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Quando la Notizia è un Videogioco

I newsgame e gli editorial game sono videogiochi interattivi che associano la trasmissione di notizie e informazioni a un format che consente di coinvolgere gli utenti in un modo più attivo rispetto alle tecniche classiche finora utilizzate. Il gioco soddisfa infatti motivazioni sociali, coinvolge, crea un senso di comunità, spinge alla condivisione dei contenuti e può aumentare, ad esempio, il tempo trascorso sul sito di un quotidiano online, al pari di altri formati multimediali di diffusione delle notizie.

Ne parlo nella mia rubrica per l’European Journalism Observatory esaminando casistiche concrete ed analizzando lo svluppo nel corso del tempo ed il perchè della scarsa diffusione di questo format nonostante i molteplici vantaggi offerti.

Buona lettura.

Newsgames Chicago Tribune

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Il Grande Brusio della FIEG

Titolo “forte” stamattina, non perchè, ci tengo a specificarlo, ce l’abbia con qualcuno, non avendone fondamentalmente motivo da alcun punto di vista, ma perchè credo sia opportuno fare chiarezza, distinguere i fatti dalle, pur legittime per definizione, opinioni.

Se, a vario titolo, come il sottoscritto, vi interessate ai media ed all’informazione italiana, saprete certamente che ieri a Roma è stato presentato lo studio annuale “La Stampa in Italia” [ 2010-2012], curato dalla Federazione Italiana Editori Giornali.

La notizia, sulla quale si sono concentrate praticamente tutte le fonti di informazione, è il calo di vendite del 22% negli ultimi cinque anni, pari ad un milione di copie in meno vendute, e, per la prima volta, calo della readership emerso dalle ultime rilevazioni Audipress pubblicate a fine maggio. Al riguardo, a titolo di curiosità, si segnala lo strafalcione di Reuters che confonde calo delle copie con calo del lettorato e, presa dall’ansia prestazionale di “battere” il prima possibile la notizia, titola “Giornali, in 5 anni perso un lettore su 5, un milione di copie”.

Lo studio, anche se per chi segue quotidianamente questi aspetti non contiene fondamentalmente nulla di nuovo, anzi in alcuni casi contiene informazioni datate pur essendo disponibili dati più aggiornati, vale comunque la lettura. Al suo interno, in particolare, vi sono almeno due aspetti che vale la pena di sottolineare, di evidenziare.

1. COSTI

L’azione di contenimento dei costi non è efficace da diversi punti di vista. I ricavi editoriali nel 2012 diminuiscono del 9%, a fronte dei quali il complesso dei costi operativi calano per poco più della metà [-5,0%]. La FIEG punta il dito su inversione di tendenza del costo del lavoro, aumentato del 1.1%, e, soprattutto, su aumento delle materie prime, la carta.

Per quanto riguarda l’incidenza del costo del lavoro, le stime del 2012 pubblicate all’interno del rapporto, sono di un peso del 35.1% contro il 27.2 del periodo “pre-crisi” [2007]. Nello stesso arco temporale la popolazione poligrafica, i poligrafici occupati, calano del 27.6% passando da 6.995 unità a 5.065, e quella giornalistica, i giornalisti e pubblicisti occupati, calano del 10.9% passando da 11.117 unità a 9.908. Nonostante dunque i tagli occupazionali, come sempre avviene per i costi fissi, l’incidenza cresce poichè diminuiscono i ricavi come dimostra il crollo del MOL [Margine Operativo Lordo] che registra un -85% nel 2012 rispetto al 2011.

Il rapporto fornisce il dettaglio delle vendite, e delle rese. Per quanto riguarda i quotidiani l’incidenza dei resi nel 2012 è stata del 42%. Per i Periodici, per i quali il canale edicole pesa il 79% delle vendite [3^ nazione tra le 15 prese in considerazione], i settimanali nel 2012 hanno un’incidenza delle rese sul venduto del 35.4% ed i mensili  schizzano addirittura oltre il 50% [52.5%].

LA soluzione, di cui ho sottolineato l’importanza così tante volte da averne a noia, è tanto semplice quanto sinora inapplicata, si chiama informatizzazione delle edicole.

L’informatizzazione delle edicole consentirebbe all’editore di conoscere in tempo reale il venduto per ciascun punto vendita garantendo ottimizzazione del costo delle rese, l’attenuazione [o scomparsa] delle “micro rotture di stock” che paradossalmente caratterizzano le pubblicazioni alto vendenti, efficientando nel complesso il sistema e consentendo un saving che stimo possa avere percentualmente un’incidenza a doppia cifra. Saving che, come insegna il manualetto della casalinga di Voghera, andrebbe immediatamente ad impattare sull’ultima riga del conto economico: quella dei ricavi.

