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Penetrazione e Utilizzo di Digital, Social & Mobile nel Mondo

We Are Social, agenzia di comunicazione con sedi in diverse nazioni nel mondo, recentemente acquisita da un importante gruppo di pubbliche relazioni cinese, ha pubblicato un report davvero molto ampio e dettagliato sulla penetrazione e l’utilizzo della Rete, dei social e Internet in mobilità.

Il rapporto prende in considerazione 24 nazioni nel Mondo, Italia compresa. La fonte dei dati riportati sono: United States Census Bureau, InternetWorldStats.com e the China Internet Network Information Centre, dati forniti da Facebook, Google+, Qzone, Sina Weibo, Tencent Weibo Twitter, e VKontakte, dati estrapolati dal GlobalWebIndex Wave 11 [3° trimestre 2013] ed una serie di altre fonti che vengono dettagliate alla pagina, alla slide 180 della presentazione.

Italy Generale

Il rapporto fornisce un panorama davvero completo ed esaustivo sia in termini di scenario complessivo che di dettaglio di ciascuna delle nazioni prese in considerazione. Per quanto riguarda la penetrazione e l’utilizzo di Internet e dei social i valori, quali quelli sopra riportati, sono riferiti agli utenti unici mensili che, come noto, hanno valori superiori a quelli nel giorno medio.

In specifico riferimento all’Italia emerge un utilizzo, una fruizione della Rete di quasi cinque ore al giorno da PC e di due ore in mobilità. Di queste due ore e mezza vengono trascorso su social media e social network che, a loro volta, vengono utilizzati attraverso applicazioni per mobile [smartphone e tablet] nel 47% dei casi.

Nell’utilizzo di social media e social network emerge non solo il noto predominio di Facebook ma anche come il social network in questione abbia il miglior rapporto tra utenti iscritti ed utilizzo effettivo. Il minor tasso di uso spetta a Google+ che, come mostra il grafico di sintesi dei risultati sotto riportato, viene usato dal 30% degli iscritti.

Social Media Usage Italia

Anche se la base di utenti di Twitter è quasi doppia rispetto a Linkedin il tasso di utilizzo è pressochè identico assestandosi per entrambi al 37% di utenti effettivamente attivi. È invece di quasi il 50% il tasso di utilizzo effettivo di Instagram, con relativamente pochi utenti che però lo usano con buona frequenza mediamente.

Il dati assemblati da We Are Social sono un buon esempio di content curation. Da conservare per consultazione alla bisogna.

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I Criteri di Valutazione degli Inserzionisti per una Media Company

Advertiser Perceptions ha pubblicato i risultati del proprio monitoraggio continuativo su quali siano i criteri di valutazione di una media company da parte degli inserzionisti: agenzie ed aziende sulla base di 15 diversi parametri.

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Per le agenzie, i fattori principali considerati sono il servizio clienti [80%] e una comprensione del loro business [77%]. Molto rilevante anche, ovviamente, aggressività delle offerte [76%] ma anche la facilità di fare business [76%]  e la qualità del pubblico [76%],  alla pari con i risultati ottenuti dagli annunci.

Per il comparto marketing delle aziende, aggressività delle offerte [77%] e la facilità di fare business a pari merito si classificano come i fattori più importanti, seguiti da comprensione della loro attività [75%], i risultati degli annunci [72%] e la qualità del pubblico [69% ].

L’era della vendita di spazi, colonne o pixel che siano, è definitivamente tramontata, le media companies devono essere partner, consulenti di comunicazione dei propri clienti. Attrezzarsi o perire è l’unica opzione.

InfoGraphic-MEDIA-COMPANY

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La Specificazione NON è mai Ovvia

Alan D. Mutter, dal suo “Reflections of a Newsosaur”, pubblica, aggregando fonti diverse, l’ennesima impietosa fotografia sul pessimo andamento negli Stati Uniti dei quotidiani cartacei  [ma anche di quelli digitali se si osserva l’andamento dei ricavi pubblicitari degli ultimi sette anni].

La tesi sostenuta è che i giornali non siano più un mass media e per farlo viene mostrato un grafico di sintesi che mette a confronto la penetrazione dei diversi media tra le famiglie americane. Ancora una volta la carta stampata, i quotidiani tradizionali vengono messi a confronto con radio, televisione ed ovviamente internet.

