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I 24 Social con il Maggior Numero di Utenti Attivi

Business Insider, testata all digital della quale in Italia si parla troppo poco e che invece rappresenta una case study da seguire con attenzione, ha pubblicato l’estratto di un rapporto, disponibile solo a pagamento, di censimento ed analisi di social media e social network nel mondo.

All this technology is making us antisocial

Il Grafico sottostante sintetizza i risultati della ricerca per quanto riguarda il numero di utenti attivi per ciascuno dei 24 social presi in considerazione.

Se Facebook si conferma il social network più popoloso del pianeta non mancano dati d’interesse, in particolare per le aziende che non operano solo nel mercato domestico, in Italia, essendo attive a livello internazionale.

Tra i primi 10 spiccano 3 piattaforme di messaggistica: WhatsApp, Line e WeChat. A tale proposito, proprio una decina di giorni fa vedevo come una mia amica interagiva in un gruppo su WhatApp per attivarsi, e coordinarsi con le proprie venditrici, per i prodotti di una multinazionale della cosmesi professionale; c’è da rifletterci con attenzione.

Twitter, la piattaforma di microblogging che di tanta fama ed onore gode, è solamente al nono posto, dietro a due delle tre precitate piattaforme di messaggistica  e ad altri social media che godono di notorietà ed attenzione decisamente inferiori. Uno per tutti Tumblr.

Foursquare è nella parte bassa del censimento con soli 40 milioni di utenti attivi nel mondo. La conferma, se ce ne fosse stato bisogno, che pointification  e badgification sono solo una parte del game design, della gamification, se si vuole dare un senso e coinvolgere gli utenti, le persone.

Business Insider infine segnala come tra i principali social network sia Linkedin l’unico a non essere bloccato dalle autorità cinesi. Altra indicazione non trascurabile per chi opera a livello internazionale; non solo per il B2B, direi.

Largest Social Network in the World

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Gamification Pills

Oggi pomeriggio alle 15:30, nella splendida cornice dell’Auditorium di Santa Apollonia, nell’ambito della due giorni fiorentina dedicata al giornalismo digitale, terrò un mini-seminario sulla gamification.

Il seminario è “sold out” [GRAZIE!]. Qui trovate le slide del mio intervento modificate, integrate, dopo aver avuto dagli organizzatori la lista dei 30 professional che si sono registrati al workshop, rispetto  a quelle pubblicate la settimana scorso nella mia rubrica per l’European Journalism Observatory.

Informazione di servizio: Per coloro che per impegni lavorativi non potessero partecipare a Dig.it 2013, potranno seguire il “live blogging” di «Varese News», vedere la diretta streaming su Intoscana. Hashtag della manifestazione #digitfi13.

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La Gamification è una Cosa Seria

Dopo la pausa estiva riprende la mia rubrica per l’European Journalism Observatory.

Oggi si parla di gamification, anche delle news. L’articolo è un po’ lunghetto [oltre 8mila caratteri] ma ma in meno si rischiava la superficialità su un argomento del quale si parla molto ma sul quale, ahimè, regna ancora parecchia confusione.

A complemento della panoramica sul tema la mia presentazione, che mi riservo di modificare, di adattare una volta avuto i nominativi – ed il profilo – dei partecipanti dagli organizzatori, per il mini-seminario  che terrò il 16 settembre prossimo venturo a Dig.it, due giornate fiorentine dedicate al giornalismo digitale, sull’argomento.

Buona lettura di:  “La gamification è una cosa seria, anche per le news”.

what-is-gamification

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Cattiva Gamification

La gamification è ormai una modalità sufficientemente nota, anche i giornali e le riviste di massa del nostro Paese iniziano ad occuparsene con articoli sul tema. L’applicazione  delle tecniche di gioco a contesti non ludici coinvolge il marketing ma anche la gestione delle risorse umane e pure la politica.

