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Communities Sulla Carta

Johnston Press, una delle principali organizzazioni editoriali del Regno Unito con decine di testate locali in Inghilterra, Scozia ed Irlanda, ha presentato venerdì 1 novembre un’iniziativa interessante volta a rendere le comunità più coinvolte nel decidere ciò che viene pubblicato nell’edizione cartacea dei loro giornali locali.

Sulla prima pagina del «Bourne Local»  di venerdì vengono invitati i lettori a iscriversi per essere una parte della nuova era del loro giornale locale proponendo alla popolazione locale di presentare fotografie, articoli e recensioni per gli argomenti di loro interesse. Invito che era stato ampiamente anticipato nei giorni precedenti con “call to action” attraverso Facebook e Twitter.

Love Bourne

Secondo quanto riportato  sul sito istituzionale di Johnston Press il quotidiano sarà ri-posizionato come “giornale del popolo”.  In prospettiva sino al 75% dei contenuti del giornale potrebbe essere realizzato dai cittadini, dalla comunità di riferimento.

In un’intervista al «The Guardian», il chief executive di Johnston Press, ha dichiarato che i giornalisti non devono temere di perdere il loro lavoro poichè saranno impiegati a “curare”, a valutare e selezionare le informazioni ricevute dalle persone, dando corpo e senso ai contenuti proposti dai non professionisti dell’informazione.

Interessante sperimentazione sia in termini di evoluzione del lavoro giornalistico che per la reale creazione del senso di comunità, o community che dir si voglia. Da seguire con attenzione.

Front Page

Sul tema vale la lettura “Forbes, dove i giornalisti sono solo una parte della produzione”

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Redazione e Notizie: Il Caso del Blackout di Internet in Siria

Il flusso dell’informazione ormai è costante nell’arco delle 24 ore e le redazioni dei principali giornali online si sono dovute inevitabilmente adeguare organizzandosi per fornire una copertura adeguata.

E’ il caso di Repubblica.it e del Corriere.it che sui rispettivi siti offrono aggiornamenti che coprono l’intera giornata. Al momento della redazione di questo articolo in testa appare l’orario dell’ultimo aggiornamento come mostrano i due screenshot sottostanti.

Corsera Updated

Repubblica Updated

Mentre è ampia la copertura dell’incidente al porto di Genova, avvenuto poco dopo le 23:00, nessuna notizia viene data relativamente al blackout di Internet in Siria avvenuto intorno alle 22:00 di ieri ora italiana.

Google Siria

Informazione che se forse non ha lo stesso appeal del disastro genovese certamente non è trascurabile e che viene riportata da tutte le principali fonti d’informazione internazionali e compare sia sul sito del Guardian che su quello di Le Monde da ore ed ovviamente è disponibile su Twitter con contributi anche da parte di fonti nostrane sufficientemente note.

Mante Siria

La domanda che sorge dunque spontanea è come mai? Se la risposta fosse perchè le agenzie italiane non hanno ancora “battuto” la notizia, o peggio perchè non fa tanti click, capiremmo molte cose sul reale funzionamento delle redazioni al di là delle dichiarazioni di “modernità” che vengono rese durante alcuni eventi, a cominciare dal recente Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia. In caso contrario lo spazio dei commenti è, anche in questo caso, a disposizione.

Akamai

Update: Europa – alle 08.11 – ne parla; ma resta l’unico quotidiano italiano a farlo.

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Il Piacere Laico del Mattino

«PressGazette» pubblica i dati presentati da Anthony Sullivan, group product manager del «The Guardian» durante un dibattito sulle notizie in mobilità: “How to make journalism work on tablet computers” tenutosi l’11 aprile scorso.

I dati mostrano il consumo di notizie del quotidiano anglosassone nell’arco della giornata a seconda dei diversi supporti utilizzati.

Si conferma, come diceva Friedrich Hegel parlando di preghiera laica del mattino in riferimento ai giornali, che i quotidiani di carta hanno un picco di lettura nelle prime ore della giornata come mostra il grafico sottostante.