A prescindere dal fatto che, come provavo a ricordare, Internet è un ecosistema e non un medium, anche volendo vedere la questione sotto il profilo pubblicitario in termini di contenitori, il paragone continua ad essere profondamente scorretto e fuorviante.

Mentre infatti come contenitori pubblicitari TV, radio ed Internet sono despecializzati, generalisti, hanno al loro interno anche informazione ma questa costituisce solo una parte ridotta del totale dei contenuti fruiti al cui interno è possibile collocare messaggi promo-pubblicitari, così non è per i giornali che trattano, come noto, esclusivamente notizie, informazione.

Mao Tze Tung diceva: “grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente”. Una massima che si adatta molto bene ai nostri tempi di rivoluzioni come viene definita quella digitale. Forse però è opportuno mettere un po’ di ordine se non si vuole che la rivoluzione finisca come la “primavera araba”.

La specificazione non è mai ovvia.

 ReLOVEution

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La Total Digital Audience di Audiweb

Come certamente molti sapranno da gennaio 2014, finalmente, le rilevazioni Audiweb non saranno più solamente da desktop, da personal computer ma includeranno anche i dati relativi alla navigazione, agli accessi ad internet [anche attraverso applicazioni] da mobile, da smartphone e tablet.

A metà ottobre nel corso di IAB Seminar Display Advertising è stato presentato il suo funzionamento, forniti i dettagli sulla metodologia e sul campione che sarà costituito da 3000 persone per gli smartphone e 1.000 tablet e si andranno ad aggiungere alle 41mila persone del campione da un PC con meter installato.

Dal 2014 sarà vigore un nuovo regolamento per evidenziare nei dati le componenti di audience ‘’organiche’’ di un publisher e quelle ‘’aggregate’’ derivanti da accordi editoriali di cessione traffico.

Finalmente di una “brand/channel X”, per ciascun sito rilevato, sapremo quanta parte dell’audience attribuire alla navigazione solo PC, solo smartphone e solo tablet;  e quanta alla sovrapposizione PC/Smartphone, PC/Tablet o PC/smartphone/tablet.

Dai dati anticipati nel corso della presentazione si evidenzia come in realtà coloro che navigano esclusivamente da mobile siano  una ristretta minoranza rispetto al totale degli internauti del nostro Paese. L’immagine sottostante fornisce il dettaglio dei dati a settembre 2013.

Audiweb Device

Dalla rilevazione di agosto 2013 i dati della “total digital audience” mensile [un dato diverso dagli utenti nel giorno medio] sarebbero di 23,5 milioni di persone da PC, 9,2 milioni da smartphone e 4 milioni da tablet.

La slide numero 16 della presentazione spiega come funzionerà l’“Unique Audience” deduplicata con il dettaglio dei consumi da web-browsing rispetto ai consumi  da apps.  Quello che però non è chiaro è come verrà conteggiata invece la duplicazione dell’audience, ovvero se la stessa persona che accede in momenti diversi della giornata da distinti device sarà contata comunque come una sola o meno; un dettaglio non trascurabile.

Comunque sia si tratta certamente di un importante passo avanti che consentirà alle aziende di pianificare le proprie campagne online con maggior precisione mirando alle persone che utilizzano un  determinato device ed adattando il format di comunicazione.

Quanto questo invece incrementi la reach, la penetrazione ed il numero totale di persone che visitano dei siti d’informazione lo vedremo: Se posso fare una previsione, secondo me sposterà di poco, si impennerà il numero di pagine viste ma cambierà marginalmente il numero di utenti unici.

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La Carta NON è Morta, le Pagine Viste SI

Sono stati stati presentati in questi giorni i risultati della ricerca “BE Europe 2013”, studio che analizza in 17 Paesi l’esposizione ai media e il profilo dei dirigenti di medie e grandi aziende appartenenti a tutti i settori economici.

La ricerca svolta per conto del «The Financial Times» viene effettuata su un campione di oltre 7mila dirigenti d’azienda ed è lo studio di maggior durata sul segmento specifico di popolazione essendo ormai dal 1973 che viene effettuato.

