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Pre-emption DataMediaHub

Come anticipavo qualche giorno fa il 2014 deve essere, e sarà, l’anno del fare, dello sperimentare. Meno “chiacchiere” e più azione come, a modo suo, invitava a fare Elvis Presley.

Nasce oggi DataMediaHub. L’idea di fondo è quella di creare un hub sui media italiani e sul giornalismo, aggregando dati sul tema e presentandoli con una forma grafica interattiva che abbia un impatto visivo e, soprattutto, che aiuti la comprensione dei fenomeni.

L’ambito di intervento sarà relativo esclusivamente alla realtà italiana, eventuali dati ed analisi su media, comunicazione e giornalismi dall’estero saranno inseriti esclusivamente come elemento di raffronto con la realtà nazionale nostrana. Verranno inseriti tutti i dati relativi ai diversi media, agli investimenti pubblicitari ed al mondo dell’informazione nel senso più ampio del termine.

Le diverse visualizzazioni, oltre alla precitata interattività, si distingueranno per essere elemento di sintesi e di comprensione dei fenomeni. Ogni visualizzazione sarà sempre corredata da una introduzione metodologica “tecnica” su scelta del tipo di visualizzazione e da un commento, un’interpretazione del significato del dato. A questi elementi, sempre con cadenza giornaliera, si aggiungerà una rappresentazione iconica di fatti attinenti ai temi trattati.

In questa fase in un’ottica “web 2.0” chiederemo alle persone, a voi tutti, come strutturare il sito e, soprattutto, quali informazioni e che tipologia di visualizzazioni possano essere di loro interesse. A tale scopo, oltre ai consueti canali social, sarà aperta all’interno del sito un’area community per raccogliere idee, adesioni e, perchè no, critiche.

Oggi abbiamo caricato una breve pre-emption, una dichiarazione di intenti, sul tipo di lavoro che intendiamo fare, ed un assaggio del format grafico che avremmo pensato di adottare.

Dalla prossima settimana continuerà il work in progress, speriamo con il contributo di tutti coloro che vorranno collavorare al progetto, con l’apertura progressiva delle varie aree di DataMediaHub.

Se avete voglia di iniziare a dire la vostra sul progetto potette farlo attraverso Twitter, Facebook e, se non vi basta lo spazio, anche per posta elettronica. Ben [ri]trovati.

Casa DataMediaHub

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SoDOMM

Digimind, società di monitoraggio dei social media, durante la seconda metà di settembre ha condotto un’analisi degli account Twitter di tre testate tradizionali [@Nytimes, @WSJ, @Usatoday] e tre all digital [@Buzzfeed, @Mashable, @HuffPost] per verificare il potere di amplificazione di “new media” e “old media”.

I risultati, sintetizzati nell’infografica sottoriportata, mostrano una nettissima predominanza delle testate tradizionali. La tendenza è quasi la medesima anche nel nostro Paese come mostrano i dati di UAC Meter, strumento di osservazione e analisi della diffusione dell’informazione online sui social network.

Evidenza di come i social media siano, anche, mezzi di distribuzione e diffusione dei mass media, come segnalava Tom Foremski, autorevole [ex] giornalista del «Financial Times», che ne ha  riassunto l’idea appunto con l’acronimo di SoDOMM [The Social Distribution of Mass Media]. Evidenza inoltre, sia del passaggio dall’impression all’expression, dalla pura esposizione ai contenuti di un media a quello di lettura, apprezzamento e condivisione, che del passaggio dallo user generated content allo user amplified content.

Il tasso di amplificazione sociale delle notizie di una testata diventa così un indice che esprime adesione, consenso o dissenso, partecipazione e coinvolgimento, ma anche elemento di misurazione del “valore” del brand delle testate.

SoDOMM

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Social [In]Ability

Avevo promesso che avrei segnalato a coloro che non avessero potuto essere presenti l’url per la diretta streaming del panel di mercoledì 24 scorso sulle strategie di presenza nelle reti sociali da parte dell’informazione italiana. Promessa che mio malgrado non sono stato in grado di mantenere per motivi tecnici.

Sono ora in grado di rimediare, di consentire a chi fosse interessato di vedere ed ascoltare contributi ed opinioni emersi. Se in questo grigio sabato, dal punto di vista metereologico,  aveste voglia di ritagliarvi un’oretta di tempo per ascoltare i contributi dei diversi relatori sul tema non vi resta che sedervi comodamente e guardare il video sottostante.

