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Ritornelli

Ci sono temi che a cadenza periodica ritornano. Minestra riscaldata che perde sempre più corpo e sapore ogni volta che se ne torna a parlare.

Uno di questi è la cosiddetta morte dei blog, teoria, per così dire, che vedrebbe nell’affermazione dei social network la fine dei blog come media. Ne torna a parlare Leonardo, ripreso anche da Massimo Mantellini, che scrive: “[…] è finita la moda dei blog e la gente ha smesso di scriverci sopra […]” citando il cattivo andamento degli accessi al suo, rinomato, blog.

Basarsi sulla propria esperienza personale è per definizione limitante e limitato. Se dovessi farlo io direi esattamente il contrario poichè secondo il rapporto annuale realizzato da WordPress.com le pagine viste di questo spazio sono aumentate del 30% rispetto al 2011 [GRAZIE!].

Al di là delle esperienze personali che sarebbe ancor meno sensato contrapporre, all’interno della ricerca “La storia della Rete dal 2001 al 2012”, pubblicata a fine dicembre,  vi sono diversi grafici che mostrano quali siano i maggiori brand della Rete in Italia in termini di copertura, frequenza e volumi dell’utenza internet nel nostro Paese [slides 46 – 51].

L’ultimo dato disponibile, aggiornato ad ottobre 2012, mostra come blogger, la piattaforma per blog di Google, abbia reach e frequency superiore, ad esempio, a Repubblica.it o eBay.it.

Se c’è qualcosa che è morto o moribondo non sono certamente i blog. Speriamo lo diventi invece presto l’abitudine ai ritornelli dei luoghi comuni.

Maggiori Brand Rete Italia

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Nasce El Huffington Post

Come doveroso per una testata all digital è stato annunciato attraverso Twitter che «El Huffington Post» è online dalle 00.42 di oggi.

La versione spagnola dell’ «Huffington Post», al 50% con Prisa, società che controlla canali televisivi, radio e quotidiani in 22 Paesi nel mondo, con un paio di mesi di ritardo, vede dunque la luce. Ovviamente ampia copertura su «El Pais», quotidiano del gruppo.

Stesso “family feeling”, stessa impostazione grafica delle altre versioni con lo splash fotografico della notizia principale a tutta pagina e la disposizione su tre colonne idealmente suddivise in informazioni/notizie, curiosità/gossip e blog, sono le caratteristiche del visual del sito anche per la versione in castellano dell’HuffPost.

Strutttura editoriale snella con 8 giornalisti, oltre alla Direttrice Montserrat Domínguez, e 130 blog/blogger [anche se al momento sono solo 4] per i contenuti delle attuali 5 sezioni.

Leggendo gli editoriali di apertura realizzati da Monserrat Dominguez e da Arianna Huffington non è difficile capire come ad una sia affidata la gestione operativa ed all’altra quella strategica.

Un lancio preceduto da molte polemiche proprio a causa dei blog e della scelta di non remunerare chi li scrive onorato, secondo quanto dichiarava a chiare lettere la Direttrice già un mese fa, da visibilità e prestigio  offerte dalla piattaforma informativa. Continuità ahimè dunque anche da questo profilo del modello che mette alla fame per la fama chi scrive.

Oltre alle considerazioni sull’eticità di intraprendere un’attività a fini di lucro basandosi ampiamente sul lavoro non retribuito, vi sono anche altre ombre all’orizzonte per la versione spagnola e per le altre previste.

Se infatti i numeri dell’«Huffington Post» statunitense sono da capogiro in Europa, sin ora le cose sono andate decisamente meno bene.

La versione per la Gran Bretagna, dopo un inizio deludente che ha portato ad una strategia di ulteriore espansione attraverso la partnership con editori locali, non fa numeri straordinari e il 31% del traffico, delle visite al sito, arriva dagli USA.

Anche la versione francese, realizzata in partecipazione con Le Monde e LNEI [Les Nouvelles Editions Indépendantes], anche se è presto per dirlo a soli 4 mesi dal lancio, dopo una buona partenza ha un trend negativo  e non mancano le polemiche sui vantaggi ottenuti grazie al fatto di essere sorto sulle ceneri di «LePost» e sulla bassa capacità di attrazione che paiono avere gli articoli prodotti dai blogger d’oltralpe che attraggono solamente l’8% del totale delle visite mensili.

Pare insomma che il modello d’importazione funzioni meno bene nel vecchio continente.

In Italia, come noto, in accordo con il Gruppo Espresso-Repubblica, dovrebbe arrivare a settembre la versione per il nostro Paese diretta, anche in questo caso da una donna, da Lucia Annunziata.

