Archivi del mese: gennaio 2012

Consumo dei Media in Mobilità

comScore ha rilasciato la scorsa settimana i risultati sul consumo di media in mobilità in cinque nazioni del Vecchio Continente, Italia inclusa.

Lo studio: “Connected Europe: How Smartphones and Tablets are Shinfting Media Consumption”, realizzato in collaborazione con la compagnia di telecomunicazioni spagnola Telefonica, ha investigato utilizzo e preferenze di possessori di smartphones e tablets in Spagna, Regno Unito, Germania, Francia ed Italia. Per quanto riguarda specificatamente il nostro Paese sono stati intervistate 4000 persone di età superiore ai 13 anni.

I risultati sono interessanti sia per quanto riguarda le preferenze delle persone sia perchè permettono una stima ragionevole della diffusione di tablets in Italia.

Tra i cinque Paesi presi in considerazione, è la Spagna quella con la maggior penetrazione di smartphones [48.4%], l’Italia è al 42.1% degli utenti di telefonia mobile. Secondo i risultati emergenti, mediamente il 6.6% di coloro che possiedono un telefonino intelligente ha anche un tablet, percentuale che per quanto riguarda il nostro Paese sale al 6.9%, come illustra il grafico di sintesi sottostante. Se i possessori di smartphones nel nostro paese sono stimati in 20milioni, è ragionevole ipotizzare che i tablet che sono stati venduti sin ora siano orientativamente 1.380.000; una dimensione non trascurabile ma certamente ancora estremamente ridotta.

Dimensioni di nicchia che si riflettono inevitabilmente sullo share, sul peso che questi device hanno sul totale del traffico internet che, per quanto riguarda l’Italia, si assesta sotto la media al 0.9% del totale secondo le stime effettuate da comScore.

Se l’analisi delle fasce orarie di utilizzo conferma, come era già emerso da precedenti indagini, che il tablet sia strumento da sofà serale se non addirittura da letto, sono le categorie di informazioni che maggiormente vengono fruite dalle tavolette elettroniche che aiuta a sfatare qualche luogo comune. Emerge infatti un forte orientamento alla tecnologia ed allo svago che conferma l’utilizzo familiare da un lato e le caratteristiche di “early adopters” degli attuali possessori. Solo in Spagna le informazioni, le notizie, figurano nelle prime 5 categorie, segno che le promozioni nel complesso funzionano.

Insomma, tutti coloro che lavorano nell’industra editoriale e sono affetti da tabletmania devono leccarsi le ferite o attendere pazientemente evoluzioni che certamente non si verificheranno nel breve periodo. Una cosa è certa non è possibile dire che da questi spazi non fossero stati avvisati.

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Sorpassi & [In]Successi

In questi giorni si è parlato molto del sorpasso del «Mail Online» ai danni del «The NewTork Times» che avrebbe fatto così dell’edizione online del tabloid inglese il quotidiano online con il maggior numero di utenti unici nel mese al mondo.

Per la mia colonna settimanale all’interno degli spazi dell’European Journalism Observatory ho approfondito cause e concause del successo di visite e, soprattutto, analizzato se ad un volume di visite così elevato corrispondono ricavi altrettanto entusiasmanti.

Curiosi di saperlo? Non vi resta che cliccare QUI e leggere il pezzo.

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Giornalai: Liberi di Fare che Cosa?

Le norme generali sulle liberalizzazioni approvate in questi giorni, per quanto riguarda i giornalai hanno introdotto una serie di novità che complessivamente possono essere giudicate positivamente. Riporto gli elementi salienti per evitarvi la difficoltà di ricercarli all’interno del testo generale.

Art. 39 Liberalizzazione del sistema di vendita della stampa quotidiana e periodica e disposizioni in materia di diritti connessi al diritto d’autore

1. All’articolo 5, comma 1, dopo la lett. d) decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 170 sono aggiunte le seguenti:

e) gli edicolanti possono rifiutare le forniture di prodotti complementari forniti dagli editori e dai distributori e possono altresi’ vendere presso la propria sede qualunque altro prodotto secondo la vigente normativa;

f) gli edicolanti possono praticare sconti sulla merce venduta e defalcare il valore del materiale fornito in conto vendita e restituito a compensazione delle successive anticipazioni al distributore;

g) fermi restando gli obblighi previsti per gli edicolanti a garanzia del pluralismo informativo, la ingiustificata mancata fornitura, ovvero la fornitura ingiustificata per eccesso o difetto, rispetto alla domanda da parte del distributore costituiscono casi di pratica commerciale sleale ai fini dell’applicazione delle vigenti disposizioni in materia.

f) le clausole contrattuali fra distributori ed edicolanti, contrarie alle disposizioni del presente articolo, sono nulle per contrasto con norma imperativa di legge e non viziano il contratto cui accedono.

