Archivi del mese: Maggio 2009

Paradossi editoriali

La Newspaper Association of America, associazione che riunisce gli editori dei quotidiani statunitensi, secondo quanto riportato, cesserà la pubblicazione dell’edizione cartacea di Presstime per passare alla sola versione on line.

La scelta di chiudere il magazine mensile, nato nel 1969, è ovviamente dettata da ragioni economiche e dovrebbe consentire all’associazione un saving di circa 500mila US dollars all’anno.

La decisione rappresenta il paradossale, ennesimo, segno dei tempi e l’amara conferma delle condizioni in cui versa a livello internazionale l’editoria.

Crack Editoria

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Il futuro dei giornali nell’era del web, ovvero come uscire dalla crisi

L’ European Journalism Observatory ha rilasciato pochi giorni fa i risultati di una desk research sul futuro dei giornali e del giornalismo ai tempi di internet.

Come riportato nella prefazione al rapporto, la ricerca analizza quanto accaduto nel corso del 2008, gli effetti dell’attuale crisi economica sullo stato di salute dei giornali e il rapporto di questi ultimi con le contraddizioni sollevate dal mercato dell’informazione online. In particolare si tende ad individuare i costi associati alla stampa e al web verificando quali ipotesi di sviluppo sono possibili in base ai fondamentali economici legati all’uno e all’altro modello di produzione.

L’attualità del tema ne fa una lettura fortemente raccomandata a chiunque si occupi di comunicazione, come erogatore, fruitore o investitore.

Giornali come uscire dalla crisi

Concentrerei l’attenzione sulle dinamiche descritte all’interno del rapporto con specifico riferimento al nostro paese rimandandovi inevitabilmente alla lettura completa per gli opportuni approfondimenti e le interessanti comparazioni effettuate con gli altri paesi europei e gli specifici riferimenti a modelli di business solo on line [fondamentalmente non sostenibili] ed all’ipotesi dei micropagamenti.

Dal 2001 ad oggi il calo delle vendite di quotidiani nel nostro paese è stato superiore al 20% [circa 1.500.000 copie in meno] al quale corrisponde una chiusura di 6mila edicole pari al 17% del totale dei punti vendita. La liberalizzazione non è stata dunque una soluzione e non ha portato alcun miglioramento alla vendita dei giornali; i problemi – come noto ai più – sono altri.

Nello stesso periodo l’incidenza dei ricavi pubblicitari per i quotidiani è scesa dal 58% a meno del 50% del fatturato totale. Anche in questo caso la modernizzazione degli impianti di stampa ed il passaggio generale al colore non sono stati elementi sufficienti a recuperare competitività ed interesse verso gli investitori pubblicitari che hanno preferito altri media.

Così come in altre nazioni, anche in Italia gran parte del pubblico è orientato verso modelli convergenti del consumo di media, e da un’informazione unidirezionale si sta progressivamente sempre più spostando verso una molteplicità di fonti informative, internet incluso ovviamente. Appare dunque quasi tautologico constatare come i distinti media non siano dunque alternativi bensì complementari.

La complementarietà dei mezzi, con particolare riferimento ai quotidiani ed al web, è una delle peculiarità del nostro paese che registra la più alta incidenza dei quotidiani online come fonte di informazione rispetto a paesi come Spagna, Francia, Germania e Gran Bretagna.

Piramidi mediali in europa

Agli aspetti legati alla comunicazione ed al giornalismo, sui quali ci siamo soffermati, il rapporto aggiunge la visione sugli ambiti organizzativi e distributivi degli editori di quotidiani, analizzandone le carenze e fornendo interessanti spunti di riflessione e sviluppo tutti da approfondire. Sono questi aspetti coprimari nello sviluppo/rilancio dell’editoria, relativamente ai quali ahimè non siamo riusciti a trovare traccia né nella documentazione ufficiale diffusa recentemente né nei discorsi degli editori.

