Archivi del mese: luglio 2012

Gamification e Newsgames Olimpionici

Su quali siano i vantaggi della gamification dell’informazione e dei newsgames mi sono soffermato così tante volte, anche di recente, che ritengo inutile, forse anche noioso, ritornarci sopra.

Le olimpiadi sono definite anche come giochi olimpici, cosa dunque di più naturale se non quello di coinvolgere il lettore attraverso dei giochi?

E’ esattamente quello che devono aver pensato al «The Guardian» che ha messo al lavoro una squadra di esperti per  creare “Could you be a medallist?” set di giochi a 8 bits dal sapore volutamente retrò che permettono di giocare 4 discipline olimpiche.

Per ciascun gioco: corsa 100 mt., nuoto 100 mt., ciclismo e maratona di 10 Km., si è invitati a scegliere il proprio avatar tra gli atleti disponibili, nazionalità e nome. Se si pratica uno di questi sport viene richiesto di inserire il proprio miglior tempo che verrà così visualizzato nella prima parte del gioco dove si compete a fianco dei miglioti atleti atleti di tutti i tempi e che viene paragonato alla medaglia d’oro di tale disciplina nelle olimpiadi del passato. Si viene così a scoprire, ad esempio, che 1 minuto per nuotare i 100 metri è il tempo di Alfred Hoos medaglia d’oro nel 1896.

Utilizzando la tastiera si gioca [e si rigioca tutte le volte che lo si desidera]. E’ possibile effettuare una gara “mista” contro atleti ed animali avendo così il senso della velocità degli stessi. Nel nuoto, ad esempio, l’orca ovviamente è imbattibile.

E’ possibile condividere i risultati su Facebook grazie all’integrazione nel gioco della social app del quotidiano anglosassone. Così facendo vengono abilitate nuove possibilità e caratteristiche di gioco.

Insomma, informazione, intrattenimento e condivisione sociale per una realizzazione da medaglia d’oro che pone ancora una volta il  «The Guardian» una spanna sopra gli altri giornali e mostra e dimostra concretamente applicazioni e declinazioni possibili della gamification dell’informazione e dei newsgames.

Chapeau!

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Punto e a Capo

Sabato 28 luglio è stata l’ultima giornata di pubblicazioni della versione cartacea per il «Nuovo Giornale di Bergamo» che si è congedato dalle edicole, e dai lettori, per restare solo online. Edizione per la quale è stato pero’ confermato solo il contratto del direttore.

Per la testata locale lombarda il bilancio 2011, pubblicato proprio in questi giorni, si è chiuso con un attivo di 13mila euro, evidentemente troppo poco per l’editore, Paolo Agnelli [industriale del settore pentole a capo della “Agnelli metalli” e presidente di Confapi Lombardia] che ne ha deciso la chiusura. Secondo quanto riportato dovrebbe sopravvivere il supplemento mensile «Bergamo Economia», che potrebbe diventare settimanale.

Stessa sorte per «El Punt Avui», giornale della provincia di Valencia in Spagna, che ha dedicato tutta la prima pagina di ieri all’annuncio della cessazione delle pubblicazioni dal 3 di agosto venturo. Data dalla quale. anche in questo caso, esisterà soltanto la versione online.

Nonostante la fusione di circa un anno fa tra «El Punt» e l’«Avui», altro quotidiano regionale di proprietà dello stesso editore: Corporació Catalana per Hermes, la cui somma avrebbe dato una diffusione di 260mila copie, non vi sono stati i risultati attesi e si è scesi rapidamente a 202 mila copie in pochi mesi dall’aggregazione dei due giornali.

Numeri che, dopo l’annuncio di poco più di un mese fa di riduzione degli organici, ne hanno decretato la fine nonostante la forte specializzazione locale a cominciare dal fatto di essere scritto in catalano – valenciano. Continua la pubblicazione delle altre testate del gruppo editoriale spagnolo.

Segnali evidenti di come anche le testate che si concentrano su una specifica realtà locale, sia essa provinciale o regionale, abbiano forti problemi di sostenibilità in tutta Europa. Tendenza confermata ulteriormente dalla negatività dei risultati del primo semestre per Caltagirone Editore [«Il Mattino», «Il Messaggero» ed «Il Gazzettino»] con il margine operativo lordo che è stato negativo per 7,4 milioni – positivo per 6,8 nel 2011 – e il risultato operativo in negativo per 12,9 milioni  – positivo per 763mila euro l’anno scorso nello stesso periodo -.

