ieri nel blog, da inserire tra i preferiti, Periodismo con Futuro.

Una questione che la metafora culinaria realizzata da Epic Graphic, per restare in tema, illustra brillantemente.

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Cara Grazia

Il canale edicole rappresenta ancora oggi mediamente l’80% dei ricavi [vendite e pubblicità su carta stampata] del settore nel nostro paese, ciò nonostante l’attenzione degli editori alla relazione con il trade, con i giornalai, è praticamente assente.

Non esistono politiche di canale, vi è una totale carenza di azioni di trade marketing e l’attenzione al punto vendita si limita alla produzione di locandine di dubbio gusto e fattura da esporre non si capisce bene dove.

Uno dei tanti elementi di frizione tra gli edicolanti e gli editori riguarda le azioni di cut price che, decise unilateralmente, contrariamente a quanto avviene in altri canali, vanno ad intaccare i margini dei giornalai come spiegava molto bene nel suo commento Massimo Ciarulli.

In uno dei tanti gruppi di aggregazione spontanea di edicolanti su Facebook è in atto una protesta contro il settimanale Grazia che in occasione del restyling/rilancio verrà veicolato per 4 settimane a 0,50€. La protesta questa volta, invece che contro l’editore come in passato, mira dritta al cuore rivolgendosi agli investitori pubblicitari, attraverso una mail che viene loro inviata, che hanno deciso di pianificare su quella rivista richiamando la loro attenzione sulla decisione di non esporre la rivista, vanificando dunque, almeno in parte, l’effort promozionale e, per traslato, la penetrazione delle campagne pubblicitarie.

c.a. DIREZIONE COMMERCIALE
Certamente sarete a conoscenza che il settimanale GRAZIA Ed. Mondadori per proprie strategie di Marketing verrà distribuito per un intero mese con prezzo speciale a 0,50. Tale prezzo permette all’editore di far conoscere al grande pubblico il proprio prodotto, ma il conseguente guadagno di appena 4cent per ogni giornale venduto, oltre a ledere la dignità di noi GIORNALAI, ci sacrifica materialmente ed economicamente
La vostra AZIENDA in questo giornale ha investito economicamente, con una intera pagina per pubblicizzare il proprio marchio, e nello specifico nel N° 31 01/08/2011; è nostro dovere comunicarvi che NON sarà nostro interesse tenere in evidenza e “ben esposto” il settimanale in oggetto, e certamente la nostra professionalità non verrà sfruttata per incentivare i nostri clienti all’acquisto di questa pubblicazione. Pare evidente alla prova dei fatti che privilegeremo la vendita di “illustrati” con prezzi e aggi che non mortifichino ancor di più la nostra categoria; ciò comporterà un sicuro calo di “lettori effettivi” del settimanale GRAZIA con un conseguente calo di visibilità della vostra pubblicità.
Certamente il vostro ufficio marketing potrà utilizzare i mezzi adatti per confrontare a fine campagna le statistiche di vendita del Settimanale GRAZIA, sia con la linea di “previsione”, sia quella di vendita “accertata”, e potrà certificare se l’investimento in pubblicità risulterà positivo o deficitario
Distinti saluti

Il rilancio di un prodotto, di qualsiasi prodotto, è sempre un’operazione costosa e difficile, non mi risulta che si possa ipotizzare di avere successo senza coinvolgere il trade in tali operazioni.

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Gamification Diffusa

Chi visita con regolarità questa zona temporaneamente autonoma sa quanta attenzione ed interesse sia stato dedicato nel tempo all’utilizzo dei giochi e delle sue meccaniche come mezzo di comunicazione e coinvolgimento delle persone.

Si tratta di una modalità che viene raccolta nel suo insieme dal termine gamification, la cui miglior definizione, a mio avviso, è offerta da Gabe Zicherman:

“Gamification is the process of using game thinking and mechanics to engage an audience and solve problems” – Gabe Zicherman

Nasce in questi giorni «Gamify», piattaforma che si propone come servizio chiavi in mano per editori.

Pur non essendo ancora disponibile le caratteristiche dell’offerta sembrano di assoluto interesse grazie, tra l’altro, alla possibilità di avere analisi e feedback in tempo reale e di offrire meccanismi di ricompensa estremamente variegati in funzione dei singoli obiettivi specifici.

Dopo Bunchball e Badgeville un passo ulteriore verso una gamification diffusa si va realizzando, si tratta ora di comprenderne correttamente la natura e coglierne le opportunità offerte.

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Il Quoziente di Efficienza Digitale delle Riviste

L2 Think Tank ha rilasciato i risultati di una ricerca tesa a misurare il quoziente di efficienza digitale delle riviste.

I principali periodici internazionali sono stati valutati sulla base dell’efficacia del sito web, azioni di marketing digitale effettuate a sostegno, qualità della presenza nei social media e compatibilità con smartphones e tablet per la fruizione dei contenuti in mobilità.

Secondo la classifica stilata in base all’analisi la rivista Time è la migliore in assoluto.

Non pare emergere una correlazione diretta tra “QI digitale” e ricavi pubblicitari unitari per pagina per le 87  riviste prese in considerazione, seppure si evidenzi una tendenza a migliori revenues da parte delle pubblicazioni che hanno ottenuto un miglior punteggio, anche se bisogna tenere presente che i ricavi potrebbero essere influenzati da altri elementi che la ricerca non considera.

