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Pubblicazioni per Uomini di Ferro

Il product placement all’interno dei film è  un filone, un’area, non trascurabile della comunicazione di marca che utilizza questa modalità per promuovere i propri prodotti/brand.

Ironman 2, film della Marvel atteso nelle sale cinematografiche a partire dalla fine di questo mese in poi, potrebbe rappresentare un caso “apripista” per  quanto riguarda il placement di pubblicazioni editoriali non solo all’interno del film [attenzione al minuto 1.10] ma anche, se non principalmente, sulle locandine di promozione della produzione cinematografica.

Come è possibile osservare nell’immagine sottostante, infatti, sono chiaramente riconoscibili i marchi di alcune delle più note testate internazionali quali, tra gli altri,  El Pais, Usa Today, Forbes e Wired.

Verificheremo nel tempo se si tratta di un’operazione isolata o se, invece, rappresenta l’inizio di un percorso promozionale per le pubblicazioni editoriali.

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Volare, oh oh

Su Forbes si traccia un parallelo, tanto interessante quanto stimolante, tra i problemi affrontati dalle compagnie aeree e le attuali difficoltà, relative alla possibilità di ottenere dei ricavi dal web, che l’editoria si trova a combattere.

Nell’articolo di qualche giorno fa, viene analizzato come le le compagnie aeree siano riuscite a far pagare ai viaggiatori quel che erano abituati ad avere gratuitamente, specificatamente il trasporto del bagaglio.

Il paragone con la necessità di far pagare i contenuti on line all’utenza prosegue citando la famosa teoria dei giochi, affermando che si tratta del ben noto problema di coordinamento che si verifica quando due parti potrebbero ottenere un vantaggio facendo la sequenza giusta di scelte che se, al contrario, non effettuate portano ad un peggioramento della situazione.

Secondo l’autore, le edizioni on line possono riuscire a convincere l’utenza a pagare per i contenuti passando dapprima per un modelloibrido” fatto di una parte gratuita ed una a pagamento per successivamente far pagare tutti i contenuti. Ruolo chiave giocherebbero in questo processo quotidiani leader quali il New York Times in grado di traghettare anche i giornali di minore importanza verso il traguardo del paid content.

Lo spunto offerto, come detto, è sicuramente di valore e rappresenta una interessante integrazione rispetto a quanto proposto sin ora sul tema.

Mi pare, però, che sia la prospettiva di partenza da dover essere riconsiderata in questa come in altre ipotesi che sono state formulate sin ora. Fondamentalmente si continua a partire dall’assunto che il problema sia come far pagare le notizie [on line]. Ritengo che la vera domanda debba, invece, essere quali debbano essere i contenuti a pagamento e, soprattutto, su quali basi vi possa essere disponibilità da parte dell’utenza a pagare.

Vale inoltre la pena di considerare che il modello di business dell’editoria si fonda su un mix di ricavi generato sia dal pagamento dei contenuti che dagli introiti; questa peculiarità rende difficile oggettivamente il confronto con altri settori che si tratti di musica, acqua minerale o, appunto, ultimo in ordine di apparizione, linee di aerotrasporto. I paragoni un tanto al chilo sono curiosità che lasciano il tempo che trovano.

Diceva Emil Cioran “sperare significa smentire l’avvenire”, appunto!

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