Sono sempre più i casi di ricerca di modalità di coinvolgimento nella vita politica attraverso la gamification che, sperimentate abbondantemente oltreoceano, iniziano ad approdare anche nello scenario della comunicazione politica del nostro Paese.

Dopo il tentativo ,non esattamente azzeccato, effettuato alle ultime elezioni dalla lista guidata dall’ex Presidente del Consiglio Monti, è ora la volta del Partito Radicale. Dal 5 di agosto infatti per promuovere la firma dei 12 referendum è stato lanciato “Referendario Social”, applicazione Facebook il cui obiettivo è quello di diffondere sul  social network le informazioni circa i quesiti referendari provando, il condizionale è d’obbligo, a stimolare la condivisione attraverso elementi di gamification.

Si chiede ai “referendari social” di aggiungere il badge alla propria foto profilo, condividere il link del sito, le cartoline e le notizie del blog. Il gioco prevede l’assegnazione di punti per ogni condivisione, due classifiche, una settimanale ed una globale, premi virtuali e premi reali al termine della campagna.

Referendario Social

Se l’obiettivo è, come recita il comunicato stampa dei radicali diffuso il 5 agosto scorso, “coinvolgere i volontari che già oggi contribuiscono a diffondere le notizie sulla campagna referendaria; attrarre nuovi volontari e stimolare la loro partecipazione”, siamo, mi spiace, sulla strada sbagliata.

Da un lato infatti tutto il percorso è impostato esclusivamente sulla condivisione “social” dei contenuti escludendo qualsiasi altra possibile forma di partecipazione attiva ma, soprattutto, dall’altro lato, sono evidenti la mancanza di un percorso, di game design, limitandosi fondamentalmente agli aspetti più elementari dei meccanismi di gioco applicati a contesti non ludici  ed inserendo esclusivamente quella parte che viene definita con i termini di [sigh!] badgification e pointification.

Ed il vincere badge e punti tanto per vincere stanca. Arriva un punto in cui se si continua solamente a cercare di segnare punti ci si annoia, cade la motivazione, c’è bisogno di “qualcosa d’altro”, ed è lì che fallisce “Referendario Social”. Non a caso, dopo quasi un mese dal lancio, al momento della realizzazione di questo articolo, secondo quanto viene riportato nella dashboard principale, i referendari iscritti sono in totale solo 357 ed i referendari attivi nelle ultime 48 ore sono 46 anime pie che calano a 32 considerando i referendari attivi nelle ultime 24 ore. Davvero ben poca cosa.

Come dicevo ad inizio anno, durante la mia lecture al master in giornalismo scientifico digitale della SISSA International School for Advanced Studies di Trieste, la gamification non è solo un fornire le pedine e i dadi: bisogna essere bravi a costruire il gioco dell’oca, è evidente come in questo caso l’obiettivo prevalente di comunicazione sia quello di costruire, di alimentare buzz, passaparola rispetto alle proprie proposte senza però alcun tipo, alcun criterio, di motivazione a farlo.

La badgification, pur stimolando il coinvolgimento delle persone con questo tipo di ricompense, se fine a se stessa, molto spesso rischia di creare aspettative che poi restano vuote di significato, mentre il valore aggiunto della gamification è quello di generare emozioni positive, eustress, come dice Jane McGonical in “La Realtà in Gioco”.

Proprio su le cattive applicazioni della gamification, Badgeville ha lanciato in questi giorni un “laboratorio” di monitoraggio ed analisi dei diversi casi. Io, nel mio piccolo, ne parlerò il 16 settembre prossimo venturo a Dig.it, due giornate fiorentine dedicate al giornalismo digitale, in cui terrò un mini-seminario proprio sulla gamification. Mi dicono gli organizzatori che dovrebbe esserci ancora qualche posto disponibile, se credete ci vediamo lì per approfondire.