Punto e a capo.

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Il Dilemma del Prigioniero 2nd Edition

Come ho già avuto modo di dire, il dilemma del prigioniero è una pietra miliare della teoria dei giochi, illustra egregiamente il falso paradosso della probabilità contro la logica. Un modello che pare perfettamente calzante all’attuale difficoltà di definire se e come sia possibile rimpiazzare i ricavi della carta con quelli del digitale.

Andie Tucher, Direttore della Columbia Journalism School, in poco più di tre minuti riassume il legame, e le contraddizioni di fondo, tra giornalismo come bene pubblico e necessità di profitto.

Le conclusioni, anche in questo caso, sono disarmanti con l’ammissione di non avere la più pallida idea di quale possa essere la soluzione rispetto ai modelli attuali [inadeguati] e scaricando la responsabilità della risposta, della ricerca della soluzione ai propri studenti, alla nuova generazione di giornalisti. Non a caso il video è titolato “The Profit Conundrum”: l’enigma, il mistero dei profitti.

Conclusione che, da un lato, conferma l’incertezza attuale su quale sia la soluzione migliore per rendere sostenibile il giornalismo digitale, e, dall’altro lato, preoccupa sulla funzione assolta nella formazione dei giornalisti del futuro persino da un istituto di fama internazionale quale la Columbia Journalism School.

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Achtung [illegale]

Pochi giorni fa è nato ufficialmente il Repertorio Promopress, l’iniziativa degli Editori italiani per la gestione dei diritti d’autore nelle rassegne stampa che raggruppa i principali giornali italiani, quotidiani e periodici.

Nel frattempo vengo del tutto casualmente a scoprire che esiste un sito/blog che consente di scaricare qualunque testata italiana in PDF. E’ possibile scaricare gratuitamente – ed è ovviamente assolutamente illegale – sia i quotidiani del giorno che le pubblicazioni periodiche, le riviste. Cliccando sulla testata scelta si viene indirizzati su un server tedesco per il download che in modalità normale è completamente gratuito mentre nella versione “gold” richiede 0,15€ al giorno per l’abbonamento annuale al servizio.

I volpacchioni [o il volpacchione] ha un account Twitter dove ogni giorno si segnala la possibilità di leggere gratuitamente le testate italiane e prega di retwittare per sostenere l’iniziativa. Non sorprende che l’account abbia quasi 4mila follower. Sorprende invece che questo abuso vada avanti da mesi senza che nessuno se ne sia apparentemente accorto, tranne nel caso del sottoscritto.

https://twitter.com/hombre076/status/229085021330362368

Ovviamente la mia segnalazione non è tesa ad incentivare la diffusione del “servizio”, ma esattamente al contrario mi auguro sia utile per far cessare al più presto l’iniziativa.

Achtung è illegale!

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I[n]spirazioni

Ana González Neira, professoressa della facoltà di comunicazione dell’Università di La Coruña e giornalista, dopo aver letto la mia bonaria provocazione di ieri ha raccolto gli stessi dati per quanto riguarda i quotidiani spagnoli.

A parità di possibilità di errore, di inaccuratezza dell’algoritmo, emerge un quadro ben diverso anche per giornali quali «El Pais» che vanta ben 1,7 milioni di follower su Twitter.

Come mostra la tabella di sintesi dell’elaborazione sottoriportata, gli utenti “fake”, i presunti bot, hanno un’incidenza di gran lunga inferiore a quelli che, utilizzando lo stesso strumento, sembrano avere i giornali del nostro Paese.  Pur restando alta la percentuale dei follower inattivi, di riflesso, è sensibilmente superiore rispetto ai quotidiani italiani il numero di account “veri” – attivi.

Sono dati che, dando per scontata la buona fede ed escludendo nel caso dei giornali nostrani la possibilità, l’intenzione, di acquisto di follower, fanno comunque suonare un campanello d’allarme nella valutazione dell’efficacia della comunicazione attraverso la piattaforma di microblogging.

Scrive Marco Pratellesi che “dalle metriche, dalla capacità di misurare il valore dei contenuti e il coinvolgimento dei lettori, dipende il futuro del giornalismo digitale”.

E’ proprio per questo che ho scelto di tornare anche oggi sull’argomento con l’obiettivo di fornire delle ispirazioni che suppliscano alle inspirazioni, così da evitare di gonfiarsi il petto con numeri di nessun valore.

