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Penetrazione e Utilizzo di Digital, Social & Mobile nel Mondo

We Are Social, agenzia di comunicazione con sedi in diverse nazioni nel mondo, recentemente acquisita da un importante gruppo di pubbliche relazioni cinese, ha pubblicato un report davvero molto ampio e dettagliato sulla penetrazione e l’utilizzo della Rete, dei social e Internet in mobilità.

Il rapporto prende in considerazione 24 nazioni nel Mondo, Italia compresa. La fonte dei dati riportati sono: United States Census Bureau, InternetWorldStats.com e the China Internet Network Information Centre, dati forniti da Facebook, Google+, Qzone, Sina Weibo, Tencent Weibo Twitter, e VKontakte, dati estrapolati dal GlobalWebIndex Wave 11 [3° trimestre 2013] ed una serie di altre fonti che vengono dettagliate alla pagina, alla slide 180 della presentazione.

Italy Generale

Il rapporto fornisce un panorama davvero completo ed esaustivo sia in termini di scenario complessivo che di dettaglio di ciascuna delle nazioni prese in considerazione. Per quanto riguarda la penetrazione e l’utilizzo di Internet e dei social i valori, quali quelli sopra riportati, sono riferiti agli utenti unici mensili che, come noto, hanno valori superiori a quelli nel giorno medio.

In specifico riferimento all’Italia emerge un utilizzo, una fruizione della Rete di quasi cinque ore al giorno da PC e di due ore in mobilità. Di queste due ore e mezza vengono trascorso su social media e social network che, a loro volta, vengono utilizzati attraverso applicazioni per mobile [smartphone e tablet] nel 47% dei casi.

Nell’utilizzo di social media e social network emerge non solo il noto predominio di Facebook ma anche come il social network in questione abbia il miglior rapporto tra utenti iscritti ed utilizzo effettivo. Il minor tasso di uso spetta a Google+ che, come mostra il grafico di sintesi dei risultati sotto riportato, viene usato dal 30% degli iscritti.

Social Media Usage Italia

Anche se la base di utenti di Twitter è quasi doppia rispetto a Linkedin il tasso di utilizzo è pressochè identico assestandosi per entrambi al 37% di utenti effettivamente attivi. È invece di quasi il 50% il tasso di utilizzo effettivo di Instagram, con relativamente pochi utenti che però lo usano con buona frequenza mediamente.

Il dati assemblati da We Are Social sono un buon esempio di content curation. Da conservare per consultazione alla bisogna.

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Questione di ARPU

Mary Meeker, analista della Morgan Stanley, ogni anno effettua una presentazione che riassume lo stato di Internet e dell’economia digitale. Al suo interno vi è sempre un grafico di sintesi relativo al tempo di utilizzo dei diversi media ad al livello di investimenti in comunicazione pubblicitaria che evidenzia lo stato dell’essere attuale.

Quello di quest’anno mostra come, negli Stati Uniti, il forte sbilanciamento a cui era in passato soggetto Internet, con un rapporto tra tempo speso dall’utenza e budget pubblicitari sfavorevole, si sia praticamente annullato, mentre permane un forte gap sia per quanto riguarda i quotidiani che per il Web in mobilità.

Ho già avuto modo di sottolineare come questi dati possano dar luogo a teorie, perlomeno, eccessivamente meccanicistiche, poichè al concetto di tempo speso vanno necessariamente abbinati due elementi: quelli di coinvolgimento e di attenzione.

Se da un lato è infatti necessario continuare  la ricerca di nuove, e più efficaci, modalità di  comunicazione e relazione, dall’altro si impone una riflessione sull’efficacia della pubblicità on line, sulla fruizione e sui livelli di attenzione che essa genera in termini di permanenza e memorabilità del messaggio.

Aspetti che sono ulteriormente influenzati, allo stato attuale, da proposte di comunicazione prevalentemente invasive e inadeguate al mezzo, trasportate su Internet senza tenere conto delle differenze rispetto agli altri media.  Il Web è un ambiente, un ecosistema sociale, e considerarlo un media in termini classici è un errore. Il basso livello di efficacia della comunicazione pubblicitaria on line ne è la più vivida testimonianza.

Sempre all’interno della precitata presentazione, di grande interesse, a mio avviso, sono i dati relativi all’ARPU, ai ricavi medi per utente. Se certamente, ancora una volta, sono dati che vanno presi con le pinze poichè non tutte le persone sono uguali nè hanno lo stesso valore sotto il profilo pubblicitario, il grafico evidenzia l’enorme distanza tra il valore dei quotidiani e quello di alcuni dei principali attori, delle più grandi imprese in Rete.