Sul tema, Giulio Anselmi, Presidente della Fieg, nella sua relazione, dopo aver sottolineato che “la carta stampata, che resta il core business ben conosciuto e sperimentato, e tuttora produce oltre il 90 % dei ricavi”, non spende una parola al riguardo ed anche nella “lettera aperta al Governo e proposte di intervento” l’unico riferimento è agli sgravi fiscali concessi dall’allora Sottosegretario Paolo Peluffo per il 2012; dimenticando evidentemente che ora siamo a giugno 2013.  Al riguardo non posso che consigliare  la lettura del mio  libro: “L’edicola del futuro, il futuro delle edicole. Ovvero che fine farà la carta stampata” che contiene un ampio capitolo dedicato all’informatizzazione delle edicole ed ai benefici, anche, per gli editori.

Insomma, emerge fondamentalmente che le azioni di contenimento dei costi non vengono fatte efficientemente e che, a prescindere dalla necessaria gestione da “buon padre di famiglia”, è sui ricavi che bisogna agire.

FIEG MOL

 2. ONLINE/DIGITALE

I ricavi da editoria online delle imprese editrici di quotidiani sono l’1.4% del totale, mentre nei gruppi di maggiori dimensioni la loro incidenza sul fatturato complessivo ha superato la soglia del 5.5%. Siamo ancora davvero agli inizi, e si vede.

Infatti, se pochi giorni fa avevano suscitato scalpore una parte delle dichiarazioni rese dal neo Sottosegretario Giovanni Legnini in una sua intervista a «Il Corriere della Sera» , quelle contenute  nel rapporto e riprese nell’intervento di Anselmi sono, a mio avviso, di gran lunga più preoccupanti oltre che contraddittorie

Nel rapporto infatti si legge, nell’introduzione, che: “Oggi il giornalismo è un gigantesco ping pong di notizie, rimbalzate sulla rete da infinite racchette, agitate da milioni di giocatori, professionisti e no. Le testate giornalistiche faticano a incassare i benefici delle pur pregevoli prestazioni professionali dei loro redattori perché il sistema dell’informazione a rete, facendo circolare freneticamente notizie, servizi e reportage, indipendentemente da chi li ha prodotti, ne riduce la valorizzazione sul mercato”. Proseguendo “Ci sono segnali incoraggianti: come l’accorrere dei navigatori ai siti delle testate tradizionali, percepiti come brand che validano e garantiscono l’intervento, nel grande brusio della rete”.

Concetto, appunto, ripreso nella relazione del Presidente della Fieg che spiega: “È assai positivo l’accorrere dei navigatori ai siti delle testate tradizionali, percepiti come brand che validano e garantiscono l’intervento, nel grande brusio della rete”.

Affermazioni che, a prescindere da tutte le considerazioni alle quali si prestano rispetto ad una manifesta non conoscenza dell’online, non sono vere. Come mostra il grafico di sintesi sottostante infatti, gli utenti unici nel giorno medio intercettati dai quotidiani online registrano una crescita che è meno della metà rispetto a quella del numero di persone che accedono alla Rete. Non pare assolutamente che “accorrano”, direi. Anzi, per la precisione, il rapporto tra totale utenti unici nel giorno medio e quelli che visitano i siti web dei quotidiani passa dal 46.5% del 2011 al 43.9% nel 2012.

Il grande brusio della Fieg.

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Tempi Duri per le Auto Elettriche

E’ stato presentato al congresso mondiale dei quotidiani a Bangkok l’ultimo World Press Trend, il rapporto annuale della World Association of Newspapers and News Publishers. I dati sono disponibili tramite abbonamento al database interattivo dell’ associazione ma ampie sintesi sono state diffuse sugli aspetti principali. Per quanto riguarda il nostro Paese ne hanno parlato ieri con proprietà e buon dettaglio sia Marco Bardazzi su «La Stampa» che LSDI.

WorldPressTrends-Newspaper-Circs-Ad-Revenues-in2012-June2013

Per i dettagli, al di là del grafico di sintesi sopra riportato, vi rimando alle fonti precitate, ma quello che emerge, oltre ad aspetti e trend più che noti, è che ci sono 2,5 miliardi di persone che leggono un quotidiano su carta e circa 600 milioni che invece accedono all’informazione online, ai siti web dei giornali. Siti web che sono ancora una piccola parte del consumo totale di internet, rappresentando solo il 7% delle visite, solo l’ 1,3% del tempo speso, e solo lo 0,9% del totale delle pagine viste.