A margine, sempre in tema di coinvolgimento delle persone su Twitter, si segnala Commun.it, tool di relationship-management che consente di verificare per il proprio account Twitter [o per più account nella versione pro a pagamento] gli influencers, i top supporters e i followers con maggior engagement.

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I Fake Followers di Quotidiani & Superblog Italiani

E’ ormai una settimana che quello che più di qualcuno inizia addirittura a definire come “Twittergate” tiene banco in Rete e sui principali quotidiani italiani.

Il sottoscritto se ne è tenuto volutamente lontano anche perchè il caso vuole che un paio di giorni prima della pubblicazione della desk research su Grillo avessi detto quel che penso, al di là dei casi specifici, sulla corsa ai followers.

L’unica integrazione che mi sento di fare è inerente al fatto che una ricerca, uno studio per essere tale deve riportare nella presentazione dei risultati un commento che spieghi, che interpreti e fornisca una chiave di lettura dei dati proposti, altrimenti non ci si può sorprendere se questi non vengono compresi o mal interpretati.  Se poi fosse indicata anche la percentuale statistica di errore, la varianza possibile tra l’esame del campione e la sua esplosione sul totale, sarebbe ancora meglio.  Quando si fanno degli studi con un intento promozionale è bene prestare attenzione ai dettagli altrimenti è abbastanza probabile l’effetto boomerang.

Per restare in tema mi sono divertito a produrre una provocazione analizzando i followers falsi e quelli inattivi dei principali quotidiani italiani e dei cosidetti superblog.

Utilizzando un tool: “Fake Follower Check”, applicazione realizzata allo scopo,  ho realizzato un’elaborazione della presenza su Twitter elencando testata, account, il numero di followers e quanti di questi siano falsi, inattivi o “veri” – attivi.

Forse il dato più interessante è relativo a quanti di questi siano inattivi. Una percentuale compresa tra il 35% ed il 57% che conferma come la corsa ai followers e/o ai fans sia un un nonsenso, un elemento che se non qualificato e pesato, integrandolo con altri fattori ed elementi, non ha pressoche alcun significato.

Si nota come il maggior numero di follower “fake” si concentri sulle testate che ne hanno un maggior numero. Elemento che gli stessi programmatori che hanno realizzato lo strumento avvertono essere suscettibile di un maggior margine di errore per account su Twitter che hanno più di 10mila followers. In buona sostanza al crescere del numero di followers la percentuale di errore cresce; è bene tenerne conto nella lettura dei dati.

Se qualcuno dei responsabili delle testate prese in considerazione inavvertitamente passasse per questa TAZ, mi permetto di consigliare una ripulitura degli account  attraverso i diversi strumenti che lo consentono. Personalmente io periodicamente uso questo, che mi consente anche di verificare una serie di altri  parametri ai quali ritengo sia doverso prestare attenzione.

E’ ora di cessare una volta per tutte il “celolunghismo” promozionale, pratica tanto diffusa quanto inutile. E’ questo il senso della provocazione odierna.

Update [ore 9.45]: Da leggere con attenzione l’articolo di Piero Tagliapietra. Analisi e revisione dei dati da manuale e conclusioni sulla necessità di analizzare anche gli utenti inattivi come proposto/realizzato dal sottoscritto.

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Tablets per Gioco

I tablets vengono utillizati prevalentemente per la fruizione dei contenuti e non per la creazione degli stessi.

Una ricerca svolta da Frank N. Magid Associates per conto di PlayFirst a marzo di quest’anno evidenzia come per i possessori di tablets l’attività principale, superiore anche alla lettura della posta elettronica, sia il gioco, con il 61% del campione che utilizza questo device per questo scopo.

Scrive Jane McGonical nel suo «La realtà in gioco. Perchè i giochi ci rendono migliori come come possono cambiare il mondo» che “C’è qualcosa di essenzialmente unico nel modo in cui i giochi strutturano l’esperienza”, continuando “Quando li si spoglia di tutte le differenze di genere e delle complessità tecnologiche, tutti i giochi hanno in comune quattro tratti definitori: un obiettivo, delle regole, un sistema di feedback e la volontarietà della partecipazione” che generano quello che viene chiamato eustress.

Elementi che se combinati con la disponibilità a pagare per giocare potrebbero, da un lato, rappresentare il cavallo di troia per monetizzare una parte dei contenuti da parte dell’industria dell’informazione e, dall’altro lato, aumentare permanenza sul sito e coinvolgimento delle persone.