Se preferite, la sintesi del documento viene riportata testualmente da LSDI, anche se, come dicevo, le ricerche vanno lette ed interpretate.

Buona lettura.

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Dieci domande al Gruppo Repubblica – Espresso

“La Repubblica” ha creato un widget per diffondere ulteriormente le dieci domande alle quali il Presidente del Consiglio tarda a rispondere.

Oltre all’orologio che segna l’avanzare del tempo trascorso in attesa di una doverosa risposta, si viene invitati a diffondere anche il video che mostra le evidenti contraddizioni sulla vicenda in questione.

Mi sembra di assoluto interesse verificare come dopo lo sbarco su FriendFeed, adesso il quotidiano amplifichi la propria strategia di diffusione sociale delle notizie cercando di coinvolgere i blogger con la precitata campagna. A tale proposito mi permetto di suggerire di utilizzare anche le modalità che da tempo vengono proposte da “La Vanguardia” che sicuramente dovrebbero consentire una maggior propagazione a parità di condizione visto il generale interesse dei blogger al riguardo.

Replicando idealmente la struttura delle dieci domande mi chiedo [e di riflesso chiederei] se:

  • Si tratta di una campagna singola sul tema specifico

  • E’ una tattica difensiva atta a parare eventuali contraccolpi

  • Si tratta, invece, di una nuova strategia complessiva della testata di coinvolgimento sociale e di valorizzazione del brand

  • Quali i ritorni attesi e quali i criteri di misurazione della campagna in oggetto

  • La campagna è stata sviluppata con l’apporto esclusivo del gruppo di lavoro interno o sono stati utilizzati professionals/agenzie esterne

  • E’ la configurazione di un “ruolo non operativo” per Carlo De Benedetti ad aver consentito questo cambiamento

  • Non sarebbe forse stato più interessante sviluppare una campagna simile relativamente al “caso Mills”

  • Perché non è stata creata una pagina con tutti coloro che hanno aderito/contribuito alla campagna come spesso avviene in questi casi

  • Con la crisi della sinistra italiana e, ancor più, dei suoi quotidiani, “La Repubblica” ha forse immaginato di poter divenire unico punto di riferimento per recuperare consensi e lettori nell’edizione cartacea con questa operazione

  • Nel caso in cui il Presidente del Consiglio continuasse ad eludere il confronto e di fatto non rispondesse, “La Repubblica” intende [e se si come] continuare a fare pressione su questo tema

Come si suol dire in questi casi; domandare è lecito rispondere è cortesia; vale ovviamente sia per il Presidente del Consiglio che per il Gruppo Repubblica – Espresso*.

Resto dunque in paziente attesa di un feedback. Ovviamente il contributo di chiunque spiaggiasse in questi lidi è – come sempre – assolutamente gradito.

Effetti dei social media sugli acquisti

Effetti dei social media sugli acquisti

* Potrebbe essere questo un escamotage per verificare l’attenzione e le metodologie di tracking del subject da parte dei responsabili della campagna, no?

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Convegnistica ed apertura al nuovo

Ormai pare non vi sia più dubbio alcuno i giornali ed il giornalismo [purtroppo] devono fare i conti con il web e cambiare.

Come questo cambiamento debba e possa avvenire, al convegno tenutosi questo weekend alla Bagnaia, in fondo non l’ha detto nessuno ma quel che è certo è che per recuperare redditività il must è quello di far pagare le notizie on line.

E’ tale la determinazione e la consapevolezza della necessità di apertura al cambiamento per sorpassare questa crisi che persino i perseguitati politici, nonostante sino al giorno precedente evidenziassero la faziosità [comunista!] dei media, in occasione del convegno ricordano come il Paese [maiuscolo in riferimento alla località alle porte di Treviso] cresca grazie alla cultura, all’informazione ed alla libertà.