Personalmente non posso che ribadire che non abbiamo bisogno di altri modelli di sfruttamento né di soluzioni “pret a porter”, ma di un progetto che possa portare a un cambiamento culturale e organizzativo, che sin ora stenta a prendere piede, del tutto italiano, non importabile sia in termini di processo che a livello di caratteristiche del mercato dell’informazione online nel nostro Paese.

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Alla Fame per la Fama

Come molti ricorderanno, dopo la cessione dell’«Huffington Post» ad AOL per la straordinaria cifra di 315 milioni di dollari, una parte dei blogger che scrivevano gratuitamente per la testata all digital più famosa al mondo intentarono una class action pretendendo una parte dei ricavi ottenuti dalla cessione d’azienda sostenendo che aveva raggiunto quel valore, anche, grazie al loro lavoro mai pagato, e reclamandone un terzo.

Il «The New York Times» all’epoca aveva prodotto un’analisi esaustiva che quantificava concretamente il valore economico dei blog dell’«Huffington Post». Nell’articolo, prodotto allora, viene identificato specificatamente il peso dei blog, analizzando il numero di pagine viste sul totale ed i commenti [e dunque la partecipazione dei lettori] per arrivare a quello che potrebbe essere il valore in termini di ricavi pubblicitari. Ne emerge un rapporto di 1 a 20 tra gli articoli retribuiti e quelli gratuiti di blogger che darebbero luogo a revenues pubblicitarie nell’ordine di poco più di 6 US $ ogni mille pagine viste. Un  rapporto decisamente inferiore alla quota di revenues pretesa dalla class action.

A meno di un anno di distanza è arrivata ieri la sentenza, favorevole ad AOL.

Nelle motivazioni il giudice afferma che nulla è dovuto poichè non è mai stato stipulato un contratto oneroso tra «Huffington Post» ed i blogger che sin dall’inizio sapevano che il loro lavoro non sarebbe stato remunerato ed avendo accettato ugualmente nulla è loro dovuto. Il caso è stato licenziato con “prejudice”, dunque non potrà essere impugnata la sentenza o riproposta la causa in altra forma.

Ovviamente positiva la reazione della testata statunitense che esprime soddisfazione per la sentenza e rinnovato impegno nella collaborazione futura con tutti i blogger.

Con lo sbarco in Europa, appoggiandosi ai quotidiani nazionali, dell’HuffPo, già attiva, con buoni risultati, per quanto riguarda la Francia, e attesa imminente per le versioni spagnole, inizialmente previsto a marzo e poi riviato a giugno, ed italiane, per le quali sono già stati scelti i direttori, sarà interessante verificare il peso di blog e blogger nell’impostazione editoriale. Se infatti, a parità di mantenimento della medesima gabbia grafica in entrambe le versioni europee, nell’edizione britannica si nota un largo impiego di blogger, mentre in quella francese pare di gran lunga inferiore. Una differenza probabilmente dovuta sia alla cultura, alla mentalità delle persone che alle differenze nella legislazione nazionale.

Con la legge sull’equo compenso per i giornalisti in dirittura d’arrivo nel nostro Paese, la definizione di blogger, altra “parola scatolone” senza significato che, come noto, non apprezzo a prescindere dal caso specifico,  potrebbe divenire sinonimo di produttore di contenuti non pagato. Un bel tema da affrontare insieme al Festival Internazionale del Giornalismo il mese prossimo.

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Quando un Blog salva Costa Crociere dal Naufragio

La vicenda del naufragio della nave da crociera è caso di studio, l’ennesimo, di questa evoluzione nella relazione e comunicazi0ne che viene convenzionalmente raccolta nella definizione di social media marketing o, in maniera ancora più estesa,  di digital marketing.

Quanto avvenuto è ormai  talmente conosciuto da rendere  superflua ogni descrizione. Di fatto ancora stamattina le prime pagine dei quotidiani nazionali di mezzo mondo hanno la foto in prima pagina della nave.

Come segnala Massimo Mantellini, Costa Crociere ha un blog ed ha deciso di usarlo, anche, in questa occasione con due articoletti che dicono tanto poco quanto molto di come si gestisce la comunicazione in Rete.  Due articoli, forse più banalmente delle segnalazioni tout court, pubblicate alle 01.10 e, successivamente, alle 05. 23.