Comment is free!

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Condivisione dell’Informazione nelle Reti Sociali

Inizia oggi la settima edizione del Festival del Giornalismo di Perugia. Edizione che, come ho già sottolineato, quest’anno ha un programma davvero di spessore ed interesse straordinario.

Tra i diversi argomenti, oggi alle 15:00 si terrà il panel: “Social [In]Ability?”, titolo bonariamente provocatorio per discutere del significato e delle strategie di presenza nelle reti sociali da parte dell’informazione italiana. Panel del quale sarò il moderatore che vede la presenza di Giacomo Fusina, fondatore di Human Highway società di ricerche che ha messo a punto da tempo uno strumento di analisi delle condivisioni dell’informazione, Vincenzo Cosenza, social media strategist di riconosciuto valore a livello internazionale, Daniele Chieffi, esperto di online media relations, Maurizio Tesconi, figura chiave nello sviluppo di  Social Trends, un’applicazione web che ha come obiettivo il monitoraggio, l’analisi e lo studio dei social media e della loro evoluzione nel tempo e, last but not least, Renato Vichi head of media relations Italy and senior vice president per uno dei più importanti gruppi bancari del nostro Paese.

Le condivisioni sui social network sono un elemento essenziale nell’attuale ecosistema dell’informazione. Non si tratta soltanto di un elemento di traffic building ma di un parametro significativo dell’interesse e dell’attenzione nei confronti della testata e degli articoli, dell’informazione della testata stessa. Le condivisioni sui social network creano brand awareness, notorietà di marca, e costruiscono fiducia, grazie al passaparola online degli utenti sul valore del giornale.

Sul tema Daniele Chieffi ha prodotto nei giorni scorsi una riflessione sulla morte della condivisione e la Rete gossippara che sicuramente sarà importante spunto di discussione su dinamiche e motivazioni alla condivisione di informazione sul web. Altrettanto, non ho dubbi, lo saranno i dati di Social Trends che ha una sezione specificatamente dedicata alla condivisione dell’informazione sui principali social network, così come il contributo di Vincenzo Cosenza al quale strapperò sicuramente qualche anticipazione sulla sua analisi sulla reale capacità dei giornali italiani di utilizzare i social media per che verrà presentata domani sempre nell’ambito della manifestazione.

Altri spunti al confronto ed al dibattito sul tema potranno venire dall’analisi svolta recentemente dal sottoscritto per conto dell’European Journalism Observatory su alcune testate, sia all digital che non, cercando di verificare comportamenti, strategie messe in atto e livello di coinvolgimento delle persone all’interno delle reti sociali.

Altro “pezzo forte” del panel l’analisi condotta ad hoc per questo incontro da Giacomo Fusina sulla condivisione sociale online delle notizie di attualità nel mese di marzo di quest’anno. Analisi che partendo da i ben 60mila URL del mese di Marzo, raccoglie per ciascuno di essi la Categoria di appartenenza e i termini che ne connotano il “mood”, sia in positivo che in negativo, usando i quali è stata generata “la temperatura” [termini positivi + termini negativi] e il “sentiment” [termini positivi – termini negativi], che, tra l’altro, prova, vista dai dati e dalla statistica, che lo stile narrativo più carico e forte stimola maggiori condivisioni e che le brutte notizie si diffondono più facilmente di quelle buone seppure con alcune eccezioni, come ad esempio per “Religioni e Fedi” l’effetto di Papa Francesco.

Insomma un’ora e mezzo di dibattito davvero ricco di spunti sui quali riflettere e confrontarsi. Se venite ci vediamo lì con grande piacere altrimenti potete seguire in diretta streaming [#] e porre le vostre domande usando l’hashtag #siijf13. A tra poco.

Peso FB & Twitter[#] Non appena disponibile aggiornerò nel corso della giornata articolo con URL per video streaming.

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Le Notizie più Social del 2012 in Italia

Human Highway, , società di ricerche di mercato che, tra l’altro,  ha realizzato UAC Meter, strumento di osservazione e analisi della diffusione dell’informazione online sui social network, ha reso disponibili i dati relativi alle condivisioni sociali delle diverse fonti d’informazione nel nostro Paese nel 2012.