I risultati sono di estremo interesse e la sintesi degli stessi pubblicata sul sito de «Il Sole24Ore» è liberamente scaricabile e vale assolutamente una lettura approfondita.

Sono in particolare due gli aspetti che vale la pena di sottolineare da quanto emerge dall’indagine.

Per quanto riguarda la dieta mediatica della business elite internazionale i quotidiani nella versione cartacea sono ancora stabilmente in testa al consumo di media sia in termini assoluti che a livello di fiducia assegnata a ciascun mezzo.

FT Media Consumption

Per quanto riguarda il digitale, Rob Grimshaw, direttore di Ft.com, spiega che “In un mese abbiamo oltre 12 milioni di persone che visitano il nostro sito. Altri siti per motivi pubblicitari annuncerebbero in modo trionfale di avere avuto 12 milioni di visitatori. Noi no. Per noi il modello è simile al commercio al dettaglio dove quei 12 milioni non sono altro che passanti davanti alle vetrine. Solo una parte entra nel negozio, si guarda in giro per vedere quello che c’è. Poi un numero ancora più piccolo fa un acquisto. I nostri sforzi sono sempre rivolti a ottimizzare quell’imbuto”.

La carta NON è morta, le pagine viste SI.

FT Clicks

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Nuove Metriche di Successo

E’ molto difficile, il che ovviamente non significa impossibile, riuscire ad allineare le metriche tradizionalmente utilizzate per la versione cartacea di una testata a quelle in fase di sperimentazione d’uso nel digitale/online per valutare interesse, successo e valore di una testata.

Normalmente quelle di base per la versione tradizionale, cartacea, di un quotidiano sono copie vendute e readership, numero di lettori. Su quali siano e quali debbano essere quelle di una testata online ho avuto modo di pronunciarmi a metà settembre.

Per la versione cartacea di una testata, sia essa quotidiana o periodica, in realtà il valore è nel tempo di lettura. Non a caso tra i vantaggi della comunicazione pubblicitaria sulla carta da sempre si annovera, la permanenza del messaggio e la possibilità di approfondire di dare informazioni che altri mezzi, quali ad esempio TV o radio, non consentono. E’ in tal senso che storicamente le case automobilistiche hanno usato questi mezzi, dando alla televisione il ruolo di creare emozione sul modello proposto ed alla carta stampata la possibilità di approfondire le caratteristiche tecniche del veicolo.

Il tempo, come vado dicendo da tempo, è, a mio avviso ma anche di molti altri, un indicatore importante del livello di coinvolgimento effettivo del lettore anche online.  In questo caso, se questo elemento di misurazione fosse applicato anche alla carta stampata, si avrebbe una metrica comune ad entrambe le versioni.

E’ quello che ha fatto Neil Truman in uno studio sui quotidiani del Regno Unito pubblicato ad inizio di agosto. Lo studio: “NEWSPAPER CONSUMPTION IN THE DIGITAL AGE. Measuring multi-channel audience attention and brand popularity” è molto articolato ed approfondito, come d’abitudine ne consiglio assolutamente la lettura.

Riprendo solamente uno dei grafici di sintesi dei risultati pubblicati. Quello che a mio parere è il più significativo, dove vengono messi direttamente a confronto i tempi di lettura di entrambe le versioni [carta e online] dei 12 quotidiani britannici presi in considerazione.

Come si vede chiaramente il livello di attenzione e di interesse è, ad oggi, di gran lunga maggiore per quanto riguarda la carta. Aspetti che, paradossalmente, ricordava di recente anche Hal Varian, chief economist di Google, affermando che “La lettura di notizie offline è un’attività da tempo libero, la lettura online si fa durante l’orario di lavoro. La buona notizia è che i giornali online possono raggiungere i loro lettori in momenti della giornata nei quali prima non li riuscivano a raggiungere; la cattiva notizia è che, in questi ritagli di tempo, i lettori non hanno molto tempo da dedicare a una lettura approfondita”.