Referndario Social Classifica

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Hype Cycle per le Tecnologie Emergenti 2013

Gartner, anche quest’anno,  ha esaminato il livello di maturità, il ciclo di vita di 1900 tecnologie e le tendenze di 92 settori/mercati valutandone e prevedendone il livello ed i tempi di diffusione nell’adozione.

Sono specificatamente identificati livello di accettazione ed impatto relativo con riferimento al vissuto esperienziale ed all’interazione dell’utenza. Quantità e qualità di informazioni che si rendono progressivamente disponibili, ed il loro possibile utilizzo, sia in chiave di comunicazione e marketing che, più in generale, alle prese di decisione aziendale.

La sintesi dei risultati, riassunti  nell’immagine sottostante, è stata pubblicata due giorni fa. Per ciascuna tecnologia, per ogni soluzione viene mostrata la fase del ciclo di vita ed il livello di aspettativa che vi è riposta.

Il tema principale di questa edizione dell’ Hype Cycle è l’evolversi del rapporto tra uomo e macchina, si incoraggiano le imprese a guardare oltre la ristretta prospettiva che vede solo un futuro in cui le macchine ed i computer sostituiscono gli esseri umani. Infatti, osservando come le tecnologie emergenti sono utilizzate dagli “early adopters” in realtà vi sono tre tendenze principali sul lavoro:

Interazione “aumentata” degli esseri umani con la tecnologia [per esempio, un dipendente con un dispositivo di elaborazione indossabile], macchine che si vanno progressivamente sostituendo agli esseri umani [per esempio, un assistente virtuale cognitiva in qualità di interfaccia automatizzata per il cliente], esseri umani e macchine che lavorano fianco a fianco – per esempio, un robot mobile di lavoro con un dipendente in un magazzino per spostare le merci.

“Le imprese del futuro devono utilizzare una combinazione di queste tre tendenze per migliorare la produttività, trasformare il cittadino e l’esperienza del cliente e ricercare vantaggio competitivo”, ha detto Hung Lehong, research vice president di Gartner.

hype-cycle 2013

La gamification si trova al termine della prima linea ascendente ed i tempi per un’adozione di massa sono stimati in un periodo compreso tra i 5 ed i 10 anni; lo stesso vale per crowdsourcing, per l’adozione domestica del 3D printing e la realtà aumentata. Si stima che le social analytics raggiungano la massima adozione in un periodo compreso tra 2 e 5 anni, altrettanto per quanto riguarda le interfacce indossabili, tipo google glass, e la realtà virtuale.

L’immagine sotto riportata facilita la comprensione della fase di ciascuna delle tecnologie inserite nell’ Hype Cycle. Se voleste approfondire ulteriormente oggi alle 18:00 GMT è possibile seguire il Webinar di Gartner sul tema previa registrazione.

Gartner Chiavi di Lettura Ciclo di Vita

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Gamification sulla Carta

«Il Corriere della Sera», nella sezione, nella pagina che durante il mese di agosto molti quotidiani dedicano ai giochi, ha inserito, con cadenza giornaliera, un anagramma che si risolve se si sono letti con attenzione gli articoli pubblicati dal giornale di via Solferino nei giorni precedenti. Ad onor del vero esiste anche una versione in Rete, chiamata “Fatti & Misfatti della settimana. News Quiz” dove però si tratta semplicemente di una batteria di domande, 12, a risposta multipla.

Si tratta di format estremamente basici, tutti da espandere in termini di game design e dunque di coinvolgimento del lettore, che però rendono l’idea della possibilità di incentivare la profondità di lettura, e dunque il tempo speso sul sito se pensiamo alla versione online, attraverso la gamification dell’informazione.

Corsera Gamification

Sul tema della gamification, sabato scorso su D, l’inserto settimanale femminile di «la Repubblica», è stato pubblicato un articolo “La vita è un grande gioco”. Nell’articolo, partendo da un’intervista effettuata al sottoscritto recentemente da Elisabetta Murriti, che firma il pezzo, si fa un excursus sull’argomento affrontando, seppure inevitabilmente in modo divulgativo, l’applicazione della gamification ed il suo impatto sul’informazione, sul marketing ed anche sulla politica e la gestione delle risorse umane. Se siete neofiti dell’argomento, e vi interessa avere un primo panorama del tema, non posso che consigliarne la lettura.