Aspetto sul quale, giustamente, si concentra l’attenzione di Vincent Peyrègne, CEO di WAN-IFRA, che spiega: “The news industry’s future is about how citizens engage and participate in their society”. La sfida è dunque sul coinvolgimento, inevitabilmente sulla fiducia, e, di riflesso, sul tempo speso dalle persone nella fruizione di informazione che, come mostrano i dati è assolutamente marginale rispetto al totale del tempo speso online.

Si tratta di un tema al quale ho dedicato, spero di poter dire, la dovuta attenzione per tutto il mese di maggio concentrandomi, a partire da dati ed evidenze diverse, sul  valore del tempo che le persone on line dedicano  alle diverse attività, con particolare riferimento al fatto di come questo possa essere un’indicatore quantitativo di parametri qualitativi che [di]mostrano il coinvolgimento degli utenti e dunque metrica di riferimento per sorpassare l’oblio delle pagine viste e tutto ciò che ne consegue, come dimostrano, anche, se necessario, gli ultimi dati Audiweb.

Argomento che Alberto Annicchiarico, online news desk al «Il Sole 24 Ore», rilancia su Twitter. 

La mia risposta non cambia. Come ho avuto modo di sottolineare a più riprese, in tal senso, a mio avviso, le leve su cui operare sono fondamentalmente due.

Creazione, ed alimentazione, di comunità d’interesse all’interno del sito del giornale ed implementazione di tecniche riconducibili alla gamification, che può essere elemento di grande ausilio poichè l’applicazione all’informazione consente di approfondire l’esperienza del lettore, delle persone, crea coinvolgimento e partecipazione, migliorando complessivamente di riflesso le performance di business aziendali.

Gamification not hype

Sotto il profilo industriale, come segnala Giuseppe Granieri, è intervenuto, sempre ieri, Mathew Ingram che traccia un parallelismo tra l'[ex] industria dell’informazione e quella automobilistica, per poi chiedersi chi sia l’attore più innovativo, il cui impatto sia stato maggiormente dirompente, tra i media, tra le testata online, arrivando a concludere che se prima lo era Huffington Post ora il trono, il primato, spetta a Buzzfeed.

Parallelismo che ho avuto modo di tracciare  da tempo dichiarando che “Il Futuro è Ibrido”, mutuando l’idea, il concetto, da quello automobilistico di veicoli a propulsione ibrida, dunque con due sistemi di spinta complementari e che ho esteso ed approfondito nel mio  libro: “L’edicola del futuro, il futuro delle edicole. Ovvero che fine farà la carta stampata” per quanto riguarda l’attuale sistema distributivo della filiera editoriale, riprendendo ed ampliando quanto era emerso dal confronto con Vittorio Pasteris già agli inizi del 2010.

Per concludere il parallelismo vale la pena di pensare alle auto elettriche, promessa e prospettiva dell’industria automobilistica, altro comparto industriale tradizionale in grandissima difficoltà che per tipologia di anzianità di concezione di produttore e caratteristiche della distribuzione presenta molte similitudini con quello editoriale tradizionale e le cui vendite, come appunto quelle dei giornali, sono come il sole: crescono ad est e tramontano, calano, ad ovest. Un segmento che a detta di molti esperti del settore dovrebbe rappresentare il futuro dell’automotive e che sin ora ha assolutamente deluso le attese di vendite e ricavi da parte dei maggior produttori, così come avvenuto altrettanto prevalentemente, sino a questo momento, per lo sviluppo online/digitale dell’industria dell’informazione.

Insomma le auto elettriche e l’online publishing, il digitale, sono il futuro ma non si è ancora capito come e per chi. Forse perchè si continua a pensare a come generare ricavi invece di pensare a come soddisfare i bisogni delle persone.

“When you design the business around the experience, [instead of the experience around the business] you create a more powerful and relatable offer” afferma Colin Raney, membro, tra l’altro, dell’ Advisory Board del MIT Media Lab. Al di là delle singole specificità, e delle relative soluzioni ad hoc, credo davvero che non possa che essere questo il punto focale della [ri]partenza.

Daily Newspaper Circulation

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Il Tirreno Aumentato

L’edizione di oggi di «Il Tirreno», quotidiano locale del gruppo editoriale Espresso-Repubblica, è interattiva.

Grazie ad un applicazione di realtà aumentata tutta italiana, puntando il proprio smartphone o tablet [sia android che iOS] dopo pochi istanti partirà il video di una canzone di Rondelli, quindi da un menu potranno essere scelti altri contenuti multimediali: foto, video oltre che collegamenti al sito del giornale e alla pagina Facebook della testata.

