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Cara Grazia

Il canale edicole rappresenta ancora oggi mediamente l’80% dei ricavi [vendite e pubblicità su carta stampata] del settore nel nostro paese, ciò nonostante l’attenzione degli editori alla relazione con il trade, con i giornalai, è praticamente assente.

Non esistono politiche di canale, vi è una totale carenza di azioni di trade marketing e l’attenzione al punto vendita si limita alla produzione di locandine di dubbio gusto e fattura da esporre non si capisce bene dove.

Uno dei tanti elementi di frizione tra gli edicolanti e gli editori riguarda le azioni di cut price che, decise unilateralmente, contrariamente a quanto avviene in altri canali, vanno ad intaccare i margini dei giornalai come spiegava molto bene nel suo commento Massimo Ciarulli.

In uno dei tanti gruppi di aggregazione spontanea di edicolanti su Facebook è in atto una protesta contro il settimanale Grazia che in occasione del restyling/rilancio verrà veicolato per 4 settimane a 0,50€. La protesta questa volta, invece che contro l’editore come in passato, mira dritta al cuore rivolgendosi agli investitori pubblicitari, attraverso una mail che viene loro inviata, che hanno deciso di pianificare su quella rivista richiamando la loro attenzione sulla decisione di non esporre la rivista, vanificando dunque, almeno in parte, l’effort promozionale e, per traslato, la penetrazione delle campagne pubblicitarie.

c.a. DIREZIONE COMMERCIALE
Certamente sarete a conoscenza che il settimanale GRAZIA Ed. Mondadori per proprie strategie di Marketing verrà distribuito per un intero mese con prezzo speciale a 0,50. Tale prezzo permette all’editore di far conoscere al grande pubblico il proprio prodotto, ma il conseguente guadagno di appena 4cent per ogni giornale venduto, oltre a ledere la dignità di noi GIORNALAI, ci sacrifica materialmente ed economicamente
La vostra AZIENDA in questo giornale ha investito economicamente, con una intera pagina per pubblicizzare il proprio marchio, e nello specifico nel N° 31 01/08/2011; è nostro dovere comunicarvi che NON sarà nostro interesse tenere in evidenza e “ben esposto” il settimanale in oggetto, e certamente la nostra professionalità non verrà sfruttata per incentivare i nostri clienti all’acquisto di questa pubblicazione. Pare evidente alla prova dei fatti che privilegeremo la vendita di “illustrati” con prezzi e aggi che non mortifichino ancor di più la nostra categoria; ciò comporterà un sicuro calo di “lettori effettivi” del settimanale GRAZIA con un conseguente calo di visibilità della vostra pubblicità.
Certamente il vostro ufficio marketing potrà utilizzare i mezzi adatti per confrontare a fine campagna le statistiche di vendita del Settimanale GRAZIA, sia con la linea di “previsione”, sia quella di vendita “accertata”, e potrà certificare se l’investimento in pubblicità risulterà positivo o deficitario
Distinti saluti

Il rilancio di un prodotto, di qualsiasi prodotto, è sempre un’operazione costosa e difficile, non mi risulta che si possa ipotizzare di avere successo senza coinvolgere il trade in tali operazioni.

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Carta Canta

Il Festival Internazionale del giornalismo conclusosi domenica è stato un vero successo. Secondo quanto riportato le presenze hanno registrato un tasso di crescita dell’11% rispetto all’edizione del 2009 con oltre 50mila presenze.

Un contesto interessante non solo per i valori assoluti ma anche per la tipologia di persone accorse da ogni parte d’Italia per seguire la tre giorni nella città estense che sicuramente dimostrano un vivo interesse per i temi relativi ai media nelle diverse sfaccettature.

Un’ottima occasione evidentemente anche per promuovere iniziative editoriali ad un pubblico sufficientemente ampio e selezionato al tempo stesso.

E’ quello che giustamente ha pensato il quotidiano on line diretto da Luca Sofri [presente ad uno dei dibattiti] che per l’occasione ha distribuito una selezione degli articoli pubblicati nel tempo.

Come? Su carta, ça va sans dire.

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Investire sulle Edicole

Italia Oggi del 24 agosto scorso pubblica un’intervista a Luca Dini, Direttore dell’edizione italiana di Vanity Fair.