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Fattori di Trasformazione del Business & Chiavi di Successo

Ross Dawson riassume in un’unica chart i fattori di trasformazione del business e gli elementi chiave di successo nel contesto di riferimento attuale, evidenziando gli aspetti legati alle tecnologie, alla socialità ed alla responsabilità sociale delle imprese e le diverse aree da considerare all’interno del macroscenario quali l’accresciuto potere dei consumatori e la diversa intesità competitiva rispetto al passato.

Tutti i fattori chiave di successo identificati sono «immateriali», evidenziando quindi aspetti di qualità dell’impresa legati a variabili comunemente definite «soft».

Il futuro delle «imprese 2.0» è già scritto da tempo, si tratta ora, o mai più, di implementare il cambiamento.

- Clicca per Ingrandire -

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Congetture

La strage in Norvegia è un caso da manuale di cattiva copertura giornalistica di un evento.

Se la rincorsa a dare l’informazione per primi ha generato distorsioni più o meno volontarie, anche i commenti, le chiavi di lettura dei tragici fatti non hanno mancato di sorprendere aggiungendo ulteriore disgusto ad un evento che era già di per se stesso ripugnante.

Da leggere al riguardo l’articolo pubblicato sul Guardian che parla proprio di «fact-free conjecture» [congetture non fondate su fatti] riferendosi al trattamento informativo complessivamente dato alla notizia in questione.

A completare il desolante panorama di congetture e disinformazione ci ha pensato un servizio del TG1 che traccia parallelismi tanto azzardati quanto infondati tra la strage ed i videogiochi chiudendo così, ci si augura, la lista delle cose da non fare in questi casi.

Nel centenario della sua nascita torna di attualità quanto affermava Marshall McLuhan in The Mechanical Bride nel 1951 che spiegava come “quello di cui c’è bisogno non è attaccare la lampante imbecillità, ma spiegare ciò che la sostiene”.

Risulta evidente come il giornalismo delle congetture pour cause abbia fallito anche alla luce di quanto scritto dal sociologo canadese.

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Il Marketing Spiegato [d]a Riffeser Monti

Spiega il dizionario etimologico che il termine ossesso deriva dal latino obessessus participio passato del verbo obsidere [composto da Ob – intorno – e Sedeo – mi poso, seggo, dimoro] da cui il significato comunemente attribuito di importunare con assiduità ma anche tormentare con illusioni.

Andrea Riffeser Monti, editore del gruppo Poligrafici [Qn, La Nazione, Il Giorno, Il Resto del Carlino], pare ossessionato  dai giornali nei bar. Si tratta di un argomento che nelle sue dichiarazioni ritorna periodicamente come, appunto, un’ ossessione.

Anche nell’intervista rilasciata venerdì 22 ad «Italia Oggi» ritorna sull’idea di far pagare una sorta di tassa ai baristi che fanno leggere gratuitamente i giornali nei loro locali.

D. Nei bar i giornali si trovano, e si leggono gratis…R. Anche questo deve finire. Un po’ come è successo con Sky: se fai vedere la partite al bar, devi pagare una tariffa diversa. La stessa cosa deve accadere coi giornali: non esiste che un barista compra una copia di un quotidiano a 1,20 euro, e la fa leggere a 300 persone. Noi siamo arrabbiati, gli edicolanti sono infuriati. La legge a tutela del copyright deve essere applicata, senza eccezioni. Se un barista vuole usare il quotidiano come leva di marketing, deve pagare di più, magari in base al numero di avventori del suo esercizio.

Vale la pena di ricordare che la stampa misura la readership di ciascuna testata al fine di determinare valore, tariffe e costo contatto degli annunci che le aziende pianificano anche per le pubblicazioni delle quali è editore, e che la penalizzazione ripetutamente auspicata da Riffeser Monti comporterebbe inevitabilmente una riduzione dei lettori e dunque, anche, dei ricavi per i quotidiani del suo gruppo editoriale.

Poichè la specificazione non è mai ovvia, sono certo che questo minimo promemoria sulle basi del marketing e della comunicazione pubblicitaria tradizionale possa essere di ausilio per tornare a parlare con cognizione di causa del futuro delle edicole.

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CEO & Editor

Jack Dorsey, fondatore e CEO di Twitter, spiega che il suo lavoro è molto simile a quello di un editor.

Un must stamparne una copia ed appenderla in ufficio.

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Il Contenuto di un Medium è Sempre un Altro Medium

In cinque minuti tutte le home page del New York Times dal settembre 2010 a giugno 2011.

L’home page di un quotidiano, al pari della prima pagina della versione tradizionale, trasmette quello che secondo l’editore sono le notizie più rilevanti del giorno. In un anno caratterizzato da eventi dirompenti quali, per citare quelli di portata internazionale, la primavera araba e lo tsunami giapponese è interessante verificare l’importanza e la permanenza attribuita a ciascuna notizia.

Diceva Marshall McLuhan in «Understanding Media» nel 1964 che il contenuto di un medium è sempre un altro medium. Il video ne è l’esatta rappresentazione.

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