Attenzione e Coinvolgimento nell’Informazione

Le pagine viste sono morte, lunga vita al coinvolgimento, scrive Paps Shaikh, General Manager Europa di Say Media, in una interessante disamina su come le pagine viste, il parametro attualmente più utilizzato come metrica per la vendita pubblicitaria online, non siano un indicatore di qualità, non siano indice da tenere in considerazione nè per gli editori nè per gli investitori pubblicitari, per le aziende.

Che sia invece il tempo speso il principale elemento da tenere in considerazione,  l’aspetto di valore in termini di attenzione e coinvolgimento è una tesi che anche il sottoscritto ha ribadito a più riprese e che molti adottano, come mostra il grafico tratto dalla presentazione di Chiara Galli, Head of Business Development Italy di ComScore, sulle caratteristiche e le tendenze del mercato pubblicitario sul Web italiano, che mette in diretta relazione engagement e tempo speso per categoria evidenziando, tra l’altro, come la categoria delle notizie, dell’informazione sia ai minimi livelli e come, in particolare, i quotidiani online italiani siano al fondo, ultimi tra le diverse categorie prese in considerazione per tempo speso.

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Che il tempo sia un indicatore quantitativo che rappresenta in realtà altri elementi qualitativi lo ricorda, come sempre, egregiamente Mathew Ingram commentando i dati diffusi da Fast Company sui risultati in termini di tempo speso, appunto, grazie ad una maggior attenzione a proposte di long-form journalism.

Personalmente, come ho avuto modo di affermare a più riprese, sono convinto che le leve su cui operare siano fondamentalmente due: creazione, ed alimentazione, di comunità d’interesse all’interno del sito del giornale e implementazione di tecniche riconducibili alla gamification, che può essere elemento di grande ausilio poichè l’ applicazione all’informazione consente di approfondire l’esperienza del lettore, delle persone, crea coinvolgimento e partecipazione, migliorando complessivamente di riflesso le performance di business aziendali.

Sul tema sono stati diffusi in questi giorni dei dati emergenti da una ricerca condotta da McKinsey che mostrano come il 35% del tempo dedicato al consumo di informazione sia per i giornali [di carta], il 16% per la radio, il 41% per la televisione mentre tablet e smartphone peserebbero solo il 2% e desktop, il pc, il 4%, come mostra il grafico sottostante.

Time spent per media information

A commento, sia l’autore dell’articolo che, ancora una volta Mathew Ingram, obiettano che il minor tempo dedicato alla lettura di informazione online non sia necessariamente un indicatore di una performance negativa ma che anzi potrebbe essere indice di maggior efficienza informativa e che il valore aggiunto risieda nella partecipazione, attraverso commenti e social media, generando complessivamente un’esperienza migliore rispetto alla lettura “passiva” che avviene sul cartaceo.

Tesi che, nonostante l’indubbia autorevolezza di entrambi, mi appare poco supportata da evidenze fattuali che invece parrebbero dimostrare il contrario, con allo stato attuale l’esperienza di lettura digitale, per usare un eufemismo, ampiamente migliorabile sia in termini di lettura ed attenzione che di proposta di contenuti. Aspetti ancora più veri e validi nel nostro Paese dove, contrariamente agli Stati Uniti, le versioni online non sono la fedele trasposizione del giornale di carta, non hanno gli stessi contenuti, e vengono “arricchiti” invece in molti casi della colonna destra con “boxini morbosi” che barattano traffico al posto della reputazione di marca della testata svilendo complessivamente il newsbrand.

Insomma quel che appare certo è che non avremo tempo per annoiarci, il lavoro da fare è ancora davvero molto.

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8 commenti

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8 risposte a “Attenzione e Coinvolgimento nell’Informazione

  1. giovanni medioli

    Mah, mi pare che tu abbia centrato il tema nodale del problema. Se cambiano i modelli di ricavi e di fruizione dei media, anche i modelli di misurazione della loro efficacia su cui costruire le tariffe pubblicitarie ( o qualsiasi nuova forma di ricavo si possa ipotizzare) devono cambiare. Non sono un fan sfegatato del concetto di gamification, per quanto possa essere coinvolto – poco – nella cosa (mi pare un’evoluzione del concetto di storytelling, più un “decoro” del prodotto che un cardine: ma sarei lieto di approfondire). E’ indubbio comunque che sono cambiati e stanno cambiando anche i modelli di comunicazone commerciale che possono (devono?) passare attraverso i media. Come giornalista di lungo corso (compio i 30 anni da professionista quest’anno), comunicatore d’azienda, free lance, ex bloggher, esponente sindacale il problema che mi coinvolge di più è ovviamente quello del ruolo degli operatori professionali dell’informazione. Credo che anche qui non si possa più ragionare nei vecchi termini (settimana prossima siamo chiamati a rinnovare i vertici di un’ordine che secondo me è un mostro storico e giuridico. Sostenere che in Italia ci sono 114 mila giornalisti è prima di tutto una truffa nei confronti delle persone definite tali, oltre che un dato di mercato che non ha senso: vuol dire avere un giornalista ogni 500 abitanti, circa 10 volte più che negli Stati Uniti). Urge ridefinire ruoli, competenze, accesso alla professione, prospettive. Per questo sono diventato un lettore fedelissimo dei tuoi interventi, che condivido a più non posso. Se esistesse un sistema di valutazione dell’attenzione e della condivisione che parametri il livello di costo delle inserzioni, non c’è dubbio che oggi, per me, fare pubblicità sui tuoi interbenti sarebbe molto caro.

  2. Intanto trovo interessante che comunque la maggior parte del tempo dei media sia dedicato a pc, tablet e smartphone. Il fatto è che i diversi media si prestano a consumi diversi (questa dovrebbe essere una delle linee guida per gli editori quando affrontano i diversi canali): tra tutte le news selezionate online “velocemente” (in realtà leggo solo i titoli di moltissime news, questo grazie ai feed e altro…) quando posso spendere 20-40 minuti leggo gli approfondimenti di quanto già so su carta… E’ per questo che da anni ritengo che un GIORNALE DELLA SERA possa essere un progetto interessante…

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