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Il Bianco Vince

Le discussioni, le analisi ed i commenti sul redesign del sito web del «The New York Times» si sono concentrate principalmente sugli aspetti commerciali ed in particolare sull’adozione del native advertsing.

La riprogettazione di un sito web è un evento cruciale e molto delicato. Qualcosa accuratamente progettato da un piccolo team di professionisti e sottoposto alla forma più democratica di controllo: chiunque abbia occhi può vedere cosa c’è di sbagliato con quanto realizzato.

Ciò è aggravato dal fatto che il rapporto con il nostro sito web preferito è più intimo che con qualsiasi pubblicazione cartacea. Online c’è così tanto contenuto, e cambia così rapidamente, che imparare a utilizzare un sito web, familiarizzare con i suoi contenuti e imparare a leggere è molto più centrale per l’esperienza di lettura rispetto al layout di una pubblicazione cartacea, alla lettura tradizionale alla quale siamo più abituati e che ci giuda maggiormente nel percorso di lettura.

Dal redesign del sito del quotidiano statunitense emergono indicazioni chiare su quale dovrebbe essere il primo criterio nella riprogettazione.  Il «The New York Times», probabilmente partendo anche dal successo di Snowfall, dà centralità al bianco, allo spazio.

Elemento che nelle pagine dei singoli articoli viene ancor più rimarcato.  Il testo viene centrato in uno spazio bianco e pulito, rendendo il carattere apparentemente ancora più grande di quanto effettivamente sia e dando gli articoli maggior chiarezza e facilità di lettura.

Il bianco vince.

White Space

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Incubatori

Il «The New York Times» ha annunciato pochi giorni fa la creazione di TimeSpace incubatore per start-up nel mondo dei media.

Chi ha un’idea o un’impresa nascente nell’ambito dei media e della multimedialità, mobile, social, video, tecnologia pubblicitaria, analisi, e-commerce o altro, avrà la possibilità di trascorrere quattro mesi negli uffici del quartier generale del quotidiano statunitense lavorando a contatto con chi si occupa di digitale all’interno del giornale, mostrando loro la demo di prodotto ed imparando da quella che la Direttrice, Jill Abramson, ha deciso debba essere la miglior redazione digitale del pianeta

Il perchè lo spiegano senza mezzi termini nello spazio dedicato al progetto: “Il New York Times, ed i media in generale, sono nel bel mezzo di cambiamenti senza precedenti. Il nostro obiettivo centrale rimane quella di migliorare la società, creando, raccogliendo e distribuendo notizie di alta qualità e di informazione. Vogliamo spingere noi stessi e spingere gli altri a trovare il modo migliore per farlo, e siamo convinti che TimeSpace può essere una parte di questo processo”.

Si tratta insomma di un’iniziativa che apporta benefici ad entrambi, con il giornale che potrà raccogliere e valutare idee fresche e innovative ed i neo imprenditori che potranno certamente avere un ritorno positivo dal contatto professionale con l’expertise di uno dei più importanti quotidiani al mondo che magari potrebbe decidere anche di partecipare finanziariamente alla loro proposta.

Una modalità attraverso la quale, finalmente, il crowdsourcing non è più un processo top down che apporta benefici a solo una delle parti, l’impresa. Un’idea che visti i tempi farebbero bene ad imitare anche i giornali italiani.

Time Space

Idea che, oltre alla modesta opinione del sottoscritto, viene sposata anche da Anthony De Rosa, Social Media Editor per Reuters, che infatti la suggerisce, in poco più di tre minuti, nella video intervista sottostante.

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Politica & Engagement dei Quotidiani Online

Il Giuramento di Obama per il secondo mandato come Presidente degli Stati Uniti è stata occasione per molti quotidiani online in lingua inglese di testare, di sperimentare modalità e format per coinvolgere il lettore, le persone. Oltre al caso di “Live Grid” del «The Washington Post» segnalato precedentemente, diverse sono state le proposte.

E’ il caso del «The Guardian» che nella sua versione dedicata agli USA ha chiesto ai propri lettori di esprimere consigli, richieste e critiche ad Obama raccogliendo quanto proposto in un unico spazio interattivo creato ad hoc NEL proprio sito web.