Dall’analisi dell’amplificazione sociale delle notizie emerge come ogni giorno in Italia le diverse fonti d’informazione, dalle versioni online dei quotidiani ai blog passando per le testate all digital, vengano pubblicati mediamente 2mila articoli al giorno che vengono condivisi da 250mila persone quotidianamente.

Evidenza di come i social media siano, anche, mezzi di distribuzione e diffusione dei mass media, come segnalava Tom Foremski, autorevole [ex] giornalista del «Financial Times», che ne ha  riassunto l’idea appunto con l’acronimo di SoDOMM [The Social Distribution of Mass Media]. Evidenza inoltre sia del passaggio dall’impression all’expression, dalla pura esposizione ai contenuti di un media a quello di lettura, apprezzamento e condivisione che del passaggio dallo user generated content allo user amplified content.

Il tasso di amplificazione sociale delle notizie di una testata diventa così un indice che esprime adesione, consenso o dissenso, partecipazione e coinvolgimento.

Per il 2012 sono state analizzate 40 testate che hanno prodotto 644mila articoli generando 54 milioni di “like” su Facebook e 4 milioni di tweet.

Se si conferma, come era già emerso dalle precedenti analisi,  che a primeggiare sono «La Repubblica» ed «Il Corriere della Sera», che da soli accorpano il 66,1% del totale delle condivisioni, la sorpresa viene da «Giornalettismo», testata all digital che si colloca al quarto posto, dopo «Il Fatto Quotidiano», per numero di condivisioni e che colpisce l’immaginario collettivo con un articolo su distrazione e potenzialità cerebrali dell’uomo che colleziona 112.749 condivisioni facendone la notizia più condivisa in assoluto nel 2012.

E’ interessante notare come la quarta notizia più condivisa [76.648 condivisioni] sia relativa ad una “bufala” pubblicata da «Il Mattino» di Napoli e poi dallo stesso corretta.

Grazie alla collaborazione di @nelsonmau, data journalist e recente co-fondatore di Dataninja, sito di recente creazione nato per raccogliere una serie di esperimenti di data-journalism, i dati pubblicati da Human Highway sono stati ulteriormente elaborati per approfondire il tema.

Emerge come il 72,2% delle condivisioni sia attinente ad argomenti relativi alla cronaca o alla politica del nostro Paese mentre lo sport raccoglie solo il 5,2%. O gli  sportivi dunque preferiscono continuare a discutere al bar oppure i quotidiani sportivi non stanno facendo un buon lavoro sui social network.

Si evidenzia inoltre la conferma dell’assoluto strapotere di Facebook rispetto a Twitter e Google+. Picchi nel numero di condivisioni si osservano il 23 febbraio, l’11 marzo, il 9 maggio ed il 24 di giugno. Date che non corrispondono agli hashtag più utilizzati su Twitter, quali terremoto o Brindisi per citarne alcuni, e che evidenziano le differenze tra Facebook e Twitter.

Argomenti più condivisi 2012

Differenza che emerge anche dalla spaccatura di quali siano le testate maggiormente condivise su Facebook e quali invece su Twitter con il primo più tradizionalista ed il secondo che lascia maggior spazio a testate all digital quali «Il Post» o «Linkiesta».

Come “sottoprodotto” infine, emerge, o meglio si conferma, la profonda differenza tra “like” e coinvolgimento, tra contare i “followers” e avere una conversazione con loro, come testimonia, a titolo esemplificativo, «La Gazzetta dello Sport» che su Facebook ha 773.569 “mi piace” ma non compare tra i primi dieci, e che altrettanto su Twitter conta 623.125 “followers” ma raccoglie un numero di condivisioni infinitesimale.

Condivisioni per SNCliccando sulle immagini avrete accesso ai grafici qui pubblicati in forma interattiva ed altre infoirmazioni che consentono di approfondire ulteriormente.

Update: Poichè attraverso commenti sui social network si rileva che forse non era stato espresso originariamente con sufficiente chiarezza, si segnala che le analisi che sono state fatte in collaborazione con Dataninja [confronti tra testate, classificazione delle news, incidenza dei tre SN] non possono dirsi rappresentative del totale dell’informazione – i 644mila articoli – poichè sono prodotte solo sui top articoli censiti, analizzati da HH, pari a meno dell’1 per mille degli articoli pubblicati. La specificazione non è mai ovvia; sorry.