2. Al fine di favorire la creazione di nuove imprese nel settore della tutela dei diritti degli artisti interpreti ed esecutori, mediante lo sviluppo del pluralismo competitivo e consentendo maggiori economicita’ di gestione nonche’ l’effettiva partecipazione e controllo da parte dei titolari dei diritti, l’attivita’ di amministrazione e intermediazione dei diritti connessi al diritto d’autore di cui alla legge 22 aprile 1941, n.633, in qualunque forma attuata, e’ libera;

3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanarsi entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge e previo parere dell’Autorita’ Garante della Concorrenza e del Mercato, sono individuati, nell’interesse dei titolari aventi diritto, i requisiti minimi necessari ad un razionale e corretto sviluppo del mercato degli intermediari di tali diritti connessi;

4. Restano fatte salve le funzioni assegnate in materia alla Societa’ Italiana Autori ed Editori (SIAE). Tutte le disposizioni incompatibili con il presente articolo sono abrogate

Sono aspetti di rilevanza non trascurabile. Per la prima volta si stabilisce un freno agli abusi che la parità di diritto generava e, finalmente, gli edicolanti possono rifiutare le forniture di prodotti complementari forniti dagli editori e dai distributori. Viene previsto inoltre, che fermi restando gli obblighi previsti per i giornalai a garanzia del pluralismo informativo, costituiscono casi di pratica commerciale sleale le seguenti ipotesi:

  1. ingiustificata mancata fornitura,
  2. fornitura ingiustificata per difetto,
  3. fornitura ingiustificata per eccesso.

Quindi tutta la pratica di cattiva gestione delle forniture da parte dei distributori locali potrà essere sanzionata. Dovrebbero così cessare i casi di sovrastoccaggio per ottenere un flusso finanziario a beneficio del DL ed altrettanto le microrotture di stock sui [pochi] prodotti alto vendenti. Aspetti che, ovviamente, dovranno andare di pari passo con la tanto attesa, ed auspicata, informatizzazione delle edicole.

Se nel suo insieme dunque la legge pare possa essere elemento di soddisfazione per il trade, per la rete di 30mila edicole sparse sul territorio, è giunto il momento di interrogarsi sui passi successivi.

Se le vendite di quotidiani e periodici, settimanali e mensili, poco verosimilmente avranno un recupero, ora che sono possibili alcune aree di recupero di efficienza grazie alle norme soprariportate, resta la domanda relativamente a quale sia l’indirizzo strategico che le edicole vogliono, vorranno, intraprendere.

Alla strada del generalismo, del vendere di tutto o del fornire servizi che già vengono forniti in altri canali [pagamento bollette, ad esempio] con margini inesistenti, privilegio quella della specializzazione sia per aver verificato direttamente che i servizi integrativi sin ora ipotizzati non apporterebbero alcuna marginalità integrativa al canale che per visione strategiuca e coerenza. Grazie all’informatizzazione mi piace pensare alle possibilità esistenti che questo processo consentirebbe, a partire, per citarne almeno una, dalla possibilità di effettuare in edicola il servizio di print on demand, che consentirebbe la quadra tra desiderio di personalizzazione da parte del lettore e mancanza di redditività che questo ottiene online nella sua declinazione all digital.

La specializzazione, con integrazione di servizi e offerta a monte ed a valle rispetto all’attuale modello, e non il generalismo sono LA scelta per il futuro delle edicole. Non ho dubbi.

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Appositamente Impersonale

Il 2011 è stato l’anno di grandi consensi per gli aggregatori sociali, con Flipboard a dare il la ad un nuovo segmento nel quale nel tempo si sono aggiunti Yahoo Livestand, Editions di AOL e Zite, recentemente acquisito dalla CNN per circa 25 milioni di dollari, a testimonianza della rilevanza che viene attribuita a questa modalità di distribuzione delle informazioni, e l’ultima proposta, in ordine temporale, da parte di Google con Currents.

