Il settore dell’editoria è complessivamente un mercato “drogato” da finanziamenti e contributi statali di vario genere e tipo, che vanno dalle sovvenzioni dirette alla pubblicità legale passando per le inserzioni elettorali. Su questi elementi e sul compiacimento, atto ad ottenere sostanziose prebende, di aree di interesse specifico in ambito politico ed economico-commerciale si è sorretta per lungo tempo una fetta consistente dell’editoria e dei giornali nostrani.
Questo modello, alimentato anche dalla convinzione che la crescita degli investimenti pubblicitari potesse essere infinita ed incondizionata, ha generato le disfunzioni e le problematiche, che esplose con l’attuale crisi, sono dinnanzi agli occhi di tutti.
Strutture aziendali affette da burocrazia e gigantismo, scarso o nullo senso della competitività unitamente, ad adbundantiam, ad una gestione della notiziabilità complessivamente servile e/o clientelare per anni, per decenni, sono stati dunque il leit motiv di molti editori.
Non stupisce quindi né la crisi economica attuale né la svalutazione di credibilità anzi, eventualmente, sorprende che non sia avvenuta già tempo addietro.
La disintermediazione, avviata dall’ avvento di internet e proseguita con il successo dei blog prima e più in generale dei social media poi, ha contribuito fortemente, con la rapidità che contraddistingue tutte le rivoluzioni, sia ad evidenziare i fenomeni sinteticamente sopracitati che a decretare il declino concettuale prima e d’immagine poi dei mediasauri.
I giornali [e molti giornalisti] hanno sottovalutato e snobbato, nel nostro paese forse più che altrove, l’impatto del cambiamento finendo poi per subirlo o scimmiottarlo malamente.
Interventi, quali quello effettuato di recente dall’ottimo Gaspar Torriero, punzecchiano nervi infiammati e ne rivelano la fragilità e l’appartenenza scatenando flames che purtroppo non contribuiscono ad una crescita qualitativa del panorama di riferimento.
Anche se inizia farsi strada la razza mutante dei giornalisti/blogger, purtroppo continua la contrapposizione tra giornalisti/giornali e blogger/blog e, ahimè, ad oggi una partnership non appare possibile.
Se un domani, mi auguro il più vicino possibile, sarà realizzabile lo splayd [vd. immagine] potremo finalmente parlare di convergenza e di complementarietà invece che di distanze e di alternative. Sarebbe un beneficio per i giornalisti, per i blogger e per la collettività nel suo complesso.
A corollario del ragionamento può valere la pena di ricordare infine che esistono poi anche i giornalai ma in fondo non interessano a nessuno relegati al ruolo di poco superiore a quello del dispenser automatico di marocchinerie e contenitori promo pubblicitari senza status né voce in capitolo.

metafora partnership giornalisti - blogger
Disclaimer: Come in tutte le generalizzazioni esistono per definizione eccezioni e casi virtuosi, ne sono consapevole
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