Forte di questa rassicurazione il cane da guardia della villa di Arcore, scodinzolando, esulta per la strabiliante iniziativa che il governo si impegna ad implementare a sostegno dell’editoria nazionale: regalare 380mila abbonamenti a quotidiani e riviste per un semestre a chi compie 18 anni.

Iniziativa necessaria, oltreché lodevole, poiché come ricorda l’ ad di Poligrafici editoriale i giornalai sono colpevoli di poter godere di ben 22 domeniche all’anno di chiusura [fanno circa solamente 330 giorni lavorativi all’anno], infatti: la domenica metà delle edicole sono chiuse, si spende più di benzina per andare in edicola che per il prezzo del quotidiano.

Insomma ci sono molte strade da provare per salvare informazione e giornali di carta ed al convegno non ne è stata trascurata nessuna: far pagare quel che oggi è gratuito, regalare ciò che alcuni insistono ad acquistare e penalizzare/bastonare il canale di sbocco commerciale.

Pare che andandosene qualcuno abbia scritto sulla lavagna della sala congressi la sua soluzione: “Salvare le notizie”. Già.

Change

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Partnership giornalisti & blogger

Il settore dell’editoria è complessivamente un mercato “drogato” da finanziamenti e contributi statali di vario genere e tipo, che vanno dalle sovvenzioni dirette alla pubblicità legale passando per le inserzioni elettorali. Su questi elementi e sul compiacimento, atto ad ottenere sostanziose prebende, di aree di interesse specifico in ambito politico ed economico-commerciale si è sorretta per lungo tempo una fetta consistente dell’editoria e dei giornali nostrani.

Questo modello, alimentato anche dalla convinzione che la crescita degli investimenti pubblicitari potesse essere infinita ed incondizionata, ha generato le disfunzioni e le problematiche, che esplose con l’attuale crisi, sono dinnanzi agli occhi di tutti.

Strutture aziendali affette da burocrazia e gigantismo, scarso o nullo senso della competitività unitamente, ad adbundantiam, ad una gestione della notiziabilità complessivamente servile e/o clientelare per anni, per decenni, sono stati dunque il leit motiv di molti editori.

Non stupisce quindi né la crisi economica attuale né la svalutazione di credibilità anzi, eventualmente, sorprende che non sia avvenuta già tempo addietro.

La disintermediazione, avviata dall’ avvento di internet e proseguita con il successo dei blog prima e più in generale dei social media poi, ha contribuito fortemente, con la rapidità che contraddistingue tutte le rivoluzioni, sia ad evidenziare i fenomeni sinteticamente sopracitati che a decretare il declino concettuale prima e d’immagine poi dei mediasauri.

I giornali [e molti giornalisti] hanno sottovalutato e snobbato, nel nostro paese forse più che altrove, l’impatto del cambiamento finendo poi per subirlo o scimmiottarlo malamente.

Interventi, quali quello effettuato di recente dall’ottimo Gaspar Torriero, punzecchiano nervi infiammati e ne rivelano la fragilità e l’appartenenza scatenando flames che purtroppo non contribuiscono ad una crescita qualitativa del panorama di riferimento.

Anche se inizia farsi strada la razza mutante dei giornalisti/blogger, purtroppo continua la contrapposizione tra giornalisti/giornali e blogger/blog e, ahimè, ad oggi una partnership non appare possibile.

Se un domani, mi auguro il più vicino possibile, sarà realizzabile lo splayd [vd. immagine] potremo finalmente parlare di convergenza e di complementarietà invece che di distanze e di alternative. Sarebbe un beneficio per i giornalisti, per i blogger e per la collettività nel suo complesso.