C’è chi sostiene che l’aggregazione faccia parte del DNA del giornalismo e, come si suol dire, venga da lontano. Dall’altra parte a più riprese si sono levate voci contro i pericoli dell’aggregazione e dell’eccesso di personalizzazione che finirebbero per costruire un mondo chiuso, una bolla come sostiene Eli Pariser.

Si tratta di un problema, di un potenziale pericolo, che il neo nato Uberpaper si propone di risolvere.

A cavallo tra Flipboard e Pinterest, l’aggregatore nato la settimana scorsa, ad esclusione dell’opzione “piace” o “non piace” affianco a ciascun articolo segnalato, non si avvale di alcun elemento sociale.  Secondo quanto dichiarato dai creatori, l’idea è quella di ricreare l’esperienza originale del giornale, dove, inevitabilmente, sfogliando il quotidiano, “si scoprono” le notizie.

Uberpaper, è disponibile in 10 lingue diverse, si compone di 8 sezioni che a loro volta contengono delle sotto sezioni. E’ possibile inoltre selezionare la visualizzazione delle notizie sulla base di 4 criteri distinti: articoli più popolari, più nuovi, più controversi e più freschi; è probabilmente questo un’altro dei punti di forza, di distinzione dell’aggregatore.

Anche se è particolarmente centrato sugli States, esiste una sezione dedicata all’Europa e alcune sottosezioni, quale ad esempio quella dedicata ai social media, sono trasversali, transnazionali, rendendo il prodotto interessante al di là della localizzazione.

Quello che appare di maggior interesse è l’idea di andare controcorrente, di essere appositamente impersonale, per ridare al lettore il piacere della scoperta. Concetto che potrebbe fare breccia in una fascia d’utenti evoluti preoccupati per la privacy o per gli effetti della bolla in cui si tende ad essere avvolti. Personalmente l’ho messo immediatamente nei preferiti.

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Aumentare la Competitività, Evitare il Default

Alla pratica di questi principi è volto il gioco di società «Crise-Crash», ideato e realizzato dall’omonima società francese, una simulazione strategica pluriruolo, di economia dello scambio, collocata in un mercato ideale di concorrenza perfetta, marshalliana, lontana mille miglia dai vincoli delle società di rating e dello spread.

L’ambiente della simulazione è la Parigi del terzo millennio, ambiente ricco di attività commerciali e di servizi, che rendono possibile, come dice la pubblicità della casa costruttrice “il gioco più delirante di tutti i tempi”, ma utilissimo per la formazione al lavoro.

«Crise-Crash» si svolge nelle strade della capitale francese e i giocatori possono impersonare uno o più dei sei personaggi che vi agiscono, comprando, vendendo, giocando in Borsa, investendo, ma soprattutto incappando in ogni tipo di veicolo a caccia di opportunità. E’ possibile guadagnare moltissimo denaro e perderne altrettanto in pochissimo tempo. Vince naturalmente chi più guadagna e chi perde i suoi soldi diventa insolvente e fallisce.

E’ perciò importante approfittare del commercio di tutto il commerciabile, che si svolge nelle strade, per cogliere le opportunità al volo, comprare e vendere bene e presto, diffidare della stampa e non soccombere alla tentazione d’investire il proprio denaro in Borsa, ma in attività produttive ed espansive, senza correre rischi inutili, nè commetere frodi, che possono portare in galera o, almeno, in tribunale per giustificarsi.

Un  gioco da tavolo alla vecchia maniera di un’attualità strabiliante che oltre ad un utilizzo esclusivamente ludico, con il giusto briefing e coordinamento dei giocatori, può essere utilizzato come strumento formativo sulla competitività dell’ambiente e le vendite.

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Nuove Visioni & Nuove Metriche

Su «Harvard Business Review» interessante raccolta di articoli relativamente a nuove visioni e relative metriche inerenti il convolgimento delle persone con il contributo di diverse autorità nel campo. Contributi sistematizzati e raccolti pochi giorni fa.