Che il futuro sia ibrido, che i codici QR e la realtà aumentata siano una parte del futuro, dell’evoluzione del prodotto cartaceo così come l’abbiamo conosciuto sin ora, e che queste tecnologie possano essere sfruttate sia per quanto riguarda la comunicazione pubblicitaria, restituendo appeal alla carta per gli investitori, che per i contenuti giornalisti, integrando i contenuti e rendendo l’esperienza di lettura più interessante è una tesi che sostengo da tempo e che fa parte delle conclusioni del mio libro.

Finalmente qualcosa si muove anche in Italia.

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Diffusione ed Utilizzo di Codici QR

A fine 2015 RCS Mediagroup si attende di generare il 21% dei propri ricavi dal digitale, di riflesso questo significa che il cartaceo anche nel medio periodo continuerà a pesare ben oltre i due terzi del totale.

Con dati in picchiata della raccolta pubblicitaria anche nel primo trimestre di quest’anno e vendite dei giornali il cui calo non è certamente compensato dalle copie digitali resta il problema di come affrontare il processo di convergenza e di come tenere i ricavi della carta.

Se in generale il mio libro “L’edicola del futuro, il futuro delle edicole. Ovvero che fine farà la carta stampata” tratta a tutto campo l’argomento chi frequenta questa TAZ con assiduità sa quanto volte è stato affrontato l’argomento dell’utilizzo dei QR codes e della realtà aumentata come elemento di svecchiamento, di rinnovamento del prodotto cartaceo, sia in chiave pubblicitaria che in termini di miglioramento dei contenuti più strettamente giornalistici e, di riflesso, di recupero contributivo.

I codici QR sono la tecnologia più conosciuta tra le diverse soluzioni che offrono interattività ma molti nutrono dubbi sul loro effettivo utilizzo. A fornire i dati sulle dimensioni di quale sia l’uso di questa tecnologia arrivano ora due ricerche.

La prima, di ScanLife, il leader globale nella fornitura di soluzioni di connessione mobile cloud-based che portano  vita ai prodotti ed  alle informazioni, I dati, riassunti nell’infografica sottostante, si riferiscono ai primi tre mesi di quest’anno e mostrano la crescita costante con oltre 18 milioni di scansioni in solo nel primo trimestre del 2013, e con un picco nel solo mese di marzo con 6,7 milioni di scansioni nel mondo.

ScanLife_TrendReport_Q1.2013

La seconda, di Forrrester, mostra l’utilizzo nell’ultimo mese offrendo il dettaglio di USA e della UE7, Italia compresa, con valori che si assestano intorno ad una media del 6% di coloro che posseggono uno smartphone  [oltre il 55% di coloro che hanno un telefonino nel nostro Paese]. Media che In Italia si assesterebbe oltre il 10%,

Come conclude l’analista della nota società di ricerche di mercato: “Nonostante la loro diffusione ancora limitata oggi, i codici a barre QR/2D hanno un grande futuro davanti a loro”, proseguendo “”L’integrazione di smartphone con la scansione di codici a barre 2D integrati come funzionalità di base della fotocamera [….] aiuterà a scalare le opportunità offerte dai codici a barre nei prossimi due o tre anni”.

Agli editori ancora una volta la scelta di perseguire, o meno, questa opportunità.

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Riproduzione e Simulazione nei Giochi d’Apprendimento

La nostra condizione digitale [per riprendere il titolo dell’ultimo libro di J.F.Fogel e B. Patino, 2013] ci consente di aumentare le opportunità di accesso al mondo virtuale, quello dell’esistenza comunicativa obbligata.

In questo ambiente costruito altri hanno scelto per noi, come in ogni mercato, di offrirci l’assortimento dei modi e dei media che ci tocca di usare per realizzare l’interazione a distanza, allargando la divisione dell’io tra comportamento online e offline.

Il linguaggio della tecnologia, appena riproposto in sintesi campionaria dall’opera dei due autori citati, già esprime da che parte debba stare il meglio, quando non il giusto, stando ai decisori. Perciò godiamo di un’abbondanza di gadget elettronici, di utilizzo sempre più semplice, portatori di contenuti di ogni tipo, provenienti da qualunque fonte, con testi, immagini, suoni, eccetera, che non servono solo a sapere, lavorare, divertirci, stare occupati, ma forse soprattutto ad omologarci, facendo amici che approvano come ci presentiamo e concordano più o meno con soddisfazione su quello che diciamo.

La viralità sociale costituisce, come è noto, la dinamica di Internet, la cui essenza, spiegano sempre gli autori già citati, “non è tanto produrre contenuti quanto condurre gli amici o l’audience verso gli stessi contenuti in risposta a un messaggio”.