Mutuando la celebre frase di Ogilvy, uno dei padri dell’advertising, che diceva: “il consumatore non è uno sciocco, il consumatore è tua moglie”, credo che neppure le imprese e gli imprenditori, gli investitori pubblicitari siano degli sciocchi.

La tanto annunciata morte dei giornali è rimandata a data da destinarsi, nel frattempo meglio fare qualche riflessione, e lavorare, sul valore dell’advertising online non solo sotto il profilo quantitativo.

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Come Coinvolgere i Giornalisti Attraverso i Social Media

L’influenza dei social media e delle reti sociali non attiene solo a nuove forme di comunicazione e di relazione ma è ormai parte integrante dell’ecosistema dell’informazione. I Blog, Facebook e Twitter, per citare solo i più noti, sono mezzi di ampissima diffusione che selezionano, rielaborano e aggregano notizie, informazioni, costituendo così elemento di integrazione ormai imprescindibile del sistema informativo pur con tutte le distorsioni del caso. Dinamica che vede i giornalisti nel complesso zigzagare tra divieti e socialità della notizia.

Cosa avviene invece quando si ribalta la prospettiva cercando di coinvolgere i professionisti dell’informazione, sfruttando la loro presenza all’interno dei social media per finalizzare azioni di comunicazione d’impresa tipiche delle public relations?

E’ questa la domanda di fondo alla quale ha cercato di dare una risposta la ricerca sviluppata nel corso di questo mese da Text100, agenzia internazionale di pubbliche relazioni, che ha intervistato 72 giornalisti inglesi con l’obiettivo di comprendere appunto come e con quali mezzi sia possibile utilizzare i social media in tal senso.

I risultati, pubblicati ieri, evidenziano la tendenza a privilegiare ancora oggi canali più tradizionali con e-mail, comunicati stampa e consultazione del sito aziendale in testa alle preferenze. Tra i social media i corporate blog sono il mezzo preferito come fonte dalla quale attingere informazioni, elemento che conferma la necessità di investire nella prouzione, raccolta e sistematizzazione di contenuti anche sotto questo profilo.

Nonostante tutti gli sforzi compiuti nel tempo da Facebook resta a Twitter il primato di giornalisti con un account attivato. E’ sempre Twitter, seguito da Linkedin, il media attraverso il quale si preferisce essere contattati, confermando, pur con livelli diversi di maturità e consapevolezza, il ruolo prioritario assunto dalla piattaforma dei 140 caratteri in ambito informativo.

Come scrivono nelle conclusioni gli autori della ricerca, il fatto che i giornalisti non riconoscano nei social media la stessa utilità attribuita a comunicati stampa ed al sito aziendale [che ovviamente dovrà avere un’area dedicata], suggerisce di verificare l’efficacia di utilizzo di tali mezzi da parte delle imprese che forse anche da questo punto di vista dimostrano la loro social media inability.

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Auto Elettriche

Linkedin ha pubblicato ieri un’interessante sintesi dell’andamento dei diversi comparti negli ultimi cinque anni evidenziando i settori con una maggiore crescita e quelli con i peggiori risultati nel quinquennio.

Manco a dirlo, come evidenziato chiaramente dal grafico di sintesi dei risultati sottoriportato, sono i giornali tradizionali il segmento che ha registrato la peggior performance in assoluto tra tutti quelli presi in considerazione con una flessione del -28.4%. Esattamente agli antipodi Internet e online publishing entrambi con tassi di crescita quasi identici intorno al 25%.

Al tempo stesso Facebook introduce le liste d’interesse, ovvero la possibilità, come già avviene per Twitter, di creare delle liste di persone ed aziende che si seguono così da avere un filtro, o più, per organizzare e seguire le informazioni rispetto ai propri interessi.  Obiettivo non dichiarato, ma neppure troppo nascosto, quello di diventare la fonte d’informazione primaria delle persone consentendo di fatto di crearsi un quotidiano personalizzato come dimostra la lista “Washington Post Staff” immediatamente creata dal giornalista Mark Luckie ed i molti altri esempi che Facebook si è sollecitamente premurato di evidenziare e diffondere.