Message 4 Obama

Concettualmente simile l’idea del «The New York Times» che, appunto ha chiesto ai residenti nel District of Columbia, quello di Washington dove risiedono “i vicini di casa” di Obama, di esprimere i loro pensieri raccogliendo però in questo caso messaggi audio e video.

Più interessante “Build your own speech”, sempre del «The New York Times», che in una sorta di “gioco” per costruire il proprio discorso inaugurale partendo da un questionario con 5 domande multiple choice.

Discorso Inaugurale NYTimes Obama

In maniera simile al «The New York Times» anche il «The Boston Globe»  ha prodotto una proposta interattiva che favorisce il coinvolgimento del lettore ed il tempo di permanenza sul sito. La realizzazione del quotidiano di Boston si basa sulla ricerca di parole scelte dal lettore che vengono visualizzate con dei grafici interattivi mostrando da quali Presidenti degli Stati Uniti sono state pronunciate ripercorrendo i discorsi inaugurali di elezione dal 1933 ad oggi, a quello di Obama.

Freedom Obama

Tutte iniziative che con sentono di coinvolgere il lettore beneficiando dei volumi di traffico  e del tempo speso sul sito che questo può generare. Ma invece i giornali italiani a meno di un mese dalle elezioni politiche 2013 che fann0?

L’iniziativa più interessante è quella del quotidiano piemontese «La Stampa» che in collaborazione con LA7 e Google ha creato su Google+ uno spazio dedicato alle elezioni. Se l’iniziativa sulla rete sociale di Google è tesa principalmente a “creare brand” è lo spazio realizzato ad hoc per l’occasione sul sito che assolve ad altre funzioni di engagement .

In particolare sono interessanti dal mio punto di vista “il gioco”, costituito come nel caso del «The New York Times» da un questionario con 20 domande multiple choice per scoprire chi tra i leader politici in corsa corrisponde di più alle proprie idee e priorità. Apprezzabile iniziativa che però avrebbe richiesto di maggior trasparenza sull’algoritmo utilizzato per la realizzazione onde evitare sospetti di malcelati intenti promozionali a favore di questo o quel candidato [#].

Interessante altrettanto la possibilità offerta al lettore di creare un proprio manifesto politico anche se al momento il riscontro non pare essere elevato con soli 48 utenti che hanno colto questa possibilità al momento della redazione di questo articolo.

Ed ancora “La macchina della verità” che verifica ogni giorno le affermazioni dei politici con un autorevole fact-checking, messo a punto dalla redazione del giornale grazie alla collaborazione con i ricercatori della Fondazione Hume diretta dal professor Luca Ricolfi e “Le voci della politica” che permette di verificare le attività dei partiti e dei principali candidati sui social network e osservare come Facebook e Twitter reagiscono ai messaggi.

Iniziativa che resta praticamente unica a soli 30 giorni dal voto con «La Repubblica» che invece si dedica ad attività off line riproponendo “La Repubblica delle Idee” il 2 e 3 febbraio a Torino e «Il Sole24Ore» che realizza uno spazio ad hoc per le elezioni estremamente statico, tradizionale, eccezzione fatta per l’analisi del mood su Twitter e “Live Twitter” che comunque si limita a proporre i tweet dei candidati senza interattività e coinvolgimento del lettore che resta spettatore; un’occasione sprecata a pochi giorni dal lancio del nuovo sito del quotidiano di Confindustria.

Le voci della Politica

[#] Che sia chiaro che non sostengo che vi sia manipolazione, sostengo che bastava pensarci [è spesso “l’ultimo miglio” che fa la differenza] e dichiarare come è stato costruito.

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Un Laboratorio di Idee per Salvare i Banner

Se il formato display, i banner sostanzialmente, continua ad essere il più utilizzato la sua [in]efficacia ed il valore riconosciuto per cpm sono un problema importante da risolvere per l’advertising online compresa la, modesta, quota parte che arriva all’industria dell’informazione che in questa dinamica ha un problema nel problema.

«The New York Times»  tra le sua aree di sperimentazione create circa tre anni ha anche Idea Lab, laboratorio di idee come dice il nome al cui interno lavorano una decina di persone dello staff della ricerca e sviluppo del quotidiano.