Intervista D Gamification

– clicca per leggere –

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Co-creazione e Gamification

La co-creazione è, o dovrebbe essere, l’essenza del “web 2.0”, un processo collaborativo per creare qualcosa di valore reciproco tra un’impresa ed un consumatore, una persona. Processo che inizia, faticosamente, a diffondersi anche come una nuova forma di giornalismo “open”, aperto, riunendo i giornalisti ed i lettori, le persone, per collaborare alla produzione di una storia, di un articolo.

Bonnier Group, editore internazionale di origini finlandesi, sta sperimentando la co-creazione di «Olivia», magazine femminile finnico.

Nel 2011, «Olivia» ha lanciato la sua piattaforma di co-creazione “La Mia Olivia” [Oma Olivia] sulla quale lettori e giornalisti collaborano per produrre articoli in un processo sequenziato e  sistematico, ma aperto. I lettori e giornalisti producono storie, articoli insieme ed il prodotto finale viene pubblicato nella versione cartacea della rivista o sul sito web.

Il processo di co-creazione del racconto è strutturato come una  sfida ed utilizza come meccanismo incentivante sia i criteri della gamification che premi offerti dagli sponsor; nella guida sono spiegati i meccanismi ed i criteri di assegnazione dei punteggi e dei relativi badge. Si articola in fasi successive del processo giornalistico standard di trovare un argomento, la sua angolazione, prospettiva, ed eventualmente i soggetti da intervistare sul tema, immagini e quant’altro necessario.  Durante questa fase editoriale iniziale i giornalisti della rivista sono in costante dialogo con i lettori attraverso una chat.

In funzione degli input ricevuti dal pubblico i giornalisti poi scrivono le storie. Nel frattempo, il pubblico può seguire la produzione del racconto attraverso una barra di avanzamento sulla piattaforma di collaborazione. Dal lancio ad oggi “La Mia Olivia”  è rimasto uno strumento co-creazione  costantemente utilizzato alla rivista. Quando non vi sono “sfide” attive la piattaforma assolve alla funzione di forum di discussione.

Creare comunità di co-creazione e ricercare nuovi strumenti per interagire con i lettori, coinvolgendoli ulteriormente grazie a meccanismi di gioco, rappresenta una parte essenziale di esplorazione del futuro . Personalmente n0n ho dubbi al riguardo, davvero.

Oma Olivia

Sul tema, vale assolutamente la lettura lo studio pubblicato ad inizio anno: “Balancing Between Open and Closed. Co-creation in magazine journalism”

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Innovazione nei Periodici

Crowdstar, start-up di social e mobile gaming, già nota per la creazione di giochi fashion-oriented dedicati alle giovani donne, si appresta ad ampliare  la propria offerta ludica allontanandosi dal gaming puro con una nuova applicazione che è più simile a un catalogo di abbigliamento interattivo.

Covet Fashion, è come una rivista interattiva dove le donne possono abbigliare virtualmente strato dopo strato il personaggio scelto. Le persone possono prendere abbigliamento e accessori di stilisti come Rebecca Minkoff, Halston Heritage e Cynthia Rowley. Essi possono competere per vincere prodotti reali e vedere consigli di stile da stilisti come la stylist di personaggi famosi Rachel Zoe, che ha vestito attrici come Anne Hathaway e Jennifer Lawrence. Complessivamente si possono acquistare capi ed accessori di 60 marchi della moda e scegliere tra oltre 1000 varietà di vestiti e altro.