I newsgames, o editorial games, e la gamification applicata all’informazione, approfondiscono l’esperienza del lettore, delle persone, creano coinvolgimento e partecipazione, migliorando complessivamente di riflesso le performance di business aziendali.

Sono aspetti che considerare ancora marginali rappresenterebbe una pericolosa sottovalutazione delle evidenti potenzialità.

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Il Mail Online Diventa Profittevole

Poco più di 6 mesi fa le attese del CEO di DMGT, gruppo che controlla Il «Mail Online», versione digitale del «Daily Mail», era estremamente cauto sulle possibilità di generare dei profitti a breve termine.

E’ di ieri l’annuncio che il quotidiano in lingua inglese con la maggior audience al mondo ha raggiunto per la prima volta un risultato positivo già a metà di quest’anno e proietta un risultato di 30 milioni di £ [38,5 milioni di €] contro i 16 milioni di £ del 2011. Un risultato che nasce da tassi di crescita straordinari con proiezioni per il 2013 di 45 milioni di £ che dovrebbero addirittura diventare ben 100 nel 2014.

In generale non è una novità che un taglio editoriale “leggero” attragga una fascia di utenti importante. Lo confermava già uno studio condotto all’inizio del 2011 che collocava TMZ, sito di notizie con un fortissimo orientamento al gossip, nella top ten delle fonti d’informazione più citate.

Un successo che se, da un lato, rappresenta un traguardo importante per le speranze di sostenibilità dell’informazione online, dall’altro lato, induce a riflettere sul tipo di informazioni che coinvolgono l’utenza soprattutto se paragonate alle gravi difficoltà economiche del «The Guardian» che dalle proprie pagine si interroga sulla fine dei giornali generalisti sostenendo in qualche modo l’ipotesi di lavoro del sottoscritto.

Se certamente la redditività non deve necessariamente passare attraverso la ricerca dell’effetto auditel con scandalismo e gossip, perversione della specializzazione, i risultati del «Mail Online» non possono che lasciare l’amaro in bocca a chi lavora per un’informazione di qualità.

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Mi Piaci, Ma Quanto Mi Piaci?

Innova et Bella, società di consulenza strategica, ha realizzato una desk research sulle capacità strategiche di relazione su Facebook dei principali giornali quotidiani in Italia, Francia, Spagna, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti. Per ogni nazione sono state poste sotto osservazione le strategie di relazione di 10 fra i quotidiani più diffusi, per un totale di 60 testate.

Per la valutazione delle strategie relazionali di ciascun ogni quotidiano sono stati valutati 12 indicatori delle [buone] pratiche di relazione:

1. Gestire una massa critica di portatori dʼinteresse.
2. Sviluppare la crescita partecipativa dei propri portatori dʼinteresse.
3. Coinvolgere tutti i principali portatori dʼinteresse lettori, giornalisti e dipendenti, imprese e istituzioni, nello sviluppo delle proprie strategie di relazione editoriale.
4. Sviluppare App per il social reading, dedicate a offrire ai lettori la possibilità di comporre il proprio quotidiano personale e di gruppo e di condividerlo in rete con i propri amici.
5. Offrire ai propri lettori lʼopportunità di una relazione diretta con i propri giornalisti [ad esempio lʼofferta di dialogo 1to1 con la propria firma preferita] sviluppando strategie di relazione personalizzate per ogni singolo giornalista.
6. Dedicare unʼattenzione crescente alla fase di “ascolto” dei propri lettori, allʼanalisi professionale dei loro dati di partecipazione e alla loro restituzione in rete.
7. Offrire al pubblico la partecipazione allʼagenda editoriale, considerando i comportamenti dei lettori più partecipativi.
8. Offrire contenuti iconografici, video e foto, con crescenti opportunità di dialogo e condivisione in rete con la redazione e con gli altri lettori.
9. Accrescere il valore aggiunto dei propri contatti, oltre il semplice “mi piace”, con lʼofferta di relazioni personalizzate di lungo periodo basate su interessi profondi.
10. Integrare le proprie strategie editoriali su più canali aperti: carta, online, app, blog, facebook, twitter, you tube, …
11. Sviluppare lʼofferta di contenuti in aree tematiche [quali salute, sport, finanza, etc.] proposte con strategie autonome di relazione su specifici target di clientela.
12. Valorizzare pubblicamente le relazioni sviluppate con i propri lettori [come ad esempio premiazioni e classifiche dei lettori a più alto tasso di partecipazione].