A corollario del ragionamento può valere la pena di ricordare infine che esistono poi anche i giornalai ma in fondo non interessano a nessuno relegati al ruolo di poco superiore a quello del dispenser automatico di marocchinerie e contenitori promo pubblicitari senza status né voce in capitolo.

metafora partnership giornalisti - blogger

metafora partnership giornalisti - blogger

Disclaimer: Come in tutte le generalizzazioni esistono per definizione eccezioni e casi virtuosi, ne sono consapevole

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Campagna stampa internazionale

E’ attualmente on air su alcuni periodici la sottostante campagna pubblicitaria a sostegno dell’ Internazionale.

La campagna pone l’accento su come gli avvenimenti internazionali siano aspetti che riguardano noi tutti molto più da vicino di quanto normalmente si tenda a considerare. Infatti il visual – come potete apprezzare – rappresenta la mappa ideale di una casa/appartamento ed il payoff recita, appunto, Internazionale, il settimanale che parla dei fatti di casa tua.

Anche sotto questo profilo i nostri quotidiani peccano di provincialismo dedicando prevalentemente le prime pagine agli avvenimenti nazionali [update]contrariamente a quanto avviene con i giornali diffusi in altre nazioni.

Internazionale adv print

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E paper, kindle e il futuro dell’editoria

La lettura approfondita del newspapers outlook 2009 fugava ampiamente le deviazioni tecnologiche di geek e giornalisti disorientati alla ricerca di certezze nel mezzo e non nel messaggio evidenziando, tra l’altro, come fosse risibile la propensione e l’interesse verso gli e-readers.

A ulteriore conferma della marginalità di kindle relativamente agli sviluppi futuri dell’editoria arriva la ricerca finalizzata dalla Piper Jaffray & Co. i cui risultati sono stati resi disponibili e sintetizzati da eMarketer non più tardi di ieri.

Come emerge chiaramente dalla tavola di sintesi sottostante, circa il 65% degli intervistati non manifesta interesse alcuno nei confronti degli e readers.

e readers

Considerando le differenze e il complessivo maggior livello di adozione delle tecnologie [telefonini esclusi] da parte degli statunitensi rispetto agli italiani direi, e mi auguro, che il capitolo << e paper-kindle-futuro dell’editoria/giornali >> possa considerarsi definitivamente concluso.

Come viene giustamente rilevato: “What a consumer is buying is the content, not necessarily the format.” .

Il processo di adattamento e modernizzazione dell’editoria ed il relativo dibattito al quale partecipiamo con interesse – e spero con positività – è al momento in una fase in cui nessuno pare avere delle soluzioni convincenti sul tema.

Iniziando a fare ordine e pulizia dagli orpelli [tecnologici e non] futili procederemo più spediti verso l’obiettivo.

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Il futuro del giornalismo on line è freemium?

Quotidianamente si arricchisce il dibattito sul futuro dei giornali ed ovviamente sulle possibilità di valorizzazione delle notizie on line.

C’è chi goliardicamente si burla del processo in corso, chi sconsiglia di intraprendere il giornalismo come professione e chi semplicemente augura buona fortuna, come il grafico sottostante sintetizza.

good luck journalism

Un’ottima sintesi ed una adeguata bibliografia/sitografia su quest’argomento sono stati recentissimamente resi disponibili da una brillante e solerte studentessa di giornalismo che ha pubblicato un suo essay sul tema specifico.

Il futuro del giornalismo è da anteporre concettualmente al futuro dei giornali ma non può prescindere tout court dagli aspetti economici poiché evidentemente si tratta sia della corretta remunerazione del lavoro svolto che della giusta valorizzazione dello stesso.

Per quanto riguarda le notizie on line e l’abitudine consolidata a fruirne gratuitamente mi sembra di assoluto interesse e credo possa essere un concetto sul quale lavorare l’idea di “freemium”, neologismo nato dalla fusione dei termini free e premium che evidentemente sottintende come vi possa essere una compensazione per idee, concetti e lavoro premium – di qualità – già funzionante in altri settori/segmenti e che parrebbe possibile applicare anche al giornalismo.