Guardian1

Decisamente più “spalmato” nell’arco della giornata l’accesso al sito web del giornale britannico con un leggero picco verso l’intervallo di pranzo, mentre l’acceso in mobilità e la relativa applicazione mostrano come la fruizione avvenga durante i momenti di trasferimento casa-lavoro e viceversa. Per l’ennesima volta si ha la conferma che la fruizione attraverso i tablet avviene invece di sera in ambiente domestico, probabilmente mentre si stanno svolgendo altre attività.

Guardian5

I dati confermano sostanzialmente la medesima analisi realizzata da Steve Wing, Business Director, Mobile, Guardian News and Media, pubblicata ad agosto dell’anno scorso che riprendeva i dati di marzo 2012 fornendo un maggiore dettaglio relativamente alle differenze tra applicazione per iPad e quella per iPhone/Android – per smartphone – e per l’app di Facebook, il social reader poi dismesso poco prima della fine del 2012.

La preghiera laica del mattino continua ad essere una realtà, i diversi supporti sono prevalentemente complementari tra loro e NON alternativi con occasioni di consumo, fruizione in distinti momenti della giornata.

La sfida NON è il digitale, la sfida è la convergenza come confermano, anche, i dati del «The Financial Times».

Guardian2

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Il Giornalismo è una Conversazione a Due Vie

La filosofia del «The Guardian»: digital e open, è stata oggetto di una delle 8 case history analizzate nella mia rubrica per l’European Journalism Observatory.

Il giornale diretto da Alan Rusbridger dopo aver realizzato, a luglio 2012, l’ennesimo passo verso l’apertura ai contributi dei lettori con #smarttakes, strumento di aggregazione, di curation dei contenuti, per raccogliere analisi e commenti dei lettori in un unico spazio via Twitter, prosegue senza esitazioni sulla strada del giornalismo partecipativo.

E’ di ieri infatti l’annuncio del lancio di una piattaforma per i contenuti generati dagli utenti. I lettori saranno in grado di inviare fotografie, video e testi direttamente ai giornalisti del quotidiano anglosassone attraverso il sito web dedicato o  grazie ad applicazioni gratuite per smartphone sia Apple iPhone che Google Android.

Guardian Witness

GuardianWitness, questo il nome della piattaforma, è integrato direttamente nel sistema di gestione dei contenuti del «The Guardian», il che significa che i giornalisti possono visualizzare e selezionare in tempo reale al momento del caricamento i contributi degli utenti per i loro articoli. Gli utenti sono incoraggiati a presentare contributi per le “breaking news” e altri temi – come quello di questa settimana sui grattacieli – suggeriti ogni settimana dall’editor della redazione. Tutti i contenuti presentati vengono verificati dai coordinatori della comunità prima di essere pubblicati.

Joanna Geary, social and communities editor del giornale, ha dichiarato che:

GuardianWitness rafforzerà ulteriormente il nostro riconoscimento che il giornalismo è ormai una conversazione a due vie e aprirà il nostro sito come non abbiamo mai fatto prima. Non solo questo renderà ancora più facile per i nostri lettori essere coinvolti nel nostro giornalismo e formare comunità sia locali che globali di interesse comune, ma fornirà anche ai nostri giornalisti un nuovo fantastico strumento, fornendo loro spunti e punti di vista ai quali forse ancora non hanno ancora accesso.

Il giornalismo è una conversazione a due vie. I contenuti sono la base, la reputazione e la comunità, le chiavi del successo.

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Scenari Elettorali Interattivi

Ancora una volta il «The Guardian» batte tutti in quanto a qualità della propria proposta editoriale.

Il quotidiano britannico per speciale dedicato alle elezioni nel nostro Paese ha realizzato un grafico interattivo che mostra con straordinaria semplicità ed altrettanta chiarezza i cinque possibili scenari, e le relative implicazioni, dei risultati elettorali in Italia.