Dini, nell’articolo titolato Vanity Fair cresce senza sconti, dopo aver elencato i successi raccolti nell’ultimo periodo dalla rivista, sostiene che il taglio prezzo di una rivista sia pericoloso poiché svaluta la pubblicazione agli occhi del lettore acquirente, concludendo: “una prima risposta è investire in edicola e sulla fidelizzazione: in tal senso Vanity Fair è cresciuto negli anni e in qualità” .

Sono concetti che mi trovano assolutamente d’accordo sia pour cause in veste di giornalaio che, come ho avuto modo di affermare, indossando la giacca di [sedicente] esperto di marketing.

Sono certo che sia comprensibile il mio stupore, ed evidentemente il mio disappunto, quando il giorno dopo aver letto l’intervista all’arrivo di Vanity Fair n°34 del 1 settembre 2010 vi si trova la cartolina di abbonamento con uno sconto 70% [vd immagine].

Diceva Arthur Schopenhauer che l’egoismo teoretico possiede la coerenza della pura follia; esso non abbisogna di confutazione – che è impossibile – bensì di cure. E’ straordinario quanto l’affermazione sia calzante in questo caso.

Amplierò il ragionamento in maniera più organica domani parlando di edicola del futuro e futuro delle edicole.

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[In]Competenti

Sabato scorso il gruppo editoriale Espresso-Repubblica ha ideato una promozione davvero geniale.

Omaggiare in contemporanea la stessa rivista che si pretende di vendere, distribuendone gratuitamente un numero straordinariamente superiore [poiché legato alla diffusione del quotidiano di riferimento del gruppo] a quelle immesse sul circuito per la vendita.

Son colpi di genio che sono certo verranno utilizzati come case history di esempio della competenza nel marketing editoriale.

Ah, quando leggerete i dati ads di Velvet del mese di agosto andate lisci come sul velluto, son tutti dati veritieri che rispecchiano la situazione.

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Colli di Bottiglia & Promozionalità Fallimentare

Sicuramente sarà capitato almeno una volta a ciascuno di noi di andare in un edicola e ricevere il proprio quotidiano senza l’inserto previsto per la data d’uscita.

Questo avviene poiché gli inserti vengono stampati prima dei quotidiani e la tiratura del giornale può avere variazioni, anche significative, in funzione di avvenimenti che l’editore giudica importanti e che immagina faranno aumentare le vendite di quel determinato giorno. In questo modo si determina dunque una sfasatura tra il numero degli allegati, degli inserti, e le copie veicolate nelle edicole.

Questo aspetto di vincolo del sistema ad un singolo componente si definisce genericamente “collo di bottiglia”.

Nella pratica, al di là dei tecnicismi, il lettore si trova dunque a dover pagare un prezzo maggiorato senza avere il corrispettivo o, in alternativa, a scegliere una diversa pubblicazione da quella che avrebbe desiderato.

Quando questo avviene, come è il caso di questa settimana, a causa di interventi che dovrebbero essere promozionali nelle intenzioni, si sfiora l’assurdo.

Per quanto di mia conoscenza infatti, la maggioranza delle edicole di Ferrara e provincia al termine della mattinata di martedì erano già in rottura di stock di “Sorrisi & Canzoni TV” poiché era stato distribuito un numero di copie decisamente inferiore a quanto avviene di solito.

Il motivo? La pubblicazione di programmi televisivi era accoppiata [“banded” come si suol dire in gergo] con Panorama. Evidentemente i costi o il numero di copie disponibili, o entrambi gli elementi, del settimanale di attualità ha condizionato tiratura e diffusione di Sorrisi e Canzoni.

Risultato? Clienti, lettori, scontenti, edicolanti infuriati.

Non vi è dubbio, promozione fa rima con astuzia. O no?

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Facebook Media

Facebook ha appena lanciato una pagina, uno spazio, dedicato specificatamente ai media con consigli e tutorials di “best practices” per giornalisti ed addetti ai lavori che vogliano migliorare le loro capacità di utilizzo del social network più importante [almeno numericamente] al mondo.

Interessante iniziativa sia per i contenuti che per l’idea che c’è dietro la proposta.