Se siete arrivati a leggere sin qui probabilmente vi starete chiedendo, visto il titolo, che diavolo abbiano a che fare le auto elettriche con tutto questo. Il fatto è che mentre leggevo dell’andamento contrastante dei diversi comparti industriali, ed in particolare dei diversi segmenti in ambito editoriale, dopo aver appreso dell’iniziativa di Facebook mi sono venute in mente proprio loro. Analogia che, tra l’altro, figura anche nell’elenco di liste create da Pete Cashmore come si può vedere nello screenshot soprariportato.

Le auto elettriche, sono promessa e prospettiva dell’industria automobilistica, altro comparto industriale tradizionale in grandissima difficoltà che per tipologia di anzianità di concezione di prodottore e caratteristiche della distribuzione presenta molte similitudini con quello editoriale tradizionale. Un segmento che a detta di molti esperti del settore dovrebbe rappresentare il futuro dell’automotive e che sin ora ha assolutamente deluso le attese di vendite e ricavi da parte dei maggior produttori,  così come avvenuto altrettanto, sino a questo momento,  per lo sviluppo online/digitale dell’industria dell’informazione.

Analogia che la mossa di Facebook rende, nella mia personale interpretazione, ancora più stringente poichè se la rete sociale più popolata del pianeta può permettersi queste logiche e tariffe pubblicitarie, forte degli 800 ed oltre milioni di utenti,  è chiaro che gli editori tradizionali, con le strutture di costo che hanno, anche per l’online, non possono oggettivamente sopravvivere su tali basi.

Insomma le auto elettriche e l’online publishing sono il futuro ma non si è ancora capito come e per chi.

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2012 Content Marketing Benchmarks

I contenuti, la loro rilevanza rispetto agli interessi delle persone, e la selezione di strumenti e nuove pratiche per selezionare, organizzare e diffondere gli stessi, servendosi, anche,  di social media e social network, sono sempre più elemento centrale nella relazione tra le imprese ed i diversi pubblici di riferimento in una logica di attrazione, di pull, o inbound che dir si voglia.

Approfondire quali modalità e quali mezzi vengano utilizzati allo scopo è stato l’oggetto della ricerca «B2B Content Marketing: 2012 Benchmarks, Budgets, and Trends» i cui risultati sono stati diffusi all’inizio di questa settimana.

Lo studio si è focalizzato in ambito B2B coinvolgendo 1,092 professionals del settore in ambito marketing e comunicazione di tutto il mondo.

Article Marketing, social media e corporate blog sono gli strumenti più utilizzati in assoluto. Viene sfatato per l’ennesima volta “il mito” che vede nella crescente rilevanza dei social network un corrispondente declino dei blog.

Quando il pubblico di riferimento è costituito da imprese, caratteristica che definisce, come noto, il B2B, la diffusione dei contenuti è affidata prevalentemente a Twitter e Linkedin; il ruolo di Facebook,  pur rimanendo rilevante, passa in secondo piano. Non trascurabile, seppure a mio avviso sottoutilizzata rispetto alle potenzialità, la veicolazione di contenuti attraverso Slideshare.

Nonostante una complessiva fiducia nel ruolo e nel valore del content marketing, i risultati dell’indagine relativamente alla percezione di efficacia dei diversi mezzi lascia intendere quanta sia ancora la distanza nell’utilizzo dei social media.

Gli eventi in presenza sono ritenuti di gran lunga il mezzo di maggior efficacia mentre i social media si collocano all’estremo opposto, seppure con una buona valutazione complessiva. Al riguardo resta il dubbio su quanto queste definizioni siano frutto di misurazione specifiche ed adeguate piuttosto che invece di personali percezioni, se non credenze.

Che la sfida per coinvolgere e convincere  si giochi sul valore dei contenuti, al di là delle singole specificità, è opinione diffusa con oltre il 40% degli intervistati che ne hanno consapevolezza.

Come dicevo di recente, ogni azienda, per piccola o grande che sia, possiede un know how e una competenza in uno o più settori specifici. Mettere a disposizione dei clienti queste competenze le valorizza ulteriormente come strumento per cementare le relazioni e costruire una reputazione solida. Le aziende devono imparare a raccontare storie in maniera autorevole e coinvolgente e trasformarsi in media company. Ma devono anche saper mantenere le promesse.

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Il Mondo dei Social Media nel 2011

In meno di tre minuti una sintesi aggiornata a fine novembre dei dati di maggior rilevanza sul mondo dei social media.

