Benchmarking editoriale

Marco, evidentemente un addetto ai lavori del settore editoriale, nei commenti all’articolo nel quale evidenziavo l’ennesima carenza della filiera editoriale, pone delle questioni davvero interessanti e meritevoli di una risposta un minimo articolata.

Nei commenti si pone l’accento sulle difficoltà per gli editori di conoscere/prevedere le vendite delle pubblicazioni per ogni punto vendita che, integrate da un sistema di distribuzione locale antiquato e “piatto”, costringerebbero a una prudenza che sfocia in microrotture di stock e ad inseguire il mercato con eventuali ristampe.

Ringrazio Marco per i complimenti, sempre graditi, e per aver posto sul tavolo spunti di grande interesse per chi opera commercialmente nel settore editoriale.

Sono aspetti che in maniera sparpagliata, in funzione delle occasioni del momento, sono già state affrontate in questi spazi ma che vale la pena di assemblare ed espandere.

Credo che le osservazioni fatte possano riferirsi esclusivamente a pubblicazioni che hanno carattere “straordinario” [o, meglio, extraordinario] quali quella di riferimento, mentre ritengo che negli altri casi sia doveroso da parte di editori e distributori – nazionali e locali – stimare con buona approssimazione le vendite per singolo punto vendita.

Nella realtà, come ho avuto modo di documentare, vengono determinate le forniture senza alcun rispetto delle caratteristiche del singolo punto vendita [o, peggio, senza conoscerle come vedremo più avanti] fornendo in eccesso prodotti poco vendibili e determinando costanti rotture di stock per i prodotti di maggior diffusione/vendita.

L’edicola, tra l’altro, diviene così sempre più luogo di stazionamento di prodotti editoriali poco o per niente vendibili il cui carico grava in prima battuta sui giornalai e poi, con il sistema delle rese, sugli editori creando difficoltà economico-finanziarie oltreché d’immagine non trascurabili.

Scusandomi anticipatamente della eventuale presunzione, credo di avere il personale vantaggio di osservare le dinamiche di questo settore con “occhi nuovi” poiché le mie esperienze precedenti sono prevalentemente in altri settori e il relativo expertise del quale sono – eventualmente – in possesso nell’ambito dei media è più relativo all’acquisto, diretto o indiretto, di spazi pubblicitari ed al loro utilizzo in generale in chiave di comunicazione promo-pubblicitaria. E’ da questa peculiare ma vantaggiosa prospettiva che suggerirei a chi opera all’interno delle imprese che si occupano di editoria [libri esclusi] di studiare e verificare la possibilità di effettuare benchmarking partendo dall’analisi approfondita e circostanziata del settore alimentare del “fresco”. Ritengo che ci siano molte affinità e che molte delle soluzioni adottate in quello specifico segmento di mercato possano essere mutuate ed applicate al settore editoriale sia relativamente alla distribuzione, alla logistica, che al sistema informativo e commerciale nel suo insieme.

Strategie

Dopo questa introduzione generale sul tema di riferimento, nella quale spero di aver fornito parte della risposta ed almeno uno spunto operativo, approfondiremo i singoli aspetti nei giorni a venire a partire da domani.

Contributi, obiezioni ed integrazioni sono gradite per definizione e, come noto, possono essere inserite nell’apposito spazio dei commenti. Grazie.

1 Commento

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Una risposta a “Benchmarking editoriale

  1. Io, prima di avere un’edicola avevo una pizzeria. E ho sempre pensato che il sistema della tentata vendita delle mozzarelle fosse applicabile anche per il comparto edicola. Lo dissi mesi e mesi fa sui forum degli edicolanti, e la battuta più simpatica che mi fu fatta fu: sei inesperto 😀

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