Archivi del mese: aprile 2010

MediaBugs

Arriva il correttore di errori della stampa.

Dopo quasi un anno di sperimentazioni ha visto la luce MediaBugs, progetto diretto da Scott Rosembreg e finanziato dalla Knight Foundation. L’iniziativa vuole essere un terreno di confronto civile che riunisca gli errori e migliori la comunicazione tra cittadinanza attiva e giornalisti riunendo tutti gli errori ed omissioni in un solo sito con l’obiettivo di risolverli.

Una volta pubblicato l’errore, i suoi responsabili – redattori, capi servizio o editori – possono spiegare il proprio punto di vista e le misure adottate per risolverlo.

MediaBugs, seppur ancora in beta, ha iniziato ad essere pubblico dal 20 di aprile e sin ora ha raccolta una decina di errori dei quali solo uno è stato corretto al momento. Il servizio attualmente è funzionale solo per la stampa statunitense ed, in particolare, per quella dell’area della baia di San Francisco.

Chissà mai che, come è avvenuto con Spot.Us, non venga realizzata la versione italiana, ce ne sarebbe un gran bisogno.

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Iperconcentrazione della Stampa in Italia

Le 24 pagine dello speciale regalato per celebrare i primi 40 anni di vita del Manifesto sono tutte da guardare e da leggere.

Offrono uno spaccato approfondito dello stato dell’arte dei media nel nostro paese da diverse prospettive, sintetizzando la massa di informazioni con infografiche chiare e ben realizzate.

Tra tutte ho scelto quella relativa all’iperconcentrazione della stampa nel nostro paese che mostra come circa il tre quarti del mercato sia nelle mani di cinque gruppi editoriali: RCS, L’Espresso, Mondadori, Il Sole24Ore e Caltagirone; dettagliando per ciascun editore la tipologia di attività.

Se pochi attori detengono il mercato e riescono ad avere bilanci in passivo viene naturale pensare o che non sappiano fare il proprio mestiere o che gli interessi economici di chi detiene il comando di questi gruppi siano rivolti altrove.  Nessuna delle due ipotesi è di conforto per chi lavora, a vario titolo, in questo settore.

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Ringrazio gli amici del Manifesto per avermi fornito il file immagine soprariportato con cortesia e sollecitudine. Ricordo che lo speciale è disponibile per il download gratuito.

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Ad Literacy

Per aiutare i bambini a comprendere la pubblicità, la Federal Trade Commission statunitense ha prodotto un gioco ideato per educare la fascia di età pre-adolescenziale [8-12 anni] a comprendere quest’ area della comunicazione.

Come si può leggere nella home page del sito creato ad hoc per lo scopo, “La pubblicità è ovunque, online, all’esterno e in televisione. Chi realizza gli annunci? Come funzionano? Che scopo hanno? Qui lo scoprirai, imparerai ed esplorerai”

Il gioco è composto di 4 livelli di gioco [The Atrium, Assemblimater, Planadtarium and Adgitator] per sviluppare la capacità critica, in termini di capacità di discernere, e comprendere come gli annunci sono “targettizzati”. I giocatori imparano attraverso un percorso esperienziale basato su prodotti reali quali Choco Crunch cereal e Cleanology acne medication.

Sono state realizzate anche due aree di supporto per i genitori e gli insegnanti affinché possano supportare il processo di scoperta ed apprendimento critico favorito dal gioco.

Admongo, integra video, esempi di annunci pubblicitari, un glossario dei termini usati e molto altro ancora rendendolo davvero completo, confermando, se necessario, ruolo ed importanza dell’edutainment.

Un percorso che personalmente mi sento di suggerire non solo ai più piccini.

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Flussi Tipografici

Julian Hansen, studente danese di graphic design, ha creato questa sorprendente e splendida tavola, labirinto di scelte tipografiche.

Modello alternativo di scelta, in funzione del progetto da realizzare, in vendita sul laminato 24×18 dal 02 Maggio prossimo venturo.

Realizzazione davvero pregevole oltreché funzionale, come illustra l’autore esemplificando con quali modalità è arrivato a determinare il carattere da utilizzare per la tavola.