Qui gli elementi di qualificazione si richiamano all’area dell’organizzazione aziendale; alla definizione dei ruoli, dell’autonomia e all’azione che ne deriva. Senza questo i post non sarebbero stati pubblicati. Aspetti che, come sempre più frequentemente avviene, sono poi premiati sui social network, dove  presenza e apertura sono prevalentemente apprezzati e commentati.

Semplicemente, si fa per dire, organizzati alla meta pronti a ad ogni evenienza anche alla più remota, come è il caso, di “capitani coraggiosi” da cui salvarsi.

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Le Buone Regole delle Mamme

Mi sarei dato, sperando possa essere condiviso, l’obiettivo di stilare una prima bozza del codice di autodisciplina per chi fa informazione  attraverso blog e social network entro la seconda settimana di Gennaio 2012. Una base di confronto e di raffinamento grazie alla quale arrivare ad una definizione definitiva dei criteri di autoregolamentazione da mettere a disposizione di chi crede che fiducia e responsabilità siano principi cardine dai quali non possono esimersi i blog e, più in generale, l’informazione in Rete.

Come ho già detto, in base a questa timetable, sto procedendo alla raccolta di materiali, dei pro ed anche dei contro, relativi all’ipotesi di lavoro. Un opera nella quale, oltre a tutti coloro che hanno già fornito la loro adesione e disponibilità [grazie!], gradirei, a loro piacendo, coinvolgere anche Ernesto Bellisario & Guido Scorza che con il loro expertise sono certo potrebbere essere di grande aiuto.

Un riferimento prezioso è stata stilato da tempo dalla WOMMA [Word of Mouth Marketing Association] che fornisce un codice di condotta etica i cui punti chiave, no a caso, si fondano su fiducia, integrità, rispetto, onestà e responsabilità.  Riferimenti per i professionisti della comunicazione che, a mio avviso, ben si integrano con i quattro principi per l’informazione di qualità proposti da Timu.

Se il concetto del diritto romano di diligenza del buon padre di famiglia è noto ed applicato come criterio di correttezza e buona fede, di responsabilità, grazie ad una segnalazione, apprendo che un folto gruppo di blogger-donne-mamme si sono date un codice delle buone pratiche dei blogger che è a disposizione di tutti, e che propone un’autoregolamentazione in merito alla gestione della pubblicità sui propri blog.

Il Codice è valido per tutti, mi pare davvero, e cerca di raccogliere vari aspetti legati alle caratteristiche, ed alla eventuale monetizzazione, dei blog, definendo, anche, tre livelli di blogging [ADV free, light, pro]. Si tratta di criteri, che, comunque sia, personalmente integrerò nella mia blog policy. Parametri ben stilati, condivisibili, e che rappresentano ulteriore elemento di arricchimento verso il raggiungimento della stesura dell’autoregolamentazione, dell’autodisciplina.

Le buone regole delle mamme sono un contributo importante, un altro passo partecipattivo [non è un refuso] verso l’obiettivo.

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Offerte & Risposte

Ricevo, in un commento all’articolo pubblicato ieri, un’offerta talmente sensazionale che merita una risposta.

Omettendo i riferimenti personali dell’autore della proposta, questo il testo:

Egregio Webmaster,

ho avuto modo di visitare il suo sito che ho trovato molto interessante. Per questo mi prendo la libertà di contattarla per sottoporle alcune proposte davvero interessanti.
Intanto mi presento. Mi chiamo XXXX.
Scrivo e collaboro con molti siti che offrono serie possibilità di guadagno come Cervelliamo, Blog a carattere sociale e partecipativo.
So bene che la rete è piena di proposte allettanti che alla fine si rivelano solo grandi bufale, quindi lo scetticismo rispetto ad alcune proposte è quasi d’obbligo. Ma la prego lo stesso di leggere tutta la mail prima di decidere di cestinarla.
Le proposte che le faccio sono semplici e abbastanza concrete.
Abbiamo la necessità di far pubblicare nel maggior numero possibile di siti alcuni articoli. Lei non deve fare altro che ricevere l’articolo già scritto, pubblicarlo sul suo sito e inviare l’url di riferimento a pubblicazione avvenuta. Un’operazione che le farà perdere cinque minuti e le farà intascare 25,00 euro per ogni articolo pubblicato. I pagamenti saranno effettuati tramite il sistema sicuro PayPal oppure con PostePay. Dipende da cosa a lei fa più comodo.  Ovviamente, gli articoli a lei inviati saranno pertinenti al contenuto del suo Sito (o Blog) e conterranno un paio di link che rimanderanno al sito sponsor.
Giusto per avere un’idea del tipo di collaborazione che si richiede,  Le invio come esempio un articolo pubblicato sul mio sito, ecco l’indirizzo: http://www.comunicarepensando.it/index.php?option=com_content&view=article&id=574:guns-girls-a-gambling-&catid=55:sponsorizzati&Itemid=68

Se dovesse trovare le proposte interessanti e/o volesse altre informazioni, non deve fare altro che contattarmi. Grazie per la cortese attenzione.
In attesa di una sua risposta, la saluto cordialmente.