Tra i vari temi di sperimentazione ve ne è uno specificatamente dedicato all’innovazione dei contenuti e dei formati da cui è nato anche recentemente “Snow Fall“, format editoriale di grandissimo successo [3,5 milioni di utenti unici hanno letto la pubblicazione]  ed un altro invece si concentra sull’innovazione nell’ambito della comunicazione pubblicitaria.

Al suo interno vengono presentate numerosissime sperimentazioni realizzate dal gruppo di lavoro del quotidiano statunitense in collaborazione con gli investitori pubblicitari, con le aziende,  a seconda dell’obiettivo di comunicazione. Sono presenti, e disponibili a chiunque sia interessato a leggerle, circa una cinquantina di case histories, di casi di studio con il concept e la demo della campagna realizzata per aziende come General Electric, Porsche, Reuters o Target, per citarne solo alcune.

Ed è proprio per Target che è stata realizzata una soluzione di comunicazione a dicembre 2012 che tra le tante mi pare di particolare interesse con oltre che il banner in testa alla pagina una timeline personalizzata che si aggiorna in maniera dinamica e si attiva ed è integrata con Twitter e Facebook.

Al di là delle specificità di ciascuna campagna le realizzazioni del «The New York Times» [di]mostrano due cose: la necessità di innovare e sperimentare e la differenza tra essere dei consulenti di comunicazione, dei partner del cliente e dei venditori di pixel come invece avviene nella maggior parte dei casi.

Non vi è dubbio, credo davvero, che il recupero di redditività dall’online per le testate, per i giornali, passi inevitabilmente da questi aspetti.

Target NYTimes

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Online Storytelling e Long Form Journalism

Molto spesso si afferma che la lettura online è veloce e che dunque gli articoli devono necessariamente essere brevi. Affermazione che probabilmente nasce da una confusione che non è solo di linguaggio tra veloce e distratta, tra disinteressata [nel senso di non interessata, non interessante] e coinvolta.

«The New York Times» [di]mostra invece cosa è possibile fare per rendere più coinvolgente l’esperienza di lettura online.

E’ online da ieri “Snow Fall”, storia di una terribile valanga sulle Cascade Mountains vicino a Washington che a tutta pagina, con un layout essenziale e pulito graficamente, fonde testo, immagini, video, mappe interattive ed altri elementi grafici che si rinnovano mentre si procede nella lettura rendendola un’esperienza davvero coinvolgente e consentendo alle persone di approfondire, se desiderato, rispetto a quanto riportato nel testo.

Approccio replicato concettualmente, seppure con una minor pulizia grafica, nell’articolo, gran pezzo di giornalismo investigativo, su come Wall Mart abbia effettuato pratiche scorrette e corrotto per entrare con i propri punti vendita in Messico.

Articoli  che in entrambi i casi vanno ben oltre le 10mila battute la cui realizzazione, sia sotto il profilo di utilizzo delle tecnologie disponibile che per quanto riguarda la filosofia, l’approccio concettuale, vengono spiegate da Steve Duenes, Graphics Director, e Andrew Kueneman, Digital Design, che hanno lavorato ad entrambi i progetti, in una loro intervista concessa al «The Atlantic».

Snow Fall

Modalità che starebbe per approdare anche in Italia secondo quanto riporta «Italia Oggi» che racconta dell’uscita ormai prossima di Marco Alfieri, firma economia di «La Stampa» dal quotidiano piemontese che lo porterebbe a «Linkiesta» a guidare, appunto, una nuova iniziativa, che dovrebbe chiamarsi “Linkbook”, che a regime dovrebbe editare tra le 3 e le 4 inchieste settimanali con approfondimenti su temi diversi ciascuno della lunghezza di 20 – 30mila battute al cui interno saranno presenti contributi video e un percorso interattivo di informazione.