Come scriveva Baltasar Gracián, scrittore e filosofo spagnolo, “Ci sono alcuni che fanno gran caso di quello che importa ben poco, e poco caso di quel che vale molto”.Era il 1600, giorno più o giorno meno. Forse vale la pena di trarre insegnamento dalle sue parole e [ri]pensare a nuove metriche di successo.

Tempi di lettura Carta Vs Online

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[Dis]Informazione Online

Sono stati diffusi un paio di giorni fa i dati Audiweb del mese di agosto.

Fatte ancora una volta le doverose premesse rispetto al fatto che i dati misurano esclusivamente gli accessi da PC escludendo il mobile la cui rilevanza è crescente. Ho estratto le diverse fonti d’informazione online a carattere nazionale o comunque pluriregionale.

La tabella realizzata è in ordine ascendente per numero di utenti unici nel giorno medio. Come si può vedere, nella tabella vi sono alcune testate evidenziate in rosso. Ovviamente c’è un motivo.

Da qualche mese infatti Audiweb, finalmente, per ogni brand, per ogni testata fornisce il dettaglio del totale.

Si viene così a scoprire [registratevi gratuitamente e verificatelo personalmente, ve lo consiglio, se posso]  che il totale di «La Repubblica» è inficiato da circa 80mila utenti unici di Tom’s Hardware, testata “partner” che però ben poco ha a che fare con il quotidiano.

Se in questo caso l’escamotage ha un peso relativamente scarso, così come anche per «La Gazzetta dello Sport» che ingloba nel totale poco più di 28mila utenti unici di «Max», ben diversa è la situazione delle altre testate.

Dei 474mila di «TGCOM24»,  ben 138mila in realtà sono di Meteo.it, quasi un terzo. Anche «QuotidianoNet» non scherza e prova a giocare, come si suol dire, tra il lusco e il brusco inserendo nei suoi 298mila utenti unici 82mila di Hardware Upgrade, 27mila di Dicios.it, 26mila di Promoqui e 12mila di Prontoimprese, per un totale di 147mila utenti unici [quasi il 50%]  che ben poco hanno a che fare con le testate del gruppo.

Anche le testate “all digital” hanno imparato il trucchetto pare. Infatti dei 210mila utenti unici di «Lettera43» ben 142mila sono del circuito locale, testate che aderiscono al network solo per la raccolta pubblicitaria ma che ben poco hanno a che fare con la testata diretta da Paolo Madron. Non va meglio con «Il Post» che tra i suoi 130mila utenti unici conta ben 62mila di Soldionline.net e 39mila di FilmTV, l’83% del totale.

I dati, oltre che nel formato tabellare “classico” sottostante, sono stati resi graficamente, se preferite.

La disinformazione corre online. Quando pianificate su delle testate fatevi dare il dettaglio dall’agenzia e/o dal centro media. Mi sa che è meglio.

Dati giorno medio Internet Audience
Audiweb Database, dati agosto 2013 – Audiweb powered by Nielsen
Brand Utenti unici Pagine viste (.000) Tempo per utente (mm:ss)
La Repubblica 1.054.816 7.100 05:35
Corriere della Sera 839.100 6.095 05:22
Libero Notizie 624.770 1.888 01:35
La Gazzetta dello Sport 508.097 3.188 04:36
TGCOM24 474.097 2.625 03:38
Affaritaliani 359.206 2.102 03:41
Blogo.it 353.779 1.469 02:36
ANSA 318.849 1.921 04:06
La Stampa.it 305.349 1.435 03:44
Quotidiano.net 298.455 1.118 02:49
Il Sole 24 ORE 285.408 1.390 04:13
Fanpage 276.454 854 04:15
Il Fatto Quotidiano 239.677 886 04:07
Citynews 258.547 763 02:55
Lettera43 210.851 706 02:34
Il Messaggero 196.402 691 03:10
Quotidiani Espresso 190.121 1.124 03:43
Corriere dello Sport 162.313 1.022 04:21
Il Giornale 144.038 499 03:29
Il Post 130.482 528 02:31
Virgilio Notizie 105.871 506 03:37
Yahoo! News Websites 98.382 242 01:44
Leggo 79.356 308 04:45
Il Mattino 64.971 476 06:12
Rai News 58.788 245 02:52
DagoSpia 57.121 383 06:20
l’Unità Online 40.322 165 03:51
SKY.it TG24 32.565 79 01:44
Giornalettismo 26.147 75 02:31
Linkiesta.it 19.484 37 02:34

 

Ah “il giochino” vale anche per i settimanali ovviamente. Ad esempio, «Donna Moderna» “vanta” 280mila utenti unici, un numero straordinario nel desolante panorama dei periodici online, peccato che di questi la bellezza, si fa per dire, di 138mila [circa il 50%] vengano da 3BMeteo.