Il grafico è l’ennesima lezione di buon giornalismo da parte del giornale anglosassone che consente al lettore di avere un’immediata comprensione delle diverse opzioni possibili in seguito al voto. Inutile dire che il confronto con l’oligopolio dell’informazione online nostrana è impietoso.

Clicca per Accedere alla Versione Interattiva

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A margine si segnala l’articolo del NYTimes “In Italy, Illusion Is the Only Reality” la dice lunga sulla percezione oltreoceano dell’Italia e un grafico con gli ultimi sondaggi di ieri sulle Elezioni 2013 – dati pubblicati dal giornalista Fabrizio Rondolino sul suo profilo Facebook per “Disobbedienza civile” come, condivisibile, protesta rispetto alla ridicola censura esercitata, anche, in tal senso.

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Politica & Engagement dei Quotidiani Online

Il Giuramento di Obama per il secondo mandato come Presidente degli Stati Uniti è stata occasione per molti quotidiani online in lingua inglese di testare, di sperimentare modalità e format per coinvolgere il lettore, le persone. Oltre al caso di “Live Grid” del «The Washington Post» segnalato precedentemente, diverse sono state le proposte.

E’ il caso del «The Guardian» che nella sua versione dedicata agli USA ha chiesto ai propri lettori di esprimere consigli, richieste e critiche ad Obama raccogliendo quanto proposto in un unico spazio interattivo creato ad hoc NEL proprio sito web.

Message 4 Obama

Concettualmente simile l’idea del «The New York Times» che, appunto ha chiesto ai residenti nel District of Columbia, quello di Washington dove risiedono “i vicini di casa” di Obama, di esprimere i loro pensieri raccogliendo però in questo caso messaggi audio e video.

Più interessante “Build your own speech”, sempre del «The New York Times», che in una sorta di “gioco” per costruire il proprio discorso inaugurale partendo da un questionario con 5 domande multiple choice.

Discorso Inaugurale NYTimes Obama

In maniera simile al «The New York Times» anche il «The Boston Globe»  ha prodotto una proposta interattiva che favorisce il coinvolgimento del lettore ed il tempo di permanenza sul sito. La realizzazione del quotidiano di Boston si basa sulla ricerca di parole scelte dal lettore che vengono visualizzate con dei grafici interattivi mostrando da quali Presidenti degli Stati Uniti sono state pronunciate ripercorrendo i discorsi inaugurali di elezione dal 1933 ad oggi, a quello di Obama.

Freedom Obama

Tutte iniziative che con sentono di coinvolgere il lettore beneficiando dei volumi di traffico  e del tempo speso sul sito che questo può generare. Ma invece i giornali italiani a meno di un mese dalle elezioni politiche 2013 che fann0?

L’iniziativa più interessante è quella del quotidiano piemontese «La Stampa» che in collaborazione con LA7 e Google ha creato su Google+ uno spazio dedicato alle elezioni. Se l’iniziativa sulla rete sociale di Google è tesa principalmente a “creare brand” è lo spazio realizzato ad hoc per l’occasione sul sito che assolve ad altre funzioni di engagement .

In particolare sono interessanti dal mio punto di vista “il gioco”, costituito come nel caso del «The New York Times» da un questionario con 20 domande multiple choice per scoprire chi tra i leader politici in corsa corrisponde di più alle proprie idee e priorità. Apprezzabile iniziativa che però avrebbe richiesto di maggior trasparenza sull’algoritmo utilizzato per la realizzazione onde evitare sospetti di malcelati intenti promozionali a favore di questo o quel candidato [#].

Interessante altrettanto la possibilità offerta al lettore di creare un proprio manifesto politico anche se al momento il riscontro non pare essere elevato con soli 48 utenti che hanno colto questa possibilità al momento della redazione di questo articolo.