Se già alcune riviste hanno scelto di rendersi “shoppable“, integrando attraverso applicazioni di realtà aumentata la possibilità di effettuare degli acquisti direttamente dalla versione cartacea, il titolo di Crowdstar apre nuove possibilità di ricavo per gli editori che, volendo, potrebbero applicare logiche di game design, di gamification, alla versione digitale delle loro testate realizzando un e-commerce non convenzionale sicuramente più coinvolgente [e redditizio?].

Visto che la maggioranza dei periodici italiani non ha ancora realizzato la propria versione per tablet ci penserei seriamente allo spunto offerto da Covet Fashion.

Covet_AppStoreiPad_01

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Tempi Duri per le Auto Elettriche

E’ stato presentato al congresso mondiale dei quotidiani a Bangkok l’ultimo World Press Trend, il rapporto annuale della World Association of Newspapers and News Publishers. I dati sono disponibili tramite abbonamento al database interattivo dell’ associazione ma ampie sintesi sono state diffuse sugli aspetti principali. Per quanto riguarda il nostro Paese ne hanno parlato ieri con proprietà e buon dettaglio sia Marco Bardazzi su «La Stampa» che LSDI.

WorldPressTrends-Newspaper-Circs-Ad-Revenues-in2012-June2013

Per i dettagli, al di là del grafico di sintesi sopra riportato, vi rimando alle fonti precitate, ma quello che emerge, oltre ad aspetti e trend più che noti, è che ci sono 2,5 miliardi di persone che leggono un quotidiano su carta e circa 600 milioni che invece accedono all’informazione online, ai siti web dei giornali. Siti web che sono ancora una piccola parte del consumo totale di internet, rappresentando solo il 7% delle visite, solo l’ 1,3% del tempo speso, e solo lo 0,9% del totale delle pagine viste.

Aspetto sul quale, giustamente, si concentra l’attenzione di Vincent Peyrègne, CEO di WAN-IFRA, che spiega: “The news industry’s future is about how citizens engage and participate in their society”. La sfida è dunque sul coinvolgimento, inevitabilmente sulla fiducia, e, di riflesso, sul tempo speso dalle persone nella fruizione di informazione che, come mostrano i dati è assolutamente marginale rispetto al totale del tempo speso online.

Si tratta di un tema al quale ho dedicato, spero di poter dire, la dovuta attenzione per tutto il mese di maggio concentrandomi, a partire da dati ed evidenze diverse, sul  valore del tempo che le persone on line dedicano  alle diverse attività, con particolare riferimento al fatto di come questo possa essere un’indicatore quantitativo di parametri qualitativi che [di]mostrano il coinvolgimento degli utenti e dunque metrica di riferimento per sorpassare l’oblio delle pagine viste e tutto ciò che ne consegue, come dimostrano, anche, se necessario, gli ultimi dati Audiweb.

Argomento che Alberto Annicchiarico, online news desk al «Il Sole 24 Ore», rilancia su Twitter. 

La mia risposta non cambia. Come ho avuto modo di sottolineare a più riprese, in tal senso, a mio avviso, le leve su cui operare sono fondamentalmente due.

Creazione, ed alimentazione, di comunità d’interesse all’interno del sito del giornale ed implementazione di tecniche riconducibili alla gamification, che può essere elemento di grande ausilio poichè l’applicazione all’informazione consente di approfondire l’esperienza del lettore, delle persone, crea coinvolgimento e partecipazione, migliorando complessivamente di riflesso le performance di business aziendali.

Gamification not hype

Sotto il profilo industriale, come segnala Giuseppe Granieri, è intervenuto, sempre ieri, Mathew Ingram che traccia un parallelismo tra l'[ex] industria dell’informazione e quella automobilistica, per poi chiedersi chi sia l’attore più innovativo, il cui impatto sia stato maggiormente dirompente, tra i media, tra le testata online, arrivando a concludere che se prima lo era Huffington Post ora il trono, il primato, spetta a Buzzfeed.