GentileXXXX,

Il sottoscritto non è un webmaster e lei non mi sta inviando una mail ma inserendo un commento, che se avessi approvato sarebbe stato pubblico comunque, nella mia TAZ. Per completezza di informazione ho il piacere di comunicarle che non mi considero neppure un blogger, tantomeno uno di quelli che per una collanina di perline o per un obolo svende la propria dignità.

Ciò premesso, la invito a riflettere sulla scorrettezza etica di quel che propone e sulla netta differenza che esiste tra una corretta concezione di ciò che è sociale e partecipativo e quel che lei pratica e propone.

Come avrà capito, la risposta e no.  Un no che vale tanto per lei che per altre proposte di questo genere che circolano per la Rete [che peraltro segnalo debba essere sempre scritta utilizzando il maiuscolo], che stanno al content marketing come le tecniche di black hat stanno al SEO, scorciatoie utilizzate da persone senza scrupoli che rapidamente si ritorcono contro chi ne fa uso e abuso.

Mio caro sono tempi difficili in cui i confini della morale sono abbondantemente stati oltrepassati in primis da parte di coloro che avrebbero dovuto esserne istituzionalmente custodi e promotori. Cortesemente cessi di fornire il suo contributo a queste dinamiche e, altrettanto, gentilmente, smetta di perculare il prossimo, a cominciare dal sottoscritto, si informi su quali sono le attuali logiche di comunicazione e di relazione digitale tra e con le persone.

Se ne avesse bisogno, come pare, posso fornirle assistenza in tal senso a tariffe orarie concorrenziali con quelle del suo idraulico di fiducia. Ci rifletta.

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Il Lato Social di Miss Italia

In questi giorni sono alle finali di Miss Italia a collaborare alla realizzazione di un prodotto editoriale “istant” che con le due edizioni giornaliere stampate, alle quali si aggiunge la versione online ed una web app per smartphones,  si propone come link tra notizie dal backstage degli addetti ai lavori e le persone comuni, come una sorta di giornale di bordo sul concorso di bellezza più celebre del nostro paese.

Tra i diversi eventi che sto seguendo in questi giorni, ieri alla presentazione delle due serate di diretta televisiva della manifestazione è stato fatto cenno alla svolta social della manifestazione.

Secondo quanto annunciato alla stampa durante la conferenza, Eleonora Pedron coadiuverà Fabrizio Frizzi riportando in trasmissione i commenti raccolti in rete dalle postazioni blog presidiate da Massimo Bernardini [conduttore di TV talk] e dal blogger Davide Maggio.  Aspetto ulteriormente stressato dalla patron della manifestazione, Patrizia Marigliani, che riferendosi alla realizzazione della pagina dell’evento su Facebook ha parlato di scelta coraggiosa dettata dal desiderio di capire i giovani e dalla necessità di comprenderne la loro relazione con Miss Italia.

Ho deciso di approfondire.

Le azioni di comunicazione sui social media appaiono scarsamente cordinate ed integrate probabilmente anche a causa della doppia anima della manifestazione con da un lato la macchina organizzativa della RAI e dall’altro quella degli organizzatori del concorso che risulta evidente non si sono coordinati tra loro su questo aspetto.

Esiste un altro blog “ufficiale” realizzato da Juanita De Paola segnalato nel sito web dell’evento, mentre i due precitati non lo sono,  ed un ulteriore spazio che racconterà in live blogging la cui relazione con organizzatori e RAI non è chiarissima anche se esistono dei riferimenti allo stesso nella bacheca della fan page su Facebook. Spazio all’interno del celebre social network che attualmente conta circa 12mila fans e nel quale è caricato un eccesso di materiali con una frequenza di aggiornamento decisamente eccessiva che però tralascia di citare il canale video su YouTube che infatti ottiene un numero di visualizzazioni decisamente scarso nonostante ci sia del buono al suo interno.

Insomma un guazzabuglio che disorienta e non coivolge gli internauti.

