Dubito ergo sum

Credo di aver complessivamente lasciato intendere quale sia la mia posizione relativamente al concetto promosso, principalmente, da uno dei migliori impacchettatori di idee attualmente in circolazione.

Torno sull’argomento per focalizzare l’attenzione e, spero, stimolare la riflessione ed il dibattito con specifico riferimento alla free press.

E’ noto che il modello di business sul quale si fonda[va] la free press ha dimostrato scarsa tenuta ed è di questi giorni , a conferma, l’ufficializzazione della cessione, ampiamente preannunciata, dell’edizione italiana di Metro.

Al di là del modello, fallimentare, di business, si tende generalmente a considerare la free press come un prodotto senza costo per il singolo e per la collettività nel suo insieme. E’ interessante, a mio avviso, rilevare come non vi sia nulla di meno vero in questa diffusa credenza.

Un primo costo occulto è relativo alla raccolta della free press che viene gettata dopo la lettura. Secondo quanto riportato dall’ AMSA, più di un milione di chili di carta viene raccolto nelle sole stazioni della metropolitana milanese. Queste quantità, equivalenti alla cellulosa ottenuta da circa 15mila piante, hanno un evidente costo ecologico ed anche un costo immediato, stimato in 300mila €, annui per la collettività. Moltiplicando i dati riferiti alla sola città di Milano per tutte le altre città in cui viene distribuita la free press, si comprende quale sia il costo – ingente – di quanto eravamo portati a ritenere gratuito.

L’altro costo, non meno rilevante, riguarda le conseguenze che la free press [così come la Tv commerciale] ha per ampi strati della popolazione ed è relativo agli aspetti sociali e culturali di cui la free press è, tra gli altri, veicolo, mezzo appunto.

Se da un lato, infatti, sono migliaia i ‘non lettori’ che si sono avvicinati alla lettura grazie ai quotidiani distribuiti gratuitamente , dall’altro la sterilizzazione culturale e la manipolazione sono state indubbiamente favorite dal free.

La cultura del trash, degli [ir]reality show e delle veline, è sostenuta, se non alimentata, dalla proposta effettuata dai quotidiani [e magazine] gratuiti che costituendo spesso l’unica fonte di informazione finisce per influenzare comportamenti e scelte delle fasce meno protette della popolazione.

Poiché distribuita gratuitamente la dipendenza della free press dai lettori è decisamente inferiore rispetto a quella della carta stampata a pagamento, mentre aumenta di conseguenza l’influenza che inserzionisti e centri di potere possono esercitare in quanto finanziatori.

La prossima volta che vi offrono gratuitamente contenuti prodotti sostenendo, inevitabilmente, dei costi rifletteteci ed informatevi sulle regole del gioco. Tutto ha un costo.

Dubito ergo sum.

Forges - "El Pais"

Forges - "El Pais"

5 commenti

Archiviato in Comunicazione, Scenari Editoriali

5 risposte a “Dubito ergo sum

  1. Eh eh,
    ho pescato il tuo post sul mio aggregatore di lavoro con le chiavi “metro milano” e “circolazione milano”. Quant’è piccolo il mondo (web).

    Cari saluti.
    In silenzio, ma ti seguo anche in maniera tradizionale 😉

  2. Pingback: I costi (nascosti, ma non tanto) della free press : Rigeneriamoci

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  4. Ciao Pier Luca,
    bravo, perfetto.
    abbiamo anche dimenticato l’aspetto finanziamenti. Ossia i soldi, nostri, che lo Stato forse elargisce a questi pseudo giornali. Ti sarei grato se, di questo specifico argomento, tu mi sapessi dire qualche cosa di più. Ossia se effettivamente vengono finanziati e di quanto.
    Ti saluto cordialmente.
    Paolo

  5. pedroelrey

    Qui la legge aggiornata:

    DPR 223-2010: Regolamento per l’erogazione dei contributi all’editoria


    Si credo che ottengano finanziamenti.
    Ciao
    PL

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