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40 Cents per un Peluche [per Pensatori Liberi]

Il Manifesto, secondo i dati relativi alle diffusioni dei quotidiani rilasciati ieri, scende per la prima volta sotto le 20mila copie.

Non è un buon modo, purtroppo, per festeggiare l’anniversario di quarant’anni di [r]esistenza del giornale che cade proprio oggi.

Per l’occasione il quotidiano comunista mette in vendita il giornale a 40 centesimi omaggiando uno speciale sulla libertà di stampa che è di grande valore per qualità dei contenuti.

Una iniziativa di pregio che prosegue nella direzione giusta. Se non riusciste a trovarlo potete scaricarlo liberamente a partire da stasera.

Dice Alessandro Robecchi, in uno dei rari casi in cui non utilizza la sua ficcante ironia, che la vita comincia a 40 anni.

Avendo già formulato qualche minimo suggerimento, oggi non posso che limitarmi a formulare alla redazione i miei migliori auguri. Per il sottoscritto dopo 33 anni di lettura del quotidiano in questione , seppur con frequenze diverse in distinti periodi, sarebbe come perdere il primo peluche; anche se lo teniamo impolverato in uno scaffale nascosto siamo contenti di sapere di averlo.

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Contact Us

Se aveste bisogno di contattare il Telegram [quotidiano locale statunitense], qualunque sia il motivo, non avrete problemi nell’identificare con immediatezza il riferimento corretto grazie all’elenco reso disponibile pubblicamente sul sito web del giornale, che è perfino limitante definire esaustivo .

Per chi ama il giornalismo, vale la pena di segnalare anche la sezione del quotidiano appositamente dedicata alle correzioni.

C’è da imparare qualcosa in entrambi i casi.

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Hanno venduto l’anima per non leggere il contratto

L’azienda inglese per il commercio di videogiochi GameStation ha comunicato ai media che possiede 7.500 anime di altrettanti suoi clienti online. Il fatto risale al primo aprile e non è solo un «pesce».

Secondo quanto scrive FOXNews, la catena commerciale quel giorno ha inserito nei contratti d’acquisto in Rete una clausola d’acquisto legalmente valida, in cui ha posto la cessione dell’anima del compratore come condizione della corrispondenza tra domanda e offerta di vendita.

La clausola è stata inserita con lo stesso corpo, piccolo, di tutte le altre contrattuali, solite. Afferma che «inviando un ordine d’acquisto via Web il primo giorno del quarto mese dell’anno 2010, Anno Domini, dichiaro che sono d’accordo a dare l’opzione non trasferibile di reclamare, ora e sempre, la mia anima immortale. Se l’azienda intende esercitare questa opzione, acconsentirò alla consegna della mia anima immortale e qualsiasi reclamo che potrei esercitare al riguardo, lo farò entro il quinti giorno lavorativo dal ricevimento della notifica scritta di GameStation o di uno dei suoi dipendenti specificamente autorizzati».

La catena commerciale ha anche precisato che «si riserva il diritto di fare questa notifica in caratteri fiammeggianti alti sei piedi (= 1,80 m) e non assume fin d’ora nessuna responsabilità per ogni perdita o danno derivante da tale atto. Se l’attuale proprietario a) non crede che l’anima è immortale, b) l’ha già data a un altro, o, c) non vuole cederla, clicchi il link in basso per annullare questa clausola e procedere nella transazione».

La clausola contrattuale è nata come una beffa, ma è servita al venditore per evidenziare che la grandissima maggioranza dei clienti non legge i contratti di acquisto e le aziende possono permettersi d’inserire i termini e le condizioni di vendita che vogliono.

Tratto da: Iriospark

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Mi si è Staccato un Bottone

Ragionare per differenze aiuta a esemplificare, agevola, attraverso il paragone, il processo logico. Ci proviamo.

Nel corso della stessa settimana due quotidiani nazionali di due diversi stati cambiano la veste grafica ed alcuni contenuti della home page.

