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Audience dei Quotidiani Online nel Mondo

comScore ha pubblicato i dati dell’audience dei primi 50 quotidiani on line nel mondo nel mese di maggio di quest’anno. Pare non siano rilevati i quotidiani all digital, come dimostra, uno per tutti, l’assenza dell’«Huffinghton Post».

Nella classifica non figura nessun quotidiano italiano. Non credo sia solamente un problema di diffusione dell’idioma, come è possibile rilevare dalla presenza di «Gazeta.pl» con oltre 16 milioni di utenti unici in un paese di 38 milioni di abitanti la cui lingua non mi risulta essere diffusa internazionalmente. Ipotesi ulteriormente confermata, seppure al contrario, dagli utenti dei quotidiani brasiliani, quale «Jornal O Globo», che possono contare su una popolazione di circa 200 milioni di abitanti ed una lingua, il portoghese, diffusa in diversi continenti del mondo.

Con 60 milioni di abitanti ed altrettanti italiani, di prima o seconda generazione, all’estero, come mai i giornali italiani hanno numeri così modesti?

Si preparino, anche, a questa domanda, i miei ospiti del panel: “Il mago dei numeri: lo stato dell’arte numerico ed economico dell’editoria digitale” in cui farò il moderatore durante la due giorni tutta dedicata al giornalismo on line tra un paio di settimane a Firenze.

Io ovviamente ho una mia ipotesi, se voleste fornire la vostra idea lo spazio dei commenti è, come sempre, a disposizione.

– Milioni di utenti unici – Fonte: comScore News/Information – Newspapers

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Storie da Copertina

«The Economist», attraverso le sue copertine degli ultimi dieci anni, ripercorre la storia del Presidente del Consiglio, dimissionario in pectore, da quella del luglio del 2001 “Why Silvio Berlusconi is unfit to lead Italy” sino al giugno 2011 con “The man who screwed an entire country”.

Tra i numerosi ricordi di 17 anni di premiership, anche il sito d’informazione online «Slate.fr» ha ripubblicato, aggiornato, l’articolo di Margherita Nasi e Grégoire Fleurot, apparso il 14 aprile scorso, “Les plus belles connneries de Berlusconi“, una rassegna delle stupidaggini più clamorose dette dal Presidente del Consiglio italiano, distinte per argomenti, occasioni e quantità annua, connesse con le pronunce ufficiali, che il blog “gemello” del «Giornalaio»  ha ripreso e tradotto in italiano per facilitare la lettura.

- Tipi di berlusconerie per argomento - 44 dichiarazioni in 8 categorie -

Sono storie da copertina che, sintetizzando per immagini mentali l’operato del [ex?] Premier italiano, colpiscono la fantasia, l’immaginario collettivo e, dunque, fanno audience.

Le copertine dell’autorevole settimanale inglese vengono riprese da «Repubblica» che non inserisce alcun collegamento ipertestuale, alcun link, alla fonte, così come era avvenuto non più tardi di ieri con il video realizzato dalla Sora Cesira “Berlushka bye bye” remake, come nel suo stile, di “Babooshka” di Kate Bush, per celebrare le dimissioni annunciate, che addirittura viene personalizzato, per così dire, con il logo della testata, non è chiaro, letteralmente, a che titolo.

Ad inizio di ottobre avevo [ri]pubblicato una guida per i giornalisti per la verifica delle immagini la cui attualità ahimè permane.

Finchè le testate ricercheranno esclusivamente volumi di traffico ai loro siti web basandosi sull’economia dei broken links anzichè su quella del collegamento, del coinvolgimento e della relazione, il loro destino è segnato, altrettanto, dall’essere broken, termine che in inglese, oltre a significare rotto, viene utilizzato per fallimento/fallimentare.

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Update: Pare che sia una caratteristica, una cattiva abitudine, alla quale non sfuggono neppure alcune delle nuove proposte editoriali italiane, i cosidetti “superblog”, come dimostrano a «Giornalettismo». Pare che lo stimolo abbia funzionato come incentivo a dare il giusto credito.

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Coinvolgimento Quotidiano [on line]

Anche in ambito editoriale coinvolgimento e ricavi sono aspetti distinti del comportamento dell’utenza.

L’autorevole Nieman Journalism Lab pubblica stamane una proposta di formula per la misurazione del coinvolgimento dell’utenza dei quotidiani on line.

Certamente perfettibile rappresenta una preziosa indicazione ed un pregevole tentativo per poter andare oltre il canonico parametro delle pagine viste.

Ci – Click Index: Le visite devono avere almeno 6 pagine viste escluse le foto.

Di – Duration Index: La permanenza sul sito, la durata delle visite, non deve essere inferiore a 5 minuti

Ri – Recency Index: Ritorno giornaliero dei vistatori

Li— Loyalty Index: Viste di utenti registrati o che visitano il sito almeno 3 volte alla settimana

Bi – Brand Index: Visite dirette al sito da favoriti o digitando direttamente l’indirizzo.

Ii – Interaction Index: Visite in cui c’è interazione: commenti, interventi sui forum…

Pi – Participation Index: Visite nella quali c’è un contributo attivo con il caricamento di contenuti [video, foto, storie..]

Il modello proposto può evidentemente rappresentare un riferimento concreto per la [ri]definizione dei livelli di pricing in ambiente digitale.

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Nuovi Scenari & Complessità Emergenti

Il modello di business degli editori si è basato fondamentalmente sull’intreccio tra vendita di contenuti [+ confronto su FF] ai lettori e vendita di lettori agli investitori pubblicitari. Aspetti legati a doppio filo poiché la vendita [la diffusione] di un maggior numero di copie attira gli investimenti pubblicitari che a loro volta sostengono, alimentano, le possibilità di sviluppare testate che attirino i lettori. Per questo sin ora, i prezzi delle copie cartacee sono stati bassi e, addirittura, su internet prevalentemente gratuiti.