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Data Journalism & Trasparenza dei Partiti

I dati sono un bene pubblico, sia, come spiega Enrico Grazzini, nell’ interpretazione che ne danno gli economisti di “common”, di una risorsa condivisa che dovrebbe essere gestita dalla comunità di riferimento,  che nella versione fornita dai giuristi [soprattutto in Italia] per i quali il bene comune è invece un diritto universale.

Da entrambe le prospettive dunque, il data journalism rappresenta elemento di grande rilevanza per la società e processo di narrazione giornalistica della realtà, metodologia di lavoro che guarda alla cultura open e ai valori sui quali questa si poggia – trasparenza, collaborazione e partecipazione – per riconquistare credibilità e fiducia da parte dei lettori.

Dopo i recenti scandali che hanno coinvolto Luigi Lusi e Francesco Belsito con il Parlamento che obtorto collo discute sui rimborsi elettorali, la segnalazione di Mauro Munafò mi ha particolarmente interessato.

Il giornalista ha realizzato per «l’Espresso» l’inchiesta “Partiti Trasparenti”, fornendo sia i documenti originali della gestione dei principali movimenti, documenti che nella maggior parte dei casi non è possibile leggere neppure nei portali dei partiti stessi, che rielaborando i dati principali di entrate, spese e donazioni per realizzare tabelle e infografiche attraverso le quali confrontare i conti delle formazioni politiche principali, rendendo disponibili tutti gli elementi faticosamente raccolti in open data.

Un lavoro davvero di grande attualità ed interesse che mi ha spinto ad approfondire ulteriormente con una intervista a Mauro Munafò su motivazioni e dettagli di quanto svolto. Qui di seguito il testo.

D: Per prima cosa, oltre a quello che è scritto nel sito, mi piacerebbe capire come è stato fatto il lavoro.

R: Il come è piuttosto semplice: ho preso i pdf dei bilanci dei partiti pubblicati dal supplemento di ottobre della Gazzetta Ufficiale. Pdf che non sono più disponibili gratuitamente perché la consultazione gratuita della GU online dura solo 60 giorni. Una volta trovati i pdf, manualmente ho ricompilato dei file Excel dei conti economici dei principali 7 partiti. Da questi ho poi generato i grafici utilizzando Tableau Software e Google Chart. E su Google doc ho rilasciato gli open data dei conti economici dei partiti, mentre sul sito si possono scaricare anche i pdf originali [dove ci sono i rendiconti e le note, molto importanti da leggere e che in parte sono state incluse nelle pagine]

D: Quali le motivazioni, perchè hai deciso di fare questa indagine.

R: Il perché è semplice: si parla tanto di trasparenza dei partiti e nella maggior parte dei casi non ci sono neppure i bilanci sui siti. Ho voluto costruire un sistema che permettesse almeno una prima consultazione di dati tanto importanti. Per scavare più a fondo serviranno delle nuove leggi che sono al momento in discussione. Diciamo che questo è un primo passo che vuole anche mostrare ai partiti che i pdf da soli non servono a molto.

In passato ho creato altri progetti [puoi vederli su  http://www.lamacchinadelfungo.com/], e mi interesso molto al tema del datajournalism. Al momento lavoro per «L’Espresso» e sono riuscito a coniugare in questa circostanza la mia passione per l’opendata e l’interesse informativo della testata per cui lavoro.

D: Quanto tempo ti ha richiesto portare a compimento il progetto? L’hai fatto tu da solo o in collaborazione con qualcun altro?

R: Circa una settimana di lavoro in solitaria. Fatta sia di ricompilazioni, sia di ricerca dei documenti, sia di realizzazione delle infografiche varie e dei testi. Il Visual Desk del gruppo L’Espresso invece è stato fondamentale nella realizzazione di un minisito ad hoc per il progetto.

D: Quanto sono affidabili/veritieri i bilanci pubblicati secondo te?

R: Bella domanda e risposta difficilissima. I problemi sono di vario tipo. Innanzitutto anche se i bilanci fossero corretti, le note a corredo forniscono spesso un dettaglio non sufficiente delle voci di spesa: dire che si spendono 10 milioni in “oneri vari” che cosa vuol dire? Servirebbero dei resoconti più dettagliati e spesso i bilanci non lo forniscono o lo forniscono in modi differenti.