Parallelismo che ho avuto modo di tracciare  da tempo dichiarando che “Il Futuro è Ibrido”, mutuando l’idea, il concetto, da quello automobilistico di veicoli a propulsione ibrida, dunque con due sistemi di spinta complementari e che ho esteso ed approfondito nel mio  libro: “L’edicola del futuro, il futuro delle edicole. Ovvero che fine farà la carta stampata” per quanto riguarda l’attuale sistema distributivo della filiera editoriale, riprendendo ed ampliando quanto era emerso dal confronto con Vittorio Pasteris già agli inizi del 2010.

Per concludere il parallelismo vale la pena di pensare alle auto elettriche, promessa e prospettiva dell’industria automobilistica, altro comparto industriale tradizionale in grandissima difficoltà che per tipologia di anzianità di concezione di produttore e caratteristiche della distribuzione presenta molte similitudini con quello editoriale tradizionale e le cui vendite, come appunto quelle dei giornali, sono come il sole: crescono ad est e tramontano, calano, ad ovest. Un segmento che a detta di molti esperti del settore dovrebbe rappresentare il futuro dell’automotive e che sin ora ha assolutamente deluso le attese di vendite e ricavi da parte dei maggior produttori, così come avvenuto altrettanto prevalentemente, sino a questo momento, per lo sviluppo online/digitale dell’industria dell’informazione.

Insomma le auto elettriche e l’online publishing, il digitale, sono il futuro ma non si è ancora capito come e per chi. Forse perchè si continua a pensare a come generare ricavi invece di pensare a come soddisfare i bisogni delle persone.

“When you design the business around the experience, [instead of the experience around the business] you create a more powerful and relatable offer” afferma Colin Raney, membro, tra l’altro, dell’ Advisory Board del MIT Media Lab. Al di là delle singole specificità, e delle relative soluzioni ad hoc, credo davvero che non possa che essere questo il punto focale della [ri]partenza.

Daily Newspaper Circulation

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Il Tempo dei Giornali Online

Si è cercato di porre l’attenzione nei giorni scorsi sul valore del tempo che le persone on line dedicano  alle diverse attività, con particolare riferimento al fatto di come questo possa essere un’indicatore quantitativo di parametri qualitativi che [di]mostrano il coinvolgimento degli utenti e dunque metrica di riferimento per sorpassare l’oblio delle pagine viste e tutto ciò che ne consegue.

Oltre al sottoscritto, anche Lelio Simi recentemente ha affrontato l’argomento concludendo che “per parlare alle persone in quanto persone e non come masse, ci sarà però bisogno di un elemento essenziale: il tempo. Il tempo per creare contenuti di valore, il tempo da spendere nel leggerli, il tempo di “spendersi” per interagire seriamente e con continuità. Una maggiore attenzione al “fattore tempo” sia nel creare che nel valutare i contenuti da parte dei media rappresenterebbe davvero una svolta”. Mentre Davide Pozzi vi ha dedicato delle specificazioni tecniche tanto opportune quanto interessanti che meritano assolutamente la lettura se fossero sfuggite.

E’ per questo motivo che ho deciso di riprendere l’argomento partendo dai dati Audiweb di aprile pubblicati ieri.

Come mostra la tabella di sintesi sotto riportata, nel mese di aprile di quest’anno le persone hanno trascorso nel giorno medio 1 ora e 28 minuti in Rete. Se si osservano i dati dei principali quotidiani online e delle testate di informazione all digital si nota come nella migliore delle ipotesi, Repubblica.it ed Il Mattino.it, si arrivi a poco più di sei minuti dedicati alla lettura di informazione; meno del 7% del tempo speso online.

Al tempo stesso, evidenziandoli, ho inserito il tempo speso dalle persone giocando online. Come si può notare si arriva sino ad oltre mezz’ora al giorno.

