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InnovAzioni e SperimentAzioni

Una cosa è certa, il 2014 sembra essere davvero l’anno del fare, dello sperimentare.

Dopo l’annuncio del lancio di DataMediaHub, a cui stiamo lavorando per implementare il sito che tra una settimana dovremmo riuscire già ad aggiornare quotidianamente, sempre da ieri sono “temporary manager” per «La Stampa» in qualità di social media editor.

Le ragioni ed il senso sono spiegate dal direttore del quotidiano piemontese nell’articolo pubblicato sul sito web del giornale: “Social  Media, da oggi a La Stampa porte aperte agli innovatori della  Rete”, in cui Mario Calabresi, appunto, spiega come a suo avviso “questa è l’occasione giusta per passare dalle parole ai fatti: lasciare che il giornalismo tradizionale si contamini con le migliori esperienze della rete”. Difficile non condividerne la prospettiva al di là del mio coinvolgimento personale.

Al di là delle motivazioni espresse dal direttore del giornale torinese, quale sia una parte dell’innovazione nella scelta effettuata lo spiegano, da due prospettive complementari, che si integrano tra loro, Carlo Felice Dalla Pasqua e «Il Ducato», giornale online dell’Istituto per la Formazione al giornalismo di Urbino, che in entrambi i casi pongono l’accento sul fatto che sia un non giornalista [il sottoscritto] a ricoprire questa posizione per una testata.

Quando circa 7 anni fa ho iniziato a conoscere da vicino il settore editoriale e sono rimasto letteralmente esterrefatto nel constatare come sia caratterizzato, in buona parte ancor oggi, da logiche organizzative e gestionali che in altri settori/mercati sono state abbandonate almeno dalla metà degli anni ’90.

Ritengo che una contaminazione, un contributo di persone che, forti di esperienze in altri mercati, portino una ventata di novità, “occhi nuovi” con cui approcciare problemi vecchi, expertise che adattato si puo’ tranquillamente applicare,  sia uno degli elementi essenziali per scardinare, in senso positivo, il sistema, ancora una volta al di là del mio caso personale.

Ringrazio Mario Calabresi, Marco Bardazzi e, ovviamente, Anna Masera, per la fiducia accordatami. Farò di tutto per apportare il mio contributo positivo alla scelta fatta da  «La Stampa».  Lasciatemi questa prima settimana di rodaggio e poi iniziate a giudicare. Lo spazio dei commenti e il mio account Twitter sono a disposizione per raccogliere idee, spunti e, se del caso, critiche.

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La falsa notizia della liberazione di Rossella Urru e le celebrazioni su Twitter, con momenti paradossali che ne attribuivano i meriti a Fiorello in un mix di satira e convinzione, hanno scatenato l’ennesimo dibattito su ruolo e attendibilità di Twitter come newswire dell’informazione digitale.

Alle prime considerazioni di Marco Bardazzi sulla «Stampa» è seguita la replica di Luca Sofri con relativa controreplica ed intervento anche del direttore del quotidiano torinese. Confronto che, se vi foste persi, potete ritrovare con tutti i collegamenti ipertestuali necessari ad approfondire via Wavu, aggregatore tutto italiano per, appunto, esplorare le discussioni sull’informazione di qualità e sul citizen journalism attraverso un percorso fra blog, giornali, social network.

Che i social media e Twitter abbiano un problema di credibilità ed affidabilità è opinione comune, come testimoniato da interesse e disponibilità ottenuto dalla mia proposta di stilare una sorta di codice di autodisciplina prima di restare schiacciati non solo sotto il peso dell’infobesità ma anche di quello delle bufale [*] e, soprattutto, dalla scarsa fiducia che complessivamente le persone vi ripongono come fonte d’informazione.

Non è tuttavia, anche in questo caso, dalla contrapposizione tra “noi” e “loro”, tra giornalisti e blogger, e/o tra mezzi di informazione tradizionale e social media, che ritengo possano emergere elementi utili ed interessanti sui quali ragionare.

Fact checking ed affidabilità dell’informazione [via] non sono una problematica che appartiene esclusivamente ai social media ma  rappresentano ormai caratteristica integrante di una tendenza generale più ampia classificata come nowism: il bisogno di gratificazioni ed informazioni istantanee e costanti ben sintetizzato dalla definizione che ne fornisce l’Urban Dictionary, come ho avuto modo di rispondere a chi mi chiedeva un commento a caldo sulla questione.

Il nowism rischia di uccidere l’informazione con un rumore di fondo costante  di voci ed illazioni che si ricorrono annullando di fatto  la positività di un flusso informativo condiviso e diffuso. Si tratta di una situazione che viene ben sintetizzata da Carlo Dante nel suo «Minime Pervenute»: “In principio fu il verbo, poi il discorso, poi l’affermazione, poi l’informazione, infine un chiasso infernale”.

Immagino possa essere questa la cornice di riferimento al cui interno confrontarsi, il vero tema del quale discutere.

[*] Dopo il tagliando di quasi un paio di mesi fa ho sospeso il lavoro sul tema che ora, finalmente, intendo riprendere. Le persone che avevano dato la loro disponibilità saranno contattate entro la fine di questa settimana per collavorare attivamente. Mi scuso ma le mie forze non mi hanno concesso di fare di più sin ora.

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