Ed ancora “La macchina della verità” che verifica ogni giorno le affermazioni dei politici con un autorevole fact-checking, messo a punto dalla redazione del giornale grazie alla collaborazione con i ricercatori della Fondazione Hume diretta dal professor Luca Ricolfi e “Le voci della politica” che permette di verificare le attività dei partiti e dei principali candidati sui social network e osservare come Facebook e Twitter reagiscono ai messaggi.

Iniziativa che resta praticamente unica a soli 30 giorni dal voto con «La Repubblica» che invece si dedica ad attività off line riproponendo “La Repubblica delle Idee” il 2 e 3 febbraio a Torino e «Il Sole24Ore» che realizza uno spazio ad hoc per le elezioni estremamente statico, tradizionale, eccezzione fatta per l’analisi del mood su Twitter e “Live Twitter” che comunque si limita a proporre i tweet dei candidati senza interattività e coinvolgimento del lettore che resta spettatore; un’occasione sprecata a pochi giorni dal lancio del nuovo sito del quotidiano di Confindustria.

Le voci della Politica

[#] Che sia chiaro che non sostengo che vi sia manipolazione, sostengo che bastava pensarci [è spesso “l’ultimo miglio” che fa la differenza] e dichiarare come è stato costruito.

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Paradossi e Indicazioni

Se la settimana scorsa era il «The Guardian» a puntare sulla carta con una campagna pubblicitaria per promuovere i supplementi del fine settimana del quotidiano e dell’ «The Observer», di proprietà dello stesso gruppo, ora è addirittura il quotidiano con il maggior numero di utenti unici al mondo a suggerire che per aumentare il traffico, le visite al proprio sito aziendale la cosa migliore da fare sia quella di promuoverlo sulla carta.

Mail Connected, l’area marketing e pubblicità di «The Daily Mail», «The Mail on Sunday» e «MailOnline», ha pubblicato infatti in questi giorni i risultati di una ricerca con la quale assicura ai propri investitori pubblicitari che la miglior forma per ottimizzare la presenza digitale, generare vendite ed avere nel complesso un buon ritorno dall’investimento in pubblicità è fare delle campagne stampa [su «The Daily Mail» e «The Mail on Sunday» ovviamente].

Mail Readers

Mail Connected sottolinea che gli internauti perdono facilmente l’attenzione con velocità di lettura e molteplicità di stimoli della multimedialità e che dunque la soluzione migliore resta quella di investire sulla versione cartacea del quotidiano che invece garantisce l’adeguata focalizzazione della tranquillità di lettura sulla carta.

Carta che, come mostra il grafico di sintesi sopra riportato, fa sì che quasi un terzo dei lettori non si perda nella navigazione ma vada direttamente al sito aziendale. Un CTR imbattibile per i bassi indici dell’advertising online che si assesta normalmente allo zero virgola.

Lo studio del quotidiano britannico mostra un’influenza ed un’efficacia della carta rispetto alla pubblicità online davvero rilevante,   [di]mostra anche come i ricavi che la carta riesce a generare per l’industria dell’informazione non siano neppure lontanamente paragonabili a quelli dell’online se perfino il marketing aziendale, anche, del sito con oltre 50 milioni di utenti unici mensili spinge sulla carta.

Mail Connected, per dimostrare ulteriormente l’efficacia della comunicazione sulla carta lancia un concorso, regalando il controvalore di 250mila sterline in spazi pubblicitari a chi in 250 parole fornisce la miglior motivazione di come la carta sia un attivatore efficace del digitale. Un’iniziativa simile era stata realizzata da «Usa Today» ad ottobre 2012  ed i risultati sono stati annunciati questa settimana. Il vincitore? Google.

Paradossi e indicazioni.

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Nuove Fonti di Ricavo per l’Industria dell’informazione

Alan Rusbridger, editor-in-chief del «The Guardian», durante l’open weekend promosso dal quotidiano anglosassosone a marzo dell’anno scorso, chiedeva cosa le persone fossero disposte a dare ai giornali in cambio delle notizie, elencando come scelte possibili: soldi, tempo e informazioni.