[Via]

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Il Primo Libro che Costa un Tweet

“Oh my God what happened” è il primo libro che costa “un tweet”.

Per scaricare gratuitamente il libro infatti bisogna solamente pubblicare un messaggio di 140 caratteri su Twitter.

Opera di un’agenzia di comunicazione statunitense che ha lavorato per marchi di fama internazionale, nasce come aiuto per una migliore comprensione delle dinamiche e degli strumenti utili per comunicare positivamente sul web.

Non solo vale la lettura ma costituisce un’interessante esperimento del qual sentiremo parlare certamente a lungo. Complimenti agli autori.

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Botta & Risposta

Alla campagna pubblicitaria da 90 milioni di dollari che cinque tra i big players del mercato editoriale statunitense ha realizzato per sostenere, soprattutto nei confronti degli investitori pubblicitari, la superiorità della lettura su carta rispetto a quella su internet, non si è fatta attendere la risposta.

Il visual dell’annuncio sbeffeggia quello che vede Michael Phelps come testimonial, realizzato come una sorta di lettera aperta scanzonata e provocatoria si chiude con un logo costituito dalle icone di alcuni dei protagonisti del web ed il payoff assolutamente “politically scorrect”.

Dice David Cohn “There is no such thing as competitors, just collaborators in disguise.”, non pare purtroppo un atteggiamento diffuso.

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Mi si è Staccato un Bottone

Ragionare per differenze aiuta a esemplificare, agevola, attraverso il paragone, il processo logico. Ci proviamo.

Nel corso della stessa settimana due quotidiani nazionali di due diversi stati cambiano la veste grafica ed alcuni contenuti della home page.

Da un lato, in Italia, “La Repubblica”, che approfitta dell’occasione per attaccare qualche bottone << social >> ed inaugurare al tempo stesso la stagione dell’invasività pubblicitaria.

Dall’altro, in Argentina, “La Voz”, che, letteralmente, << sbatte il lettore in prima pagina >>, inserendo nella home page la sezione dedicata agli utenti del giornale ed all’area dedicata ai contributi realizzati dagli stessi.

Come ricorda giustamente l’amico Gianluca Diegoli “non è la vostra promozione ma la loro conversazione a differenziare il vostro prodotto, e provocare un acquisto”.

Per quanto mi riguarda, null’altro da aggiungere.

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Alice nel Paese delle Meraviglie

L’edizione di venerdì del Los Angeles Times, nella versione “tradizionale” cartacea, è arrivata nelle mani dei propri lettori con una finta prima pagina che in realtà era l’annuncio pubblicitario del film con Jonny Deep “Alice nel Paese delle Meraviglie”.

Il caporedattore ed alcuni giornalisti del quotidiano statunitense, secondo quanto riportato, si sarebbero opposti all’iniziativa prima della pubblicazione dell’annuncio, senza però ottenere soddisfazione dal management in tal senso.

Sulla base di indiscrezioni raccolte, parrebbe che l’investimento effettuato dalla Disney per la campagna sul LATimes si aggiri intorno ai 700mila dollari [circa 510mila €], cifra che in tempi di crisi quali quelli attuali ha rotto ogni barriera, in termini di relazione con i lettori ed immagine del quotidiano, relativamente all’opportunità di realizzazione di tale iniziativa.

L’iniziativa ha aperto un dibattito inteso su quali debbano essere i limiti della pubblicità sulla stampa.

Sono questi temi sorpassati da tempo in Italia, paese caratterizzato dalla logica promozionale del 3X2, del discount, che, come è stato detto, eccita l’ingordigia del lettore occasionale, che compra il giornale per i supplementi o gli omaggi e diventa la regola della confusione tra quantità di carta inutile,  piena di pubblicità, dai titoli urlati, volgari, che viene preferita spesso da questa tipologia di acquirenti alla carta stampata, fatta di notizie provate e indagini originali, ben scritte.

Nazione in qui ci indegna per l’invasività delle campagne on line, mentre passano sotto il silenzio generale e l’indifferenza più assoluta campagne permanenti di giornali e giornalisti compiacenti, in barba a qualsiasi codice di etica professionale.

Avvisate Alice, questo è già il paese delle meraviglie, purtroppo da qualsiasi prospettiva lo si osservi.

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