Si viene così a scoprire, ad esempio, che attualmente ci sono più persone registrate a Facebook che possessori di un autoveicolo o che ogni minuto vengono caricate 35 ore di video su YouTube.

Utile flash informativo sullo stato dell’arte di un mondo in rapidissima e costante evoluzione.

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Utilizzo & Vissuto dei Social Media in Europa

Nielsen ha rilasciato pochi giorni fa l’aggiornamento su ruolo ed influenza dei social media.

Mentre «State of the Media: The Social Media Report» è focalizzato sulla realtà statunitense, allo stesso tempo vengono pubblicati i risultati di una ricerca centrata sulla realtà europea che dunque ci riguardano più da vicino.

«Social Media Around the World 2011» ha raccolto online le opinioni ed il vissuto di oltre 9mila persone in 35 diverse nazioni. In particolare sono 29 i Paesi europei analizzati ed il report dei risultati fornisce una spaccatura di dettaglio in 4 macroaree sulle opinioni espresse dalla popolazione europea.

Il rapporto conclusivo presenta un importante raccolta di dati e informazioni su adozione ed utilizzo dei social media, l’interazione delle persone con le imprese su social network ed il valore del personale interno nella costruzione dell’immagine di marca.

Il 73% degli internauti europei, per un totale di 347 milioni di persone, utilizza almeno un social network. Il più diffuso è Facebook che ha una penetrazione media del 62%, segue Twitter con il 16% e Linkedin con l’11%. Fortissima presenza ed utilizzo di Vkontakte in tutta l’Europa dell’est.

In termini di intenzioni dichiarate dalle persone emerge una concentrazione sui principali social network, Facebook in primis ancora una volta, che lascerebbe poco spazio a quelli minori. Linkedin & Twitter sono i due canali per i quali il campione analizzato dichiara una maggior propensione ad aderire nel futuro prossimo. Significativa la distanza tra conoscenza ed utilizzo attualmente per quanto riguarda Twitter, rispettivamente 80% e 16%. La maggior sovrapposizione tra i diversi social network è tra Facebook e Twitter che evidentemente assolvono a funzioni diverse tra loro.

La principale motivazione di connessione tra le persone risiede nella relazione peronale diretta, amicale o lavorativa, off line.

Circa il 50% delle persone che hanno un profilo su un social network segue account, profili di imprese. Mediamente il valore più elevato si registra nel Sud Europa [Italia compresa] con 17,3 brand seguiti. Media ed entertainment il settore aziendale più seguito in assoluto. Le motivazioni primarie risiedono nella conoscenza diretta, nell’utilizza, della marca/prodotto, e nella raccomandazione/invito diretto da parte di un proprio contatto.

All’ultimo posto il ruolo di advertsing in tal senso a conferma di come in questo contesto, e probabilmente in generale, assuma sempre maggior rilevanza la conversazione, la relazione. Politiche, strategie di inbound sono decisamente da preferirsi dunque a quelle di outbound. Le persone voglio entrare nella “stanza dei bottoni” delle aziende, essere coinvolte in termini di conversazione e co-creazione.

Le esperienze dirette off line sono il principale driver delle conversazioni on line. L’impatto maggiore è ottenuto dalla conversazione con i propri contatti.

Sottovalutato e sottoutilizzato il potenziale di “brand ambassador” da parte del personale interno aziendale che in circa 2 casi su 3 si dichiara orgoglioso dell’impresa per la quale lavora ma solo nel 19% dei casi ne parla sui social media. Una social media policy chiara e, invece dell’inibizione, un incoraggiamento all’utilizzo dei social media in azienda sarebbe assolutamente proficuo, anche sotto questo profilo.

Ora che le informazioni, grazie anche ai dati della ricerca, sono disponibili si tratta di compiere il sottile ma non trascurabile passaggio dal conoscere al fare le cose giuste.

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Creazione Vs Cura dei Contenuti: Una Lezione per i Quotidiani?

Argyle, società che fornisce un pannello di controllo, una dashboard per la gestione e l’analisi dei contenuti sui social media, tra novembre 2010 e luglio 2011 ha analizzato oltre 150mila tweet  e aggiornamenti di status su Twitter, Facebook e Linkedin di un campione di aziende differenziato per tipologia e settore di appartenenza.

Sono state monitorate le modalità di diffusione dei contenuti analizzando la propensione da parte delle imprese a condividere esclusivamente contenuti propri o meno.