Da [ex]sedicente esperto di marketing la domanda quindi non può che essere: c’è un mercato/nicchie di mercato per il giornalismo freemium?

Update: Spunti sul tema vengono proprio oggi forniti anche da Gaspar Torriero & da Carlo De Benedetti [via]

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Comunicazione sul punto vendita

Poichè dalla nascita di Marta ad oggi si susseguono dimostrazioni di interesse e richieste di informazioni sullo stato di crescita della bimba da parte di una fetta consistente dei clienti delle persone in negozio, fedeli alla linea tracciata, abbiamo [ho] deciso di affiggere sulla porta di ingresso del negozio il sottostante manifesto in formato A3.

A voi:

Piango finché mi pare…..

Piango finché mi pare e piango più che posso.

Piango perchè non so parlare.

Piango per solidarietà con i miei amici.

Piango come piangono i bambini in tutto il mondo.

Piango così qualcuno prima o poi verrà.

Piango perchè non so cosa fare.

Piango perchè sono stufa di guardare il soffitto bianco.

Piango perchè ho fatto tanta cacca.

Piango perchè ho caldo, perchè ho freddo, perchè sto bene ma non voglio darvi la soddisfazione.

Piango non so perchè, ditemelo voi se lo sapete, oppure chiedetelo al pediatra che lui ha studiato.

Piango perchè per ora è la cosa che so fare meglio.

Piango perchè così creo un gran bel putiferio.

Piango perchè anche voi alla mia età piangevate.

Non ricordo più perchè ho iniziato a piangere, ma prima un motivo sono sicura che c’era.

Ovviamente piango perchè ho fame e non arrivo ancora alla maniglia del frigo.

Dopo il pasto piango perchè ho mangiato troppo e ho l’aria nella pancia.

Piangere però non fa male, non si muore di pianto, anzi se non piangessi morirei.

Quando piango sono sicura che vi ricordate di me e che state male per me.

In realtà io non piango mai per niente, quando piango è perchè voglio qualcosa e alla mia età desideri e bisogni corrispondono sempre.

Perciò non preoccupatevi troppo e sforzatevi invece di capire di cosa ho bisogno così ci mettiamo tutti calmi e tranquilli.

E fra poco si ricomincia…………….

Marta

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Pacchettizzato

La linea definita recentemente dallo “squalo”, come noto, sancirebbe la fine dei contenuti gratuiti per le edizioni on line dei quotidiani.

Il primo pensiero in tal senso corre ai micropagamenti ed addirittura a spacchettare [dio mio che termine rivoltante] i contenuti dei quotidiani rendendo fruibili a pagamento i singoli articoli.

Personalmente, come credo sia emerso tra le righe di quanto sin ora proposto, non credo assolutamente all’ipotesi dei micropagamenti a partire dal valore unitario della transazione che rende futile per ciascun soggetto coinvolto il valore della stessa a meno di realizzare volumi di vendita assolutamente irrealistici da qui ai prossimi cinque anni almeno.

Una stima del valore della transazione viene effettuata proprio all’interno degli spazi di uno dei quotidiani on line che entro l’anno in corso dovrebbe passare, appunto, a pagamento: “How much would you pay to read this page? At about 2,000 of the 50,000 or so words in the printed version of the Financial Times, it should in theory be worth about 4 per cent of the newspaper’s cover price – 10 US cents, 17½ euro cents or 8p”.

Financial Times Payments

Valore Micropagamenti Quotidiani

I micropagamenti sono l’ennesimo, comprensibile ma non condivisibile, sbandamento di un comparto in cerca di una ridefinizione del proprio modello di business. Come è stato sottolineato da più parti c’è la sensazione che molti stiano sperimentando o intendano farlo, strade di ritorno al passato, senza avere il coraggio di credere pienamente nel futuro.

It is not the strongest of the species that survive, nor the most intelligent, but the one most responsive to change”. — Charles Darwin

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