In buona sostanza si tratta del passaggio dalle impression alle expression, ovvero della facilitazione e successiva misurazione, scarnificando per sintesi, dalla pura esposizione al messaggio all’interazione con le persone attraverso i distinti canali e mezzi della comunicazione d’impresa.

Trovate tutto QUI. Personalmente avevo recentemente fornito il mio contributo sul tema, in specifico riferimento ai quotidiani online: QUI.

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Fiducia nei Media [e dintorni]

Edelman ha pubblicato i risultati generali della dodicesima edizione del Trust Barometer. La ricerca ha coinvolto oltre 30mila individui in 25 nazioni diverse del mondo, Italia inclusa, analizzando il livello di fiducia nei confronti di imprese, istituzioni e media.

Il rapporto indica chiaramente come nella maggioranza dei Paesi presi in considerazione si assista ad una calo generalizzato della fiducia con il raddoppio del numero di nazioni che esprimono scetticismo rispetto alla situazione attuale. Crollo verticale del livello di fiducia in Giappone dove evidentemente, a parità di condizione, la gestione del post tzunami e delle radiazioni nucleari ha pesantemente influito sul sentimento della popolazione, giustamente.

Diversi Paesi delle economie avanzate, quali Germania e Francia, assistono ad un calo a doppia cifra della fiducia nelle imprese. Segno evidente di quanto la crisi, al di là delle dichiarazioni di circostanza dei loro rappresentanti, abbia colpito la popolazione.

Complessivamente, tra i settori analizzati, i media hanno lo scoring tra i più bassi, appena al di sopra di assicurazioni, banche e servizi finanziari, che confermano essere il comparto con maggiori problematiche, con una percentuale del 51% di individui che ha fiducia in quanto viene riportato. Il comparto delle tecnologie è quello che gode di maggior fiducia seguito, con un inversione di posti rispetto all’edizione 2011, da automotive e telecomunicazioni.

Forse a sorpresa, vista la generale tendenza delle persone a colpevolizzare durante periodi di crisi le fonti di informazione, a prescindere da altre considerazioni, i media sono l’unico segmento che ottiene un incremento nel livello di fiducia accordata. In Italia, in particolare, il tasso di fiducia sale dal 45% del 2011 all’attuale 57%.

In questo quadro, le fonti di informazione tradizionale sono quelle alle quali continua ad essere riconosciuto complessivamente il maggior tasso di fiducia seppure registrino il minor incremento rispetto agli altri media. Si conferma “la galoppata” dei social media con un incremento del tasso di fiducia quasi doppio rispetto all’anno scorso. Social media che, comunque, nonostante il fortissimo sviluppo continuano ad essere l’ultima tra le fonti d’informazioni.

Il panorama attuale dei media, e lo scetticismo di cui è contornato nel complesso lo scenario di riferimento, richiedono molteplicità di voci e canali di comunicazione nonchè un tasso di ripetizione del messaggio medio di 3 – 5 volte [vd. slide 15].

Si tratta di evidenze che non nascono solamente dall’attuale stato di crisi ma da una complessiva carenza di istituzioni ed imprese nel dare risposte e relazionarsi secondo le attese delle persone.  Una dicotomia, un gap tra attribuzione di importanza dei fattori da parte delle persone e performance delle aziende caratterizzato da una distanza davvero significativa. Dinamica che, peraltro, tocca il picco massimo proprio nel nostro Paese come viene evidenziato nella diapositiva 23.

Il segno della distanza tra dichiarato e realizzato.

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Mattoni Sociali

Lego Group, l’azienda dei “mattoncini”, 8.000 dipendenti in 130 Paesi, il quinto produttore al mondo di materiali ludici, è un case study che devo assolutamente prendermi il tempo di assemblare, per restare nella metafora.

Credo sia davvero un caso straordinario di buone pratiche e ottima gestione dell’impresa. Azienda che ha saputo evolversi pur mantenendosi nel solco della tradizione del suo prodotto originario sopravvivendo a giochi elettronici e altre mode, più o meno passeggere, che hanno attraversato negli ultimi vent’anni il mercato in cui opera, i cui prodotti sono stati recentemente utilizzati dalla banca americana J.P. Morgan per illustrare la crisi del debito pubblico nell’UE ed anche per un riepilogo delle 10 notizie principali del 2011, tanto per citare alcuni casi.