Dati giorno medio Internet Audience – dettaglio Brand & Channel
Fonte: Audiweb Database, dati aprile 2013 – Audiweb powered by Nielsen
         
Brand Channel Utenti unici Pagine viste (.000) Tempo per utente (mm:ss)
Tempo speso nel giorno medio – per persona (h:m)       1.28
ANSA 457.928 2.725 04:30
BBC 20.377 122 05:13
BBC BBC CBeebies 259 6 30:43
Blitzquotidiano.it 44.575 131 02:33
Corriere della Sera 1.168.112 8.827 05:53
Disney Online 68.593 1.458 16:02
Disney Online Playdom 15.848 915 29:13
Fanpage 365.784 1.077 03:56
Huffington Post Italia 101.500 460 04:04
Il Fatto Quotidiano 362.532 1.403 04:28
Il Giornale 205.246 869 04:04
Il Mattino 105.500 690 06:19
Il Messaggero 270.535 1.156 03:25
Il Post 51.400 320 04:26
Il Secolo XIX 49.173 223 03:55
Il Sole 24 ORE 410.677 2.045 04:30
La Gazzetta dello Sport 600.241 3.554 04:35
La Repubblica 1.515.242 11.555 06:19
La Stampa.it 438.362 2.137 04:06
Lettera43 230.266 752 02:21
Linkiesta.it 16.923 26 02:05
l’Unità Online 70.243 249 03:04
MSN/WindowsLive/Bing MSN Games 33.980 79 21:48
Quotidiani Espresso 228.349 1.258 03:33
Quotidiano.net 374.023 1.416 02:49
SPIL Games Network 292.879 2.733 15:08
Varese News 40.774 226 03:43
Yahoo! Yahoo! Games 3.531 55 21:35

Se sotto il profilo delle conversioni native advertising e sponsored stories possono essere una soluzione al problema, le 4 parole d’ordine di chi fa editoria online, credo davvero non ci sia dubbio al riguardo, devono essere: scrivi, leggi, stimola, connetti, riportando alla ribalta il tema del coinvolgimento, della necessità di metriche qualitative che lo determinino, a partire appunto dal tempo speso sul sito, e di come ingaggiare maggiormente le persone.

Il gioco, sia nella sua forma tradizionale di attività prettamente ludica, come mostra il tempo speso su Disney Online, BBC CBeebies e gli altri evidenziati,  che nella sua trasposizione come elemento di narrazione di fatti e notizie ha, non ho dubbi, un ruolo fondamentale in tale ambito. Ad esempio, il sito anglosassone iwitness24 applicando le logiche della gamification ottiene, secondo quanto comunicato dai responsabili, un tempo di permanenza medio di 28 minuti. 

Processo di coinvolgimento che passa sostanzialmente per questi cinque stadi:

  • Game Mechanics: Meccaniche di gioco che facilitano la pratica.
  • Play: Il Gioco. Scelto liberamente ed associato a piacere, divertimento.
  • Behaviors: Comportamenti. Azioni da compiere all’interno [durante] il gioco.
  • Engagement: Coinvolgimento. Quando il giocatore è assorbito dalle attività per impiego di tempo e attenzione, appunto.
  • Mastery: La motivazione intrinseca. Ricerca di un nuovo livello, nuova sfida.

Se pensiamo ai 4 minuti di permanenza media per il sito di un quotidiano italiano, che ottiene meno di 30 secondi per pagina vista comprendiamo con facilità le potenzialità di queste dinamiche.

Ovviamente è necessario utilizzare i principi della gamification, o per meglio dire del game design applicato a contesti non ludici, come un modo per convincere gli utenti interessati ed ingaggiarli in questo modo facendola divenire la fonte di ispirazione, di incoraggiamento non solo in riferimento al tempo speso sul sito in quanto tale ma ad obiettivi e sotto-obiettivi specifici, che evidentemente saranno diversi per ciascuna testata, che stressino ulteriormente il concetto di qualità della lettura come insegna il caso di «The Economist».

La gamification dell’informazione funziona, tralasciarne la portata per pregiudizio o ignoranza [o entrambe le cose] potrebbe essere l’ennesimo errore di percorso.

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