Dopo il lancio ad aprile di Google Customer Surveys, soluzione disponibile anche in Italia, soluzione alternativa concettualmente al paywall che propone un breve questionario al quale il lettore deve rispondere per poter avere accesso all’articolo completo, come segnalavo all’epoca dell’esordio, arrivano ora altre proposte e soluzioni in tal senso.

E’ infatti sempre sulla raccolta di dati, di informazioni, che si concentra la proposta di Enliken, disponibile a breve, che pensa di utilizzare le informazioni richieste agli utenti per meglio profilare la comunicazione pubblicitaria online utilizzando i loro dati come forma di micro pagamento per avere accesso a contenuti informativi premium e/o per avere accesso a promozioni particolari.

Ed è sempre di questi giorni l’annuncio del «The Washington Post» che ufficializza come il il gruppo di lavoro, lo staff interno al giornale, dedicato ai sondaggi che ora diventa un servizio che sarà realizzato non solo ad uso e consumo del giornale ma verrà offerto ai propri clienti, alle aziende, andando a costituire un’unità di business indipendente, una nuova fonte di ricavo per la testata statunitense.

Prove tecniche del passaggio dal piedistallo allo sgabello per chi ha la capacità di guardare oltre i soliti, obsoleti, modelli di business.

Giraffa

“Bonus track”: How publishers are finding new ways to feature old content [QUI]

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Social Reader

Quando a Settembre 2011 la maggioranza dei quotidiani progressivamente produsse la propria versione dei social reader, la propria applicazione per la lettura delle notizie di ciascun quotidiano su Facebook, scrissi a chiare lettere che era un errore sia tattico che strategico. Diverse le motivazioni.

Come dicevo allora, non è solo l’idea che la ricerca di socialità della notizia e di nuovi spazi di espressione giornalistica, in cui sia possibile affermare ciò che si deve dire, non possa, non debba essere messa a rischio da regole e desideri arbitrari ai quali si è sottomessi in casa d’altri, in casa di Zuck, ma sono anche altri gli aspetti che mi fanno ritenere non idonee questo tipo di iniziative.

In primis ritengo che in questo modo si vada a replicare l’idea in salsa social dei portali di notizie, non vi è dunque innovazione ma solo camouflage.

Si tenta, in realtà, di costruire l’ennesimo walled garden rinchiudendosi all’interno del social network in questione che vive, e vivrà sempre più, di luce propria. E’ un errore sia tattico che strategico.

La socialità della notizia non è fatta, o quanto meno non è solo, di “like”. Se l’obiettivo fosse un effettivo processo di condivisione di conversazione con le persone senza bisogno di nuove applicazioni sarebbe sufficiente, banalmente, iniziare a rispondere finalmente ai commenti degli utenti all’interno delle pagine già esistenti su Facebook, cosa che a tutt’oggi rappresenta una rarità.

audience

A maggio di quest’anno quello che Frédéric Filloux sapientemente aveva definito “sharing mirage” aveva iniziato a mostrare segni di cedimento con il crollo dei social readers delle principali testate vuoi per l’ introduzione dei “trending articles” da parte di Facebook che forse ancor più in conseguenza dell’invasività delle applicazioni stesse.

Adesso sia il «The Guardian» che «The Washington Post», seppure con modalità distinte, contemporaneamente hanno deciso di eliminare le applicazioni, di chiudere quest’esperienza come dice Luca De Biase.

Se la scelta del «The Washington Post» nella sostanza cambia poco concentrandosi fondamentalmente in un miglioramento fuzionale per ridurre l’invasività dell’applicazione attraverso un nuovo social reader che consente alle persone di avere, finalmente, un maggior controllo della propria privacy, di tutt’altra portata è invece la decisione del «The Guardian».

Il quotidiano britannico infatti recupera sostanzialmente il controllo dei propri contenuti e, come spiega chiaramente nell’articolo in cui annunciava la propria decisione, riporta i lettori al proprio sito web rendendolo nuovamente centrale.