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Dall’Economia della Attenzione all’Economia dell’Intenzione

La scorsa settimana durante la premiazione di  “è Giornalismo”, Hal Varian, chief economist di Google e vincitore del riconoscimento, che ha deciso di donare ad Anna Masera e Arianna Ciccone [congrats!], ha tenuto un discorso sulla creazione di valore da parte dell’industria dell’informazione.

I punti essenziali dell’intervento sono otto, ne traduco i passaggi essenziali per facilità di lettura:

  1. La diffusione dei giornali cartacei sta calando da 50 anni [il riferimento è ai quotidiani statunitensi].
  2. Internet è un mezzo migliore per distribuire e leggere le notizieDal punto di vista di chi produce notizie, oltre il 50% del costo di un giornale deriva da stampa e distribuzione. Questi costi vengono essenzialmente eliminati se si sposta la distribuzione online. Dal punto di vista del lettore, le notizie online sono più aggiornate e vi si può accedere più facilmente. Inoltre, la lettura online può essere anche un’esperienza molto più ricca, grazie a link, infografiche, interattività, coinvolgimento degli utenti e contenuti video. Idealmente, le notizie online possono offrire l’immediatezza emotiva della TV insieme a una maggiore interattività, a contenuti personalizzati e alla profondità analitica della carta stampata.
  3. Alla base dei problemi economici dei giornali c’è la maggiore competizione per l’attenzione del lettore. Per decenni, i giornali hanno rappresentato la fonte primaria di accesso alle notizie e la maggior parte delle persone leggeva un solo giornale. Oggi, un lettore ha accesso a una varietà di nuove fonti tra cui gli stessi siti dei giornali, blog e TV. La sfida dei giornali è sopravvivere in questo contesto altamente competitivo. Non vi sfuggirà l’ironia: internet ha abbassato i costi di distribuzione [che è un bene per gli operatori tradizionali] ma, allo stesso tempo, ha reso il contesto molto più competitivo [che non è un bene per gli operatori tradizionali].
  4. I giornali non hanno mai fatto soldi con le notizie. Elemento che era emerso già tempo fa dalla ricerca “Chasing Sustainability on the Net : International research on 69 journalistic pure players and their business models”
  5. La lettura di notizie offline è un’attività da tempo libero, la lettura online si fa durante l’orario di lavoro. La buona notizia è che i giornali online possono raggiungere i loro lettori in momenti della giornata nei quali prima non li riuscivano a raggiungere; la cattiva notizia è che, in questi ritagli di tempo, i lettori non hanno molto tempo da dedicare a una lettura approfondita. Meno tempo passato a leggere le notizie significa anche meno visibilità per le pubblicità e quindi anche meno fatturato derivante dalle impression della pubblicità online.
  6. Il fatturato pubblicitario dipende dal coinvolgimento dei lettori. Gli abbonati a un giornale cartaceo dedicano circa 25 minuti al giorno alla lettura del giornale. In UK e US, il tempo medio dedicato alla lettura di notizie su un sito è circa un ottavo, ossia 2-4 minuti [*]; interessante notare che in US i giornali ricavano dalla pubblicità online circa un ottavo del loro fatturato pubblicitario. Se i lettori dedicassero alla lettura di notizie online lo stesso tempo che dedicano alla lettura su carta, anche il fatturato pubblicitario derivante dai contenuti online sarebbe molto più vicino a quello derivante dalla carta.
  7. I tablet offorno ai giornali un modo per recuperare parte dell’audience persa. I giornali devono sviluppare una strategia per mantenere un contatto continuo con i lettori attraverso i diversi dispositivi.
  8. La sfida fondamentale dei giornali è avere lettori che dedicano più tempo ai loro contenuti. Più sarà il tempo dedicato alla lettura delle notizie online e più aumenterà il fatturato pubblicitario online.