Attualmente però, il modello di business si è reso più articolato, più complesso. Robert Picard, professore di economia dei media ed autore di 24 testi sul tema, sintetizza egregiamente in uno schema l’attuale articolazione e maggior complessità che gli editori si trovano a dover affrontare.

Il variare delle condizioni della proposta effettuata on line ha dunque un impatto anche sulle performance della versione tradizionale, dell’edizione cartacea, del giornale [o pubblicazione periodica]. Condizione di complessità che, se possibile, si rende ancor più di difficile risoluzione con l’introduzione di altri format quali eReaders e mobile.

Il muro da abbattere non sembra perciò riguardare tanto quanto proteggere i contenuti e richiedere all’utenza il pagamento per la versione on line, bensì una ben più profonda e radicale trasformazione delle logiche di offerta che devono saper affrontare una frammentazione delle audience.

La vera motivazione di crisi degli investimenti pubblicitari risiede nell’incertezza della funzionalità degli attuali modelli e mezzi di comunicazione. Molti investitori ne hanno consapevolezza, è tempo che anche gli editori sorpassino l’approccio tattico che hanno avuto negli ultimi anni ed affrontino progressivamente, con una visione strategica d’assieme, il loro modello di offerta.

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Cattive Notizie per le Notizie Online

Journalism Org, area di ricerca dello statunitense Pew Research Center dedicata specificatamente all’analisi del giornalismo ed alle sue evoluzioni, pubblica un resoconto di quelli che sono stati i risultati complessivi delle notizie online.

Per finalizzare l’analisi sono stati presi in considerazione ben 4600 siti web di notizie ed informazione.

Come riassume il grafico sottostante, a fronte di una crescita generale dell’audience del 9,25% i ricavi sono diminuiti del 4,6% rispetto all’anno precedente. Il gap, in termini reali, è dunque circa del 14%.

In questa dinamica generale vi è sicuramente l’impatto della negoziazione dei prezzi che in momenti di crisi tende inevitabilmente al ribasso, ma resta una indicazione, alternativamente, o di quanto scarso valore sia attribuito alle notizie on line o delle enormi difficoltà di riuscire ad ottenerne il giusto riconoscimento in termini economici.

Le considerazioni espresse sul futuro della mediasfera sembrano dunque confermate oltre che giustificate. Riflessioni che, se riferite in maniera specifica all’Italia, richiedono ancora maggiore attenzione ai facili entusiasmi.

Non si tratta di negare l’onda che sta arrivando ma di tenere sempre in mente il vecchio proverbio hawaiano.

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Print is King

Martin Lagenveld ha aggiornato l’analisi effettuata esattamente un anno fa, che aveva causato diverse controversie, rispetto all’incidenza del consumo di notizie, paragonando la versione tradizionale su carta a quella, apparentemente emergente, on line.

Se nel 2009 lo share complessivo era per il 97% dei quotidiani nella versione non digitale, il cambiamento calcolato per il 2010 sposta la percentuale della versione on line al 4,6%.

Parrebbe dunque che, seppure le versioni on line dei quotidiani crescono, il tempo dedicato alla lettura sia assolutamente prevalente per quanto riguarda i giornali su carta.

Print is King!

E’ disponibile on line anche il foglio di calcolo come supporting evidence della simulazione effettuata.

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News start-up Checklist

Adam Westbrook, giornalista freelance londinese, propone una check list tanto essenziale quanto utile, segnalando che la lista di criteri suggeriti forse non ha bisogno di essere soddisfatta completamente ma che certamente ignorarne i punti essenziali porterà con buona probabilità al fallimento del progetto.

In tempi di sperimentazioni, di tentativi di ridefinizione delle modalità di rendere la pubblicazione delle notizie nuovamente redditizio, mi è sembrato interessante riprenderne i suggerimenti, traducendoli.

La check list, pur non avendo contenuti “rivoluzionari”, ha il pregio di riassumere i punti essenziali di quelli che sono buoni criteri di valutazione di un qualsiasi prodotto prima del lancio ed il valore di andare oltre i soliti canonici [scontati] dieci punti.

Eccoli:

  1. E’ una nuova idea?
  2. Ha un audience definita?
  3. Fornisce contenuti di nicchia?
  4. Soddisfa un bisogno che non viene coperto attualmente?
  5. Fa qualcosa in maniera migliore [più rapida, più economica, più efficace] di quanto già in essere?
  6. Ha un potenziale effettivo di avere una redditività o si baserà sul finanziamento di capitale di rischio?
  7. Utilizza il potere del crowdsourcing e/o delle communities?
  8. Sarà soddisfacente per i giornalisti lavorarvi?
  9. Viene pubblicata/esiste su più di una piattaforma?
  10. Se ha dei contenuti, è possibile condividerli?
  11. Ha bisogno di somme ingenti di danaro per il proprio funzionamento?
  12. Possiede un potenziale che si autoalimenta?
  13. E’ scalabile?
  14. Fornisce un servizio di pubblica utilità?
  15. E’ legalmente sostenibile? Rispetta il copyright?
  16. Potrebbe attrarre venture capitalist o angel investors?
  17. E….ha un bel nome?

Ad integrazione, infine, si segnalano, sempre sullo stesso argomento, le 11 lezioni che Jeff Israely dichiara di aver imparato nel primo anno da corrispondente di una [aspirante] on line news start up.

Quando la strada è buia e tortuosa, dotarsi di strumenti per illuminarla facilita il cammino.

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