InSites Consulting ha diffuso i risultati dell’indagine «Social media around the world», realizzata in 14 paesi di quattro continenti [Italia inclusa] tra dicembre e gennaio scorsi.
Dal rapporto di ricerca si rileva che i frequentatori dei social network sono 940 milioni nel mondo, il 72% degli internauti.
L’America Latina, con un tasso del 95% di frequentatori della Rete, partecipanti a una piattaforma di scambi comunicativi, è l’area geografica che ne ha di più. L’Europa Orientale e l’Asia, con un tasso del 40% sono le regioni del mondo con meno presenze sui social network. Nell’UE il Portogallo è primo con l’82% di frequentatori, la Spagna è seconda con l’80%, i Paesi Bassi sono terzi con il 79%, il Regno Unito è quarto con il 77%, l’Italia è quinta con il 76%.
Il 72% dei frequentatori usa due o più media sociali per ragioni personali, appartiene a reti professionali il 16% e Linkedin è il più popolare. La media delle connessioni giornaliere pro capite è di due al giorno, mentre la frequenza d’interazione con i network professionali scende a nove al mese pro capite.
Il sito più frequentato è Facebook, con il 51% di internauti iscritti, MySpace ne ha il 20% e Twitter il 17%. Gli Italiani associati a Facebook sono il 71%, dietro agli Inglesi con il 72% e agli Spagnoli con il 73%.
La media degli amici per ogni frequentatore di social medium è di 195. Il record è del Sud America con 360 e, nell’UE, del Portogallo con 236. L’Italia segue a distanza con 152.
La tendenza attuale è a liberarsi dei troppi amici. I Sudamericani anche in questo campo fanno le cose in grande con l’81% di respingimenti.
Le rilevazioni mostrano che siamo comunque ben lontani dall’indice di relazionalità di Dunbar, il numero magico degli amici possibili e utili per una persona, ma troppo vicini ai simulacri di popolarità dei friendhunter.
Tratto da: Iriospark
Conversazioni e Commenti
Il Consell de la Información de Cataluña, tra ottobre e dicembre del 2009 ha analizzato i commenti delle edizioni on line dei quotidiani catalani con l’obiettivo di verificare il livello di partecipazione dei lettori, i contenuti, gli argomenti di maggior coinvolgimento ed i meccanismi di controllo da parte degli editori.
Il gruppo di lavoro che ha finalizzato la ricerca, costituito da diversi professori universitari della regione autonoma spagnola, in seguito alla presentazione, ha reso disponibili i dati completi non più tardi di ieri.
Lo studio è liberamente scaricabile dal sito dell’ ordine dei giornalisti catalani.
L’analisi ha preso in considerazione 36mila commenti complessivi e 1554 notizie, durante lo studio è stata resa pubblica dal principale quotidiano della regione, La Vanguardia, la notizia relativa ad un caso di presunta corruzione urbanistica che ha destato grande scalpore registrando complessivamente quasi il 50% dei commenti. Potrebbe essere questo uno degli elementi che richiedono una taratura rispetto ai risultati emergenti.
I quotidiani, nella loro versione on line, considerano sempre più necessari i commenti in funzione della possibilità di fidelizzare il lettore attraverso gli stessi ed allo stesso tempo per conoscerlo in maggiore profondità.
I quotidiani che ottengono il maggior tasso di commenti, sono La Vanguardia e l’Avui, rispettivamente con il 66.9 ed il 47% .
I lettori prevalentemente effettuano un solo commento e non pare emergere una effettiva volontà di dialogo bensì un’attitudine prevalente al monologo. Scarsità degli argomenti forniti e, nella maggior parte dei casi, attitudine alla litigiosità ed all’insulto sembrano essere le connotazioni dei contributi con una accentuata polarizzazione dei contrasti che sovrastano decisamente positività e desiderio di contribuire attivamente.
Politica ed economia sono i temi sui quali si concentrano la maggior parte dei commenti; lo sport è il fanalino di coda ma probabilmente il risultato è inficiato dalla tipologia di testate prese in considerazione come il grafico sottostante sembrerebbe suggerire.
Fonte: Fundación del Consell de la Información de Cataluña
Complessivamente sembrerebbe che i commenti siano ben lontani dall’essere critiche rigorose, tesi più all’espressione di opinioni personali che al contributo per un raffinamento dell’informazione.
Lo studio conferma infine, le difficoltà di gestione dei commenti causato dall’elevato volume degli stessi e dalla scarsità di risorse umane che le redazioni allocano allo scopo.
L’etica del discorso, la conversazione democratica professata da Jürgen Habermas sembrano ancora lontani sia da parte degli editori che della maggioranza degli utenti.
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