TabletMania

Dal lancio del iPad ad oggi molti degli sforzi delle imprese del comparto editoriale si sono concentrati nella realizzazione di applicazioni o di nuovi prodotti appositamente concepiti per i tablets.

Anche in questi giorni è il lancio del Daily di Murdoch a tenere banco nel dibattito sulle prospettive , sui modelli, anche in chiave di sostenibilità economica, di distribuzione dell’informazione, nonostante sia già emerso con chiarezza come si tratti di un salvagente bucato.

L’impressione è che si tratti di una vera e propria sindrome, di una forma di accanimento che Juan Varela definisce correttamente con il termine di TabletMania.

L’indagine sul possesso dei diversi device tecnologici svolta da Pew Internet, i cui risultati sono stati pubblicati il 3 febbraio scorso,  evidenzia come la penetrazione dei tablet raggiunga solamente il 4% della popolazione con un’età superiore ai 18 anni negli Stati Uniti, con un valore massimo leggermente superiore, pari al 5%, per coloro tra 18 e 46 anni.

Dedicare così tante energie ad un mezzo dalla penetrazione ancora estremamente ridotta, affidando le proprie sorti ad un ambiente detenuto e controllato da terzi [Apple] è un errore strategico non trascurabile.

La sfida del futuro per l’editoria di chiama convergenza e passa attraverso la capacità di integrare le diverse anime delle imprese attive nel comparto, la volontà di attivare un processo relazionale circolare con l’utenza, senza distruggere il valore residuo di quanto realizzato nel passato come pretenderebbero taluni guru pour cause.

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