L’immagine sottostante mostra la differenza tra un articolo “normale” e quanto realizzato dal NYTimes con “Snow Fall”

Il problema non è che le persone sono distratte, il problema è che evidentemente la maggioranza dei giornali non è in grado di interessarle, di coinvolgerle.

nyt-articles-comparison

Al momento della redazione di questo articolo, se voleste approfondire ulteriormente, ne scrivono anche The Economist, Poynter, FishbowlNY e Gawker

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I Primi Dieci Quotidiani Online al Mondo

comScore ha diffuso ieri i dati degli utenti unici dei siti dei quotidiani nel Mondo. Seppure i dati siano parziali poichè prendono in considerazione esclusivamente le versioni online di giornali che hanno un omologo cartaceo escludendo le testate alla digital come testimonia, uno per tutti, l’assenza dell’ Huffington Post, restano comunque d’interesse.

Secondo le rilevazioni di comScore nel mese di ottobre di quest’anno 644 milioni di persone, pari al 42,6% del totale degli internauti, hanno visitato almeno una volta l’edizione online di un quotidiano. Di questi ben 338,7 milioni di visitatori [51%] nel mese si concentrano nei primi dieci quotidiani e 137,6 milioni [21,3%] sono appannaggio dei primi tre: «Mail Online», «The New York Times» e «The Guardian».

Ad esclusione del primo, del «Mail Online» che recentemente ha annunciato profitti addirittura superiori alle attese nonostante un valore ridotto per CPM rispetto agli altri quotidiani britannici, non pare che anche grandi volumi di traffico di per sè siano garanzia di ritorni economici adeguati.

Il calo, ormai da inizio 2012, dei ricavi pubblicitari del «The New York Times», le perdite consistenti del Guardian Media Group non sono un caso isolato.

Anche gli 8 giornali del Tribune [che includono il «Los Angeles Times» hanno serie difficoltà e sono stati posti in vendita, il Telegraph Media Group, seppure abbia complessivamente un bilancio positivo, vede calare i suoi ricavi e Washington Post Co. continua ad accumulare perdite e i ricavi dall’online sono stati in calo del 14% nell’ultimo trimestre e pare ormai certo abbia intenzione di adottare un paywall, anche se non è dato di sapere se “metered” o completamente chiuso, nel 2013.

Neppure i 12 giornali della Advance Digital, gruppo Conde Nast, se la passano tanto bene con 600 licenziamenti nonostante venga riportata una crescita del 22% dei ricavi dall’area digital, segno evidente dell’ennesimo caso in cui i ricavi dall’online non compensano le perdite della versione cartacea.

Un vero e proprio bollettino di guerra ahimè che testimonia ulteriormente la necessità di passare dal piedistallo allo sgabello.

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Presidenziali USA: Vittorie sulla Carta [e dintorni]

Ormai la vittoria di Obama è cosa certa ed anche il «The New York Times», cauto sino all’ultimo, che ha rimosso il suo metered paywall per l’occasione, assegna la vittoria ad Obama.

Il «The Guardian», uno dei quotidiani ad aver scelto da tempo l’approccio “digital first”, dimostra che digital first doesn’t mean print last e alle 5,20 di stamattina esce con la prima della versione cartacea con la vittoria di Obama a tutta pagina.

Per quanto riguarda la Rete durante queste elezioni molte le rappresentazioni delle notizie che hanno utilizzato bene multimedialità e approcciato l’informazione in maniera tanto non convenzionale quanto efficace.

Di seguito una mia personalissima selezione di quelle che mi sono sembrate le migliori o comunque le più interessanti, di cui fare tesoro per riutilizzarle, adattandole ovviamente, in futuro. Cliccando sulle immagioni avrete accesso alla fonte originale, spesso interattiva.

The Words of a Nation – «The New York Times»

Il quotidiano statunitense ha prodotto una sorta di mappa delle parole, degli umori degli americani durante le elezioni. E’ possibile, anche, inserire il proprio termine preferito

America: Elect! – «The Guardian»

Il giornale britannico ha prodotto una graphic novel non statica che riassume la corsa alle presidenziali dal 2008 ai giorni immeditamente precedenti le elezioni.

Facebook Stories – Facebook

Il più popoloso social network del pianeta ha riassunto, utilizzando Facebook Stories, in una mappa, ma non solo, le dichiarazioni di voto delle persone che hanno usato Facebook Places durante il voto. Simile l’approccio del grande rivale, di FourSquare, che però ha numeri di gran lunga più ridotti.