Lo sviluppo dei media ICT intanto favorisce la fusione fra reale e virtuale e differenzia gli internauti per utilizzo delle potenzialità mediali a nostra disposizione, in base alla competenza tecnica e alla perizia espressiva. Il “Vir bonus dicendi peritus”, secondo l’allocuzione attribuita a Catone, mal si adatta alla posizione di “Homo numericus”, sedentario e commentatore occasionale delle narrazioni e rappresentazioni altrui. Con delusione del contesto di riferimento, che si aspetta almeno un po’ d’iniziativa dal possessore del focal point da noi occupato.

Favorite dagli schemi matematici di strutturazione del reale in rete, abbondano la riproduzione, la ripetizione, la contraffazione e toccano perfino i media sociali, che inclinano a diventare sistemi gerarchici di connessioni secondarie con “fratelli”, “amici” e “seguaci”, portatori di gradimento e diffusori dei contenuti apprezzati.

La poliarchia di Internet si riconfigura così a struttura piramidale, dipendente da una fonte d’informazione primaria, con raccolta e rinvio secondari agli altri livelli di “comunicazione”.

Il modello dei vecchi gruppi di ascolto televisivo ora rispunta nei fatti e si avvale di pc, tablet, smartphone, singolarmente e insieme, per riproporre il modello analogico, nell’illusione di conservare intatta la stessa natura dell’informazione inviata. Ma è un obiettivo fallace, che ignora l’olismo della comunicazione e la necessità di considerarla nella completezza di contenuti verbali, espressioni comportamentali, contesti in atto, relazioni interpersonali e sociali, tutti fattori questi della significazione, che può essere falsata dalla semplice somma delle parti interrelate d’informazione, diffusa attraverso altri media, come costituenti del messaggio.

Avviene così che anche nei videogame più immersivi e multiplayer i fattori della significazione, algoritmicamente disposti, non lo siano in funzione di più scelte possibili, ma dei risultati di successo stabiliti da chi ha concepito mostri, battaglie, terremoti e rivolgimenti d’ogni sorta.

In numerosi casi la tentazione analogica è giustificata con il realismo dell’azione e il legame al reale o addirittura l’approfondimento con altri mezzi, al seguito di serie televisive “full on demand”.

Nei progetti “transmedia”, tipo quello più vecchio della catena svedese SVT, risalente al 2007, un sequel di cinque episodi è stato integrato da un videogame multiplayer su Internet e da un gioco su pista, nel mondo reale. Il tema della narrazione, delle interazioni e delle altre attività ha fatto perno intorno alla ricerca di una ragazza misteriosamente scomparsa, sollevata da un blogger. “Sanningen om Marika”, dice infatti il titolo. I telespettatori sono stati invitati a prendere foto nelle strade delle città in cui abitavano e a inviare con i messaggini degli indizi per scoprire la verità.

Nella più recente realizzazione del gruppo americano NBC Universal ciò che viene mostrato su SyFy, nei dodici episodi di una serie televisiva, influenza ed è influenzato dall’andamento di un videogame “Defiance”, un guerre stellari, girato tra Saint Louis e San Francisco e diffuso contemporaneamente dallo studio Trion World su Internet. Il gioco è accessibile con pc, smartphone, console, tablet e semplice telefonino. I giocatori possono apparire sugli schermi televisivi a seconda del peso avuto nello svolgimento degli episodi.

Nonostante una spettacolarità da 140 milioni di dollari, cinque anni di lavorazione e un’équipe di sviluppatori arrivata a 150 persone, il “progetto rivoluzionario”, così definito dallo sceneggiatore del gioco, Trick Dempsey, che in una dichiarazione a «Le Figaro» del 4 aprile, ha parlato di “un gioco al tirassegno, di massa, di scontro individuale o d’alleanza su Internet ma che può proseguire con o senza le connessioni individuali”: più che ripetizione un adeguamento ai ruoli e alle regole di comportamento stabilite.

Meglio allora per un apprendimento attivo, basato sullo sviluppo della conoscenza e competenza, oltre all’intervento di un moderatore in vivo, una pratica di simulazione, che sostenga autonomia di giudizio, individuazione delle scelte opportune, flessibilità di comportamento, riconoscimento di risultati e sinergia in comune.

In Italia giochi di simulazione “mass communication game” per l’integrazione attiva di operatori e clienti aziendali sono stati concepiti e attuati dal sottoscritto fin dal 1996 per imprese di dimensione nazionale ed internazionale, sviluppando nei partecipanti capacità di confrontarsi, di formulare ipotesi e inferenze, di stabilire relazioni logiche, di effettuare previsioni e verifiche, di realizzare organizzazione e inserimento in reti di comportamento, di saper fare, basate sulla comprensione e l’acquisizione di conoscenza comune.