Da un lato, in Italia, “La Repubblica”, che approfitta dell’occasione per attaccare qualche bottone << social >> ed inaugurare al tempo stesso la stagione dell’invasività pubblicitaria.

Dall’altro, in Argentina, “La Voz”, che, letteralmente, << sbatte il lettore in prima pagina >>, inserendo nella home page la sezione dedicata agli utenti del giornale ed all’area dedicata ai contributi realizzati dagli stessi.

Come ricorda giustamente l’amico Gianluca Diegoli “non è la vostra promozione ma la loro conversazione a differenziare il vostro prodotto, e provocare un acquisto”.

Per quanto mi riguarda, null’altro da aggiungere.

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I Conti in Tasca al NYT, un’ipotesi

Juan Varela a commento dei risultati economici del NYT diffusi la scorsa settimana,  ha sviluppato una simulazione, un’ ipotesi, di quale potrebbe essere ragionevolmente l’impatto di una eventuale decisione del quotidiano statunitense di spegnere le rotative e proporre solo l’edizione on line.

L’analisi mi pare ben ponderata e i conti, per quanto ipotetici, realistici.

In buona sostanza, nell’ipotesi di una passaggio totale al digitale, il giornale newyorkino dovrebbe ridurre di oltre la metà sia i suoi costi e la struttura. Il numero di addetti dagli attuali 3200 dovrebbe ridursi di oltre 1000 unità.

Varela, correttamente, si chiede se sia possibile una ristrutturazione di tale portata, e, soprattutto, se il costo sociale e professionale della stessa sia ragionevole.

Dalla mia prospettiva, una conferma di come la sfida per il futuro dell’informazione, sotto il profilo economico, sia sulla convergenza e non sulla sostituzione.

Business Model Canvas - clicca per ingrandire -

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Fact Checking: Quando i Conti non Tornano

Ieri sono stati rilasciati i risultati del 1st quarter [1° trimestre] del New York Times. Dopo un lungo periodo buio, il celebre quotidiano statunitense torna all’utile con risultati positivi in assoluto ed ancor più se paragonati al pari periodo dell’anno precedente.

Nel riportare la notizia l’attenzione di praticamente la totalità delle fonti ha enfatizzato come nell’ambito dei ricavi la grande crescita sia dovuta all’ottima performance della vendita della pubblicità on line, evidenziando, in molti casi, altrettanto, la debacle della raccolta pubblicitaria tradizionale su carta.

Ho verificato essere così per TechCrunch, Paid ContenteMedia, The Awl ed altri ancora. Anche le agenzie in Italia, riprendendo la notizia, enfatizzano il medesimo aspetto.

Per chi si interessa di questi aspetti la notizia era una bomba, come si suol dire, sia per la positività dei risultati che a maggior ragione per la fonte dei ricavi. Mi sono sentito in dovere dunque di approfondire, di verificare, di ricercare se i conti originali del NYT erano stati pubblicati per leggere con i miei occhi il dettaglio di quanto le fonti che ho citato segnalavano.

Li ho trovati! Chiari , dettagliati, in  forma di conto economico a scalare, facilmente comprensibili anche a chi non è un esperto.

Incredibilmente nessuno cita quello che è il dato in assoluto di maggior rilevanza: una crescita del 3,5% dei ricavi dalla vendita del giornale. Sono tralasciati tutti gli aspetti inerenti gli importanti aspetti riorganizzativi del quotidiano di New York che generano un non trascurabile -18% dei costi.

Sia l’aumento delle vendite che l’importante saving dei costi sono lampanti, evidenti a chiunque legga il conto economico del giornale. Se nessuno ne parla può dunque significare che la verifica fatta dal sottoscritto non è stata effettuata, e questo per testate quali TechCrunch sarebbe grave, o che non si ha interesse a presentare questo aspetto essendo focalizzati [pour cause?] solo sulle revenues derivanti dal digitale. In nessuna delle due ipotesi si può stare allegri.

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Tutto il dettaglio, incluso l’aspetto relativo ai ricavi pubblicitari suddivisi per area, è disponibile QUI.

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