Union Metrics – Reazioni su Tumblr

Union Metrics, azienda che monitora i trend su Tumblr, ha realizzato una visualizzazione delle reazioni alle elezioni sulla piattaforma di microblogging monitorando anche il numero di post per secondo che sono arrivati anche a quota 172 mentre l’osservavo. Certamente inferiori al picco di 300 Tweet per secondo di Twitter ma numeri comunque  davvero importanti.

Twitter – Twitter Government

Impressionante il numero di Tweet sulle elezioni con un picco di 327.453 tweet alle 11:19.

Molto interessanti le analisi prodotte da Twitter in questo periodo. Tra tutte il “Twitter Political Index” che ha misurato il “sentiment degli utenti.

Infine le celebrazioni del vincente, di Obama che carica, sempre su Twitter, le parole “Four more years” accompagnate dalla foto di lui che abbraccia la moglie, grande protagonista di queste presidenziali. Il tweet, al momento della redazione di questo articolo, ha ottenuto la bellezza di 417.00t retweet e 1,8 milioni di “likes” sulla sua pagina Facebook; un altro record.

Auguri Mr. President!

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Leggere [Bene] i Numeri del NYTimes

I dati diffusi ieri dal «The New York Times» sui suoi risultati economici nei primi nove mesi del 2012 confermano quello che, utilizzando una metafora, ho da tempo deciso di definire il dilemma del prigioniero, pietra miliare della teoria dei giochi che illustra egregiamente il falso paradosso della probabilità contro la logica. Un modello che pare perfettamente calzante all’attuale difficoltà di definire se e come sia possibile rimpiazzare i ricavi della carta con quelli del digitale.

Rispetto allo stesso periodo del 2011 i ricavi pubblicitari registrano una flessione del 7,1%, con un calo del 10,9% per la versione cartacea accompagnato, altrettanto dal calo per la versione online/digitale del 2,2%.

Nello stesso arco temporale gli intrioti dalle vendite del quotidiano crescono dell’8,5%. Vi sono attualmente 566,000 abbonamenti a NYTimes.com mentre le copie del cartaceo si aggirano intorno alle 780mila nei giorni feriali e raggiungono 1,27 milioni di copie la domenica.

Tendenza che si era già evidenziata, seppur in maniera meno accentuata, nel trimestre precedente.

Questi numeri, personalmente, mi dicono alcune cose che vorrei condividere e sulle quali, spero, di aprire un confronto leale e costruttivo. Come si suol dire, i miei 2 cents.

Se calano anche i ricavi dall’advertising online significa che continuano ad esserci tensioni sui listini anche per un grande quotidiano. Guerra dei prezzi, per usare un termine forte, determinata essenzialmente dalla percezione, sia da parte delle persone che degli investitori pubblicitari di uno scarso, ridotto valore rispetto ad altri media come era già emerso con chiarezza anche dal report della Nielsen sul tema.

Dall’altro lato, anche se putroppo il NYTimes non fornisce lo spaccato dei ricavi dalla versione cartacea e da quella online/digitale, pare che il numero delle persone disponibili ad attivare un abbonamento alla versione online si stia plafonando nonostante la forte promozionalità effettuata dal quotidiano statunitense. Inoltre, gli abbonamenti all’edizione digitale del «The New York Times»  rappresentano comunque “solo” il 30% degli abbonamenti dell’edizione cartacea il cui prezzo ad inizio marzo è stata aumentato di altri 50 centesimi arrivando a 2,50$ a copia [5$ la domenica]. Visti i rapporti di copie e di prezzo è molto probabile che in realtà la crescita dei ricavi dalle copie vendute sia per la maggior parte generata dalla versione cartacea.

Siamo in un periodo storico in cui si parla molto di dati, e di open data. Impariamo a leggere bene i numeri.

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I Giornali Tornano agli Anni 50

Mark J. Perry, professore di economia e finanza alla School of Management dell’ University of Michigan, ha preso i dati della Newspaper Association of America degli investimenti pubblicitari sui quotidiani dal 1950 al 2011 ed i dati dei primi due trimestri di quest’anno.

