Volare, oh oh

Su Forbes si traccia un parallelo, tanto interessante quanto stimolante, tra i problemi affrontati dalle compagnie aeree e le attuali difficoltà, relative alla possibilità di ottenere dei ricavi dal web, che l’editoria si trova a combattere.

Nell’articolo di qualche giorno fa, viene analizzato come le le compagnie aeree siano riuscite a far pagare ai viaggiatori quel che erano abituati ad avere gratuitamente, specificatamente il trasporto del bagaglio.

Il paragone con la necessità di far pagare i contenuti on line all’utenza prosegue citando la famosa teoria dei giochi, affermando che si tratta del ben noto problema di coordinamento che si verifica quando due parti potrebbero ottenere un vantaggio facendo la sequenza giusta di scelte che se, al contrario, non effettuate portano ad un peggioramento della situazione.

Secondo l’autore, le edizioni on line possono riuscire a convincere l’utenza a pagare per i contenuti passando dapprima per un modelloibrido” fatto di una parte gratuita ed una a pagamento per successivamente far pagare tutti i contenuti. Ruolo chiave giocherebbero in questo processo quotidiani leader quali il New York Times in grado di traghettare anche i giornali di minore importanza verso il traguardo del paid content.

Lo spunto offerto, come detto, è sicuramente di valore e rappresenta una interessante integrazione rispetto a quanto proposto sin ora sul tema.

Mi pare, però, che sia la prospettiva di partenza da dover essere riconsiderata in questa come in altre ipotesi che sono state formulate sin ora. Fondamentalmente si continua a partire dall’assunto che il problema sia come far pagare le notizie [on line]. Ritengo che la vera domanda debba, invece, essere quali debbano essere i contenuti a pagamento e, soprattutto, su quali basi vi possa essere disponibilità da parte dell’utenza a pagare.

Vale inoltre la pena di considerare che il modello di business dell’editoria si fonda su un mix di ricavi generato sia dal pagamento dei contenuti che dagli introiti; questa peculiarità rende difficile oggettivamente il confronto con altri settori che si tratti di musica, acqua minerale o, appunto, ultimo in ordine di apparizione, linee di aerotrasporto. I paragoni un tanto al chilo sono curiosità che lasciano il tempo che trovano.

Diceva Emil Cioran “sperare significa smentire l’avvenire”, appunto!

3 commenti

Archiviato in Comunicazione, Scenari Editoriali

3 risposte a “Volare, oh oh

  1. Concordo. E’ come, balaizzando, se i giornali continuassero a chiedersi un po’ autisticamente in un loop senza fine “che cosa può fare il lettore per noi?”. E la risposta è sempre: pagare, pagare, pagare.

    Non sembrano chiedersi (o almeno non con la stessa intensità). “che cosa possiamo fare noi per il lettore?”.

  2. pedroelrey

    Caro Raffaele,
    L’abitudine ad una comunicazione top down, la consuetudine di essere complessivamente solo al servizio del potente di turno [politico o azienda], gli anni trascorsi disponendo a piacere del canale commerciale senza alcun criterio di gestione aziendale nè, tantomeno di marketing sono i fattori prevalenti di una pessima abitudine a non chiedersi cosa voglia il cliente. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

    Un abbraccio.

    Pier Luca

    [PS: Non mi sono dimenticato i due cents ma son giorni da suicidio…arrivo!]

  3. Pingback: THE PAYWALL EXPERIMENT « Senzamegafono

Lascia un commento