Altro problema: ogni partito compila il bilancio a modo suo e ti faccio un esempio. I famosi rimborsi elettorali prevedono una rata che ogni anno viene versata ai partiti. Il problema è che alcuni partiti mettono tutta la quota [fatta di 5 rate] nel conto annuale, mentre altri mettono solo una singola rata. Potrei elencarti decine di casi di mancata trasparenza, legati spesso al problema che i partiti italiani hanno vita brevissima: Pdl e Pd non esistevano neppure qualche anno fa e quindi i loro bilanci a volte presentano mancanze o debiti collegati ai partiti fondatori. Il pdl nel 2010 ad esempio pagava pochissimo di stipendi perché probabilmente il personale era ancora contrattualizzato da Forza Italia.

Sulla correttezza “legale” dei bilanci credo che la magistratura abbia detto molto. Il problema è che questi bilanci possono essere compilati in maniera talmente generica che trovare delle magagne leggendoli è molto complicato.

Detto ciò, anche questi bilanci presentano tonnellate di dati che nessuno conosce e che quindi è già un significativo passo avanti condividere con i lettori.

Al di là dei dettagli, consultabili sul minisito realizzato ad hoc, emergono fondamentalmente due aspetti.

La trasparenza dei partiti dovrebbe essere IL tema dominante del dibattito in corso sulle ipotesi di revisione dei finanziamenti e non argomento accessorio poichè, come dimostra l’indagine e gli approfondimenti forniti dall’intervista, ad oggi, al di là delle dichiarazioni di circostanza, ben poco, o nulla, viene fatto su questo fronte.

Il futuro, anche nel giornalismo, è di chi non ha paura di sporcarsi le mani. Grazie a Mauro Munafò per averlo fatto.

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Il Puzzle Informativo e La Gamification dell’informazione

La DARPA [Defence Advanced Research Projects Agency], organizzazione dedicata a mantenere la superiorità statunitense nell’ambito delle tecnologie militari, ha un problema: come ricostruire documentazione rinvenuta nelle zone di guerra quando la stessa è danneggiata o, addirittura, sminuzzata con un tritadocumenti al fine di renderla illegibile.

Per tentare trovare una soluzione al problema ha deciso di affidarsi al crowdsourcing indicendo un concorso indirizzato principalmente a studenti, esperti di giochi e criptoanalisti, ma potenzialmente aperto a chiunque.

La questione è di tale rilevanza che c’è in palio un premio di 50mila $ [circa 37mila €] per coloro che dimostreranno di avere le capacità necessarie ricostruendo 5 puzzle di diverso livello di difficoltà che danno punteggi distinti a chi li risolve. Il concorso è iniziato il 27 ottobre scorso ed avrà termine il 04 dicembre prossimo con la proclamazione del vincitore nella settimana successiva.

A prescindere dall’obiettivo specifico dell’organizzazione militare statunitense, mi pare possa essere un caso di esempio per risolvere l’attuale puzzle informativo ed introdurre, senza svilirne la sostanza, elementi di gamification nell’informazione.

Il giornalismo investigativo, ed in particolare il data journalism, hanno tempi e costi che mal si adattano alla generale situazione economica della stragrande maggioranza degli editori, introdurre elementi quali quelli proposti dalla DARPA, adattandoli, potrebbe offrire due tipi di vantaggi. Da un lato si attiverebbe in tal modo un livello di interesse e coinvolgimento rispetto alle informazioni che attualmente non trova riscontro, dall’altro lato si otterrebbero risultati che richiederebbero in alternativa uno sforzo organizzativo interno ed un dispendio economico certamente superiore.

Se l’attuale fase è fatta necessariamente di un percorso di trial and repeat by errors, sono convinto che i risultati di una sperimentazione in tal senso potrebbero riservare sorprese da lasciare stupiti anche i più scettici.

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Network Analysis dei Poteri Forti

In occasione della tempesta finanziaria che sta attraversando le borse delle principali nazioni del Mondo, si è sentito parlare spesso di poteri forti.  I riferimenti restano sempre indefiniti, vaghi, fornendo, tra l’altro, argomento per facili ironie pour cause al riguardo.

