Che i files relativi a quanto avveniva a Guantanamo diffusi dai maggiori quotidiani internazionali avessero scatenato una sorta di guerra mediatica è apparso subito evidente.
WikiLeaks è diventata non solo simbolo della libertà di espressione ma anche fonte indispensabile per i giornalisti e per attirare visitatori alle pagine delle edizioni online dei quotidiani. Fabio Chiusi sostiene che sia una guerra che fa bene ai lettori che grazie alla gara al rialzo hanno beneficiato di una copertura informativa più ampia sul tema.
I quotidiani di tutto il mondo dedicano ampio spazio alla vicenda ed in particolare, ovviamente, i giornali che sono “media partner” di Wikileaks danno grande risalto alla documentazione diffusa anche nell’edizione cartacea. E’ Così per El Pais, Le Monde e Daily Telegraph ma non per Repubblica, che pure insieme al settimanale L’Espresso figura tra i mezzi d’informazione accreditati dall’organizzazione guidata da Julian Assange, nè per nessun altro dei giornali italiani.
Il dizionario della lingua italiana definisce il termine provincialismo come: arretratezza culturale, chiusura mentale, conformismo, caratteri che si ritengono propri della provincia. Non trovo personalmente miglior descrizione per definire l’orientamento dei quotidiani della nostra nazione, anche, in questa occasione.
Mi “tocca” spammare il tipo di utilizzo che i media in UK fanno di Twitter, ben lontano da quello dei media nostrani anche solo osservando i contenuti trattati.
Si, l’avevo vista dal Guardian. Analisi interessante che sarebbe bello replicare approfondendo un lavoro che avevo fatto tempo fa: https://giornalaio.wordpress.com/2010/12/20/cinguettii-quotidiani/
In realtà – da buon giornalaio 🙂 – basta acquistare i giornali e vedere al di là della prima pagina l’ordine delle notizie nelle pagine interne.
Un abbraccio
PL
Il circolo che si crea – per certi versi – è devastante. I media propongono mal di pancia, l’epicentro è giusto l’ombelico, stella polare del provincialismo italico. Gli italici sono interessati unicamente al loro ombelico.
Dunque un perfetto recinto, apparentemente senza vie d’uscita.