Tra gli effetti derivati c’è stata anche la costruzione sociale della realtà tecnologica, di raccolta, trattamento e analisi dell’informazione necessaria alla comunità di riferimento per la fluidità dei processi organizzativi.

Ai giochi hanno partecipato contemporaneamente fino a 300 persone, con funzioni e responsabilità diverse, riunite in piccoli gruppi di lavoro, interessate a diagnosticare e a tracciare piani di azione per affrontare temi e problemi comuni.

Il percorso di apprendimento dei giochi si sviluppa mediamente in una mezza giornata, costituendo un’organizzazione per gruppi, interattiva e aperta, che valorizza le competenze dei giocatori e nelle diverse prove in sequenza raggiunge efficienza, reattività e soddisfazione interna ed esterna, tenendo conto della realtà e delle prospettive aziendali.

I mass communication game possono essere computerizzati per supportare le prese di decisioni e le operazioni di calcolo e confronto tra individui, gruppi e partecipanti in generale o avvalersi di un purposive videogame su misura.

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Conoscenza delle Tecnologie Interattive

CBS Outdoor, società internazionale attiva nella pubblicità esterna con sedi in 13 nazioni ha diffuso i risultati della seconda edizione di “Interactive Europe” indagine paneuropea effettuata per proprio conto da Kantar Media per monitorare i comportamenti interattivi delle persone.

L’indagine è stata condotta con oltre 5mila interviste nelle sei principali nazioni europee Italia inclusa. I risultati, pur essendo specificatamente riferiti all’advertising outdoor, leggendo le domande, sono a mio avviso riferibili più in generale a conoscenza ed utilizzo delle tecnologie interattive al di là del mezzo specifico.

I QR code sono la tecnologia più conosciuta con il 54% dei rispondenti che ne ha sentito parlare [era il 40% nel 2012] e l’utilizzo è intorno al 19%. La conoscenza della realtà aumentata resta invece stabile al 14% con un tasso di utilizzo del 4.2%.

Il grafico di sintesi sottostante riassume il livello di conoscenza in ambito pubblicitario per ciascuna tecnologia interattiva [nero 2012, viola 2013].

Conoscenza Tecnologie Interattive

I QR code sono dunque una applicazione interattiva della tecnologia che gode già attualmente di una buona base anche nell’utilizzo della stessa e perciò può esserne ulteriormente ampliato l’impiego sia in ambito pubblicitario che giornalistico fornendo in entrambi i casi contenuti multimediali aggiuntivi.

Si nota come all’aumentare della complessità di fruizione diminuisca conoscenza ed utilizzo. Chiara indicazione della necessità di trovare soluzioni facilitanti rispetto a quelle attualmente offerte per ampliare la base.

A questo si aggiunga che il processo di integrazione tra “old” e “new” media viene condotto molto spesso in maniera che possiamo definire eufemisticamente approssimativa. Lo spiega molto bene con la vignetta sottostante, ed il relativo commento alla stessa, Tom Fishburne.

Le opportunità abilitate dalle tecnologie interattive sono concrete ma innovazione è semplificare la vita delle persone, NON complicarla.

Traditional ADV Goes Digital

 

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Nuovi Lettori

Tra gli argomenti di chi prevede un’inevitabile scomparsa della carta vi è il disinteresse delle nuove generazioni, dei “digital natives” verso i quotidiani stampati.

Una ricerca di Experian sui “millenials”, coloro nati tra il 1982 ed il 2002, condotta questo mese, mostra come tra i media utilizzati negli ultimi 7 giorni i giornali abbiano ancora un ruolo di rilievo nella dieta mediatica delle nuove generazioni, smentendo almeno in parte questo luogo comune.

Experian-Early-Adopt-Millennials-Media-Usage-Mar2013

Al di là dei dati della ricerca la domanda da porsi è cosa sia stato fatto e cosa sia possibile fare per attrarre nuovi lettori, per attirare i giovani.

Già il mese scorso aveva avuto eco la notizia che un giornale giapponese, «The Tokyo Shimbun», uno dei principali quotidiani del Paese, aveva utilizzato un’applicazione di realtà aumentata per favorire la lettura del giornale da parte dei bambini.

Ieri «The Times», che aveva sperimentato applicazioni di realtà aumentata in una logica commerciale verso fine 2012, ha pubblicato un video educativo per spiegare ai bambini come funziona il bilancio dello Stato. Il video era visibile leggendo con smartphone e tablet o un qr code o con Aurasma, una delle applicazioni di realtà aumentata più diffuse.

Come ha dichiarato il direttore marketing del quotidiano inglese, “un ottimo esempio di come utilizzare una tecnologia innovativa per incoraggiare i lettori più giovani ad interagire, a fruire dei giornali”.