Attention Catcher

L’accento posto da Hal Varian su attenzione e coinvolgimento del lettore come elemento di creazione di valore, ed in particolare l’equazione che questi aspetti siano direttamente misurabili con il tempo speso, è stato fortemente criticato da Jeff Jarvis che sostiene come vi sia una sostanziale differenza tra attenzione e rilevanza poichè una è la prospettiva di chi parla [i giornali] mentre la seconda è la visione dell’utente/cliente/persona/pubblico e che solo attraverso quest’ultimo elemento è possibile costruire e mantenere una relazione di valore, osservando come di fatto sia questo fondamentalmente il modello di business di Google stesso.

Che i mercati siano conversazioni ed il business sia sempre più fatto attraverso le relazioni, la capacità di ingaggiare, coinvolgere le persone, è una cosa apparentemente tanto risaputa che c’è quasi da vergognarsi a tornare sull’argomento.

Doc Searls, Nel suo ultimo libro, “The Intention Economy. When Customers Take Charge”, racconta come l’economia si stia ridisegnando in funzione della domanda più che dell’offerta e come le aziende potrebbero accogliere e valorizzare gli stimoli espressi dai consumatori, invece di competere per l’attenzione di massa.

Il passaggio al personal media porta inevitabilmente drammatici cambiamenti e grande opportunità. I personal media permettono ai contenuti di spostarsi, diversificarsi, in bundle, disaggregati, modificati, conservati, aggregati, filtrati, e generalmente ottimizzati per proprio gusto individuale del consumatore. La plasticità del contenuto guida un esplosione significativa nella quantità dei supporti ai mezzi ma riduce anche la dimensione media delle “merci” multimediali. Il cocktail unico di personal media significa che la fornitura di mezzi sorpassa di gran lunga la domanda. Una verità lapalissiana economica è che quando l’offerta supera la domanda i prezzi di equilibrio cadono, e qui sta il problema per l’industria della pubblicità, siamo ossessionati dal prezzo e tuttavia travisiamo la moneta.

I personal media suggeriscono che dovremmo riconsiderare ogni nozione circa la tradizionale idea di pianificazione, acquisto, e di misurazione dei media. Le basi di portata e la frequenza devono essere completamente rivalutate. La misurazione dei media deve anche essere revisionata ed i concetti di valutazione delle prestazioni riconsiderati.

Il passaggio, l’evoluzione dall’economia dell’attenzione a quello dell’intenzione è ben sintetizzato dallo schema sottostante che ne fotografa egregiamente differenze e aspetti salienti.

Se la “new economy” è finita da un pezzo adesso l’evoluzione è nella transizione dalla “attention economy” alla “intention economy”. Non ditelo in giro qualcuno ai piani alti dei giornali [ed anche altrove, eh] potrebbe capire la propria obsolescenza.

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[*] In Italia, secondo Audiweb, il tempo medio dedicato alla lettura di notizie su un sito è tra i 3 ed i 6 minuti.

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Communication e Digital Divide

eMarketer ha pubblicato ieri i dati relativi agli investimenti pubblicitari nelle 20 principali nazioni per ampiezza di mercato, per livello degli investimenti.

Quello che è interessante è che i dati sono stati riclassificati in base all’investimento per persona per quanto riguarda il totale della spesa pubblicitaria e per utente per quanto attiene gli investimenti in advertising online.

In entrambi i casi ci sono 6 nazioni europee tra i primi 10 ed in ambedue le classificazioni l’Italia non figura tra queste collocandosi al al 14° posto. Non a caso le ultime previsioni sull’andamento degli investimenti pubblicitari rilasciate da Zenith Optimedia il nostro Paese viene inserito tra le cinque nazioni dell’«Europa Periferica», marginale.

Adv Online per persona

Ad integrazione dei dati sopra riportati, interessanti anche i valori assoluti degli investimenti pubblicitari, e le tendenze 201-2016 delle principali nazioni del mondo, Italia inclusa, sempre con totale adv e dettaglio investimenti online.