La NAA dal 2003 fornisce anche il dettaglio della quota di adverting online per i giornali statunitensi. Se nel primo anno di rilevazione il peso degli investimenti pubblicitari online rispetto ai ricavi complessivi era del 2,6%, il 2011 si è chiuso con un’incidenza del 13,6%. Una tendenza che scaturisce da tassi di crescita a due cifre – ad esclusione del 2009 – per l’online ma soprattutto dal calo [- 54%] degli investimenti per la versione cartacea dei quotidiani. Trend che peggiora ulteriormente nei primi due trimestri del 2012 con l’online, che ora pesa il 14,7% del totale, che cresce solamente del 2% e la carta al – 6,5%.

Come mostra il grafico di sintesi realizzato da Perry, il livello della raccolta pubblicitaria complessivamente [carta + online] è inferiore a quanto erano i ricavi nel 1953.

Se questo avviene in un mercato dove il valore riconosciuto per CPM è di gran lunga superiore a quello nel nostro Paese e che vede la presenza di colossi dell’informazione che attirano milioni di utenti unici sui loro siti, quale uno per tutti il  «The New York Times», è evidente come, nonostante le differenze rispetto alla situazione italiana, sia assolutamente necessario ricercare nuove fonti di ricavo per l’industria dell’informazione.

Tema discusso recentemente da Clay Shirky, “guru” dei media e professore di interactive telecoms alla New York University, Andrea Stone dell’ «Huffington Post» e Paul Farhi, media reporter per «The Washington Post».

Su cause, concause e possibili soluzioni, assolutamente da leggere: “Beyond Print: From Newspapers to News Media” [H/T: Nico Biagianti] e le considerazioni di Martin Baron, «Boston Globe» editor, pubblicate da Romenesko, “Newspapers are badly bruised, but not beaten”.

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Analisi dell’Audience delle Fonti d’Informazione su Twitter

SocialFlow, società di servizi di social analytics, ad inizio di questo mese ha pubblicato i risultati di un’analisi effettuata su sei fonti d’informazione internazionali. Sono stati presi in considerazione i comportamenti dei followers su Twitter di «Al-Jazeera», «BBC News», «CNN», «The Economist», «Fox News» e «The New York Times».

Lo studio ha preso in considerazione più di 20 milioni di tweets da parte di 7 milioni di follower tra i quasi 18 milioni di utenti che complessivamente seguono le sei fonti d’informazione citate.

Al momento della redazione di questo articolo @AJEnglish ha 1.237.728 followers, @BBCNews 896.848, @CNN 5.739.709, @TheEconomist 2.264.613, @FoxNews 1.807.812 e @NYTimes 5.964,604.

Dai risultati della desk research emerge, come è naturale che fosse, una bassa sovrapposizione dei followeers dei diversi account con «The New York Times» e «The Economist» al 28,7% che presentano il massimo livello di accavallamento. Soltanto 663 persone dei 7 milioni presi in considerazione seguono tutte le sei fonti informative.  Distinti, altrettanto, per le diverse fonti d’informazione sia gli argomenti discussi che i termini che hanno generato il maggior numero di click – e dunque traffico – verso il sito web come mostra la word cloud sottostante.

– Top keywords che hanno generato traffico da Twitter –

Emerge con chiarezza, ed è una conferma tanto interessante quanto importante, come non sia la quantità di followers a fare la differenza e, a livello speculativo, a generare il maggior numero di click e di retweet.

Se i retweet servono a fare brand awareness, a creare notorietà di marca e misurano in qualche modo la fiducia nella fonte d’informazione, i click, al di là dell’aspetto speculativo di generare traffico al sito, indicano il livello di coinvolgimento e di adesione tra temi proposti ed adesione da parte dell’audience, del pubblico di riferimento.

Il grafico di sintesi dei risultati sotto riportato indica chiaramente come non siano «CNN» e «The New York Times» – le due fonti ad avere il maggior numero di followers tra quelle esaminate – ad avere nè il maggior numero di click verso il proprio sito web e neppure di retweet.

Insomma, con buona pace di chi ama credere che il numero di followers, o di fans, sia un attributo importante, emerge come invece siano la capacità di coinvolgere le persone e di avere la loro fiducia gli attributi giusti.

– Click e Retweet per Fonte d’Informazione –

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