Sul tema, sulle opportunità che qr codes e applicazioni di realtà aumentata posso offrire a quotidiani e periodici, oltre alle slide del mio intervento al convegno dell’ANES, Associazione Nazionale Editoria Periodica Specializzata, di fine ottobre, da leggere il white paper: “Augmented Reality and the Future of Printing and Publishing” che offre una buona panoramica dei vantaggi sia sotto il profilo commerciale che giornalistico.

Il futuro è ibrido. Insisto.

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The State of the News Media 2013

E’ stato pubblicato ieri “State of the News Media 2013” rapporto annuale realizzato da PEW Research Center’s Project for Excellence in Journalism sullo stato dei media, dalla televisione alla stampa passando ovviamente per il web e social media, negli Stati Uniti, giunto alla sua decima edizione.

L’edizione di quest’anno si basa in parte su 2009 interviste telefoniche ad adulti over 18, con affidabilità del campione che può avere oscillazioni dell 2,5%  in funzione della numerosità che inficia sul valore statistico, e in parte sull’aggregazione dei dati e delle evidenze di ricerche svolte nel corso del 2012 da PEW stessa e da altri istituti di ricerca e fonti diverse.

La ricerca è davvero estremamente ampia e, per coloro che sono interessati a queste tematiche, è un must la lettura completa delle diverse aree, dei diversi media che lo studio analizza. Per sintesi e focalizzazione ho concentrato la mia analisi alla parte relativa ai quotidiani, alla stampa ed al digitale.

In larga parte si confermano fondamentalmente fatti già ampiamente noti ed evidenze già emerse da altre ricerche sul tema.

La ricerca nel complesso evidenzia come l’approccio prevalente alla quantità rispetto alla qualità dell’informazione sia perdente. Il taglio dei costi, lo snellimento delle redazioni implicano una complessiva riduzione della qualità dell’informazione e le persone lo percepiscono. Il 65% del campione afferma di aver abbandonato una o più fonti d’informazione perchè non più funzionale ai propri bisogni. Nel 48% dei casi le persone affermano di percepire una minor completezza informativa rispetto al passato.

Ancora una volta il passaparola da familiari e conoscenti, amici, è il veicolo d’informazione più rilevante, il modo attraverso il quale le persone ricevono informazioni [e notizie]. I social media sono la seconda fonte attraverso la quale le persone acquisiscono informazioni. Informazioni che poi nel 77% dei casi vengono approfondite spesso o abbastanza spesso.

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Social media il cui ruolo è in costante espansione con il 19% degli americani che afferma di aver visto una notizia o il titolo di una notizia il giorno prima attraverso di questi [era il 9% nel 2010]. Twitter seppure abbia una minor penetrazione rispetto a Facebook si conferma essere la fonte alla quale le persone attingono per le “breaking news”.

Social media e crescente utilizzo della Rete in mobilità accrescono la pressione sulle fonti d’informazione e moltiplicano le sfide da affrontare in quest’ambito.

Se da un lato il numero di persone che acquisiscono informazioni online e dal digitale è in costante crescita ed è ormai la seconda fonte d’informazione dopo la televisione, dall’altro lato resta il ben noto problema dei ricavi in un mercato fortemente concentrato nelle mani di pochi players che continuano a dominare prepotentemente lasciando poco spazio all’industria dell’informazione. Per dirla in una battuta, il futuro è qui adesso ma non è equamente distribuito.

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I giornali iniziano lentamente a stabilizzarsi ed i dati del 2012 finalmente contengono elementi di positività, seppur ancora decisamente moderata.

In  particolare sono le vendite dei giornali ad dare adito ad un cauto ottimismo e spesso il paywall, come evidenziato e richiamato più volte in questi spazi, sono funzionali per aumentare le vendite della versione cartacea.

Ben diverso il panorama dei ricavi pubblicitari che nel digitale/online complessivamente sono cresciti “solo” del 3% nel 2012. Una tendenza troppo modesta per compensare  le perdite [-7,7%] del cartaceo. Per quanto riguarda l’online la continua discesa dei prezzi è ulteriore elemento di preoccupazione ed evidenza di come sia necessario trovare altre fonti di ricavo, modelli di business differenti dal passato per i giornali e l’industria dell’informazione.

Nel complesso la direzione è verso i “new” media ma gli “old” media sono ancora molto presenti e rilevanti, ben distanti dalla morte troppe volte annunciata [pour cause?].