Non si tratta di non saper perdonare “errori di gioventù” legati all’iniesperienza di utilizzo del mezzo, ma di richiamarsi, banalmente, ai principi più basici della comunicazione che vedono da sempre, a prescindere dal ventaglio di mezzi utilizzati, la necessità di coerenza ed integrazione nell’utilizzo dei diversi strumenti uno dei fundamentals da non dimenticare.

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Rimedi Omeopatici

Si è finalmente conclusa la vicenda che ha visto Boiron, multinazionale francese che produce e commercializza prodotti omeopatici, al centro di una crisi di comunicazione nata dalle considerazioni di Samuele Riva sul suo blog.

Si tratta dell’ennesimo caso di cattiva gestione della comunicazione in Rete da parte di aziende che, per dimensioni e struttura organizzativa, dovrebbero alle porte del 2012 essere in grado di gestire decisamente meglio questo tipo di situazioni.

Sono episodi che minacciano seriamente la reputazione delle imprese che ne sono coinvolte, causati fondamentalmente da scollamento tra i diversi reparti aziendali e scarsa preparazione alla gestione di situazioni di questo tipo.

Nel 2008 Air Force Statunitense ha prodotto un diagramma di flusso che identifica i passaggi chiave e le azioni da compiere per casi di questo genere.

Si tratta di un ausilio tanto banale quanto fondamentale che dimostra la possibilità di pre-pararsi per gestire adeguatamente le relazioni e la comunicazione online evitando così le possibili consequenze di un disastro mediatico generato dall’«effetto streisand».

Guidelines che il marketing, i responsabili della comunicazione aziendale, d’intesa con un legale che abbia buona sensibilità alle tematiche della rete, non devono, non possono ulteriormente esimersi dal codificare nel panorama attuale.

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Il Mezzo NON è il Messaggio

Il quotidiano torinese La Stampa stamane, in uno degli articoli dedicati agli scontri in atto da tre giorni in Inghilterra, titola: “Londra, la rivolta corre su Twitter”, lasciando intendere  che il tam tam sui social network sia responsabile dei fatti.

E’ opportuno specificare che si tratta, ad essere benevoli, di un’inesattezza, poichè in realtà il mezzo prevalentemente utilizzato dai giovani per coordinarsi è stato il BlackBerry Messanger, servizio di messaggeria istantanea che non è possibile classificare come social network.

Ciò premesso, in queste ore i cittadini britannici stanno utilizzando i social media ed i social network esattamente in maniera opposta.

Sotto la denominazione di «Riot Clean Up» è un fiorire di iniziative spontanee delle diverse comunità di residenti che si organizzano e coordinano attraverso distinte modalità e mezzi, sfruttando la Rete, per ristabilire una situazione di normalità.

Si va dalle community che si danno appuntamento per pulire i quartieri devastati, alle pagine su Facebook destinate al medesimo scopo o, addirittura, per segnalare con foto e video atti di vandalismo ed autori; compito al quale è dedicato anche un microblog su Tumblr così come avviene con Flickr.

Si tratta di una tendenza presente anche su Twitter dove i messaggi a favore della pulizia [#riotcleanup] hanno quasi pareggiato quelli di narrazione, più o meno realistica e più o meno partigiana su, come vengono chiamati in inglese, i riots [#londonriots].

Il mezzo non è il messaggio.

Per approfondire: 1234

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L’Utilizzo della Rete e dei Social Media da parte dei Giornalisti

Arketi ha pubblicato la sintesi dei risultati del Web Watch Media Survey 2011.

I dati sono di particolare interesse per chi si occupa professionalmente di public relations.

Lo studio si è focalizzato su come i giornalisti statunitensi che scrivono per pubblicazioni B2B utilizzano la Rete, quali le fonti d’informazione dalle quali attingono e quali social network prediligono.

E’ Linkedin il social network con la maggior partecipazione, seguito da Facebook e Twitter quasi alla pari, crolla il tasso di adesione, di partecipazione ed utilizzo degli altri social network.

Il 64% degli intervistati dichiara di utilizzare Internet per almeno 20 ore alla settimana. La ricerca di fonti d’informazione, di notizie è ovviamente l’attività principale.

La possibilità di trovare direttamente il contatto giusto e di effettuare delle ricerche all’interno del sito web sono le variabili che maggiormente interessano i giornalisti quando visitano le pagine aziendali. Fonti aziendali, agenzie di PR e comunicati stampa i mezzi più utilizzati per ottenere informazioni grazie alle quali redigere un articolo.

Inizia ad essere positivo anche l’utilizzo e la partecipazione dei social media, con il 56% degli intervistati che usa i corporate blog come fonte informativa e  nel 53% dei casi ne cura uno personale.

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