Adesso la multinazionale danese lancia una piattaforma di condivisione sociale delle creazioni realizzate con i propri prodotti. Rebrick, on line da circa un mese, il cui nome è stato scelto insieme ai fans dei mattoncini, è uno spazio di condivisione sociale messo a disposizione dall’impresa affinchè le persone di tutto il mondo che utilizzano i suoi prodotti per realizzare le creazioni più fantasiose abbiano modo di mostrare quanto fatto, essere “ispirati” dalle realizzazioni altrui e molto altro ancora.

Rappresenta l’idea, l’essenza del concetto che molte imprese pare si ostinino a non comprendere. Invece di insistere a convincere le persone a fare delle scelte che, con diversa estensione, non vogliono effettuare o, restando nei social network, incentivare la relazione con meccanismi promozionali, si tratta banalmente, si fa per dire, di aggregare le persone intorno a quanto già interessa loro, nè più nè meno.

Si tratta, per tornare agli argomenti sui quali si concentra questo spazio, di un opzione che gli editori non devono, non possono, ulteriormente trascurare.  Il recupero di una relazione con le persone, base indipensabile ad un recupero dei ricavi, passa per azioni sia online che offline.

Nel concreto, a mio avviso, è necessario costituire e costruire nel tempo delle communities all’interno dei siti web dei quotidiani [vale, con le dovute differenze anche per i periodici] sulla falsariga di quanto realizzato da El Pais con Eskup che ne è attualmente la miglior concretizzazione.

Offrire sfogo e spazio a tutta l’area del citizen journalism, del data journalism e della curation nel suo insieme. Elementi che allo stato attuale si sparpagliano in mille rivoli e che sono in attesa di essere aggregati e riconosciuti. Un’opportunità straordinaria per l’industria dell’informazione.

È chiaro che il futuro offre grandi opportunità. È anche disseminato di trabocchetti. Il trucco consiste nell’evitare i trabocchetti, prendere al balzo le opportunità e rientrare a casa per l’ora di cena, diceva Woody Allen in Effetti collaterali. Forse è proprio quello che si tratta di fare.

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I Social Network Predicono chi Vincerà le Primarie USA

Facebook e il quotidiano conservatore all digital «Politico» hanno annunciato di aver raggiunto un accordo per misurare opinioni e sentimenti relativamente ai candidati repubblicani alle primarie ed un gruppo di lavoro di Facebook si occuperà di raccogliere, misurare ed analizzare le menzioni, i links e quant’altro definisca le preferenze espresse attraverso la rete sociale di Zuck. Dati che poi saranno forniti alla redazione del quotidiano in questione per la pubblicazione.

Esperimento di grandissima rilevanza sia in termini di ascolto delle reti sociali che per quanto riguarda tutta l’area del data journalism di cui parlo dalla mia colonna settimanale all’interno degli spazio dell’European Journalism Observatory.

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Facebook è un Sistema Aperto, Secondo Facebook

Facebook ha pubblicato in questi giorni un nuovo documento: “Rethinking Information Diversity in Networks” teso fondamentalmente a sostenere che il social network non è una “echo chamber”, un sistema chiuso nel quale la condivisione e diffusione di informazioni passa attraverso un numero, più o meno ristretto, di amici, di contatti.

Per sostenere la tesi, il gruppo di lavoro di Facebook cita i legami deboli, sostenendo che è attraverso di essi che fondamentalmente si ovvia al circolo chiuso entrando in questo modo in contatto con notizie, informazioni, in maniera più allargata.

Se il ragionamento di per se stesso appare effettivamente con una base di fondamento, gli autori fanno davvero ben poco per sostenere l’argomento, non apportando dettaglio alcuno dello studio che affermano di aver fatto sull’argomento e rifacendosi ad un documento dell’American Journal of Sociology del 1973.

Altre citazioni riguardano uno studio dell’anno scorso che conclude invece che le persone passano la maggior parte del loro tempo comunicando con una cerchia ristretta di contatti. Argomento che lascerebbe dunque propendere più per il sistema chiuso che per l’ipotesi che il gruppo di lavoro di Facebook vorrebbe sostenere.

Insomma, Facebook è un sistema aperto, secondo Facebook, ma fanno davvero poco per convincere che sia così davvero.

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