Una scelta che, seppure continuerà ad apportare benefici economici a Facebook, è di rispetto nei confronti dei lettori, delle persone, che finalmente potranno consapevolmente decidere quello che vogliono condividere e cosa invece no, e che, soprattutto, sposta il tempo speso online all’interno del sito web della testata invece che, come avviene in maniera crescente, all’interno dei diversi social network a cominciare da Facebook ovviamente che ormai è un ecosistema a parte, a se stante, consentendo di riflesso di monetizzare tale presenza.

Decisione coerente che perfettamente si integra con quella di creare delle community d’interesse nel proprio sito o comunque proprietarie che dimostra concretamente la sottile ma fondamentale differenza tra essere online ed essere parte della Rete e che chiarisce cosa sia la distinzione tra una visione strategica ed il procedere per tentativi.

«The Guardian», da un lato, prosegue con coerenza straordinaria, senza esitazioni, il proprio percorso di apertura e trasparenza nei confronti dei lettori  e, dall’altro lato, riporta all’edizione online, al sito web del quotidiano la centralità di “luogo” che favorisce il contatto e la relazione  con e tra le persone sulla base dei loro distinti interessi, dimostrandosi “SociAbile” e non predatorio come invece insistono ad essere la stragrande maggiornaza delle testate.

Come scriveva Sun-Tzu nel suo celeberrrimo “Arte della Guerra” la strategia senza tattica è la strada più lenta per la vittoria, la tattica senza strategia è rumore prima della sconfitta.

Social Business Gap VoidDella scelta del «The Guardian» scrivono anche gli amici Gigi Cogo e Marco Dal Pozzo.

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I Primi Dieci Quotidiani Online al Mondo

comScore ha diffuso ieri i dati degli utenti unici dei siti dei quotidiani nel Mondo. Seppure i dati siano parziali poichè prendono in considerazione esclusivamente le versioni online di giornali che hanno un omologo cartaceo escludendo le testate alla digital come testimonia, uno per tutti, l’assenza dell’ Huffington Post, restano comunque d’interesse.

Secondo le rilevazioni di comScore nel mese di ottobre di quest’anno 644 milioni di persone, pari al 42,6% del totale degli internauti, hanno visitato almeno una volta l’edizione online di un quotidiano. Di questi ben 338,7 milioni di visitatori [51%] nel mese si concentrano nei primi dieci quotidiani e 137,6 milioni [21,3%] sono appannaggio dei primi tre: «Mail Online», «The New York Times» e «The Guardian».

Ad esclusione del primo, del «Mail Online» che recentemente ha annunciato profitti addirittura superiori alle attese nonostante un valore ridotto per CPM rispetto agli altri quotidiani britannici, non pare che anche grandi volumi di traffico di per sè siano garanzia di ritorni economici adeguati.

Il calo, ormai da inizio 2012, dei ricavi pubblicitari del «The New York Times», le perdite consistenti del Guardian Media Group non sono un caso isolato.

Anche gli 8 giornali del Tribune [che includono il «Los Angeles Times» hanno serie difficoltà e sono stati posti in vendita, il Telegraph Media Group, seppure abbia complessivamente un bilancio positivo, vede calare i suoi ricavi e Washington Post Co. continua ad accumulare perdite e i ricavi dall’online sono stati in calo del 14% nell’ultimo trimestre e pare ormai certo abbia intenzione di adottare un paywall, anche se non è dato di sapere se “metered” o completamente chiuso, nel 2013.

Neppure i 12 giornali della Advance Digital, gruppo Conde Nast, se la passano tanto bene con 600 licenziamenti nonostante venga riportata una crescita del 22% dei ricavi dall’area digital, segno evidente dell’ennesimo caso in cui i ricavi dall’online non compensano le perdite della versione cartacea.

Un vero e proprio bollettino di guerra ahimè che testimonia ulteriormente la necessità di passare dal piedistallo allo sgabello.

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