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Effetti Collaterali

Il Blackberry, ed in particolare il suo servizio criptato di messaggistica istantanea  che già tempo fa aveva sollevato timori e censure in alcuni stati della penisola araba, come noto, è stato il mezzo di comunicazione utilizzato durante i recenti scontri che hanno attraversato le città della Gran Bretagna.

RIM, l’azienda produttrice dello smartphone, aveva immediatamente specificato che il suo sistema era rispondente alla legislazione britannica ed offerto la propria collaborazione alla polizia non senza qualche imbarazzo per l’indesiderato coinvolgimento nei disordini.

Brandwatch ha svolto un’analisi del “sentiment” relativamente alle menzioni su Twitter della marca in questione identificando non solo il naturale incremento delle citazioni ma anche una crescita significativa, come mostra il grafico di sintesi sottoriportato, della negatività di atteggiamento nei commenti.

Effetti collaterali che smentiscono il luogo comune del «purchè se ne parli» facendone un’interessante case study per coloro che si occupano di pr online.

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Congetture

La strage in Norvegia è un caso da manuale di cattiva copertura giornalistica di un evento.

Se la rincorsa a dare l’informazione per primi ha generato distorsioni più o meno volontarie, anche i commenti, le chiavi di lettura dei tragici fatti non hanno mancato di sorprendere aggiungendo ulteriore disgusto ad un evento che era già di per se stesso ripugnante.

Da leggere al riguardo l’articolo pubblicato sul Guardian che parla proprio di «fact-free conjecture» [congetture non fondate su fatti] riferendosi al trattamento informativo complessivamente dato alla notizia in questione.

A completare il desolante panorama di congetture e disinformazione ci ha pensato un servizio del TG1 che traccia parallelismi tanto azzardati quanto infondati tra la strage ed i videogiochi chiudendo così, ci si augura, la lista delle cose da non fare in questi casi.

Nel centenario della sua nascita torna di attualità quanto affermava Marshall McLuhan in The Mechanical Bride nel 1951 che spiegava come “quello di cui c’è bisogno non è attaccare la lampante imbecillità, ma spiegare ciò che la sostiene”.

Risulta evidente come il giornalismo delle congetture pour cause abbia fallito anche alla luce di quanto scritto dal sociologo canadese.

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La Nostalgia Futura dei Formati che si Estingueranno

Nuovi mezzi con sempre maggior rapidità sostituiscono quelli preesistenti relegandoli, nella migliore delle ipotesi, ad oggetti di modernariato per pochi nostalgici.

I format ed i mezzi della comunicazione classica del prime time e del one to many vengono progressivamente soppiantati da modelli che iniziano ad uscire dalla fase sperimentale.

Resta ancora molto da fare per trovare mezzi e modalità di comunicazione e relazione che riescano ad attirare e coinvolgere gli utenti senza  non intrusivi.

Quanto tempo ci vorrà ancora è difficile a dirsi ma l’ineluttabilità del percorso è fuori discussione,  la sequenza tratta da “Mad Men” ne è una chiara rappresentazione.

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YouTube Timeline

Secondo quanto riportato , dopo cinque anni dalla nascita YouTube “vanta” una media di due miliardi di pagine viste al giorno.

Nonostante il successo ottenuto in questo lustro, l’utente medio spende circa un quarto d’ora sulla piattaforma di video sharing contro le circa cinque ore  passate vedendo la televisione [dati USA].

Il team di lavoro di YouTube promette, ovviamente, che farà di tutto per colmare questo gap.

Interessante la timeline, il grafico interattivo di sintesi, realizzata per l’occasione.

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Lei è un cretino, si informi!

Sull’organo di stampa governativo stamane viene pubblicato un articolo, a firma di Filippo Facci, che parte in un riquadro in prima pagina con il titolo “Chissenfrega dello sciopero dei blogger” [scritto esattamente così] per poi svilupparsi con altrettanta signorilità e professionalità a pagina 18 del quotidiano in questione con un nuovo titolo: “Quei blog che scioperano per il diritto di insultare”

Il Facci nell’articolo si scaglia contro il mondo intero prendendosela dapprima con i giornalisti, con particolare riferimento a Luca Sofri ed a Sandro Giglioli per poi concentrare il suo delirio – come da titolo – contro i blogger e concludendo, finalmente, con una cronistoria vittimista degli abusi di cui il poverino sarebbe stato vittima.

La sapienza e la professionalità del giornalista in questione sono riassunti tutti in questo periodo dell’articolo: “Che cosa vogliono costoro? È semplicissimo: vogliono che la rete resti porto franco e che permanga cioè quella sorta di irresponsabile e anarchica allegria che era propria di una fase pionieristica di internet e che era precedente a quando «la rete» non era ancora divenuta ciò che è ora: un media rivoluzionario, ma pur sempre un media, dunque la propaggine di altri media anche tradizionali che sono regolati dalla legge come tutto lo è.”

Internet è una propaggine di altri media tanto quanto il Facci è una propaggine del giornalismo più becero.

Per riprendere una delle più celebre battute di Antonio de Curtis non si può che concludere che: lei è’ un cretino, si informi!

Demagogia

Che il Facci non si preoccupi, entro 48 ore rettifico.

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Convegnistica ed apertura al nuovo

Ormai pare non vi sia più dubbio alcuno i giornali ed il giornalismo [purtroppo] devono fare i conti con il web e cambiare.

Come questo cambiamento debba e possa avvenire, al convegno tenutosi questo weekend alla Bagnaia, in fondo non l’ha detto nessuno ma quel che è certo è che per recuperare redditività il must è quello di far pagare le notizie on line.

E’ tale la determinazione e la consapevolezza della necessità di apertura al cambiamento per sorpassare questa crisi che persino i perseguitati politici, nonostante sino al giorno precedente evidenziassero la faziosità [comunista!] dei media, in occasione del convegno ricordano come il Paese [maiuscolo in riferimento alla località alle porte di Treviso] cresca grazie alla cultura, all’informazione ed alla libertà.

Forte di questa rassicurazione il cane da guardia della villa di Arcore, scodinzolando, esulta per la strabiliante iniziativa che il governo si impegna ad implementare a sostegno dell’editoria nazionale: regalare 380mila abbonamenti a quotidiani e riviste per un semestre a chi compie 18 anni.

Iniziativa necessaria, oltreché lodevole, poiché come ricorda l’ ad di Poligrafici editoriale i giornalai sono colpevoli di poter godere di ben 22 domeniche all’anno di chiusura [fanno circa solamente 330 giorni lavorativi all’anno], infatti: la domenica metà delle edicole sono chiuse, si spende più di benzina per andare in edicola che per il prezzo del quotidiano.

Insomma ci sono molte strade da provare per salvare informazione e giornali di carta ed al convegno non ne è stata trascurata nessuna: far pagare quel che oggi è gratuito, regalare ciò che alcuni insistono ad acquistare e penalizzare/bastonare il canale di sbocco commerciale.

Pare che andandosene qualcuno abbia scritto sulla lavagna della sala congressi la sua soluzione: “Salvare le notizie”. Già.

Change

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