Se le cifre pubblicate da eMarketer degli investimenti per persona venissero ulteriormente riclassificate basandosi sul potere di acquisto non ho dubbi che scivoleremmo ulteriormente nel ranking al di sotto delle poco nazioni che precediamo, forse addirittura fuori dai primi 20.

Ulteriori segni dell’arretratezza di una nazione la cui definizione di Belpaese ricorda sempre più soltanto la mollezza del celebre formaggio. Sigh!

Banda Larga

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Un Innovativo Ecosistema per l’Informazione Digitale

E’ notizia di ieri che Flipboard ha raccolto altri 50 milioni di dollari per finanziare ulteriormente il suo sviluppo. Il nuovo finanziamento porta la valutazione della startup che fornisce il popolare servizio di “lettura sociale”, di aggregazione delle notizie, a ben 800 milioni di dollari, la metà della capitalizzazione di mercato del «The New York Times». Aspetto che fa riflettere su come la aggregazione di contenuti abbia attualmente per le persone, e per il mercato un valore superiore rispetto alla produzione di singole informazioni come dimostra la recente cessione a Jeff Bezos del «The Washington Post» per 250 milioni di dollari, poco più di un quarto del valore del più popolare degli aggregatori di notizie.

In questo quadro vede, finalmente, la luce Etalia, start-up fondata due anni fa dall’accelleratore d’impresa dell’Università della Svizzera Italiana, presentata in anteprima al Festival Internazionale del Giornalismo del 2012, che dopo un lungo periodo di raffinamento e beta test sarà lanciata il 7 Ottobre prossimo.

Anche se a prima vista Etalia potrebbe sembrare un altro aggregatore le differenze sono sostanziali sia in termini di logiche di aggregazione che di modello di business e, soprattutto, di revenue sharing

“Et alia”, “e altri” è una locuzione latina solitamente usata nelle citazioni, per indicare che oltre all’autore citato esistono anche altre fonti che trattano il medesimo argomento. Proprio quello che accade su Etalia, dove il punto di vista su una notizia non è mai unilaterale: su ciascun argomento il lettore può consultare una pluralità di fonti, confrontandole e contribuendo con un proprio contenuto, che potrà essere messo a disposizione degli altri utenti per arricchire il patrimonio di informazioni.

Etalia è una piattaforma per la diffusione di contenuti, che permette agli utenti di consultare e condividere notizie provenienti da molteplici fonti editoriali, aggiornate in tempo reale, costruire veri e propri giornali personalizzati e fondare nuove testate digitali. Il tutto incentivato da un innovativo modello di business.

Gli utenti di Etalia avranno a disposizione strumenti flessibili per la lettura e la produzione di news, in grado di ampliare le possibilità di accedere alle fonti di informazione con reciproci vantaggi per autori e lettori.

“I contenuti vengono importati sulle nostre macchine e sono indicizzati semanticamente, non ci limitiamo ad aggregarli”, ha spiegato Aldo Daghetta, CCO di Etalia e Country Manager di Etalia Italy, in una sua recente intervista sul «Corriere della Sera».

Per ogni articolo letto all’interno di Etalia, la piattaforma trattiene il 25 per cento della pubblicità mentre al sito consultato viene corrisposto il 75 per cento. A tutti, senza distinzione, dagli editori – che in molti casi hanno già sottoscritto accordi con la piattaforma – ai giornalisti freelance ed ai professionisti, ai blogger, Etalia offre un modello di business unico per monetizzare finalmente in misura adeguata il frutto della propria attività, introducendo un sistema di redistribuzione dei ricavi provenienti sia dalla vendita del contenuto sia dalla pubblicità associata, gestita da Adalia, una piattaforma prodotta internamente che venderà le inserzioni in base a un sistema d’asta in tempo reale.

I “journals” pubblicati su Etalia possono essere gestiti da una singola personaa opure, proprio come i giornali veri, da un gruppo di utenti, ciascuno con un suo ruolo e una sua prerogativa come avviene nelle redazioni.

Etalia è la nuova casa dell’informazione per andare oltre le singole fonti informative ed i tradizionali aggregatori di notizie, il primo information network su misura, totalmente personalizzato sulla base degli interessi dell’utente.

Etalia Locandina Presentazione

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