L’analisi dei risultati ha consentito di segmentare in tre categorie le aziende:

  • Curators = Aziende che condividono per il 75%, o più, contenuti non propri
  • Balanced = Aziende che condividono tra il 50 il 75% contenuti non propri
  • Self-Promoters = Aziende che condividono per il 50%, o oltre, contenuti propri

Per ciascuna categoria sono stati identificati i click per post ed il tasso di conversione medio. Il miglior risultato è ottenuto dalle imprese che adottano una modalità “balanced”.

Le evidenze raccolte suggeriscono di adottare una politica di condivisione che non superi il 40% di contenuti propri. Un dato medio che, come giustamente ricorda Tristan Handy, Director of Operations di Argyle Social, deve essere adattato e personalizzato in base alle singole esperienze ed evidenze raccolte.

Sono principi che, ad oggi, non appartengono complessivamente alle imprese del comparto editoriale, ed in particolare ai quotidiani, che adottano una modalità unidirezionale di diffusione esclusivamente di contenuti propri tesa a generare traffico al proprio sito. Politica che è caratteristica diffusa ad ogni livello, dai superblog ai quotidiani internazionali passando per i quotidiani nazionali “di qualità”.

Si tratta di criteri di diffusione che perseguono le medesime modalità mainstream che non appartengono al mondo dei social media, e sempre più neppure al mondo, alle persone, nel complesso.

La varietà di informazione disponibile, sino all’eccesso, prescinde dalla logica di portare traffico al proprio sito in quanto tale. E’ la rilevanza che si assume, sia in termini di valore del contenuto che per modalità di relazione, che  guida sempre più la scelta delle persone come i risultati menzionati confermano.

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L’Utilizzo della Rete e dei Social Media da parte dei Giornalisti

Arketi ha pubblicato la sintesi dei risultati del Web Watch Media Survey 2011.

I dati sono di particolare interesse per chi si occupa professionalmente di public relations.

Lo studio si è focalizzato su come i giornalisti statunitensi che scrivono per pubblicazioni B2B utilizzano la Rete, quali le fonti d’informazione dalle quali attingono e quali social network prediligono.

E’ Linkedin il social network con la maggior partecipazione, seguito da Facebook e Twitter quasi alla pari, crolla il tasso di adesione, di partecipazione ed utilizzo degli altri social network.

Il 64% degli intervistati dichiara di utilizzare Internet per almeno 20 ore alla settimana. La ricerca di fonti d’informazione, di notizie è ovviamente l’attività principale.

La possibilità di trovare direttamente il contatto giusto e di effettuare delle ricerche all’interno del sito web sono le variabili che maggiormente interessano i giornalisti quando visitano le pagine aziendali. Fonti aziendali, agenzie di PR e comunicati stampa i mezzi più utilizzati per ottenere informazioni grazie alle quali redigere un articolo.

Inizia ad essere positivo anche l’utilizzo e la partecipazione dei social media, con il 56% degli intervistati che usa i corporate blog come fonte informativa e  nel 53% dei casi ne cura uno personale.

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The Sunday Times Social List

Poco più di una settimana fa “The Sunday Times” ha lanciato Social List, sito web che analizza la propria attività su Facebook, Twitter, Linkedin e FourSquare, fornendo un punteggio che dovrebbe definire l’influenza sui social network della persona analizzata e determinando un ranking, una classificazione rispetto a tutti coloro che  hanno effettuato la medesima analisi.

Il successo dell’iniziativa è stato tale che dopo il lancio per circa tre giorni il sito è rimasto off line per consentire la manutenzione necessaria ad accogliere un numero di visitatori che è andato evidentemente oltre le più rosee aspettative.

A differenza di altri servizi di questo tipo, quale ad esempio Klout, l’algoritmo pare basarsi maggiormente sull’attività altrui, sull’interazione che avviene in base ai propri “post” per determinare i risultati.

Il forte accento posto sulla condivisione dei risultati evidenzia come l’iniziativa sia sostanzialmente diretta ad accrescere il traffico, le visite al sito in questione.

Sia l’immediato successo che il fatto che l’iniziativa sia realizzata da un quotidiano,  potrebbero essere una conferma, da un lato, della rilevanza della statusfera,   e,  dall’altro lato, del ruolo dei social media come mezzi di distribuzione sociale dei mass media, come emerge anche dall’Oriella Digital Journalism Study 2011.

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