Non più tardi di ieri ribadivo, per l’ennesima volta, l’utilizzo prevalente dei social network come veicolo esclusivamente atto a promozionare i contenuti sul sito, per portare visitatori allo stesso invece che come mezzo di comunicazione e di relazione, di “conversazione”, da parte dei media.
Dopo i risultati diffusi la settimana scorsa relativamente ad un utilizzo prevalentemente inappropriato di Twitter da parte delle imprese, arrivano ora i dati forniti da Socialbakers sul tasso di risposta delle aziende alle domande, ai commenti, all’interno delle “pagine ufficiali” su Facebook.
Come mostra il grafico di sintesi dei risultati, solamente il 5% dei dei commenti ottiene una risposta, ovvero il 95% NON la ottiene.
Risultati a dir poco deludenti che nel caso del comparto dei media, se possibile, peggiorano ulteriormente con un tasso di risposta medio inferiore all’1%.
Partendo dai dati precitati ho approfondito la situazione in Italia con specifico riferimento, ancora una volta, al comparto dei media.
Affermare che siamo allo zero assoluto non è un eufemismo in questo caso. I dati distinti per i primi 53 mezzi di comunicazione per numero di “fans” evidenziano tassi di crescita degli iscritti significativi a cui fanno da contrasto tassi di risposta dello 0,00% [si avete letto bene]. Si continua dunque a non prestare ascolto alle persone, anche, su Facebook. Non vi è traccia di socialità, di conversazione ma esclusivamente desiderio di promozionalità nella sua accezione più sterile, più bieca.
Il coitus interruptus della relazionalità sui social media in salsa nazionale.
Promozionare? 😕
nda
C’è da dire però che spesso i commenti non sollevano argomenti sui quali poter intervenire, da parte della testata o dell’estensore dell’articolo. Perché il pezzo commentato è solo pretesto per riaffermare proprie opinioni che non richiedono, o addirittura non permettono, risposta, o anche peggio: penso ai commenti del Fatto, per esempio, che costituiscono uno spazio illeggibile e infrequentabile, praticamente uno sfogatoio. Se mi metto nei panni dei giornalisti (che poi sono i miei), li capisco pure. Che tutto ciò dipenda dalla testata è anche vero, ma non del tutto.
Valentina è vero hai ragione. L’abilità del community managere sta proprio nell’evitare – se non funzionale ai propri obiettivi – che divenga uno sfogatoio.
Molto spesso, credo sempre, non sono i giornalisti che gestiscono le pagine su FB ma un terzo, interno o, spesso, esterno.
Tra lo sfogatoio ed un tasso di risposta dello 0,00% immagino ci sia un equilibrio nel dare risposte e conversare con le persone, no?
Ciao
Pier Luca
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