Sulla base di questi parametri e stata stilata una classifica globale ed una per ciascuna nazione con un rating in stile finanziario che parte dal massimo [tripla A], ottenuto solo da due giornali statunitensi, al minimo [C]. Classifica che vede al fondo, in 59esima e 60esima posizione, proprio due giornali del nostro Paese: «Il Resto del Carlino» ed  «Il Messaggero»

Secondo i risultati, liberamente scaricabili,  i tre giornali che adottano la miglior strategia di relazione sono «The Washington Post», «The New York Times» e «Bild». Nessun quotidiano italiano figura nella top ten della classifica.

Secondo quanto dichiarato dai redattori della ricerca, il primo premiato per le numerose possibilità di interazione, l’offerta di relazione dedicata ai giornalisti e ai reporter componenti lo Staff del giornale, la ricchezza di richieste di opinioni, consigli e la proposizione di tematiche incentivanti la partecipazione costruttiva del lettore. Di particolare rilievo l’App ‘Washington Post Social Reader’. Nel 2012 i likers di Washington Post salgono a quasi 400 mila, 172 mila nel 2011.

Al secondo posto, sempre con rating AAA, il NY Times. Il quotidiano che vanta il maggior numero di likers [2,2 milioni, erano 1,2 milioni nel 2011] è stato tra i primi ad utilizzare la nuova timeline in versione diario per raccontare la sua storia [nel 1959 la foto di un’inedita Marilyn Monroe tra i ritagli negli archivi del giornale]. Molto elevato il coinvolgimento dei suoi giornalisti nei dibattiti e nelle numerose tematiche di discussione.

Al terzo posto, con rating AA, il quotidiano tedesco Bild: elevata interattività, qualità estetica e dei contenuti caratterizzano la nuova veste della pagina social di Bild, che nel 2012 registra oltre 776 mila likers, erano 132 mila nel 2011.

Ai quotidiani italiani va il primato di crescita di “likers” e diventa la prima, allo stato attuale l’ unica, fra le sei nazioni prese in considerazione a presentare un numero di likers superiore alle copie diffuse, con «Il Fatto Quotidiano», primo tra i giornali del nostro Paese, che presenta un moltiplicatore eccezionale rispetto alle copie diffuse, pari a ben 10 likers per copia.

Insomma agli italiani i quotidiani piacciono, anche se non sono il media con il maggior numero di fans su Facebook, e sono 4 le testate che ottengo una A [#], ma, parafrasando una celebre campagna pubblicitaria di una compagnia telefonica che ossessionava con il ritornello: “mi ami, ma quanto mi ami?”, i responsabili dei giornali italiani dovrebbero chiedersi: mi piaci, ma quanto mi piaci? La risposta pare essere: non abbastanza da comprare il giornale. Vale la pena di rifletterci, ovviamente.

[#] Social Rating A: Un brand con social rating A sviluppa su Facebook superiori capacità relazionali. Le sue strategie e le sue pratiche di relazione sono valutabili come superiori alla media dei competitori del suo settore.

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Rendere il Giornalismo Digitale Sostenibile & Coinvolgimento del Lettore

Lucia Adams, digital development editor del «The Times», durante newsrewired, convegno sul giornalismo digitale recentemente promosso da Journalism.co.uk, parla di come rendere sostenibile il giornalismo digitale cercando si sviscerare cosa i lettori siano disposti a dare in cambio di un giornalismo di qualità.

Interessante panoramica sui diversi modelli di business praticabili ricca di comparazioni utili sui diversi approcci [e strategie di pricing] per far pagare i contenuti ai lettori e/o sulle revenues pubblicitarie per l’industria dell’informazione ai giorni nostri e la necessità di diversificazione dei ricavi. Speech dal quale emerge la centralità dell’attenzione a quelli che brutalmente la Adams definisce clienti e che personalmente preferisco chiamare persone.

Una centralità che emerge, se possibile, con ancora maggior chiarezza dall’intervento di John Barnes, managing director technology and digital division di Incisive Media, sul valore della fiducia e della qualità dell’informazione come pilastri per la creazione di valore aggiunto e coinvolgimento del lettore.

Altri interventi sono raccolti nella pagina del BBC Academy College of Journalism, tra tutti, ad integrazione, segnalo quello di Tamara Littleton, chief executive di eModeration, su come gestire praticamente una community di notizie e coinvolgere le persone.

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