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Molto simile a quella dei giornali la situazione dei periodici settimanali e mensili. Vendite del cartaceo e ricavi pubblicitari in calo con il digitale che cresce ma ha un peso davvero modesto e non compensa le perdite. Una tendenza che non pare avere mutamenti significativi nel medio termine come mostra il grafico di sintesi sottostante.

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“State of the News Media 2013” è probabilmente la più esaustiva ed accurata fotografia della situazione dei media negli USA. Va però ricordato come la realtà statunitense sia spesso distante da quella nostrana e come in molti casi i fenomeni che si verificano oltreoceano non necessariamente abbiano luogo a distanza di tempo nel nostro Paese. Come tutte le fotografie è un’instantanea di un momento, utile a fissare idee e concetti ma da elaborare affinchè possa essere fonte di ispirazione. La fotografia fondamentalmente la conoscevamo già a prescindere dal contributo del rapporto comunque prezioso, il film, per continuare nella metafora, dobbiamo costruircelo noi, ciascuno per la propria specifica realtà.

L’infografica sotto riportata riassume altri elementi del rapporto, che come sempre torno ad invitare a leggere integralmente, che non sono stati toccati dalla mia personalissima sintesi e decodifica delle informazioni rese disponibili.

Altre sintesi e letture dei dati del rapporto sono ovviamente ampiamente disponibili. Tra le tante consiglio quella del NYTimes che si concentra sulle tendenze delle televisioni locali, di Poynter che approfondisce lo sbilanciamento tra qualità e quantità dell’informazione citato in apertura e Mattew Ingram su Paid Content che parla di luci ed ombre all’orizzonte.

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Multimediale & Multitasking

Giuseppe Granieri, in un articolo pubblicato su «La Stampa» all’inizio di questo mese che analizza la situazione attuale e le possibili tendenze della transizione dalla carta al digitale, apre riportando una frase di Earl Wilkinson: “Noi in qualche modo siamo ossessionati dall’idea della carta opposta al digitale”; tesi che il sottoscritto sostiene da anni avendone parlato a più riprese sin dal 2009.

Sul tema KPMG, nota società internazionale di consulenza, ha pubblicato l’estratto di una ricerca che ha raccolto  le abitudini di consumo dei diversi media in 9 diverse nazioni. Il rapporto evidenzia come  vi sia un insaziabile appetito per i media in generale da parte delle persone e come nel complesso i “new media”, il digitale, non abbiano sostituito gli “old media” ma si siano affiancati sia in termini di tempo, che di conseguenza cresce come emerge da numerose altre ricerche sul tema, che in termini di attività,  generando quello che viene raccolto nella definizione di multitasking.

I dati emergenti dallo studio suggeriscono che, mentre vi sono buone ragioni per esaminare l’aumento dei media digitali e sociali, la grande popolarità e la portata dei media tradizionali non deve essere trascurato.

Sono cinque i punti che le conclusioni del rapporto evidenziano come aspetti prioritari sui quali intervenire:

  • Capire il consumatore. Le aziende il più volte non riescono a generare ricavi sufficienti dal contenuto che forniscono perché non offrono l’esperienza multimediale che i consumatori stanno cercando.
  • Creare un nuovo modello pubblicitario. I media tradizionali, imprese quali gli editori di riviste di fascia alta, non possono più rimanere come semplici intermediari come avviene attualmente ma devono fornire agli investitori pubblicitari le metriche del lettore che facilitino una relazione  uno-a-uno.
  • “Abbracciare” il nuovo mondo.  Le aziende dei media tradizionali hanno necessità di continuare ad abbracciare digitale ed evolvere i propri modelli di business per garantire il mantenimento delle loro posizioni di forza come newsbrand.
  • Ingaggiare i digital multi-tasker. Associandosi con le aziende tecnologiche in grado di trasformare l’esperienza del ‘secondo schermo’ per arricchire l’esperienza sia di consumatori che inserzionisti, combinando la portata del contenuto trasmesso con l’interattività online.
  • Trovare nuovi sistemi ed innovare per rendere l’online di valore come l’offline.

David Elms, Head of Media KPMG UK, spiega che: ” Non si tratta di sviluppare una strategia aziendale digitale  ma di sviluppare una strategia di contenuti che si estendono a tutti i media ed ai canali digitali”.

L’infografica di sintesi dei risultati sulle attività maggiormente effettuate nell’ultimo mese, sia online che offline, mostra come attualmente nella stragrande maggioranza delle nazioni esaminate la lettura di un quotidiano tradizionale supera quella del corrispondente online.

La strada è fatta di convergenza e crossmedialità. Il futuro è ibrido.

Online vs Offline

“Bonus track”: Non buttate via il bambino con l’acqua sporca – “Don’t Throw the Newspaper Out With the Bathwater: Print Media and Generation Y” – da leggere.

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