Arriva ora uno studio che aiuta a qualificare ed a comprenderne meglio la natura e, soprattutto, identica gli attori principali che vengono raccolti in tale definizione.

Un gruppo di economisti svizzeri ha pubblicato “The Network of Global Corporate Control” identificando la struttura ed il “network” di influenza di grandi imprese ed istituzioni finanziarie. La desk research ha individuato quali organizzazioni sono collegate ad altre organizzazioni e le relazioni tra la proprietà delle stesse.

Emerge un nocciolo duro costituito da 787 grandi corporation che controllano l’80% delle più importanti imprese del Mondo e al suo interno un gruppo ancora più ristretto che controlla il 40% delle più importanti multinazionali del pianeta.

Per quanto riguarda direttamente la realtà del nostro Paese viene effettuata un’analisi specificatamente dedicata alla struttura del gruppo Benetton.

Di estrema rilevanza la presenza di banche ed istituzioni finanziarie, come illustrano il grafico e la tabella sottostante con ranking e peso percentuale delle prime 50 organizzazioni, tra le quali figura il nostrano Unicredito Italiano SPA.

Al di là delle inevitabili considerazioni socio-economiche sui risultati dello studio, che lascio ad altri, il lavoro svolto concretizza quali potrebbero essere i frutti del giornalismo d’indagine che viene raccolto sotto la definizione di “data journalism“. Volendo.

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Ansia Nucleare

Nielsen ha pubblicato in questi giorni i risultati di un’analisi svolta nel mese di marzo che attraverso il monitoraggio delle conversazioni online documenta il cambio di attitudine nel nostro paese relativamente all’impiego di energia nucleare.

Secondo quanto riportato dal noto istituto di ricerca, successivamente al disastro nucleare di Fukushima, la quota di persone con un orientamento negativo nei confronti del nucleare è passata dal 33% del pre – tzunami all’attuale 43%.  Le aree di maggior preoccupazione sono inerenti sicurezza d’impiego di questa fonte e rischi connessi alle radiazioni.

Newsrevired, spazio anglosassone dedicato al giornalismo ed ai media digitali, propone una lista di 10 punti relativamente a quello che viene definito data journalism nella quale si richiama l’attenzione sull’utilizzo delle mappe come strumento di attrazione dell’utenza e di sintesi visiva delle informazioni, dei dati.

Davvero interessante sotto questo profilo la mappa “Nuclear Anxiety” che effettua una monitoraggio costante in tempo reale delle conversazioni in rete sull’energia nucleare. Grazie alla mappa realizzata vengono visualizzate le verbalizzazioni, le segnalazioni sul tema e la loro origine da ogni angolo del pianeta.

Anche gli spagnoli della comunità online Webnode hanno realizzato una infografica interattiva che visualizza la variazione, la crescita dell’attività su Twitter in base all’avanzamento della nube radiottiva di Fukushima. Dall’11 marzo al 05 aprile scorso sono stati  iniviati online attraverso la piattaforma di microblogging ben 500 milioni di messaggi sul tema.

Pare infine che un fumetto manga, pubblicato nel 1998, raccontasse, in qualche modo prevedesse, con largo anticipo quello che sarebbe stata la contemporanea tragedia di Fukushima. Il comic giapponese che all’epoca aveva venduto circa 70mila copie è stato digitalizzato e ripubblicato successivamente al disastro nucleare in giappone raggiuingendo in pochi giorni oltre 200mila visite.

Non si può che condividere il rammarico dell’autore della pubblicazione nel constatare come sia risultato essere un avvertimento nullo.

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Dove Vanno i Nostri Euro

Datablog, spazio del Guardian dedicato al data journalism, la cui metodologia di lavoro costituisce un punto di riferimento, riprende stamani il lavoro svolto da Open Spending sulla distribuzione della spesa pubblica in Italia.

Grafica interattiva ed una serie storica di dati degli ultimi 12 anni per sapere dove vanno i nostri euro.

Update: Correttamente, su FriendFeed, l’amico Gaspar Torriero segnala che dalle voci manca  la spesa per il servizio del debito pubblico, che rappresenta più del 40% della spesa totale.

A margine, si segnala l’importante lavoro svolto da Gigi Cogo, insieme ad un gruppo di professionisti ed amici, in prima linea nella battaglia per l’open data nella pubblica amministrazione.

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